Autorità – Autorevolezza – Autoritarismo

Questo articolo affronta la distinzione tra autorità, autorevolezza e autoritarismo al fine di migliorare la convivenza sociale.

Questo è ancor più utile nei momenti nei quali problematiche non consuete esigono la piena consapevolezza da parte di tutti dei concetti ora citati per poter far fronte comune contro le difficoltà.[1]

 

L’autorità è il fondamento del potere.[2]

L’autorevolezza è il tratto personale frutto dell’esercizio corretto del potere.[3]

L’autoritarismo è la degenerazione dell’esercizio del potere.[4]

 

Se non si hanno ben chiari questi tre concetti, si commettono degli errori come, ad esempio, quello di pensare che l’esercizio del potere da parte di chi detiene l’autorità sia autoritarismo.

Questo errore implica che, per divincolarsi da un autoritarismo in realtà inesistente, gli individui si convincano che la legge sia un consiglio e che la libertà consista nel poter fare ciò che si desidera.

In un contesto siffatto, ciascuno massimizza unicamente la propria utilità personale e la convivenza sociale degrada a coesistenza di individui nella quale ciascuno fa agli altri ciò che non vuole sia fatto a se stesso.

Un contesto sociale così costruito fa perdere a tutti opportunità, tempo e denaro e ostacola le scelte di chi vuole edificare e accrescere il bene comune.

 

Come abbiamo detto poc’anzi, l’esercizio del potere da parte di chi detiene l’autorità non è per ciò solo autoritarismo.

L’autoritarismo non si ha quando il potere pone in essere azioni o omissioni diverse da quelle ritenute opportune e convenienti, né quando il potere applica delle sanzioni e nemmeno quando il potere fa uso della forza.

 

L’esercizio del potere, infatti, richiede di compiere delle scelte che siano finalizzate al bene comune anche quando i destinatari di quelle scelte non le condividano.

Facciamo due esempi.

Pensiamo al caso di un bambino che non voglia bere lo sciroppo amaro necessario per guarire dalla tosse.

Se i suoi genitori tenessero in considerazione il rifiuto del bambino e scegliessero di non dargli lo sciroppo, il bambino non guarirebbe.

Pensiamo a un consenso popolare maggioritario a favore della guerra di annessione e di conquista, oppure favorevole alla discriminazione di persone in base alla loro etnia o al loro popolo di appartenenza.

Se chi detiene l’autorità realizzasse queste azioni, commetterebbe degli illeciti previsti e puniti dal diritto internazionale pubblico e a nulla varrebbe la giustificazione che quelle azioni sono state poste in essere sul fondamento del consenso della maggioranza dei cittadini.

 

L’esercizio del potere, poi, richiede l’applicazione di sanzioni certe e con efficacia deterrente perché le norme in vigore siano osservate.

Come è noto, il rispetto delle norme è necessario per la tutela degli individui, singoli o associati, e dei beni.

 

L’esercizio del potere, infine, esige di esercitare anche la forza, se ciò è necessario per vincere le azioni o le omissioni contrarie alla legge.

Vi sono casi nei quali l’esercizio di questa forza non può evitare di sopprimere delle vite umane.

Si pensi alla legittima difesa contro l’ingiusto aggressore della quale ha scritto San Tommaso d’Aquino.[5]

 

Ciò detto, possiamo domandarci cosa distingue il corretto esercizio del potere da parte dell’autorità dalla degenerazione dell’esercizio del potere che integra l’autoritarismo.[6]

L’esercizio del potere da parte di qualsiasi autorità ha come fine il miglioramento della qualità della vita della generalità delle persone oppure, nei casi nei quali vanno affrontate delle problematiche non consuete, la realizzazione di una nuova qualità della vita comune.[7]

Un esempio di questa seconda evenienza possiamo trovarlo nella situazione dell’Italia al termine della seconda guerra mondiale con il Paese da ricostruire e la società da rifondare su delle nuove basi repubblicane e democratiche.

L’esercizio del potere è degenerato quando l’unico fine dell’agire dell’autorità è il potere.

 

Fin dai tempi di Aristotele sappiamo che la politica è quella forma dell’agire umano che ha come fine il bene comune.[8]

Quest’ultimo è il complesso delle situazioni di fatto e di diritto che consentono a ciascuno di realizzarsi secondo le proprie capacità e attitudini.[9]

L’esercizio del potere è degenerato quando ha come fine la realizzazione di un individuo o di un gruppo di individui, ma non della generalità degli individui.

 

Avere l’intenzione di realizzare il bene comune non significa essere in grado di realizzarlo.

Per questo, l’esercizio del potere da parte dell’autorità deve competere a chi ha la competenza scientifica, la capacità tecnica e l’esperienza professionale per attuare il bene comune nel settore di volta in volta preso in esame.[10]

L’esercizio del potere è degenerato quando l’autorità compete a persone che non hanno la competenza, la capacità e l’esperienza ora citate.

