Riflessioni sul battesimo

I passi che il Nuovo Testamento dedica al battesimo ci permettono di migliorare le norme del diritto canonico che consentono di amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini.[1]

Lo scopo di questo articolo è rendere i canoni in parola conformi a quanto si legge nella Bibbia.

Come è noto, infatti, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

 

 

Fin da quando studiavo teologia, desideravo scrivere le mie riflessioni sulla questione della validità del battesimo amministrato ai neonati e ai bambini.

Il compito è arduo perché l’argomento è già stato affrontato da molti celebri autori.

Dunque, cosa può offrire questo mio contributo?

La risposta è duplice: una trattazione comprensibile anche ai non addetti ai lavori, l’esame della questione anche da un punto di vista legale, oltre che teologico e scritturistico.

 

 

IL NUOVO TESTAMENTO

Partiamo dalle fondamenta: il Nuovo Testamento.

Non può esservi dubbio alcuno che il Nuovo Testamento sancisca che il battesimo vada amministrato unicamente a degli adulti consapevoli.

È sufficiente a tal fine leggere tutti i passi che vanno dal battesimo di conversione amministrato da Giovanni il battista[2] fino al battesimo amministrato nella Chiesa delle origini.[3]

 

A ulteriore dimostrazione di quanto appena detto, ci sono i passi dei vangeli di Marco, di Matteo e di Luca nei quali Gesù Cristo rimprovera gli apostoli perché cecavano di allontanare da lui dei bambini.

Nei passi in parola si legge che Gesù accarezzava e abbracciava i bambini, imponeva loro le mani, li benediceva e pregava per loro.[4]

Nulla di più!

Non c’è scritto che Gesù amministrava ai bambini il battesimo.

Per i cristiani, Gesù Cristo è il figlio di Dio che si è incarnato.

Dio è onnipotente.

Se vuole fare qualcosa, la fa.

Se non la vuole fare, non la fa.

Nulla e nessuno può impedire a Dio di fare ciò che egli desidera.

Se Gesù avesse voluto amministrare a quei bambini il battesimo, lo avrebbe fatto.

Se non lo ha fatto, è perché non ha voluto farlo.

Non si riesce a comprendere, dunque, per quale motivo i cristiani dovrebbero amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini se Dio non ha voluto farlo.

 

 

L’OBIEZIONE DI JOACHIM JEREMIAS

Joachim Jeremias obietta[5] che il battesimo dei bambini sarebbe attestato dai passi del Nuovo Testamento nei quali si legge che una persona viene battezzata “con tutti i suoi” o “assieme alla sua famiglia”.[6]

L’obiezione in esame è interessante, ma non può essere condivisa per i seguenti motivi.

 

Innanzitutto, perché non si può dare a un testo un significato difforme da quello che emerge chiaramente dal testo stesso.

Se, come abbiamo letto poc’anzi in ben tre passi di tre vangeli diversi[7], Gesù Cristo non ha voluto amministrare il battesimo ai bambini, non è lecito interpretare le parole “con tutti i suoi” o “assieme alla sua famiglia” per sostenere che il Nuovo Testamento consentirebbe di battezzare i bambini.

 

In secondo luogo, perché senza precisi e inoppugnabili dati testuali, non si può affermare che gli apostoli e san Paolo di Tarso, apostolo delle genti[8], facessero qualcosa di contrario rispetto a quanto ha fatto Gesù Cristo.

Anche in questo caso, infatti, nulla nel Nuovo Testamento consente di dire che gli apostoli e san Paolo di Tarso abbiano scelto di andare contro l’insegnamento di Gesù Cristo il quale, lo ripetiamo, ha scelto di non amministrare il battesimo ai bambini.[9]

 

Inoltre, la cultura giudaica dalla quale provenivano sia gli apostoli, sia san Paolo di Tarso, prevedeva la sequela del Signore unicamente come atto volontario e consapevole compiuto da un adulto.

Nell’Antico Testamento, infatti, l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza conferirgli il battesimo.

Per rendersene conto, è sufficiente leggere i seguenti passi:

 

  • il passo in cui l’angelo del Signore annuncia alla moglie di Manoach, che era sterile, la nascita di suo figlio Sansone con la missione di iniziare a liberare Israele dalle mani dei Filistei.[10] Anche in questo caso, come nei tre passi dei vangeli citati nella nota 4, una volta nato Sansone, il testo dice che il Signore lo benedisse, non che gli diede il battesimo;[11]

 

  • il passo in cui il Signore suscita lo spirito del giovanetto Daniele perché dimostri pubblicamente come calunniosa l’accusa portata in giudizio da due anziani contro Susanna.[12] Anche in qui, come nei tre passi dei vangeli citati nella nota 4, il testo afferma che il Signore diede a Daniele il dono dell’anzianità per fare da giudice nella contesa tra i due anziani e Susanna e afferma anche che, in seguito a questo episodio, Daniele “divenne grande di fronte al popolo”, ma non si legge che il Signore diede a Daniele il battesimo.

 

Infine, va tenuto presente che, nella cultura romana, i neonati e i bambini non potevano prendere decisioni in modo autonomo, perché erano soggetti alla potestà del padre di famiglia.

D’altro canto, se il padre di famiglia avesse chiesto il battesimo per i neonati e i bambini della sua famiglia o, per ipotesi, questi ultimi lo avessero chiesto autonomamente per se stessi, le tre motivazioni già esposte in questo paragrafo portano a concludere che la richiesta sarebbe stata cortesemente rifiutata.

 

Alla luce delle motivazioni esposte, le parole “con tutti i suoi” e “assieme alla sua famiglia” presenti nei passi usati da Joachim Jeremias devono essere intese come riferite alle seguenti categorie di persone:

  • persone adulte e consapevoli non più soggette alla potestà del padre di famiglia a seguito della manumissio o della emancipatio; [13]
  • persone adulte e consapevoli non più soggette alla potestà del padre di famiglia perché la loro condizione schiavile era cessata a seguito di manumissio vindicta o di manumissio testamento o di manumissio censu;[14]
  • persone adulte e consapevoli soggette alla potestà del padre di famiglia le quali, con il consenso di quest’ultimo, hanno chiesto di ricevere il battesimo.

 

In conclusione, i passi biblici esaminati e le argomentazioni esposte finora ci portano ad affermare che:

  • Gesù Cristo ha scelto di non amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini;
  • il battesimo nel Nuovo Testamento viene amministrato solo a degli adulti consapevoli;
  • sia nel Vecchio Testamento, sia nel Nuovo Testamento l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza somministrazione del battesimo.

 

 

L’ORIGINE DEL BATTESIMO DEI NEONATI E DEI BAMBINI

A questo punto dobbiamo domandarci come abbia avuto inizio la prassi di amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini.

Troviamo la risposta nel paragrafo 4 della “Istruzione sul battesimo dei bambini” del 1980.[15]

Nel paragrafo in esame non si menziona alcun passo della Scrittura, ma si citano dei passi di alcuni scritti di Origène, sant’Agostino di Tagaste, sant’Ireneo di Lione, Ippolito Romano, san Cipriano di Cartagine e si fa menzione di un sinodo dei vescovi africani al quale san Cipriano di Cartagine ha partecipato e che ha sancito la possibilità di battezzare i bambini.

Esaminiamo queste fonti.

 

Per quanto riguarda gli scritti degli autori citati, è bene dare a ciascuno il suo giusto peso.

Per i cristiani, la Bibbia è la parola di Dio.

Le opinioni e le proposte espresse nella riflessione teologica costituiscono un esercizio del diritto alla libera manifestazione del pensiero.[16]

Tuttavia, Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se tutti i passi biblici che abbiamo citato ed esaminato finora sono concordi nell’affermare

  • che Gesù Cristo ha scelto di non amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini,
  • che il battesimo nel Nuovo Testamento viene amministrato solo a degli adulti consapevoli
  • e che in tutta la Bibbia l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza somministrazione del battesimo,

le opinioni e le proposte di stampo diverso, per quanto autorevoli, non possono soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

IL SINODO DI CARTAGINE

Prendiamo ora in esame il sinodo africano citato nel paragrafo 4 della “Istruzione sul battesimo dei bambini” del 1980.

Salvo errori da parte mia, si tratta del sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo, presieduto da san Cipriano vescovo della medesima città.[17] 

 

In ecclesiologia e in storia della chiesa si studia che, affinché un concilio faccia un’affermazione dogmatica, sono necessari tutti e tre i seguenti requisiti: soggetto, oggetto, atto.

Il soggetto è il collegio dei vescovi che devono essere presenti nel concilio per poter discutere e votare.

L’oggetto è la materia, vale a dire la rivelazione.

L’atto è l’intenzione di definire una questione.

Questa intenzione deve essere chiaramente presente negli atti emanati dal concilio: ad esempio, quando è usata la formula “Noi definiamo”.

Se l’intenzione in parola non è presente, non va cercata.

 

Il requisito del soggetto

Il diritto canonico insegna che il collegio dei vescovi è composto dal sommo pontefice che ne è il capo e dai vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del collegio.[18]

Nel sinodo di Cartagine del 251 dopo Cristo:

  • non c’era il collegio dei vescovi, ma solo alcuni vescovi dell’allora porzione dell’Africa facente parte dell’impero romano;
  • non c’era il sommo pontefice.[19]

Questi due dati da soli implicano che il requisito del soggetto non può dirsi presente nel sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo.

 

Per completezza, va ricordato altresì che i sinodi di Cartagine degli anni ’50 del terzo secolo dopo Cristo non erano in comunione con il sommo pontefice e con il collegio dei vescovi.

Questo a causa del contrasto tra Roma e Cartagine sulla questione della validità del battesimo amministrato fuori della chiesa cattolica.[20]

 

Il requisito dell’oggetto

L’affermazione resa dal sinodo di Cartagine del 251 dopo Cristo secondo la quale si può amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini è sicuramente non conforme alla rivelazione.

Questo perché l’esame dei passi biblici e delle argomentazioni esposte in questo articolo conducono alle seguenti conclusioni:

  • Gesù Cristo ha scelto di non amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini;
  • il battesimo nel Nuovo Testamento viene amministrato solo a degli adulti consapevoli;
  • sia nel Vecchio Testamento sia nel Nuovo Testamento l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza somministrazione del battesimo.

Pertanto, l’affermazione della possibilità di battezzare neonati e bambini resa dal sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo non è conforme alla rivelazione e quindi non possiede il requisito dell’oggetto.

 

Il requisito dell’atto

Negli atti emanati dal sinodo di Cartagine in esame non c’è la formula “Noi definiamo” o altre espressioni che indichino la chiara intenzione di definire una questione.

Pertanto, l’affermazione resa dal sinodo di Cartagine sulla possibilità di battezzare neonati e bambini non ha il requisito dell’atto.

 

In conclusione, la mancanza dei tre requisiti del soggetto, dell’oggetto e dell’atto comporta che l’affermazione resa dal sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo secondo la quale è possibile battezzare i neonati e i bambini non è dogmatica.

Inoltre, poiché l’affermazione in parola ha un impatto sulla vita di tutti i fedeli, essa rientra nella competenza di un concilio ecumenico.

Poiché il sinodo di Cartagine del 251 dopo Cristo non fu ecumenico, la sua affermazione secondo la quale è possibile battezzare i neonati e i bambini non ha alcun valore.

 

 

IL VALORE DEL BATTESIMO DEI NEONATI E DEI BAMBINI

A questo punto dobbiamo chiederci quale sia il valore del battesimo conferito ai neonati e ai bambini.

 

In teologia sacramentaria si studia che lo schema di ogni sacramento è: Dio chiama, il soggetto risponde, la chiesa conferma.

Spieghiamo questo concetto con due esempi.

 

Il primo.

Tizio è in chiesa per sposarsi.

Non manifesta il consenso in alcun modo e non ha validamente delegato alcuno a rispondere al suo posto.

Risponde “sì” il padre di Tizio presente in chiesa.

Il matrimonio di Tizio è valido?

No.

Il matrimonio di Tizio è invalido per mancanza del consenso.

 

Il secondo esempio.

Tizio è in chiesa per ricevere il sacerdozio ministeriale.

Non manifesta il consenso in alcun modo e non ha validamente delegato alcuno a rispondere al suo posto.