 

Per attuare il bene comune, l’esercizio del potere da parte dell’autorità deve orientare il fine dell’economia e della finanza alla persona umana nella sua crescita integrale e attenta alle necessità di tutti.[11]

L’esercizio del potere è degenerato quando l’autorità lascia che l’economia e la finanza pongano in secondo piano il fine della persona umana ora specificato.

 

Queste coordinate ci permettono di comprendere come deve essere esercitato il potere e dunque ci fanno capire che i provvedimenti dati dall’autorità – in particolare nei momenti di difficoltà fuori dall’ordinario – possono essere criticati e impugnati nei modi di legge, ma non devono essere disattesi perché il loro contenuto non ci è gradito.

È la consapevolezza del corretto esercizio del potere il dato che deve orientare il nostro agire in comune per fare fronte alle difficoltà, non il fatto che un atto emanato dall’autorità abbia un contenuto a noi gradito.

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Nel momento in cui scrivo questo articolo è in corso la pandemia globale di Covid-19 Coronavirus dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità l’11 marzo 2020.

https://www.who.int/director-general/speeches/detail/who-director-general-s-opening-remarks-at-the-media-briefing-on-covid-19—11-march-2020

 

Il 30 gennaio 2020, dopo la seconda riunione del Comitato di sicurezza, il Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva già dichiarato il focolaio internazionale da Covid-19 Coronavirus un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale (Public Health Emergency of International Concern – PHEIC).

https://www.who.int/news/item/30-01-2020-statement-on-the-second-meeting-of-the-international-health-regulations-(2005)-emergency-committee-regarding-the-outbreak-of-novel-coronavirus-(2019-ncov)

 

 

[2] Confronta Vocabolario on line Treccani, autorità

in: https://www.treccani.it/vocabolario/autorita

autorità s. f. [dal lat. auctorĭtas –atis, der. di auctor –oris «autore»; propr. «legittimità»]. – 1. a. Nell’ambito giuridico e politico, la posizione di chi è investito di poteri e funzioni di comando, e la cui forza è basata da un lato sulla sintesi del volere con la legge, dall’altro sul riconoscimento ufficiale della forza stessa: l’adello statodel governodei ministridel tribunaledi un funzionarioprincipio di a., l’affermazione della necessità di un potere sovrano (per un’altra accezione di questa locuz., v. il n. 3 b); fig., l’adelle leggi.” 

 

Confronta Dizionario on line Hoepli, autorità

in: https://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano/parola/A/autorita.aspx?query=autorit%c3%a0

autorità
[au-to-ri-tà]
s.f. inv.

1 Potere legittimo di emanare disposizioni vincolanti per i destinatari; diritto di decidere, di agire, di dettare norme e leggi: l’a. dello Stato, della leggel’a. di un magistrato
‖ Agire d’autorità, in virtù dell’autorità di cui si dispone”

 

 

[3] Confronta Vocabolario on line Treccani, autorevolezza

In: https://www.treccani.it/vocabolario/autorevolezza

autorevolézza s. f. [der. di autorevole]. – L’essere autorevole, qualità di persona o cosa autorevole: l’a. dei suoi insegnamenti.”

 

Confronta Vocabolario on line Treccani, autorevole

in: https://www.treccani.it/vocabolario/autorevole

autorévole agg. [der. di autore]. – Che ha autorità, per la carica che riveste, per la funzione che esercita, per il prestigio, il credito, la stima di cui gode: un personaggio assai a.; seguire l’uso degli scrittori più autorevoli. Di cosa, che rivela o ha in sé autorità, che proviene da persona tenuta in gran conto: aspetto a.; consigliotestimonianza a.; parlare con tono autorevole. ◆ Avv. autorevolménte, con autorevolezza e prestigio: avanzareproporresostenere autorevolmente una teoria.”

 

Confronta Dizionario on line Hoepli, autorevolezza

in: https://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano/parola/A/autorevolezza.aspx?query=autorevolezza

autorevolezza
[au-to-re-vo-léz-za]
s.f.
Carattere di chi, di ciò che è autorevole: persona di molta a.l’a. di una testimonianza
‖ SIN. prestigio, autorità, credibilità

 

Confronta Dizionario on line Hoepli, autorevole

in: https://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano/parola/A/autorevole.aspx?query=autorevole

autorevole
[au-to-ré-vo-le]
agg. (pl. -li)

1 Che ha autorità, per la stima o il favore di cui gode

2 Che mostra autorità: aspetto a.
‖ Che merita fiducia perché proveniente da una persona autorevole: consiglio, giudizio a.

 

 

[4] Confronta Vocabolario on line Treccani, autoritarismo

in: https://www.treccani.it/vocabolario/autoritarismo

autoritarismo s. m. [der. di autoritario, sull’esempio del fr. autoritarisme]. – Forma esasperata di abuso dell’autorità, che in quanto tale può essere riferita a persone, istituzioni e ideologie. Più correntemente, atteggiamento o comportamento autoritario, soprattutto se associato all’esercizio di fatto o di diritto di un potere all’interno di una istituzione (famiglia, scuola, stato).”

 

Confronta Dizionario on line Hoepli, autoritarismo

in: https://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano/parola/A/autoritarismo.aspx?query=autoritarismo

autoritarismo
[au-to-ri-ta-rì-ʃmo]
s.m.
Carattere, sistema autoritario; dispotismo
‖ estens., fig. autoritarismo paterno”

 

Confronta Dizionario di psicologia, Clitt, 2012, autoritarismo

in: http://www.clitt.it/contents/scienze_umane-files/Dizionario_Psicologia.pdf

“autoritarismo: atteggiamento che si manifesta con la tendenza ad imporre agli altri le proprie idee, esigendo un’obbedienza assoluta e non accettando l’espressione di punti di vista differenti, né deviazioni dalle norme sociali condivise”

 

 

[5] Confronta Catechismo della Chiesa cattolica, numeri 2263, 2264, 2265, in:

https://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm

 

2263 La legittima difesa delle persone e delle società non costituisce un’eccezione alla proibizione di uccidere l’innocente, uccisione in cui consiste l’omicidio volontario. « Dalla difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei quali è la conservazione della propria vita; mentre l’altro è l’uccisione dell’attentatore ». 174 « Nulla impedisce che vi siano due effetti di uno stesso atto, dei quali uno sia intenzionale e l’altro preterintenzionale ». 175

 

2264 L’amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. È quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale:

« Se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita […]. E non è necessario per la salvezza dell’anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l’uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui ». 176

 

2265 La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l’ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell’autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità.”

 

Note a pie’ di pagina del testo ora citato:

 

“(174) San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.

(175) San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.

(176) San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.”

 

 

[6] La bibliografia su questo tema è vasta.

Qui appresso cito dei contributi che mi sono stati utili nella stesura del testo.

 

 

[7] Confronta Etica e politica, intervista a Giovanni Bachelet apparsa su La scuola e l’uomo, rivista dell’Unione Cattolica Italiana Insegnanti, http://www.uciim.it/rivistauciim/11122013/#/2/

in: http://www.giovannibachelet.it/pag1vekkia/UCIIM_Bachelet_definitiva_080114.pdf

 

 

[8] Confronta Aristotele, Etica Nicomachea 1094 a, 25 – 1094 b, 11

in: https://www.filosofico.net/eticaanicomaco1.htm

 

“Tale è, manifestamente, la politica. Infatti, è questa che stabilisce quali scienze è necessario coltivare nelle città, [1094b] e quali ciascuna classe di cittadini deve apprendere, e fino a che punto; e vediamo che anche le più apprezzate capacità, come, per esempio, la strategia, l’economia, la retorica, sono subordinate ad essa. E poiché è essa che si serve di tutte le altre scienze e che stabilisce, [5] inoltre, per legge che cosa si deve fare, e da quali azioni ci si deve astenere, il suo fine abbraccerà i fini delle altre, cosicché sarà questo il bene per l’uomo. Infatti, se anche il bene è il medesimo per il singolo e per la città, è manifestamente qualcosa di più grande e di più perfetto perseguire e salvaguardare quello della città: infatti, ci si può, sì, contentare anche del bene di un solo individuo, [10] ma è più bello e più divino il bene di un popolo, cioè di intere città. La nostra ricerca mira appunto a questo, dal momento che è una ricerca “politica”.”

 

 

[9] Confronta Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, terza edizione, 2004

in:

http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html

 

“PARTE PRIMA

CAPITOLO QUARTO

I PRINCIPI DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

  1. IL PRINCIPIO DEL BENE COMUNE
  2. a) Significato e principali implicazioni

 

164 Dalla dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone deriva innanzi tutto il principio del bene comune, al quale ogni aspetto della vita sociale deve riferirsi per trovare pienezza di senso. Secondo una prima e vasta accezione, per bene comune s’intende « l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente ».346

Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo socialeEssendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro. Come l’agire morale del singolo si realizza nel compiere il bene, così l’agire sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, può essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale.”

 

Nota a pie’ di pagina del testo ora citato:

 

346Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1905- 1912; Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 417-421; Id., Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 272-273; Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 46: AAS 63 (1971) 433-435.”

 

 

[10] Confronta Papa Giovanni XXIII, lettera enciclica Pacem in terris, 11 aprile 1963

in: http://www.vatican.va/content/john-xxiii/it/encyclicals/documents/hf_j-xxiii_enc_11041963_pacem.html

 

V

RICHIAMI PASTORALI

Dovere di partecipare alla vita pubblica

  1. Ancora una volta ci permettiamo di richiamare i nostri figli al dovere che hanno di partecipare attivamente alla vita pubblica e di contribuire all’attuazione del bene comune della famiglia umana e della propria comunità politica; e di adoprarsi quindi, nella luce della fede e con la forza dell’amore, perché le istituzioni a finalità economiche, sociali, culturali e politiche, siano tali da non creare ostacoli, ma piuttosto facilitare o rendere meno arduo alle persone il loro perfezionamento: tanto nell’ordine naturale che in quello soprannaturale.