Risponde “sì” la madre di Tizio presente in chiesa.

Il sacerdozio ministeriale è stato validamente conferito a Tizio?

No.

Il sacerdozio ministeriale non è stato validamente conferito a Tizio per mancanza del consenso.

 

Passiamo ora al battesimo.

Tizio – neonato o bambino – è in chiesa per ricevere il battesimo.

Non manifesta il consenso in alcun modo e non ha validamente delegato alcuno a rispondere al suo posto.

Rispondono “sì” i genitori di Tizio presenti in chiesa.

Il battesimo è stato validamente conferito a Tizio?

No.

Il battesimo non è stato validamente conferito a Tizio per mancanza del consenso.

Lo stesso va detto anche nel caso in cui Tizio, bambino, abbia detto “sì”.

Infatti, il neonato e il bambino non hanno ancora l’età della ragione necessaria per dare validamente il loro consenso e fare affermazioni con coscienza e volontà.

 

Un elemento utile a riflettere sull’età necessaria per esprimere un valido consenso ci viene fornito dal codice di diritto canonico e dal codice dei canoni delle chiese orientali.

A proposito dell’età minima per celebrare un valido matrimonio, i due codici citati fissano un’età minima di sedici anni compiuti per l’uomo e di quattrodici anni compiuti per la donna.[21]

Non si riesce a capire, quindi, per quale motivo persone di età inferiore dovrebbero poter esprimere un valido consenso per ricevere il battesimo.

A questa conclusione non vale opporre il fatto che, nel battesimo dei neonati e dei bambini, il consenso viene espresso da degli adulti al loro posto.

Infatti, come abbiamo ricordato all’inizio di questo paragrafo, in teologia sacramentaria si studia che lo schema di ogni sacramento è: Dio chiama, il soggetto risponde, la chiesa conferma.

Il soggetto risponde.

Non una persona diversa risponde al suo posto!

Né potrebbe obiettarsi, infine, che la Chiesa ha disciplinato il battesimo in modo che degli adulti possano esprimere il consenso al posto del neonato e del bambino.

In teologia sacramentaria, infatti, si studia che la Chiesa disciplina i sacramenti, ma non istituisce i sacramenti.

Lo stesso affermano i due codici di diritto canonico citati poc’anzi.[22]

I sacramenti li istituisce Dio.[23]

Solo Dio può decidere se, come e quando donare la sua grazia.

Nessuno vanta dei diritti sulla grazia di Dio.

Se tutti i passi biblici che abbiamo citato ed esaminato finora sono concordi nell’affermare

  • che Gesù Cristo ha scelto di non amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini,
  • che il battesimo nel Nuovo Testamento viene amministrato solo a degli adulti consapevoli
  • e che in tutta la Bibbia l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza somministrazione del battesimo,

nessuna norma della Chiesa può stabilire che Dio deve donare la grazia del battesimo anche ai neonati e ai bambini.

Nessuno può costringere Dio a donare la sua grazia.

 

Inoltre, fissare l’età minima per ricevere validamente il battesimo a sedici anni compiuti per l’uomo e a quattordici anni compiuti per la donna – come abbiamo visto che già accade per il matrimonio – è utile anche per abbandonare la prassi di ricevere i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, confermazione, eucaristia) in tre momenti diversi.

I due codici di diritto canonico della chiesa latina e delle chiese orientali, infatti, affermano che essi sono tra loro congiunti.[24]

Dunque, perché dividerli?

 

Molti pensano che il battesimo dei neonati e dei bambini sia necessario perché il bambino non battezzato non potrebbe salvarsi.

Un cristiano non può avere questa convinzione perché essa è contraria alla Scrittura.

Per rendersene conto è sufficiente leggere il passo del vangelo di Matteo nel quale è scritto che, al momento della morte di Gesù in croce, “i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono”.[25]

Queste persone erano nate, vissute e morte prima della morte di Gesù in croce e dunque non avevano potuto ricevere il battesimo cristiano.

Ciò non ostante, al momento della morte redentrice di Cristo, esse sono risuscitate.

 

Che dire poi di Mosè ed Elia?

Nati, vissuti e morti molto prima dell’incarnazione di Gesù Cristo, anch’essi non avevano potuto ricevere il battesimo cristiano, eppure appaiono vivi ai lati di Gesù durante la sua trasfigurazione mentre conversano con lui.[26]

Di conseguenza, la convinzione secondo la quale sarebbe necessario amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini perché questi possano salvarsi è contraddetta dalla Scrittura e, dunque, non può appartenere alla fede cristiana.

 

Lo stesso va detto per la convinzione secondo la quale, in pericolo di morte, bisognerebbe amministrare il battesimo, la confermazione e ricevere per la prima volta l’eucaristia per consentire all’individuo di salvarsi.

I sacramenti ora citati servono per completare l’iniziazione cristiana.

Non sono amuleti o lascia passare per entrare in paradiso!

Come abbiamo letto poc’anzi, la grazia di Dio fa risorgere anche persone decedute prima della morte di Cristo e conduce in paradiso anche persone vissute prima della incarnazione di Cristo.

 

 

In conclusione, i passi biblici citati e le argomentazioni esposte finora non lasciano spazio al dubbio: il battesimo amministrato ai neonati e ai bambini non è conforme alla Scrittura ed è invalido per mancanza del consenso.

La conseguenza del battesimo invalido è chiaramente espressa in entrambi i codici di diritto canonico: senza il battesimo non si possono ricevere validamente gli altri sacramenti.[27]

 

 

I CANONI DA MODIFICARE

Per risolvere il problema fin qui messo in luce, è necessario modificare le norme del codice di diritto canonico e del codice dei canoni delle chiese orientali che permettono di amministrare il battesimo ai feti, ai neonati, ai bambini e a chi non è responsabile dei suoi atti.

A tale scopo, l’età minima per ricevere validamente il battesimo deve essere la medesima che il diritto canonico stabilisce per contrarre validamente il matrimonio.[28]

 

Codice di diritto canonico

I canoni 852, 867, 868, 870 e 871 sono abrogati.

 

Il testo del canone 852 viene sostituito dal seguente:

Can. 852 – §1. Il battesimo viene amministrato validamente solo a uno o più individui adulti e consapevoli.

§2. L’uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici anni compiuti, non possono ricevere validamente il battesimo.

§3. La Conferenza episcopale è libera di fissare una età maggiore per ricevere validamente il battesimo.

§4. Congiuntamente con il battesimo viene amministrata la confermazione e viene ricevuta per la prima volta l’eucaristia.

§5. In nessun caso il pericolo di morte consente di ricevere validamente il battesimo, la confermazione e per la prima volta l’eucaristia.

§6. Tutti gli altri sacramenti non possono essere validamente ricevuti prima di avere ricevuto validamente il battesimo.

§7. Tutte le norme sul battesimo dei feti, dei neonati, dei bambini e di chi non è responsabile dei suoi atti sono abrogate.

§8. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali

I canoni 680 e 681 sono abrogati.

 

Il paragrafo 1 del canone 686 è abrogato.

Nel canone 686, paragrafo 2, le parole “i genitori del bambino da battezzare, come pure” sono abrogate.

Nel canone 686, paragrafo 2, la virgola dopo la parola “padrino” è eliminata.

Il canone 686 risultante dalle modifiche è il seguente:

Can. 686 – §1. [Paragrafo abrogato]

§2. Il parroco provveda che coloro che stanno per assumere la funzione di padrino siano istruiti convenientemente sul significato di questo sacramento e sugli obblighi che ne derivano e siano preparati bene alla celebrazione del sacramento.

 

Il testo del canone 680 è sostituito dal seguente:

Can. 680 – §1. Il battesimo viene amministrato validamente solo a uno o più individui adulti e consapevoli.

§2. L’uomo prima del sedicesimo anno di età compiuto, la donna prima del quattordicesimo anno di età compiuto non possono ricevere validamente il battesimo.

§3. La Conferenza episcopale è libera di fissare una età maggiore per ricevere validamente il battesimo.

§4. Congiuntamente con il battesimo viene amministrata la crismazione del santo myron e viene ricevuta per la prima volta l’eucaristia.

§5. In nessun caso il pericolo di morte consente di ricevere validamente il battesimo, la crismazione del santo myron e per la prima volta l’eucaristia.

§6. Tutti gli altri sacramenti non possono essere validamente ricevuti prima di avere ricevuto validamente il battesimo.

§7. Tutte le norme sul battesimo dei feti, dei neonati, dei bambini e di chi non è responsabile dei suoi atti sono abrogate.

§8. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

 

Codice di diritto canonico,

canoni 852, 867, 868, 870 e 871:

 

“Can. 852 – §1. Le disposizioni contenute nei canoni per il battesimo degli adulti, si applicano a tutti coloro che, usciti dall’infanzia, hanno raggiunto l’uso di ragione.

§2. Viene assimilato al bambino, anche per quanto concerne il battesimo, colui che non è responsabile dei suoi atti.

 

Can. 867 – §1. I genitori sono tenuti all’obbligo di provvedere che i bambini siano battezzati entro le prime settimane; al più presto dopo la nascita, anzi anche prima di essa, si rechino dal parroco per chiedere il sacramento per il figlio e vi si preparino debitamente.

§2. Se il bambino è in pericolo di morte, lo si battezzi senza alcun indugio.

 

Can. 868 – §1. Per battezzare lecitamente un bambino si esige:

1) che i genitori o almeno uno di essi o chi tiene legittimamente il loro posto, vi consentano;

2)n che vi sia la fondata speranza che sarà educato nella religione cattolica fermo restando il §3; se tale speranza manca del tutto, il battesimo venga differito, secondo le disposizioni del diritto particolare, dandone ragione ai genitori.

§2. Il bambino di genitori cattolici e persino di non cattolici, in pericolo di morte è battezzato lecitamente anche contro la volontà dei genitori.

§3.n Il bambino di cristiani non cattolici è lecitamente battezzato, se i genitori o almeno uno di essi o colui che tiene legittimamente il loro posto lo chiedono e se agli stessi sia impossibile, fisicamente o moralmente, accedere al proprio ministro.

 

Can. 870 – Il bambino esposto o trovatello sia battezzato, a meno che, condotta una diligente ricerca, non consti del suo battesimo.

 

Can. 871 – I feti abortivi, se vivono, nei limiti del possibile, siano battezzati.

 

(n: Indica che il testo corrisponde alla nuova versione o a un nuovo paragrafo)

[Articoli modificati da Sua Santità Papa Francesco (cfr. Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio De concordia inter Codices” del 31 maggio 2016)]”

 

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 680, 681, 686:

 

Can. 680 – Foetus abortivus, si vivit et si id fieri potest, baptizetur.

 

Can. 681 – § 1. Ut infans licite baptizetur, oportet:

1° spes habeatur fundata eum in fide Erclesiae catholicae educatum iri firma § 5;

2° parentes, saltem eorum unus, aut is, qui legitime eorundem locum tenet, consentiant.

  • 2. Infans expositus et inventus, nisi de eiusdem baptismo certe constat, baptizetur.
  • 3. Rationis usu ab infantia destituti baptizandi sunt ut infantes.
  • 4. Infans sive parentum catholicornm sive etiam acatholicorum, qui in eo versatur vitae discrimine, ut prudenter praevideatur moriturus, antequam usum rationis attingit, licite baptizatur.
  • 5. Infans christianorum acatholicorum licite baptizatur, si parentes aut unus saltem eorum aut is, qui legitime eorundem locum tenet, id petunt et si eis physice aut moraliter impossibile est accedere ad ministrum proprium.

 

Can. 686 – § 1. Parentes obligatione tenentur, ut infans quam primum secundum legitimam consuetudinem baptizetur.

§2. Curet parochus, ut infantis baptizandi parentes itemque, qui munus patrini sunt suscepturi, de significatione huius sacramenti deque obligationibus cum eo cohaerentibus congrue edoceantur et ad celebrationem sacramenti apte praeparentur.”

 

 

I canoni 680, 681 e 686 in italiano:

 

Can. 680 – Un feto abortivo, se è vivo e se ciò è possibile, sia battezzato.

 

Can. 681 – § 1. Perché un bambino sia battezzato lecitamente si esige:

1° che vi sia fondata speranza che esso sarà educato nella fede della Chiesa cattolica, fermo restando il § 5;

2° che i genitori, almeno uno di essi, oppure chi ne fa le veci legittimamente, vi consentano.

  • 2. Il bambino esposto o trovatello, se non risulta con certezza che è stato battezzato, lo si battezzi.
  • 3. Coloro che sono privi dell’uso di ragione fin dall’infanzia devono essere battezzati come i bambini.
  • 4. Il bambino, sia di genitori cattolici sia anche di genitori acattolici, che si trova in un pericolo di morte tale da far ritenere prudentemente che morirà prima di raggiungere l’uso di ragione, è battezzato lecitamente.
  • 5. Il bambino di cristiani acattolici viene battezzato lecitamente se i genitori, oppure almeno uno di essi o colui che ne fa legittimamente le veci, lo richiedono e se ad essi è fisicamente oppure moralmente impossibile recarsi dal proprio ministro.

 

Can. 686 – § 1. I genitori hanno l’obbligo che il bambino sia battezzato al più presto secondo la legittima consuetudine.

§2. Il parroco provveda che i genitori del bambino da battezzare, come pure coloro che stanno per assumere la funzione di padrino, siano istruiti convenientemente sul significato di questo sacramento e sugli obblighi che ne derivano e siano preparati bene alla celebrazione del sacramento.”

 

 

 

[2] IL BATTESIMO AMMINISTRATO DA GIOVANNI IL BATTISTA

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetti 1-11:

 

“[1] Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.

[2] Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.

[3] Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri,

[4] si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.

[5] Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

[6] Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico

[7] e predicava: “Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali.

[8] Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo”.

[9] In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.

[10] E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba.

[11] E si sentì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 3, versetti 1-17:

 

“[1] In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea,

[2] dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”.

[3] Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!

[4] Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico.

[5] Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano;

[6] e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.

[7] Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente?

[8] Fate dunque frutti degni di conversione,

[9] e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre.

[10] Gia la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.

[11] Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco.

[12] Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile”.

[13] In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui.

[14] Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”.

[15] Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”. Allora Giovanni acconsentì.

[16] Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui.

[17] Ed ecco una voce dal cielo che disse: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 3, versetti 1-18:

 

“[1] Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène,

[2] sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.

[3] Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati,

[4] com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!

[5] Ogni burrone sia riempito,
ogni monte e ogni colle sia abbassato;
i passi tortuosi siano diritti;
i luoghi impervi spianati.

[6] Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

[7] Diceva dunque alle folle che andavano a farsi battezzare da lui: “Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira imminente?

[8] Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre.

[9] Anzi, la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco”.

[10] Le folle lo interrogavano: “Che cosa dobbiamo fare?”.

[11] Rispondeva: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”.

[12] Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: “Maestro, che dobbiamo fare?”.

[13] Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”.

[14] Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi che dobbiamo fare?”. Rispose: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe”.

[15] Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo,

[16] Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

[17] Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile”.

[18] Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.”

 

 

 

[3] IL BATTESIMO AMMINISTRATO NELLA CHIESA PRIMITIVA

 

Sul fatto che prima di essere battezzati bisogna avere fede.

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 15-16:

 

“[15] Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.

[16] Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.”

 

 

 

Sul fatto che per poter essere battezzati è necessario ascoltare l’annuncio della fede, sentirsi trafiggere il cuore da questo annuncio e chiedere cosa bisogna fare.

 

Atti degli apostoli, capitolo 2, versetti 14-37:

 

“[14] Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: “Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole:

[15] Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino.

[16] Accade invece quello che predisse il profeta Gioele:

[17] Negli ultimi giorni, dice il Signore,
Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona;
i vostri figli e le vostre figlie profeteranno,
i vostri giovani avranno visioni
e i vostri anziani faranno dei sogni.

[18] E anche sui miei servi e sulle mie serve
in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi
profeteranno.

[19] Farò prodigi in alto nel cielo
e segni in basso sulla terra,
sangue, fuoco e nuvole di fumo.

[20] Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue,
prima che giunga il giorno del Signore,
giorno grande e splendido.

[21] Allora chiunque invocherà il nome del Signore
sarà salvato.

[22] Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -,

[23] dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso.

[24] Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere.

[25] Dice infatti Davide a suo riguardo:
Contemplavo sempre il Signore innanzi a me;
poiché egli sta alla mia destra, perché io non
vacilli.

[26] Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la
mia lingua;
ed anche la mia carne riposerà nella speranza,

[27] perché tu non abbandonerai l’anima mia negli
inferi,
né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione.

[28] Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza.

[29] Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi.

[30] Poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente,

[31] previde la risurrezione di Cristo e ne parlò:
questi non fu abbandonato negli inferi,
né la sua carne vide corruzione.

[32] Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.

[33] Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire.

[34] Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice:
Disse il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,

[35] finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi.

[36] Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!”.

[37] All’udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”.”

 

 

 

Sul fatto che prima di essere battezzati bisogna pentirsi dei propri peccati.

 

Atti degli apostoli, capitolo 2, versetto 38:

 

“[38] E Pietro disse: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.”

 

 

 

Ancora sul fatto che per poter essere battezzati è necessario ascoltare l’annuncio della fede e chiedere il battesimo.

 

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 34-40:

 

“[34] E rivoltosi a Filippo l’eunuco disse: “Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?”.

[35] Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù.

[36] Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c’era acqua e l’eunuco disse: “Ecco qui c’è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?”.

[37] .

[38] Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò.

[39] Quando furono usciti dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.

[40] Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.”

 

 

 

[4] SUL FATTO CHE GESÙ NON AMMINISTRA IL BATTESIMO AI BAMBINI

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 10, versetti 13-16:

 

“[13] Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.

[14] Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.

[15] In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso”.

[16] E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 19, versetti 13-15:

 

“[13] Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano.

[14] Gesù però disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli”.

[15] E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 18, versetti 15-17:

 

“[15] Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano.

[16] Allora Gesù li fece venire avanti e disse: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.

[17] In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà”.”

 

 

 

[5] Joachim Jeremias, Le baptême des enfants dans les quatre premiers siècles, Le Puy et Lyon, ed. Xavier Mappus, 1967.

Per una sintesi dei contenuti di questa opera si veda “Il battesimo dei bambini nella chiesa delle origini. Appunti su di un volume di Joachim Jeremias”, di Andrea Lonardo su: http://www.gliscritti.it/blog/entry/990

 

 

 

[6] I PASSI CITATI DA JOACHIM JEREMIAS NELL’OPERA CITATA NELLA NOTA 5

 

Atti degli apostoli, capitolo 16, versetto 15.

Qui di seguito, cito tutto il passo: capitolo 16, versetti 11-15:

 

“[11] Salpati da Troade, facemmo vela verso Samotracia e il giorno dopo verso Neapoli e

[12] di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni;

[13] il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite.

[14] C’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo.

[15] Dopo esser stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: “Se avete giudicato ch’io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa”. E ci costrinse ad accettare.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 16, versetto 33.

Qui di seguito, cito tutto il passo: capitolo 16, versetti 25-34:

 

“[25] Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli.

[26] D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti.

[27] Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti.

[28] Ma Paolo gli gridò forte: “Non farti del male, siamo tutti qui”.

[29] Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila;

[30] poi li condusse fuori e disse: “Signori, cosa devo fare per esser salvato?”.

[31] Risposero: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”.

[32] E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.

[33] Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi;

[34] poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 18, versetto 8.

Qui di seguito, cito tutto il passo: capitolo 18, versetti 5-8:

 

“[5] Quando giunsero dalla Macedonia Sila e Timòteo, Paolo si dedicò tutto alla predicazione, affermando davanti ai Giudei che Gesù era il Cristo.

[6] Ma poiché essi gli si opponevano e bestemmiavano, scuotendosi le vesti, disse: “Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente; da ora in poi io andrò dai pagani”.

[7] E andatosene di là, entrò nella casa di un tale chiamato Tizio Giusto, che onorava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga.

[8] Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e anche molti dei Corinzi, udendo Paolo, credevano e si facevano battezzare.”

 

 

 

Prima lettera ai Corinzi, capitolo 1, versetto 16.

Qui di seguito, cito tutto il passo: capitolo 1, versetti 10-17:

 

“[10] Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti.

[11] Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli, dalla gente di Cloe, che vi sono discordie tra voi.

[12] Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: “Io sono di Paolo”, “Io invece sono di Apollo”, “E io di Cefa”, “E io di Cristo!”.

[13] Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?

[14] Ringrazio Dio di non aver battezzato nessuno di voi, se non Crispo e Gaio,

[15] perché nessuno possa dire che siete stati battezzati nel mio nome.

[16] Ho battezzato, è vero, anche la famiglia di Stefana, ma degli altri non so se abbia battezzato alcuno.

[17] Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo.”

 

 

 

[7] Si veda la nota 4 con i passi evangelici in essa citati.

 

 

 

[8] Lettera ai romani, capitolo 11, versetto 13-14:

 

“[13] Pertanto, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero,

[14] nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni.”

 

 

 

Lettera ai galati, capitolo 1, versetti 13-17:

 

“[13] Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi,

[14] superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri.

[15] Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque

[16] di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo,

[17] senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.”

 

 

 

Lettera ai galati, capitolo 2, versetti 7-9:

 

[7] Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi –

[8] poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani

[9] e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi.”

 

 

 

[9] Si veda la nota 4 con i passi evangelici in essa citati.

 

 

 

[10] L’ANNUNCIO DELLA NASCITA DI SANSONE

Libro dei giudici, capitolo 13, versetti 1-5:

 

“[1] Gli Israeliti tornarono a fare quello che è male agli occhi del Signore e il Signore li mise nelle mani dei Filistei per quarant’anni.

[2] C’era allora un uomo di Zorea di una famiglia dei Daniti, chiamato Manoach; sua moglie era sterile e non aveva mai partorito.

[3] L’angelo del Signore apparve a questa donna e le disse: “Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio.

[4] Ora guardati dal bere vino o bevanda inebriante e dal mangiare nulla d’immondo.

[5] Poiché ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, sulla cui testa non passerà rasoio, perché il fanciullo sarà un nazireo consacrato a Dio fin dal seno materno; egli comincerà a liberare Israele dalle mani dei Filistei“.”

 

 

 

[11] IL SIGNORE BENEDICE IL BAMBINO SANSONE

Libro dei giudici, capitolo 13, versetto 24:

 

“[24] Poi la donna partorì un figlio che chiamò Sansone. Il bambino crebbe e il Signore lo benedisse.”

 

 

 

[12] IL SIGNORE SUSCITA LO SPIRITO DEL GIOVANETTO DANIELE

Libro di Daniele, capitolo 13, versetti 45-64:

 

“[45] Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele,

[46] il quale si mise a gridare: “Io sono innocente del sangue di lei!”.

[47] Tutti si voltarono verso di lui dicendo: “Che vuoi dire con le tue parole?”.

[48] Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: “Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare la verità!

[49] Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei”.

[50] Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: “Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell’anzianità“.

[51] Daniele esclamò: “Separateli bene l’uno dall’altro e io li giudicherò”.

[52] Separati che furono, Daniele disse al primo: “O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce,

[53] quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l’innocente.

[54] Ora dunque, se tu hai visto costei, dì: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?”. Rispose: “Sotto un lentisco”.

[55] Disse Daniele: “In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due”.

[56] Allontanato questo, fece venire l’altro e gli disse: “Razza di Cànaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore!

[57] Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità.

[58] Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?”. Rispose: “Sotto un leccio”.

[59] Disse Daniele: “In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire”.

[60] Allora tutta l’assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui.

[61] Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo

[62] e applicando la legge di Mosè li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.

[63] Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto.

[64] Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo.”

 

 

 

[13] Sulla cessazione della potestà del padre di famiglia per manumissio e per emancipatio si veda Feliciano Serrao, “Diritto privato economia e società nella storia di Roma”, prima parte, Jovene, Napoli, 1984, pagine 213-218.

 

 

 

[14] Sulla cessazione della condizione schiavile in seguito a manumissio vindicta, manumissio testamento, manumissio censu si veda l’opera di Feliciano Serrao citata nella nota precedente, pagine 270-274.