 

Competenza scientifica, capacità tecnica, esperienza professionale

  1. Non basta essere illuminati dalla fede ed accesi dal desiderio del bene per penetrare di sani principi una civiltà e vivificarla nello spirito del Vangelo. A tale scopo è necessario inserirsi nelle sue istituzioni e operare validamente dal di dentro delle medesime. Però la nostra civiltà si contraddistingue soprattutto per i suoi contenuti scientifico-tecnici.

Per cui non ci si inserisce nelle sue istituzioni e non si opera con efficacia dal di dentro delle medesime se non si è scientificamente competenti, tecnicamente capaci, professionalmente esperti.

 

L’azione come sintesi di elementi scientifico-tecnico professionali e di valori spirituali

  1. Amiamo pure richiamare all’attenzione che la competenza scientifica, la capacità tecnica, l’esperienza professionale, se sono necessarie, non sono però sufficienti per ricomporre i rapporti della convivenza in un ordine genuinamente umano; e cioè in un ordine, il cui fondamento è la verità, misura e obiettivo la giustizia, forza propulsiva l’amore, metodo di attuazione la libertà.

A tale scopo si richiede certamente che gli esseri umani svolgano le proprie attività a contenuto temporale, obbedendo alle leggi che sono ad esse immanenti, e seguendo metodi rispondenti alla loro natura; ma si richiede pure, nello stesso tempo, che svolgano quelle attività nell’ambito dell’ordine morale; e quindi come esercizio o rivendicazione di un diritto, come adempimento di un dovere e prestazione di un servizio; come risposta positiva al disegno provvidenziale di Dio mirante alla nostra salvezza; si richiede cioè che gli esseri umani, nell’interiorità di se stessi, vivano il loro operare a contenuto temporale come una sintesi di elementi scientifico-tecnico-professionali e di valori spirituali.”

 

 

[11] Confronta Un nuovo ethos, in: Carlo Maria Martini, Sulla giustizia, Milano, 1999, pagine 68-69.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito https://giorgiocannella.com/

 

La federazione dei gruppi etnici africani

Questo articolo parla della necessità di ridisegnare i confini interni del continente africano in modo che esso divenga una federazione dei gruppi etnici in esso presenti.

 

La questione da affrontare

 

Da diversi anni si assiste a un costante fenomeno di migrazione di persone dall’Africa all’Europa.[1]

 

In maggioranza, si tratta di persone giovani[2], in salute[3], in età lavorativa[4] e in cerca di un futuro migliore di quello che può offrirgli la loro realtà di provenienza[5].

 

L’intensità del fenomeno migratorio in parola è tale da causare vari problemi nei Paesi di transito e di destinazione finale, tra i quali: ordine pubblico[6], salute[7], decoro urbano[8], occupazione[9], convivenza[10].

 

 

Le azioni fin ora poste in essere mirano a facilitare l’integrazione dei nuovi arrivati nel Paese di destinazione[11], oppure a migliorare le condizioni di vita nei Paesi di loro provenienza[12].

 

Queste iniziative sono lodevoli, ma hanno il difetto di non affrontare la causa che si trova al fondamento del fenomeno migratorio in esame.

 

 

La causa del fenomeno migratorio

 

Per comprendere quale sia questa causa, è necessario ripassare la storia recente dell’Africa.

I fattori che hanno determinato il regolamento dei confini in Africa sono stati: l’interesse nazionale, l’intraprendenza individuale, l’arbitrio e le circostanze del momento.[13]

Nessun peso in questo processo è stato dato alla futura pacifica convivenza sociale delle popolazioni locali.[14]

Il risultato finale di tutto questo è che, ancora oggi, diversi gruppi etnici sono inclusi all’interno di un medesimo Stato africano e che il confine di due o più Stati africani divide il territorio di un medesimo gruppo etnico.[15]

 

 

Bisogna avere ben presente che la storia e la cultura del continente africano non possono essere giudicate in base alla storia e alla cultura di altri continenti.

Le peculiarità delle culture sociale e politica africane possono apparire non al passo con i tempi agli occhi di chi abitualmente risiede in un altro continente.

Questo, tuttavia, non autorizza a condurre la società e la politica africane in base a dei concetti provenienti da storie e culture estranee al contesto africano.

 

 

Tenendo a mente questo, bisogna dire che, salvo poche eccezioni, l’appartenenza sociale in Africa si basa sul gruppo etnico, NON sul concetto di Stato.[16]

Di conseguenza, la scelta di tracciare i confini degli Stati africani includendo diversi gruppi etnici all’interno del medesimo Stato o frazionando un medesimo gruppo etnico nel territorio di più Stati comporta inevitabilmente l’instabilità permanente degli Stati interessati.

 

Per arginare questa instabilità, si è fatto e si fa tuttora molto spesso ricorso all’uso della forza da parte del gruppo etnico dominante sugli altri gruppi etnici presenti all’interno dei confini dello Stato.

Questa è la causa all’origine del fenomeno migratorio dall’Africa verso altri Paesi, prevalentemente europei.[17]

Le conseguenze sono molteplici.

Tra esse vi sono la debolezza dei fattori costitutivi della democrazia negli Stati africani e la povertà.