 

 

 

[15] L’ORIGINE DELLA PRASSI DI BATTEZZARE I NEONATI E I BAMBINI

Sacra Congregazione per la dottrina della fede,

Istruzione sul battesimo dei bambini,

20 ottobre 1980, in: http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19801020_pastoralis_actio_it.html

 

Paragrafo 4

“4. Sia in Oriente che in Occidente la prassi di battezzare i bambini è considerata una norma di tradizione immemorabile. Origene, e più tardi S. Agostino, la ritenevano una « tradizione ricevuta dagli Apostoli » (2). Quando poi, nel secolo ІI, appaiono le prime testimonianze dirette, nessuna di esse presenta mai il battesimo dei bambini come una innovazione. S. Ireneo in particolare considera ovvia la presenza tra i battezzati « di infanti e di bambini » a fianco degli adolescenti, dei giovani e dei più anziani (3). Il più antico rituale conosciuto, quello che all’inizio del III secolo descrive la Tradizione apostolica, contiene la seguente prescrizione: « Battezzate in primo luogo i bambini: tutti coloro che possono parlare da soli, parlino; per coloro invece che non possono parlare da soli, parlino i genitori o qualcuno della loro famiglia » (4). S. Cipriano, partecipando ad un Sinodo dei vescovi africani, afferma che « non si può negare la misericordia e la grazia di Dio a nessun uomo che viene all’esistenza »; e lo stesso Sinodo, richiamandosi all’« uguaglianza spirituale » di tutti gli uomini « di qualsiasi statura ed età », decretò che si potevano battezzare i bambini « già dal secondo o terzo giorno dopo la nascita » (5).”

 

Note presenti nel testo ora citato

 

“(2) Origene, In Romanos, lib. V, 9: PG 14, 1047; cf. S. Agostino, De Genesi ad litteram, X, 23, 39: PL 34, 426; De peccatorum meritis et remissione et de baptismo parvulorum, I, 26, 39: PL 44, 131. In realtà tre passi degli Atti degli Apostoli (16, 15; 16, 33; 18, 8) ricordano il battesimo di « tutta una casa ».

(3) Adv. Haereses, II, 22, 4: PG 7, 784; Harvey, I, 330. In molti documenti epigrafici, già dal II secolo, i bambini vengono chiamati « Figli di Dio », titolo riservato ai battezzati, o si legge una esplicita menzione del loro battesimo; cf. ad esempio, Corpus inscriptionum graecarum, III, nn. 9727, 9817, 9801; E. Diehl, Inscriptiones latinae christianae veteres, Berlin 1961, nn. 1523 (3), 4429 A.

(4) Ippolito Romano, La Tradition apostolique, ed. e trad. di B. Botte, Münster W., Aschendolrff, 1963 (Liturgiewissenschaftliche Quellen und Forschungen 396), pp. 44-45.

(5) Epist. LXIV, Cyprianus et coeteri collegae, qui in concilio adfuerunt numero LXVI. Fido fratri: PL 3, 1013-1019; Hartel, CSEL, 3, pp. 717-721. Nella Chiesa africana tale prassi era particolarmente ferma, nonostante l’opposizione di Tertulliano, il quale consigliava di differire il battesimo dei bambini, a motivo della loro tenera età e per timore di eventuali defezioni giovanili. Cf. De baptismo, XVIII, 3-XIX, 1: PL 1, 1220-1222; De anima, 39-41: PL 2, 719 ss.”

 

 

 

[16] Su che cos’è e con quali regole si deve svolgere la riflessione teologica rinvio al mio articolo “Riflessioni sul primo concilio di Gerusalemme” …………..

 

 

 

[17] Negli anni ’50 del terzo secolo dopo Cristo, a Cartagine si tennero vari sinodi (anni 251, 253, 254 e 255) per affrontare, tra le altre, due questioni: la decisione da prendere nei confronti del lapsi e la discussa validità del battesimo amministrato fuori dalla chiesa cattolica.

 

Sulla storia dei sinodi di Cartagine in questo periodo si può leggere la voce “Concili e sinodi” nell’enciclopedia Treccani on-line consultabile all’indirizzo: http://www.treccani.it/enciclopedia/concili-e-sinodi_%28Enciclopedia-Costantiniana%29/

 

 

 

[18] Codice di diritto canonico,

canone 336

 

“Can. 336 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 49,

 

Can. 49 – Collegium Episcoporum, cuius caput est Romanus Pontifex cuiusque membra sunt Episcopi vi sacramentalis ordinationis et hierarchica communione cum Collegii capite et membris et in quo corpus apostolicum continuo perseverat, una cum capite suo et numquam sine hoc capite subiectum quoque supremae et plenae potestatis in universam Ecclesiam exsistit.”

 

Il canone 49 in italiano:

 

Can. 49 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Romano Pontefice e le cui membra sono i Vescovi, in forza dell’ordinazione sacramentale e per la comunione gerarchica con il capo del Collegio e con le membra, e nel quale il corpo apostolico persevera continuamente assieme al suo capo e mai senza questo capo, è pure soggetto della suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

 

[19] Anche se all’epoca il vescovo di Roma non aveva la suprema potestà dottrinale e giuridica che assunse in seguito, resta il dato di fatto che egli non partecipò al sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo.

 

 

 

[20] Enciclopedia Treccani on-line,

voce “Concili e sinodi”

in: http://www.treccani.it/enciclopedia/concili-e-sinodi_%28Enciclopedia-Costantiniana%29/

 

“Nonostante le comuni tradizioni, tra Roma e Cartagine vi è uno scarto fondamentale, concernente il battesimo degli eretici.

Il primo concilio di epoca ciprianea in cui viene trattata la disciplina battesimale è quello del 252, dove si discute il battesimo dei neonati e si decide che esso debba essere loro impartito il prima possibile30.

Sarà tuttavia un altro concilio, tre anni più tardi, a occuparsi primieramente della più complessa questione del battesimo degli eretici, cioè di chi, battezzato al di fuori della Catholica, volesse entrare a farvi parte.

Le comunità di Alessandria e Roma, da parte loro, avevano assunto una chiara posizione in merito al problema, decretando la validità di qualsiasi battesimo, purché amministrato nel nome di Gesù Cristo31.

Il concilio di Cartagine del 25532 confermerà invece la rigida disciplina che caratterizza la Chiesa ‘cattolica’ locale, avversando quanto più ogni soluzione di compromesso33 e stabilendo la necessità del battesimo per gli eretici e gli scismatici.

Queste conclusioni saranno ribadite dai settantuno vescovi riunitisi per il sinodo della primavera del 256 e dagli ottantasette vescovi convenuti nel settembre dello stesso anno per il sinodo con la partecipazione più elevata di tutto l’episcopato ciprianeo34.

Tra i problemi ivi dibattuti, vi è anche quello della posizione che la Chiesa cartaginese deve tenere con quella di Roma, dal momento che i rapporti tra le due realtà ecclesiali sono ormai tesi, per ragioni in parte dottrinali, relative alla questione del battesimo degli eretici, e in parte legate all’interpretazione protagonistica del ruolo del vescovo di Roma data dal vescovo romano Stefano35.”

 

Note presenti nel testo ora citato

 

30 Cfr. Cypr., epist. 64. Per la discussione si veda J.A. Fischer, A. Lumpe, Die Synoden, cit., pp. 194-197.

31 Cfr. Cypr., epist. 74,5,1 e 75,18,1-2. Cfr. P. Bernardini, Un solo battesimo, cit., p. 115.

32 Preceduto a sua volta di qualche mese da un incontro, in Numidia, di diciotto vescovi, probabilmente turbati dal fatto che Stefano I a Roma non considerasse problematico il battesimo degli eretici.

33 È legittimo supporre che ci siano anche gruppi disposti a ritenere valido il battesimo somministrato da eretici e scismatici, ma il concilio respinge ogni forma di compromesso. Cfr. J.A. Fischer, A. Lumpe, Die Synoden, cit., p. 244 nota 104.

34 Di quest’ultimo concilio ci sono giunte le Sententiae episcoporum (registrazione dei pronunciamenti dei vescovi partecipanti), una fonte importante per la storia della sinodalità nell’Occidente latino. Queste Sententiae infatti conservano il punto di vista di ciascun vescovo partecipante e ci consentono di capire come il concilio è stato vissuto (cfr. P. Bernardini, Un solo battesimo, cit.).

35 Cfr. Cypr., epist. 74 e 75, e P. Bernardini, Un solo battesimo, cit., p. 90; per approfondimenti, cfr. ivi, pp. 113-120.”

 

 

 

[21] Io sono convinto che l’età minima per celebrare un valido matrimonio debba essere quella nella quale si diventa maggiorenni (l’età nella quale si acquisisce la capacità di agire).

Questo al fine di evitare matrimoni di persone non consenzienti e/o non consapevoli.

L’articolo 84 del codice civile italiano, infatti, prevede il requisito della maggiore età.

L’unica eccezione è costituita dal matrimonio di persone che hanno compiuto i sedici anni di età.

Per quest’ultimo, però la legge esige un decreto pronunciato dal Tribunale in camera di consiglio su istanza dell’interessato nel quale si accerti la maturità psico-fisica del soggetto e i gravi motivi che dovrebbero portare all’accoglimento dell’istanza.

 

Il diritto canonico disciplina diversamente questo aspetto.

 

Codice di diritto canonico,

canone 1083:

 

“Can. 1083 – §1. L’uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici pure compiuti, non possono celebrare un valido matrimonio.

  • 2. La Conferenza Episcopale è libera di fissare una età maggiore per la lecita celebrazione del matrimonio.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 800:

 

Can. 800 – § 1. Vir ante decimum sextum aetatis annum expletum, mulier ante decimum quartum aetatis annum expletum matrimonium valide celebrare non possunt.

  • 2. Integrum est iuri particulari Ecclesiae sui iuris aetatis annum superiorem ad licitam matrimonii celebrationem statuere.”

 

Il canone 800 in italiano:

 

Can. 800 – § 1. L’uomo prima del sedicesimo anno di età compiuto, la donna prima del quattordicesimo anno di età compiuto non possono celebrare validamente il matrimonio.

  • 2. Il diritto particolare della Chiesa sui iurisha piena libertà di stabilire l’anno di età superiore per la lecita celebrazione del matrimonio.”

 

 

 

[22] Codice di diritto canonico,

canone 841:

 

“Can. 841 – Poiché i sacramenti sono gli stessi per tutta la Chiesa e appartengono al divino deposito, è di competenza unicamente della suprema autorità della Chiesa approvare o definire i requisiti per la loro validità e spetta alla medesima autorità o ad altra competente, a norma del can. 838, §§3 e 4, determinare quegli elementi che riguardano la loro lecita celebrazione, amministrazione e recezione, nonché il rito da osservarsi nella loro celebrazione.”

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 669:

 

Can. 669 – Cum sacramenta eadem sint pro universa Ecclesia et ad divinum depositum pertineant, solius supremae Ecclesiae auctoritatis est approbare vel definire, quae ad eorum validitatem sunt requisita.”

 

Il canone 669 in italiano:

 

Can. 669 – Poiché i sacramenti sono gli stessi per la Chiesa universale e appartengono al divino deposito, spetta solamente alla suprema autorità della Chiesa approvare o definire quali sono i requisiti per la loro validità.”

 

 

 

[23] Codice di diritto canonico,

canone 840:

 

“Can. 840 – I sacramenti del Nuovo Testamento, istituiti da Cristo Signore e affidati alla Chiesa, in quanto azioni di Cristo e della Chiesa, sono segni e mezzi mediante i quali la fede viene espressa e rafforzata, si rende culto a Dio e si compie la santificazione degli uomini, e pertanto concorrono sommamente a iniziare, confermare e manifestare la comunione ecclesiastica; perciò nella loro celebrazione sia i sacri ministri sia gli altri fedeli debbono avere una profonda venerazione e la dovuta diligenza.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 667:

 

Can. 667 – Per sacramenta, quae Ecclesia dispensare tenetur, ut sub signo visibili mysteria Christi communicet, Dominus noster Iesus Christus homines in virtute Spiritus Sancti sanctificat, ut singulari modo Dei Patris veri adoratores fiant, eosque sibi ipsi et Ecclesiae, suo Corpori, inserit; quare christifideles omnes, praesertim vero ministri sacri, eisdem sacramentis religiose celebrandis et suscipiendis praescripta Ecclesiae diligenter servent.”