 

Le soluzioni poste in campo oggi

 

Chiarita la causa del fenomeno migratorio in esame, riusciamo a comprendere bene perché esso non possa essere posto sotto controllo facilitando l’integrazione dei nuovi arrivati nel Paese di destinazione, oppure migliorando le condizioni di vita nei Paesi di loro provenienza.

Queste azioni, infatti, mirano a promuovere l’integrazione in Europa, oppure ad accrescere i fattori costitutivi della democrazia e contrastare la povertà in Africa.

Queste ora elencate, tuttavia, non sono la causa al fondamento del fenomeno migratorio in atto.

In altre parole, le azioni fino a oggi poste in essere per porre sotto controllo il fenomeno migratorio dall’Africa all’Europa sono eticamente lodevoli, ma idonee al loro scopo perché non si indirizzano verso la causa di esso.

 

 

Altre possibili soluzioni

 

1 – Accoglienza generalizzata

 

Alcuni propongono di affrontare il fenomeno migratorio in atto dall’Africa all’Europa con una accoglienza generalizzata: aprire i porti e le frontiere, stabilire corridoi di accesso sicuri in Europa.

A prescindere dalle scelte di ciascuno in materia di religione, per valutare questa proposta, bisogna tenere presente che un essere umano non ha solo una parte immateriale, ma ha anche un corpo.

Il corpo umano ha bisogno di cibo, bevande, vestiti, un lavoro, una dimora e, in caso di malattia, dei medicinali.

Per quanto a mia conoscenza, nessuno a oggi ha dato la prova di poter fornire tutto questo in Europa a tutte le persone del continente africano che la proposta in esame vorrebbe accogliere.

Del pari, non conosco alcuna motivazione la quale, in caso di attuazione della proposta in esame, sia in grado di evitare la così detta “guerra tra poveri”.

Mi riferisco a una motivazione che sia in grado di giustificare l’assegnazione di tutto quanto ho detto poc’anzi (cibo, bevande, vestiti, lavoro, dimora, medicinali) a delle persone in stato di bisogno provenienti dall’estero e non in primo luogo ai cittadini che si trovano in stato di bisogno.

 

2 – Chiusura delle frontiere

 

Altri propongono l’esatto contrario: la chiusura delle frontiere terrestri, marittime e aeree.

 

La pressione migratoria in atto, i costi organizzativi ed economici per attuare questa proposta e infine le necessità dell’economia e della demografia dei Paesi europei rendono poco praticabile questa strada sul lungo periodo.

 

3 – Accoglienza programmata

 

La via di mezzo tra queste due proposte è la più promettente: dare ingresso a un numero di persone corrispondenti alle necessità del sistema produttivo di ogni Paese europeo, oltre a una quota di persone con un permesso di soggiorno di un anno – non rinnovabile – durante il quale essi possono darsi da fare per avviare una nuova esistenza secondo le loro capacità e competenze.

 

 

Qualunque sia la vostra opinione, nessuna di queste prime tre proposte affronta la causa che abbiamo visto essere al fondamento del fenomeno migratorio dall’Africa in Europa.

 

4 – La federazione dei gruppi etnici africani

 

Per affrontare la causa in parola propongo una soluzione nuova: ridisegnare i confini interni del continente africano in modo che esso divenga una federazione dei gruppi etnici in esso presenti.

Propongo che la federazione abbia competenze esclusive in materia di politica estera, difesa, moneta e commercio con l’esterno del continente e che le rimanenti competenze siano esercitate dai singoli gruppi etnici nel loro territorio.

 

L’attuazione di questa proposta produrrebbe molteplici benefici.

Sparirebbe l’instabilità data dalla presenza di vari gruppi etnici all’interno del medesimo Stato o causata dal frazionamento di un gruppo etnico all’interno di più Stati, perché non ci sarebbero più gli attuali Stati africani, ma una federazione dei gruppi etnici dotata delle competenze che ho poc’anzi elencato.

I gruppi etnici nomadi eserciterebbero le loro competenze nel territorio nel quale essi si trovano durante il loro migrare.

Le dispute di confine tra gruppi etnici verrebbero mediate e composte dalla federazione.

Le pressioni sui governi dei Paesi africani perché aggiudichino le loro risorse a un acquirente piuttosto che a un altro scomparirebbero – e con esse scomparirebbe anche il neo colonialismo – perché la federazione dei gruppi etnici aggiudicherebbe le risorse tramite un’asta pubblica che ha luogo via internet in inglese.

I proventi dell’asta andrebbero per due terzi al gruppo etnico nel cui territorio le risorse si trovano, mentre il restante un terzo sarebbe assegnato alla federazione.

 

 

Il risultato complessivo sarebbe la liberazione del continente africano dalla causa delle sue piaghe e la possibilità per esso di camminare autonomamente assieme al resto del mondo.