 

Il canone 667 in italiano:

 

Can. 667 – Per mezzo dei sacramenti, che la Chiesa ha l’obbligo di distribuire per comunicare sotto un segno visibile i misteri di Cristo, il Signore nostro Gesù Cristo santifica gli uomini in virtù dello Spirito Santo affinché diventino in modo singolare veri adoratori di Dio Padre, e li innesta a se stesso e alla Chiesa, suo Corpo; perciò tutti i fedeli cristiani, ma specialmente i sacri ministri, nel celebrare e nel ricevere religiosamente gli stessi sacramenti, osservino diligentemente le prescrizioni della Chiesa.”

 

 

 

[24] Codice di diritto canonico,

canone 842:

 

“Can. 842 – §1. Chi non ha ricevuto il battesimo non può essere ammesso validamente agli altri sacramenti.

§2. I sacramenti del battesimo, della confermazione e della santissima Eucaristia sono tra loro talmente congiunti, da essere richiesti per la piena iniziazione cristiana.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 695:

 

Can. 695 – § 1. Chrismatio sancti myri ministrari debet coniunctim cum baptismo, salvo casu verae necessitatis, in quo tamen curandum est, ut quam primum ministretur.

§2. Si celebratio chrismationis sancti myri non fit simul cum baptismo, minister tenetur de ea certiorem facere parochum loci, ubi baptismus ministratus est.”

 

Il canone 695 in italiano:

 

Can. 695 – § 1. La crismazione del santo myron deve essere amministrata congiuntamente col battesimo, salvo il caso di vera necessità, in cui tuttavia si deve provvedere che sia amministrata al più presto.

§2. Se la celebrazione della crismazione del santo myron non si fa assieme al battesimo, il ministro è obbligato a informarne il parroco del luogo dove è stato amministrato il battesimo.”

 

 

 

[25] LA RISURREZIONE DI MOLTI ALLA MORTE IN CROCE DI GESÙ

Vangelo secondo Matteo, capitolo 27, versetti 50-54:

 

“[50] E Gesù, emesso un alto grido, spirò.

[51] Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,

[52] i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.

[53] E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.

[54] Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”.

 

 

 

[26] MOSÈ ED ELIA DIALOGANO CON GESÙ DURANTE LA SUA TRASFIGURAZIONE

Vangelo secondo Marco, capitolo 9, versetti 2-8:

 

“[2] Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro

[3] e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.

[4] E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù.

[5] Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!”.

[6] Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento.

[7] Poi si formò una nube che li avvolse nell’ombra e uscì una voce dalla nube: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!”.

[8] E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.

[9] Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti.

[10] Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 17, versetti 1-9:

 

“[1] Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

[2] E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.

[3] Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

[4] Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: “Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”.

[5] Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”.

[6] All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.

[7] Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: “Alzatevi e non temete”.

[8] Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.

[9] E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 28-36:

 

“[28] Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.

[29] E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.

[30] Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia,

[31] apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.

[32] Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.

[33] Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli non sapeva quel che diceva.

[34] Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all’entrare in quella nube, ebbero paura.

[35] E dalla nube uscì una voce, che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”.

[36] Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.”

 

 

 

[27] Codice di diritto canonico,

canone 842:

 

“Can. 842 – §1. Chi non ha ricevuto il battesimo non può essere ammesso validamente agli altri sacramenti.

§2. I sacramenti del battesimo, della confermazione e della santissima Eucaristia sono tra loro talmente congiunti, da essere richiesti per la piena iniziazione cristiana.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 675:

 

Can. 675 – § 1. In baptismo homo per lavacrum aquae naturalis cum invocatione nominis Dei Patris et Filii et Spiritus Sancti a peccato liberatur, ad vitam novam regeneratur, Christum induit et Ecclesiae, quae eius Corpus est, incorporatur.

§2. Tantummodo baptismo in re suscepto homo fit capax ceterorum sacramentorum.”

 

Il canone 675 in italiano:

 

Can. 675 – § 1. Nel battesimo, per mezzo del lavacro dell’acqua naturale con l’invocazione del nome di Dio Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, l’uomo è liberato dal peccato, è rigenerato a vita nuova, è rivestito di Cristo ed è incorporato alla Chiesa, che è il suo Corpo.

§2. Solamente col battesimo realmente ricevuto l’uomo diventa capace di tutti gli altri sacramenti.”

 

 

 

[28] Si veda la nota numero 21.

 

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

Riflessioni sul celibato

I passi del Nuovo Testamento nei quali si parla dei fedeli e di coloro che hanno il sacerdozio ministeriale ci permettono di migliorare le norme del diritto canonico che impongono il celibato.

Lo scopo di questo articolo è rendere le norme in parola conformi a quanto si legge nella Bibbia.

Come è noto, infatti, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

 

 

Fin da quando studiavo teologia, desideravo scrivere le mie riflessioni sul celibato.

Mi rendo conto che l’argomento è sentito da molti come difficile da trattare.

Per questo, accompagnerò il lettore con un’analisi della Scrittura chiara e comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

 

 

Il celibato è sancito nel codice di diritto canonico per i sacri ministri, per tutti coloro che fanno vita consacrata, nella professione religiosa, per gli istituti secolari e infine per le società di vita apostolica.[1]

Il celibato è sancito altresì dal codice dei canoni delle chiese orientali: per i vescovi, per i religiosi, per i monaci, per gli ordini e per le congregazioni.

Rilevanti ai fini di questo articolo sono anche i canoni di quest’ultimo codice sui sacerdoti e sui diaconi.[2]

Di recente, il dibattito mai sopito su questo argomento è tornato a essere vibrante.[3]

Io non conosco passi del Nuovo Testamento nei quali viene affermata l’incompatibilità tra il sacerdozio ministeriale e il matrimonio.

Invito chiunque li conosca a citarli nello spazio per i commenti che si trova in fondo al testo di questo articolo e lo ringrazio fin da ora.

Al contrario – oltre al passo del vangelo secondo Marco che parla della suocera di Pietro, il quale dunque era sposato[4] – conosco tre passi del Nuovo Testamento nei quali si afferma che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia:

  1. un passo della prima lettera a Timoteo dove si legge che “bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta” e aggiunge “Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? ”;[5]
  2. il passo in parola della prima lettera a Timoteo prosegue affermando che “I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie”;[6]
  3. un passo della lettera a Tito afferma che il candidato al presbiterato “deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti”.[7]

 

Per i cristiani, la Bibbia è la parola di Dio.

Come ho scritto in un altro articolo, Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se il Nuovo Testamento afferma più volte e inequivocabilmente che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia e che il candidato al presbiterato sia sposato una sola volta con figli credenti, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

L’incompatibilità tra il sacerdozio ministeriale e il matrimonio è stata affermata secoli dopo la scrittura dei passi poc’anzi citati del Nuovo Testamento.

Lo scopo di questa affermazione era ottenere una presunta purità rituale di coloro che presiedono il culto eucaristico.

A parere di chi scrive, questa affermazione è per lo meno irriguardosa nei confronti di Dio.

Alla luce dei passi della Scrittura poc’anzi citati – nei quali si legge che vescovi, presbiteri e diaconi siano sposati una sola volta, abbiano figli e sappiano governare bene la loro famiglia – affermare che la purità rituale richiede che chi presiede il culto eucaristico non possa sposarsi, non possa avere figli e debba vivere il celibato significa dire che la parola di Dio invita all’impurità.

Sinceramente, non mi risulta che la parola di Dio consigli l’impurità!

 

La contrarietà alla parola di Dio è un vizio che affligge anche tutte le affermazioni che, nei secoli, hanno continuato a sostenere l’incompatibilità tra il sacerdozio ministeriale e il matrimonio.

Dispiace constatare che, tra queste affermazioni, alcune sono state pronunciate durante dei concilii.

Alcune fonti affermano che il primo di essi sarebbe il concilio di Elvira, tenutosi nei primi anni del quarto secolo dopo Cristo, il cui canone 33 avrebbe ordinato ai chierici di astenersi dal matrimonio e dal generare figli, pena la deposizione dallo stato clericale.[8]

Altre fonti riportano il testo del canone 33 del citato concilio di Elvira e affermano che esso in realtà avrebbe detto l’esatto contrario, ovvero che sarebbero stati dimessi dallo stato clericale coloro che si fossero astenuti dalle loro mogli e non avessero generato figli.[9]

Queste ultime fonti affermano che il celibato sarebbe stato imposto per la prima volta nel concilio lateranense dell’anno 1139.

 

Qualunque sia stato il concilio che per primo abbia sancito l’incompatibilità tra il sacerdozio ministeriale e il matrimonio, in ecclesiologia e in storia della chiesa si studia che, affinché un concilio faccia un’affermazione dogmatica, sono necessari tutti e tre i seguenti requisiti: soggetto, oggetto, atto.

Il soggetto è il collegio dei vescovi che devono essere presenti nel concilio per poter discutere e votare.

L’oggetto è la materia, vale a dire la rivelazione.

L’atto è l’intenzione di definire una questione.

Questa intenzione deve essere chiaramente presente negli atti emanati dal concilio: ad esempio, quando viene usata la formula “Noi definiamo”.

Se l’intenzione in parola non è presente, non va cercata.

 

 

Il requisito del soggetto

Il diritto canonico insegna che il collegio dei vescovi è composto dal sommo pontefice che ne è il capo e dai vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del collegio.[10]

Le affermazioni sul divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato sono state rese da concilii nei quali:

  • non c’era il collegio dei vescovi, ma solo alcuni vescovi di una o alcune province dell’allora impero romano o di territori corrispondenti a una o alcune delle odierne Nazioni;
  • quasi sempre non c’era il sommo pontefice. Egli infatti non partecipò a molti dei concilii che hanno reso le affermazioni in parola e, in quelli nei quali partecipò, non era presente il collegio dei vescovi.

 

Di conseguenza, il requisito del soggetto non può dirsi presente nei concilii che hanno fatto le affermazioni in parola.

 

 

Il requisito dell’oggetto

Le affermazioni rese dai concilii sul divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato sono sicuramente non conformi alla rivelazione.

Questo perché – come abbiamo detto – i passi citati poc’anzi del vangelo di Marco, della prima lettera a Timoteo e della lettera a Tito affermano chiaramente che:

  1. Pietro aveva una suocera (vangelo secondo Marco), dunque era sposato;
  2. “bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta” e inoltre “Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?” (prima lettera a Timoteo);
  3. “I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie” (prima lettera a Timoteo);
  4. il candidato al presbiterato “deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti” (lettera a Tito).

 

Pertanto, il requisito dell’oggetto non può dirsi presente nelle affermazioni sul divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato.

Poiché anche i singoli credenti non possono andare contro la rivelazione, le affermazioni dello stesso tenore di quelle ora in esame rese da parte di individui (papa, vescovo, teologo, etc.) non sono conformi alla rivelazione.

 

 

Il requisito dell’atto

Negli atti dei concilii contenenti il divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e l’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato non ho trovato la formula “Noi definiamo” o altre espressioni che indichino la chiara intenzione di definire una questione.

Pertanto, le affermazioni in parola non hanno il requisito dell’atto.

Anche qualora ve ne siano alcune che abbiano il requisito dell’atto, la mancanza dei requisiti del soggetto e dell’oggetto non consente di dire che esse sono dogmatiche.

 

In conclusione, la mancanza dei tre requisiti del soggetto, dell’oggetto e dell’atto fa sì che tutte le affermazioni che i concilii hanno reso sul divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato non sono dogmatiche.

Esse sono affermazioni disciplinari, non dogmatiche, viziate dal contrasto con la rivelazione.

Di conseguenza, vanno considerate tutte quante come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[11]

Identica sorte spetta alle dichiarazioni più recenti che hanno confermato il divieto e l’obbligo in parola.

Mi riferisco al numero 16 del decreto del concilio Vaticano II Presbyterorum ordinis[12] e al numero 1580 del Catechismo della chiesa cattolica.[13]

Nei numeri ora citati, c’è la presa di coscienza del fatto che “La perfetta e perpetua continenza per il Regno dei cieli…non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio” e si citano anche due dei quattro passi del Nuovo Testamento che abbiamo poc’anzi ricordato (1 Tm 3,2-5; Tt 1,6), tuttavia si conferma la normativa sul celibato per chi ha il sacerdozio ministeriale.

Chi scrive non riesce a comprendere come si possano citare due passi della parola di Dio che dicono “A” e al contempo confermare una normativa della Chiesa che impone il contrario di “A”.

Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sul divieto per chi ha il sacerdozio ministeriale di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato vanno considerate tutte quante come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[14]

 

 

 

LE ALTRE CATEGORIE DI FEDELI

Ora ci chiediamo se il celibato sia imposto dalla Scrittura ai fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale.

Nella prima lettera ai corinzi, il capitolo 7 è interamente dedicato alla vita relazionale di queste persone.[15]

Agli sposi il versetto 5 dice: “Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione.”.

A coloro che conducono vita laicale consacrata i versetti 17, 20 e 24 dicono: “Fuori di questi casi, ciascuno continui a vivere secondo la condizione che gli ha assegnato il Signore, così come Dio lo ha chiamato; così dispongo in tutte le chiese. …Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato. …Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato.”.[16]

 

Come possiamo leggere, il capitolo 7 della prima lettera ai corinzi non prevede alcun obbligo di castità, celibato, nubilato, verginità consacrata per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale.

 

Alla luce di ciò, chiediamoci come deve essere disciplinata la vita laicale consacrata.

Per dare una risposta, riflettiamo su quanto abbiamo appena letto nella parola di Dio.

Come è noto, la vita laicale consacrata consiste nella scelta di vivere il vangelo secondo la regola dettata dal fondatore o dalla fondatrice.

Il capitolo 7 della prima lettera ai corinzi lascia la condizione relazionale di ogni persona chiamata alla vita laicale consacrata alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli.

Di conseguenza, non è possibile imporre l’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità a coloro che fanno vita laicale consacrata.

Questo non solo perché un obbligo in tal senso andrebbe contro la parola di Dio, ma altresì perché Dio è la perfezione assoluta e dunque non dimentica di dire qualcosa!

Se Dio avesse voluto affermare l’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità per coloro che fanno vita laicale consacrata lo avrebbe sancito nella sua Parola.

Se Dio riserva a se stesso la scelta di chiamare una persona alla vita laicale consacrata prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto figli, chi può permettersi di imporre a chi vuole fare vita laicale consacrata l’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità impedendo a Dio di fare la sua scelta?

 

Tutto ciò considerato, la conclusione è una sola.

Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sul divieto per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere la castità, il celibato, il nubilato, la verginità consacrata non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[17]

 

Inoltre, la condizione relazionale di ogni persona chiamata alla vita laicale consacrata è un dato che compete alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli.

 

Piaccia o meno tutto quanto è stato detto fin ora, questo è quanto la Scrittura afferma e un cristiano non se può discostare.

 

 

LE MODIFICHE DA APPORTARE

I passi biblici citati e le motivazioni esposte in questo articolo rendono necessario apportare le seguenti modifiche al fine di rendere la normativa vigente nella Chiesa conforme alla Scrittura.

 

Oltre a quanto abbiamo detto, bisogna considerare che la professione monastica non ha alcun senso fuori del monastero.

Non ha alcun senso prevedere l’esistenza di ordini nei quali i membri, fuori dal monastero e senza essere monaci, “emettono una professione che è equiparata alla professione monastica” (canone 504, paragrafo 1, del codice dei canoni delle chiese orientali).

Dunque, nel codice dei canoni delle chiese orientali la disciplina degli ordini va modificata in modo da fare riferimento a quella degli istituti secolari presente nel codice di diritto canonico.

Di conseguenza, nel codice dei canoni delle chiese orientali va modificata anche la disciplina delle congregazioni in modo da fare riferimento a quella delle società di vita apostolica presente nel codice di diritto canonico.

 

 

I SACRI MINISTRI

Codice di diritto canonico

I canoni 194, 247, 277, 291, 1037 e 1087 vanno modificati nel modo seguente:

 

Can. 194 – §1. È rimosso dall’ufficio ecclesiastico per il diritto stesso: 1) chi ha perso lo stato clericale; 2) chi si è separato pubblicamente dalla fede cattolica o dalla comunione della Chiesa [; 3) numero abrogato].

§2. La rimozione, di cui al numero 2, può essere sollecitata soltanto se della medesima consti da una dichiarazione dell’autorità competente.

 

Can. 247 – §1. [Paragrafo abrogato].

§2. Gli alunni siano resi debitamente consapevoli dei doveri e degli oneri che sono propri dei ministri della Chiesa, senza alcuna reticenza sulle difficoltà della vita sacerdotale.

 

Can. 277 – §1. [Paragrafo abrogato]

§2. I chierici si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità può [parole abrogate] suscitare lo scandalo dei fedeli.

§3. Spetta al vescovo diocesano stabilire norme più precise su questa materia e giudicare sull’osservanza di questo obbligo nei casi particolari.

 

Can. 291 – [Canone abrogato].

 

Can. 1037 – §1. Bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.

§2. Il candidato al presbiterato deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti e che non possano essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati.

§3. I diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie.

§4. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie a questo canone non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

Can. 1087 – [Canone abrogato]

 

 

 

LA VITA CONSACRATA

L’abolizione dell’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità consacrata e la riforma della vita consacrata

Codice di diritto canonico, canone 598.

Il canone 598 del codice di diritto canonico va modificato nel modo seguente:

 

Norme comuni a tutti gli istituti di vita consacrata (Cann. 573-607)

Can. 598 – §1. Ogni istituto, attese l’indole e le finalità proprie, deve stabilire nelle costituzioni il modo in cui, secondo la propria forma di vita, si devono osservare i consigli evangelici [parole abrogate] di cui parla il nuovo testo del canone 211 di questo codice.

§2. Tutti i membri poi devono non solo osservare integralmente e con fedeltà i consigli evangelici, ma anche vivere secondo il diritto proprio dell’istituto, e in tal modo tendere alla perfezione del proprio stato.

§3. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sul divieto per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere la castità, il celibato, il nubilato, la verginità consacrata non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

§4. La condizione relazionale di ogni persona chiamata a un istituto di vita monastica, di vita religiosa, di vita consacrata è un dato che compete alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie a questo paragrafo non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

Il matrimonio – Impedimenti dirimenti in specie (cannoni 1083-1094)

 

Can. 1088 – [Canone abrogato]

 

 

 

GLI ISTITUTI SECOLARI

Codice di diritto canonico

I canoni 712 e 721 vanno modificati nel modo seguente:

 

Can. 712 – §1. [Parole abrogate] Le costituzioni stabiliscano i vincoli [parola abrogata] con cui vengono assunti nell’istituto i consigli evangelici di cui parla il nuovo testo del canone 211 di questo codice e definiscano gli obblighi che essi comportano, salva sempre però, nello stile di vita, la secolarità propria dell’istituto.

 

Can. 721 – §1. È ammesso invalidamente al periodo di prova iniziale: 1) chi non ha ancora raggiunto la maggiore età; 2) chi è legato attualmente con vincolo sacro ad un istituto di vita consacrata o è stato incorporato in una società di vita apostolica [; 3) parole abrogate].

§2. Le costituzioni possono stabilire altri impedimenti anche per la validità dell’ammissione, o porre condizioni.

§3. Per essere accettati si richiede inoltre la maturità necessaria a condurre in modo conveniente la vita propria dell’istituto.

 

 

 

LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA

Codice di diritto canonico

I canoni 731 e 732 vanno modificati nel modo seguente:

 

Can. 731 – §1. [Parole abrogate] Le società di vita apostolica sono quelle i cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e, conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante l’osservanza delle costituzioni.

§2. [Paragrafo abrogato]

 

Can. 732 – Quanto è stabilito nei canoni dal numero 578 – a esclusione delle parole “e anche l’oggetto proprio dei sacri vincoli” contenute nel canone 587, paragrafo 1 – fino al numero 597 e nel canone 606 si applica anche alle società di vita apostolica nel rispetto della natura di ciascuna società [; parole abrogate].

 

 

I VESCOVI

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 180 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 180- §1. Perché qualcuno sia ritenuto idoneo all’episcopato si richiede che sia:

1° [numero abrogato];

2° [numero abrogato];

3° [numero abrogato];

4° almeno di trentacinque anni d’età;

5° costituito nell’ordine del presbiterato almeno da cinque anni;

6° dottore o licenziato o almeno esperto in qualche scienza sacra.

§2. Bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.

§3. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie al paragrafo 2 di questo canone non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

 

I SACERDOTI E I DIACONI

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 762 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 762 – §1. È impedito dal ricevere gli ordini sacri:

1° chi è colpito da qualche forma di demenza o da altra infermità psichica, a motivo della quale è giudicato, dopo aver consultato i periti, inabile a svolgere correttamente il ministero;

2° chi ha commesso il delitto di apostasia, di eresia oppure di scisma;

3° [numero abrogato]

4° chi ha commesso omicidio volontario oppure ha procurato un aborto conseguendone l’effetto e tutti coloro che vi hanno cooperato positivamente;

5° chi ha mutilato gravemente e dolosamente se stesso o un altro o che ha tentato di togliersi la vita;

6° chi ha posto un atto di ordine riservato a chi è costituito nell’ordine dell’episcopato o del presbiterato, o essendone privo o avendo la proibizione di esercitarlo per qualche pena canonica.

7° chi esercita un ufficio o l’amministrazione vietata ai chierici di cui deve rendere conto finché, abbandonato l’ufficio e l’amministrazione e fatto inoltre il rendiconto, sia diventato libero;

8° il neofita, a meno che, a giudizio del Gerarca, sia sufficientemente sperimentato.

§2. Gli atti dai quali possono provenire gli impedimenti di cui nel §1, nn. 2-6, non producono impedimenti se non sono stati peccati gravi ed esterni commessi dopo il battesimo.

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 769 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 769 – §1. L’autorità che ammette un candidato alla sacra ordinazione, deve ottenere:

1° la dichiarazione di cui nel can. 761, come pure il certificato dell’ultima sacra ordinazione oppure, se si tratta della prima sacra ordinazione, anche il certificato di battesimo e della crismazione del santo myron;

2° [parole abrogate] il certificato di matrimonio e il consenso dato per iscritto dalla moglie;

3° il certificato degli studi compiuti;

4° le lettere testimoniali del rettore del seminario o del Superiore di un istituto di vita consacrata, oppure del presbitero al quale è stato affidato il candidato fuori del seminario, sui buoni costumi dello stesso candidato;

5° le lettere testimoniali di cui nel can. 771, §3;

6° le lettere testimoniali, se lo giudica opportuno, degli altri Vescovi eparchiali o dei Superiori di istituti di vita consacrata dove il candidato ha dimorato per qualche tempo, sulle qualità del candidato e sulla sua libertà da ogni impedimento canonico.

§2. Questi documenti siano conservati nell’archivio della stessa autorità.

§3. Il candidato al presbiterato deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti e che non possano essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati.

§4. I diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie.

§5. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie ai paragrafi 3 e 4 di questo canone non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

 

I RELIGIOSI

L’abolizione dell’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità consacrata e la riforma della vita consacrata

Il canone 410 del codice dei canoni delle chiese orientali va modificato nel modo seguente:

 

Can. 410 – §1. Ogni istituto, attese l’indole e le finalità proprie, deve stabilire nelle costituzioni il modo in cui, secondo la propria forma di vita, si devono osservare i consigli evangelici di cui parla il nuovo testo del canone 14 di questo codice.

§2. Tutti i membri poi devono non solo osservare integralmente e con fedeltà i consigli evangelici, ma anche vivere secondo il diritto proprio dell’istituto, e in tal modo tendere alla perfezione del proprio stato.

§3. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sul divieto per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere la castità, il celibato, il nubilato, la verginità consacrata non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

§4. La condizione relazionale di ogni persona chiamata a un istituto di vita monastica, di vita religiosa, di vita consacrata è un dato che compete alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie a questo paragrafo non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

 

GLI ORDINI E LE CONGREGAZIONI

 

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 504 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 504 – §1. L’ordine è una società regolata dai canoni del codice di diritto canonico che disciplinano gli istituti secolari.

§2. La congregazione è una società regolata dai canoni del codice di diritto canonico che disciplinano le società di vita apostolica.