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Fabio Colombo, Quanti sono gli immigrati in Italia e in Europa, 10 ottobre 2020, in:

https://www.lenius.it/quanti-sono-gli-immigrati-in-italia-e-in-europa/

 

Rotte di migranti nel Mediterraneo, in: https://it.wikipedia.org/wiki/Rotte_di_migranti_nel_Mediterraneo

 

Diaspora africana, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Diaspora_africana#Europa

 

Si veda anche Rotte africane dei migranti, in: https://it.wikipedia.org/wiki/Rotte_africane_dei_migranti

 

Si veda anche Le grandi migrazioni? Sono all’interno dell’Africa, in:

https://www.truenumbers.it/migrazioni-in-africa/

 

 

[2] Quanti anni hanno gli immigrati extracomunitari in Italia, in: https://www.truenumbers.it/immigrati-extracomunitari-eta/

 

 

[3] Istituto Superiore di Sanità, Dall’Oms Europa un rapporto sulla salute delle popolazioni rifugiate e migranti, 7 febbraio 2019, in:

https://www.epicentro.iss.it/migranti/salute-rifugiati-migranti-oms-2019

 

“Migranti e rifugiati godono di buona salute ma possono essere esposti a vari rischi durante il viaggio o il soggiorno nei Paesi di destinazione a causa delle condizioni di vita, dei cambiamenti nel loro stile di vita e nell’alimentazione, e dello stress.”

 

 

World Health Organization, Regional Office for Europe, Collection and integration of data on refugee and migrant health in the WHO European Region: policy brief (2021), 2021, in:

https://www.euro.who.int/en/health-topics/health-determinants/migration-and-health/publications/2021/collection-and-integration-of-data-on-refugee-and-migrant-health-in-the-who-european-region-policy-brief-2021

 

World Health Organization, Regional Office for Europe, Collection and integration of data on refugee and migrant health in the WHO European Region. Technical Guidance, 2020, in:

https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/337694/9789289055369-eng.pdf

 

World Health Organization, Regional Office for Europe, Migrant health data collection – leaving no one behind, 18 dicembre 2020, video, in:

https://www.youtube.com/watch?v=druQZUxoVwA

 

 

[4] Gli immigrati lavorano lo 0,8% in più degli italiani, in:

https://www.truenumbers.it/lavoro-stranieri/

 

“tra i grandi Paesi europei l’Italia è l’unico nel quale gli stranieri mostrano un tasso di occupazione superiore rispetto ai nativi”

 

 

[5] Angelo Ferrari, I veri motivi che spingono la gente a fuggire dall’Africa verso l’Europa, 15 maggio 2019, in:

https://www.agi.it/estero/migranti_sbarchi_poverta-5485413/news/2019-05-15/

“Non si scappa solo dalla povertà, ma dalle attese deluse. Aiutare a casa loro vuol dire costruire opportunità, non dare palliativi

Spesso non sono i più poveri, anzi. Di solito sono giovani che non riescono a soddisfare le aspirazioni che animano ogni giovane del mondo: studiare, trovare un lavoro, avere condizioni economiche e servizi adeguati alle esigenze normali di un essere umano.”

 

 

Roxanna Azimy, Migrazione Dall’Africa All’Europa: Fatti E Finzione, 12 gennaio 2020, in:

https://euro-babble.eu/it/2020/01/12/migracion-africana-a-europa-hechos-y-ficcion/

 

“Un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), Scaling Fences: Voices of Irregular African Migrants to Europe, getta luce sulle principali ragioni per cui i migranti lasciano l’Africa per l’Europa.

Il rapporto ha intervistato 1970 migranti provenienti da 39 paesi africani in 13 nazioni europee, che hanno tutti segnalato di essere arrivati in Europa con mezzi irregolari e non per motivi legati all’asilo o alla protezione.”

 

 

United Nations Development Programme, Scaling Fences, October 21st, 2019, in: https://www.undp.org/content/undp/en/home/librarypage/democratic-governance/ScalingFences.html

 

“The Scaling Fences: Voices of Irregular African Migrants to Europe report presents the results of an extensive study exploring the perspectives and experiences of 1970 individuals who migrated through irregular routes from Africa to Europe, originating from 39 African countries.

 

Its aim is to contribute to a better understanding of the relationship between migration and development. The Scaling Fences report is the second major review of contemporary development issues affecting Africa to be published by UNDP’s Regional Bureau for Africa.

 

Highlights

  • 58% of respondents were either earning (49%) or in school (9%) at the time of their departure. For a majority of those earning, income appears to have been competitive in the national context.
  • For 66% of respondents earning, or the prospect of earning, was not a factor that constrained the decision to migrate.
  • 62% of respondents felt they had been treated unfairly by their governments, with many pointing to ethnicity and political views as reasons for perception of unfair treatment.
  • 77% felt that their voice was unheard or that their country’s political system provided no opportunity through which to exert influence on government.
  • 41% of respondents said ‘nothing’ would have changed their decision to migrate to Europe Average earnings in Europe far outstrip average earnings in Africa, even in real terms.
  • 67% of those who did not want to stay permanently in Europe said their communities would be happy if they returned, compared to 41% of those who did want to live permanently in Europe.”

 

 

United Nations Development Programme, Regional Bureau for Africa, The Scaling Fences: Voices of Irregular African Migrants to Europe, 2019.