§3. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 517 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 517 – [Canone abrogato]

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

Tutte le citazioni del Catechismo della chiesa cattolica presenti in questo articolo sono prese da:

http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm

 

 

IL CELIBATO PER I SACRI MINISTRI

Codice di diritto canonico,

canoni 194, 247, 277, 291, 1037 e 1087:

 

“Can. 194 – §1. E rimosso dall’ufficio ecclesiastico per il diritto stesso: 1) chi ha perso lo stato clericale; 2) chi si è separato pubblicamente dalla fede cattolica o dalla comunione della Chiesa; 3) il chierico che ha attentato al matrimonio anche soltanto civile.

§2. La rimozione, di cui ai nn. 2 e 3, può essere sollecitata soltanto se della medesima consti da una dichiarazione dell’autorità competente.

 

Can. 247 – §1. Siano preparati mediante un’adeguata educazione a vivere lo stato del celibato e imparino ad apprezzarlo come dono peculiare di Dio.

§2. Gli alunni siano resi debitamente consapevoli dei doveri e degli oneri che sono propri dei ministri della Chiesa, senza alcuna reticenza sulle difficoltà della vita sacerdotale.

 

Can. 277 – §1. I chierici sono tenuti all’obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato, che è un dono particolare di Dio mediante il quale i ministri sacri possono aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e sono messi in grado di dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini.

§2. I chierici si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità può mettere in pericolo l’obbligo della continenza oppure suscitare lo scandalo dei fedeli.

§3. Spetta al Vescovo diocesano stabilire norme più precise su questa materia e giudicare sull’osservanza di questo obbligo nei casi particolari.

 

Can. 291 – Oltre ai casi di cui al  can. 290, n. 1, la perdita dello stato clericale non comporta la dispensa dall’obbligo del celibato: questa viene concessa unicamente dal Romano Pontefice.

 

Can. 1037 – Il promovendo al diaconato permanente, che non sia sposato, e così pure il promovendo al presbiterato, non siano ammessi all’ordine del diaconato, se non hanno assunto, mediante il rito prescritto, pubblicamente, davanti a Dio e alla Chiesa, l’obbligo del celibato oppure non hanno emesso i voti perpetui in un istituto religioso.

 

Can. 1087 – Attentano invalidamente al matrimonio coloro che sono costituiti nei sacri ordini.”

 

 

 

IL CELIBATO PER LA VITA CONSACRATA

Codice di diritto canonico,

canoni 598, 599, 654, 694, 1088:

 

Norme comuni a tutti gli istituti di vita consacrata (Cann. 573-607), canoni 598 e 599:

 

“Can. 598 – §1. Ogni istituto, attese l’indole e le finalità proprie, deve stabilire nelle costituzioni il modo in cui, secondo il suo programma di vita, sono da osservarsi i consigli evangelici di castità, di povertà e di obbedienza.

 

Can. 599 – Il consiglio evangelico di castità assunto per il Regno dei cieli, che è segno della vita futura e fonte di una più ricca fecondità nel cuore indiviso, comporta l’obbligo della perfetta continenza nel celibato.”

 

 

La professione religiosa (Cann. 654-658), canone 654:

 

“Can. 654 – Con la professione religiosa i membri assumono con voto pubblico l’obbligo di osservare i tre consigli evangelici, sono consacrati a Dio mediante il ministero della Chiesa e vengono incorporati all’istituto con i diritti e i doveri definiti giuridicamente.”

 

 

Dismissione dei religiosi (Cann. 694-704), canone 694:

 

“Can. 694 – §1. Si deve ritenere dimesso dall’istituto, per il fatto stesso, il religioso che: 1) abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica; 2) abbia contratto matrimonio o ad esso abbia attentato, anche solo civilmente.

§2. In tali casi il Superiore maggiore col suo consiglio deve senza indugio, raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti giuridicamente.”

 

 

Il matrimonio – Impedimenti dirimenti in specie (Cann. 1083-1094), canone 1088:

 

“Can. 1088 – Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono vincolati dal voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso.”

 

 

 

IL CELIBATO NEGLI ISTITUTI SECOLARI

Codice di diritto canonico,

canoni 712 e 721:

 

“Can. 712 – Ferme restando le disposizioni dei cann.  598-601, le costituzioni stabiliscano i vincoli sacri con cui vengono assunti nell’istituto i consigli evangelici e definiscano gli obblighi che essi comportano, salva sempre però, nello stile di vita, la secolarità propria dell’istituto.

 

Can. 721 – §1. È ammesso invalidamente al periodo di prova iniziale: 1) chi non ha ancora raggiunto la maggiore età; 2) chi è legato attualmente con un vincolo sacro ad un istituto di vita consacrata o è stato incorporato in una società di vita apostolica; 3) chi è sposato, durante il matrimonio.”

 

 

 

IL CELIBATO NELLE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA

Codice di diritto canonico,

canoni 731 e 732:

 

“Can. 731 – §1. Agli istituti di vita consacrata sono assimilate le società di vita apostolica i cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e, conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante l’osservanza delle costituzioni.

§2. Fra queste vi sono società i cui membri assumono i consigli evangelici con qualche vincolo definito dalle costituzioni.

 

Can. 732 – Quanto è stabilito nei cann.  578-597 e  606 si applica anche alle società di vita apostolica, tuttavia nel rispetto della natura di ciascuna società; alle società di cui al  can. 731, §2, si applicano anche i cann.  598-602.”

 

 

[2] I VESCOVI

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 180:

 

Can. 180 – Ut quis idoneus ad episcopatum habeatur, requiritur, ut sit:

1° firma fide, bonis moribus, pietate, animarum zelo et prudentia praestans;
2° bona existimatione gaudens;
3° vinculo matrimonii non ligatus;
4° annos natus saltem triginta quinque;
5° a quinquennio saltem in ordine presbyteratus constitutus;
6° in aliqua scientia sacra doctor vel licentiatus vel saltem peritus.”

 

 

Il canone 180 in italiano:

 

Can. 180 – Perché qualcuno sia ritenuto idoneo all’episcopato si richiede che sia:

1° distinto per fede salda, buoni costumi, pietà, zelo delle anime e prudenza;

2° di buona reputazione;

non legato da vincolo matrimoniale;

4° almeno di trentacinque anni d’età;

5° costituito nell’ordine del presbiterato almeno da cinque anni;

6° dottore o licenziato o almeno esperto in qualche scienza sacra.”

 

 

 

SACERDOTI E DIACONI

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 762 e 769:

 

Can. 762 – § 1. A suscipiendis ordinibus sacris est impeditus:

1° qui aliqua forma laborat amentiae aliusve infirmitatis psychicae, qua consultis peritis inhabilis iudicatur ad ministerium rite implendum;

2° qui delictum apostasiae, haereseos aut schismatis commisit;

3° qui matrimonium, etiam civile tantum, attentavit, sive ipse vinculo matrimoniali aut ordine sacro aut voto publico perpetuo castitatis a matrimonio celebrando impeditus, sive cum muliere matrimonio valido coniuncta aut eodem voto litigata;

4° qui voluntarium homicidium perpetravit aut abortum procuravit effecto secuto omnesque positive cooperantes;

5° qui se ipsum vel alium graviter et dolose mutilavit vel sibi vitam adimere tentavit;

6° qui actum ordinis posuit in ordine episcopatus vel presbyteratus constitutis reservatum vel eodem carens vel ab eiusdem exercitio aliqua poena canonica prohibitus;

7° qui officiam vel administrationem gerit clericis vetitam, cuius rationem reddere debet, donec deposito officio et administratione atque rationibus redditis liber factus erit;

8° neophytus, nisi iudicio Hierarchae sufficienter probatus est.

§2. Actus, ex quibus impedimenta, de quibus in § 1, nn. 2 – 6 oriri possunt, illa non pariunt, nisi fuerunt peccata gravia et externa post baptismum perpetrata.”

 

Il canone 762 in italiano:

 

Can. 762 – § 1. E’ impedito dal ricevere gli ordini sacri:

1° chi è colpito da qualche forma di demenza o da altra infermità psichica, a motivo della quale è giudicato, dopo aver consultato i periti, inabile a svolgere correttamente il ministero;

2° chi ha commesso il delitto di apostasia, di eresia oppure di scisma;

chi ha attentato il matrimonio, anche solo civile, sia che egli fosse impedito dal celebrare il matrimonio dal vincolo matrimoniale o dall’ordine sacro oppure dal voto pubblico perpetuo di castità, sia con una donna unita da un matrimonio valido oppure legata dallo stesso voto;

4° chi ha commesso omicidio volontario oppure ha procurato un aborto conseguendone l’effetto e tutti coloro che vi hanno cooperato positivamente;

5° chi ha mutilato gravemente e dolosamente se stesso o un altro o che ha tentato di togliersi la vita;

6° chi ha posto un atto di ordine riservato a chi è costituito nell’ordine dell’episcopato o del presbiterato, o essendone privo o avendo la proibizione di esercitarlo per qualche pena canonica.

7° chi esercita un ufficio o l’amministrazione vietata ai chierici di cui deve rendere conto finché, abbandonato l’ufficio e l’amministrazione e fatto inoltre il rendiconto, sia diventato libero;

8° il neofita, a meno che, a giudizio del Gerarca, sia sufficientemente sperimentato.

§2. Gli atti dai quali possono provenire gli impedimenti di cui nel § 1, nn. 2-6, non producono impedimenti se non sono stati peccati gravi ed esterni commessi dopo il battesimo.”

 

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 769:

 

Can. 769 – § 1. Auctoritas, quae candidatum ad sacram ordinationem admittit, obtineat:

1° declarationem, de qua in can. 761, necnon testimonium ultimae sacrae ordinationis aut, si de prima sacra ordinatione agitur, etiam testimonium baptismi et chrismationis sancti myri;

2° si candidatus est matrimonio iunctus, testimonium matrimonii et consensum uxoris scripto datum;

3° testimonium de peractis studiis;

4° testimoniales litteras rectoris seminarii vel Superioris instituti vitae consecratae aut presbyteri, cui candidatus extra seminarium commendatus est, de bonis moribus eiusdem candidati;

5° testimoniales litteras, de quibus in can. 771, § 3;

6° testimoniales litteras, si id expedire iudicat, aliorum Episcoporum eparchialium vel Superiorum institutorum vitae consecratae, ubi candidatus per aliquod tempus commoratus est, de candidati qualitatibus deque eius libertate ab omni impedimento canonico.

§2. Haec documenta asserventur in archivo eiusdem auctoritatis.”

 

Il canone 769 in italiano:

 

Can. 769 – § 1. L’autorità che ammette un candidato alla sacra ordinazione, deve ottenere:

1° la dichiarazione di cui nel can. 761, come pure il certificato dell’ultima sacra ordinazione oppure, se si tratta della prima sacra ordinazione, anche il certificato di battesimo e della crismazione del santo myron;

 2° se il candidato è unito in matrimonio, il certificato di matrimonio e il consenso dato per iscritto della moglie;

3° il certificato degli studi compiuti;

4° le lettere testimoniali del rettore del seminario o del Superiore di un istituto di vita consacrata, oppure del presbitero al quale è stato affidato il candidato fuori del seminario, sui buoni costumi dello stesso candidato;

5° le lettere testimoniali di cui nel can. 771, § 3;

6° le lettere testimoniali, se lo giudica opportuno, degli altri Vescovi eparchiali o dei Superiori di istituti di vita consacrata dove il candidato ha dimorato per qualche tempo, sulle qualità del candidato e sulla sua libertà da ogni impedimento canonico.

§2. Questi documenti siano conservati nell’archivio della stessa autorità.”

 

 

 

I RELIGIOSI

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 410:

 

Can. 410 – Status religiosus est stabilis in communi vivendi modus in aliquo instituto ab Ecclesia approbato, quo christifideles Christum, Magistrum et Exemplum Sanctitatis, sub actione Spiritus Sancti pressius sequentes novo ac speciali titulo consecrantur per vota publica oboedientiae, castitatis et paupertatis sub legitimo Superiore ad normam statutorum servanda, saeculo renuntiant ac totaliter se devovent caritatis perfectioni assequendae in servitium Regni Dei pro Ecclesiae aedificatione et mundi salute utpote signa coelestem gloriam praenuntiantia.”