Full document download in .pdf format from:

https://www.undp.org/content/dam/rba/docs/Reports/UNDP-Scaling-Fences-EN-2019.pdf

 

 

[6] Franco Pesaresi, Gli stranieri delinquono di più?, 10 ottobre 2019, in:

https://welforum.it/il-tasso-di-criminalita-degli-stranieri/

 

Riccardo Saporiti, Immigrati e reati, la correlazione che c’è. E che non c’è, 8 novembre 2018, in:

https://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/11/08/immigrati-e-reati-la-correlazione-che-ce-e-che-non-ce/

 

Quanto delinquono gli stranieri: i dati delle denunce, in:

https://www.truenumbers.it/reati-degli-immigrati/

 

In Europa ci sono 2,1 milioni di persone espulse, in:

https://www.truenumbers.it/espulsioni-di-immigrati-clandestini/ 

 

 

[7] Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale – Regione Lazio, Salute degli immigrati e delle popolazioni vulnerabili, in:

https://www.deplazio.net/it/immigrati

 

 

[8] Redazione Voce di Strada, Capaccio, decoro urbano e integrazione: migranti volontari in città, 27 maggio 2020, in:

http://vocedistrada.it/articoli-2/attualita/capaccio-decoro-urbano-ed-integrazione-migranti-volontari-in-citta/

 

Redazione Gazzetta di Napoli, Manifesto della comunità di immigrati per il decoro urbano al Vasto, 31 maggio 2018, in:

https://www.gazzettadinapoli.it/notizie/manifesto-della-comunita-di-immigrati-per-il-decoro-urbano-al-vasto/

 

A.N.C.I. – Associazione Nazionale Comuni Italiani, Immigrazione – Progetto ‘Perugia In’, Cicchi: “Impegno collettivo per inclusione e decoro urbano, 16 maggio 2017, in:

http://www.anci.it/immigrazione-progetto-perugia-in-cicchi-impegno-collettivo-per-inclusione-e-decoro-urbano/

 

PRESSENZA – Agenzia Stampa Internazionale, Parma – Redazione Italia, Parma: i migranti protagonisti del decoro urbano, 28 febbraio 2017, in:

https://www.pressenza.com/it/2017/02/parma-migranti-protagonisti-del-decoro-urbano/

 

 

[9] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali della Repubblica italiana, Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, X rapporto annuale. Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia, luglio 2020, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/studi-e-statistiche/Documents/Decimo%20Rapporto%20Annuale%20-%20Gli%20stranieri%20nel%20mercato%20del%20lavoro%20in%20Italia%202020/X-Rapporto-Annuale-stranieri-nel-mercato-del-lavoro-in-Italia.pdf

 

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali della Repubblica italiana, Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, IX rapporto annuale. Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia. Sintesi delle principali evidenze e Prospettiva internazionale, 2019, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/studi-e-statistiche/Documents/Nono%20Rapporto%20Annuale%20-%20Gli%20stranieri%20nel%20mercato%20del%20lavoro%20in%20Italia%202019/Sintesi-IX-Rapporto-ita-e-ing.pdf

 

 

[10] Alfredo Agustoni, Alfredo Alietti, Migrazioni, politiche urbane e abitative: dalla dimensione europea alla dimensione locale Rapporto 2010, Milano, 2011, in:

http://www.integrazionemigranti.gov.it/archiviodocumenti/Documents/Politiche%20urbane%20e%20abitative.pdf

 

Umberto Melotti, Immigrazione e conflitti urbani in Europa Migration and urban conflicts in Europe, Quaderni di sociologia, 43/2007, pagg. 115-139, in:

https://journals.openedition.org/qds/957

 

 

[11] A.S.G.I. – Associazione sugli Studi Giuridici sull’Immigrazione, L’esternalizzazione delle frontiere e della gestione dei migranti: politiche migratorie dell’Unione Europea ed effetti giuridici, dicembre 2019, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2020/01/2020_1_Documento-Asgi-esternalizzazione.pdf

 

Ministero dell’Interno della Repubblica italiana, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Piano nazionale d’integrazione dei titolari di protezione internazionale, 26 settembre 2017, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/piano-nazionale-integrazione.pdf

 

Ministero dell’Interno della Repubblica italiana, Le iniziative di buona accoglienza e integrazione dei migranti in Italia. Modelli, strumenti e azioni, 31 maggio 2017, documento completo in formato .pdf, in:

http://www.prefettura.it/FILES/AllegatiPag/1142/Rapporto_annuale_Buone_Pratiche_di_Accoglienza_Italia_31_maggio_2017.pdf

 

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca della Repubblica italiana, Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, febbraio 2014, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.miur.gov.it/documents/20182/2223566/linee_guida_integrazione_alunni_stranieri.pdf/5e41fc48-3c68-2a17-ae75-1b5da6a55667?t=1564667201890

 

 

[12] Cooperazione internazionale per lo sviluppo. Documento triennale di programmazione e di indirizzo 2019-2021, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2020/09/documento_triennale_2019-2021_-_rev.pdf

 

Cooperazione internazionale per lo sviluppo. Documento triennale di programmazione e di indirizzo 2016-2018, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2017/03/doc_triennale_2016-2018_-_finale_approvato.pdf

 

 

[13] Massimo Iacopi, Come sono nate le frontiere africane, 2 giugno 2015, in:

http://www.storiain.net/storia/come-sono-nate-le-frontiere-africane/

 

La nozione di “frontiera” è di per sé stessa estranea all’Africa. Gli Stati che gli esploratori ed i colonizzatori europei hanno incontrato erano, in effetti, organismi politici elementari, formati attorno a un nucleo etnico più potente che manteneva sotto la sua autorità e forza i gruppi vicini. Per tale motivo la loro estensione territoriale variava in funzione dei rapporti di forza del momento. Capaci di estendersi molto rapidamente sotto la spinta di un profeta conquistatore o di un abile capo guerriero, essi molto spesso avevano una esistenza effimera. Tra l’altro, non esistevano nell’Africa tradizionale limiti fissati da trattati, stabiliti da cippi di frontiera e riportati sulle carte. La “frontiera” africana risulta, in questo caso, un elemento in eterno movimento.

Le suddivisioni territoriali avvenute in questo periodo sono, in primo luogo, il risultato di decisioni assunte dalle cancellerie europee che, solo raramente, hanno tenuto conto delle realtà locali e che altrettanto in poco conto hanno tenuto il parere di militari, amministratori o missionari impegnati sul campo. I governi interessati sono stati spesso guidati da esigenze di politica interna o di prestigio nazionale, dalla preoccupazione di non lasciare la via aperta a concorrenti giudicati troppo pericolosi o anche dalla necessità di attribuire a un concorrente “compensazioni” stimate legittime.

In certi casi si arriva persino allo scambio di territori o “diritti”, in funzione di interessi del momento.

In altre circostanze, è la preoccupazione di un accesso al mare che guida i delimitatori di frontiere

I trattati “indigeni”, conclusi con i capi o con i “capetti” locali da parte di esploratori intraprendenti, hanno anche loro determinato, a volte, i limiti delle future colonie.

Il dinamismo e lo spirito di iniziativa di qualche europeo bastavano spesso a garantire alla potenza che rappresentavano il controllo di immensi territori.

Le frontiere coloniali non avevano in tal modo nulla di definitivo: erano soggette a variazioni e revisioni, a concessioni reciproche fra le potenze interessate. I popoli non costituivano oggetto dell’interesse dei diplomatici, che decidevano della loro sorte, dividendosi sulle carte la “torta” africana.
Sono sempre state le potenze europee a fissare le regole del gioco, ognuna pensando a promuovere i propri interessi nazionali.

È in queste condizioni che nel novembre 1884 viene convocata la Conferenza di Berlino, al fine di regolare ufficialmente di «le condizioni più favorevoli per lo sviluppo del commercio e della civilizzazione in determinate regioni dell’Africa». L’atto finale del 26 febbraio 1885, che conclude i lavori della Conferenza, stabilisce un codice internazionale che sovraintende alla spartizione del continente nero. 

Era ritenuto lecito anche che uno Stato civilizzato, che occupasse un punto della costa, avesse diritto al suo interno.

Questi diversi episodi evidenziano chiaramente il carattere, arbitrario o dettato dalle circostanze, della spartizione territoriale avvenuta in Africa durante la formazione dei diversi imperi coloniali. Tali frontiere, nate per effetto del caso o dei rapporti di forze del momento, saranno poi moltiplicate da suddivisioni amministrative o militari altrettanto arbitrarie, che verranno poi ereditate dai giovani Stati africani nati dalla decolonizzazione.”

 

 

[14] Massimo Iacopi, Come sono nate le frontiere africane, 2 giugno 2015, in:

http://www.storiain.net/storia/come-sono-nate-le-frontiere-africane/

 

“Questa concezione di “nazione” – i cui limiti e le cui contraddizioni si sono viste nell’Europa centrale e balcanica all’indomani della Prima guerra mondiale – sta manifestando i suoi effetti ancora oggi in tutto il continente africano.”

 

 

[15] Massimo Iacopi, Come sono nate le frontiere africane, 2 giugno 2015, in:

http://www.storiain.net/storia/come-sono-nate-le-frontiere-africane/

 

“Partendo da una concezione territoriale di nazione ispirata ai modelli europei e, più in particolare, al modello giacobino francese, verranno così riunite in uno stesso contesto politico etnie o popoli differenti, spesso separati dalla loro lunga storia precoloniale.”

 

 

[16] Categoria:Gruppi etnici in Africa per stato, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Gruppi_etnici_in_Africa_per_stato

 

 

[17] Valentina Furlanetto, Perché i migranti scappano da casa loro, Il Sole 24 Ore, 8 settembre 2019, in:

https://www.ilsole24ore.com/art/perche-migranti-scappano-casa-loro-ACPcrai

 

“Se ci facessimo queste domande scopriremmo che dai paesi in cui convivono pacificamente gruppi etnici e religiosi diversi (come in Sierra Leone) dove c’è un’economia vivace e governi stabili e poco corrotti (come in Bostwana) e nessuna crisi idrica o ambientale (come in Rwanda) nessuno vuole andarsene.”

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito https://giorgiocannella.com/