 

Il canone 410 in italiano:

 

Can. 410 – Lo stato religioso è un modo stabile di vivere in comune in un istituto approvato dalla Chiesa, nel quale i fedeli cristiani, seguendo più da vicino Cristo, Maestro ed Esempio di Santità, sotto l’azione dello Spirito Santo, con nuovo e speciale titolo sono consacrati per mezzo dei voti pubblici di obbedienza, castità e povertà da osservare sotto un legittimo Superiore a norma degli statuti, rinunciano al secolo e si dedicano totalmente a conseguire la perfezione della carità al servizio del Regno di Dio per l’edificazione della Chiesa e la salvezza del mondo, come segni che preannunciano la gloria celeste.”

 

 

 

I MONACI

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 450 e 497:

 

“De admissione in monasterium sui iuris et de novitiatu

Can. 450 – Firmis praescriptis typici, quae potiora exigunt, ad novitiatum valide admitti non possunt:

1° acatholici;

2° qui poena canonica puniti sunt exceptis poenis, de quibus in can. 1426, § 1;

3° ii, quibus imminet gravis poena ob delictum, de quo legitime accusati sunt;

4° qui duodevicesimum aetatis annum nondum expleverunt, nisi agitur de monasterio, in quo habetur professio temporaria, quo in casu sufficit aetas septemdecim annorum;

5° qui monasterium ingrediuntur vi, metu gravi aut dolo inducti vel ii, quos Superior eodem modo inductus recipit;

6° coniuges durante matrimonio;

7° qui ligantur vinculo professionis religiosae vel alio sacro vinculo in instituto vitae consecratae, nisi de legitimo transitu agitur.”

 

Il canone 450 in italiano:

 

“L’ammissione nel monastero sui iuris e il noviziato

Can. 450Ferme restando le prescrizioni del tipico che esigano di più, non possono essere ammessi validamente al noviziato:

1° gli acattolici;

2° coloro che sono puniti da pena canonica eccetto le pene di cui nel can. 1426, § 1;

3° coloro su cui pende una grave pena per un delitto del quale sono legittimamente accusati;

4° coloro che non hanno ancora compiuto il diciottesimo anno di età, a meno che non si tratti di un monastero nel quale vi sia la professione temporanea, nel qual caso è sufficiente l’età di diciassette anni;

5° coloro che entrano nel monastero indotti da violenza, da timore grave oppure da dolo, o coloro che il Superiore riceve indotto allo stesso modo;

i coniugi mentre dura il matrimonio;

7° coloro che sono legati dal vincolo della professione religiosa o da altro vincolo sacro in un istituto di vita consacrata, a meno che non si tratti di un passaggio legittimo.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 497:

 

“De dimissione monachorum

Can. 497 – § 1. Ipso iure dimissus a monasterio habendus est sodalis qui:

1° fidem catholicam publice abiecit;

2° matrimonium celebravit vel etiam civiliter tantum attentavit.

§2. His in casibus Superior monasterii sui iuris consulto suo consilio sine mora collectis probationibus declarationem facti emittat, ut iuridice constet de dimissione, atque quam primum de re auctoritatem, cui monasterium immediate subiectum est, certiorem faciat.”

 

Il canone 497 in italiano:

 

“La dimissione dei monaci

Can. 497 – § 1. E’ da ritenere dimesso dal monastero per il diritto stesso il membro che:

1° ha pubblicamente abbandonato la fede cattolica;

ha celebrato o anche solo civilmente attentato il matrimonio.

§2. In questi casi il Superiore del monastero sui iuris, dopo aver consultato il suo consiglio, senza alcun ritardo, raccolte le prove, emetta la dichiarazione del fatto, affinché consti giuridicamente della dimissione, e informi al più presto della cosa l’autorità a cui il monastero è immediatamente soggetto.”

 

 

 

GLI ORDINI E LE CONGREGAZIONI

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 504 e 517:

 

“Can. 504 – § 1. Ordo est societas ab auctoritate competenti ecclesiastica erecta, in qua sodales, etsi non sunt monachi, professionem emittunt, quae professioni monasticae aequiparatur.

§2. Congregatio est societas ab auctoritate competenti ecclesiastica erecta, in qua sodales professionem emittunt cum tribus votis publicis oboedientiae, castitatis et paupertatis, quae tamen professioni monasticae non aequiparatur, sed propriam vim habet ad normam iuris.”

 

Il canone 504 in italiano:

 

Can. 504 – § 1. L’ordine è una società eretta dalla competente autorità ecclesiastica, nella quale i membri, pur non essendo monaci, emettono una professione che è equiparata alla professione monastica.

§2. La congregazione è una società eretta dalla competente autorità ecclesiastica, nella quale i membri emettono la professione con i tre voti pubblici di obbedienza, castità e povertà, la quale però non è equiparata alla professione monastica, ma ha una forza propria a norma del diritto.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 517:

 

“Can. 517 – § 1. Aetas ad validam admissionem in novitiatum ordinis vel congregationis requisita est decimus septimus annus expletus; circa cetera requisita ad admissionem in novitiatum serventur cann. 448, 450, 452 et 454.

§2. Ad novitiatum instituti religiosi alterius Ecclesiae sui iuris nemo licite admitti potest sine licentia Sedis Apostolicae, nisi de candidato agitur, qui destinatus est provinciae vel domui, de qua in can. 432, propriae Ecclesiae.”

 

Il canone 517 in italiano:

 

“Can. 517 – § 1. L’età richiesta per la valida ammissione al noviziato di un ordine o congregazione è il diciasettesimo anno compiuto; a riguardo di tutti gli altri requisiti per l’ammissione al noviziato, si osservino i cann. 448, 450, 452 e 454.

§2. Nessuno può essere ammesso lecitamente al noviziato di un istituto religioso di un’altra Chiesa sui iuris senza la licenza della Sede Apostolica, a meno che non si tratti di un candidato che è destinato a una provincia o casa, di cui nel can. 432, della propria Chiesa.”

 

 

 

[3] Francesco Antonio Grana, 26 ottobre 2019, Sinodo sull’Amazzonia, arriva il sì ai preti sposati. Resta il no alle donne diacono. “Ma il celibato rimane dono di Dio, in: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/26/sinodo-sullamazzonia-arriva-il-si-ai-preti-sposati-no-alle-donne-diacono-ma-il-celibato-resta-dono-di-dio/5534909/

 

Marco Politi, 10 febbraio 2020, Preti sposati, Papa Francesco è nella morsa degli oppositori. E la svolta potrebbe non arrivare, in: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/10/preti-sposati-papa-francesco-e-nella-morsa-degli-oppositori-e-la-svolta-potrebbe-non-arrivare/5701604/

 

Redazione, 17 febbraio 2020, Sarà sui migranti il Sinodo del 2022? Mentre il dibattito sui preti sposati non è chiuso, in: http://www.farodiroma.it/sara-sui-migranti-il-sinodo-del-2022-mentre-il-dibattito-sui-preti-sposati-non-e-chiuso/

 

Don Arturo Cattaneo, 1 marzo 2020, Un’opinione sul dibattito sui preti sposati e su un eventuale discussione riguardo all’ordinazione delle donne al presbiterato, in: https://www.catt.ch/newsi/unopinione-sul-dibattito-sui-preti-sposati-e-su-un-eventuale-discussione-riguardo-allordinazione-delle-donne-al-presbiterato/

 

 

 

[4] Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetti 29-31:

 

“[29] E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni.

[30] La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.

[31] Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.”

 

 

 

[5] Prima lettera a Timoteo, capitolo 3, versetti 1-7:

 

“[1] È degno di fede quanto vi dico: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro.

[2] Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare,

[3] non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro.

[4] Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità,

[5] perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?

[6] Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo.

[7] È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.”

 

 

 

[6] Prima lettera a Timoteo, capitolo 3, versetti 8-13:

 

“[8] Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto,

[9] e conservino il mistero della fede in una coscienza pura.

[10] Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio.

[11] Allo stesso modo le donne siano dignitose, non pettegole, sobrie, fedeli in tutto.

[12] I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie.

[13] Coloro infatti che avranno ben servito, si acquisteranno un grado onorifico e una grande sicurezza nella fede in Cristo Gesù.”

 

 

 

[7] Lettera a Tito, capitolo 1, versetti 1-6:

 

“[1] Paolo, servo di Dio, apostolo di Gesù Cristo per chiamare alla fede gli eletti di Dio e per far conoscere la verità che conduce alla pietà

[2] ed è fondata sulla speranza della vita eterna, promessa fin dai secoli eterni da quel Dio che non mentisce,

[3] e manifestata poi con la sua parola mediante la predicazione che è stata a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore,

[4] a Tito, mio vero figlio nella fede comune: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.

[5] Per questo ti ho lasciato a Creta perché regolassi ciò che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato:

[6] il candidato deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti e che non possano essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati.”

 

 

 

[8] Enciclopedia Treccani on-line,

voce “celibato” in:

http://www.treccani.it/enciclopedia/celibato/

 

“Nell’antichità l’influsso del concetto religioso secondo il quale il culto dei defunti era necessario alla loro pace ultramondana, donde la necessità di lasciare dietro di sé dei discendenti che perpetuassero questo culto, ispirò al diritto dello Stato, erede del diritto sacro, una politica legislativa in favore del matrimonio e ostile al celibato. A Roma l’avversione al c. è documentata in antico, ma la legislazione rimase sostanzialmente blanda: quella augustea sancì privilegi per i coniugati e per i padri, ma trovò forte ostacolo a essere approvata, e per quanto rimanesse in vigore fino a Costantino non fu mai rigorosamente osservata.

Diversa valenza il c. assume in ambito religioso, quando la castità assoluta è imposta, per ideale ascetico o per motivi rituali, a persone che si trovano in particolare contatto col sacro. Nel cristianesimo primitivo, che presenta l’unione dell’uomo e della donna nel matrimonio come veicolo di grazia e segno mistico dell’unione di Cristo con la sua Chiesa, il c. è proposto come ideale ma non come obbligo per il clero/”>clero, a parte l’esclusione delle seconde nozze (il vescovo, secondo s. Paolo, dev’essere «marito di una sola moglie»).

Il c. ecclesiastico si affermò nei primi anni del 4° sec., quando il Concilio di Elvira (Iliberri, odierna Granada) ordinò a tutti i chierici di astenersi dal matrimonio e dal generare figli, pena la deposizione. La norma fu ratificata, in Occidente, dal papa Siricio nel Concilio romano del 386, quindi da Innocenzo I e da vari Concili (Toledo, 390 e 400, Cartagine e Torino, 401). In Oriente, invece (Concili di Ancira, 314; Nicea, 325; Gangra, circa 350), si ritenne opportuno autorizzare chi non si sentisse di praticare il c. a usare dei diritti coniugali. Altri testi si ispiravano a maggiore severità, per cui, dopo la legislazione giustinianea, la regola del 2° Concilio Trullano (o Sinodo quinisexto, 692) stabilì che ai coniugati non si poteva negare l’ordinazione a suddiacono, diacono o prete, ma vietò il matrimonio dopo l’ordinazione e impose il c. assoluto per i vescovi (generalmente scelti tra i monaci; se sposati, la moglie doveva ritirarsi in un monastero): regola tuttora in vigore nella Chiesa orientale, salvo che fra i copti e gli etiopici, che permettono ai vescovi di tenere le loro mogli.

In Occidente un vero e proprio ripudio del c. ecclesiastico si ebbe soltanto con Lutero, seguito in ciò dagli altri riformatori. In opposizione a tale tendenza, il Concilio di Trento, confermando e chiarendo un decreto di Callisto II (1123), sancì l’invalidità del matrimonio contratto da religiosi di voti solenni e da chierici negli ordini maggiori. Dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa latina ha ribadito l’obbligo del c. per i presbiteri (dal momento dell’ordinazione diaconale) e per i diaconi permanenti, anche di età matura, ma non sposati. La dispensa dal c. sacerdotale, riservata personalmente al papa, è stata regolata dapprima da alcune norme emanate dalla Congregazione per la dottrina della fede (1971) e, in seguito alla loro revisione e verifica, da nuovi criteri fissati da Giovanni Paolo II (1980).”

 

 

 

[9] Alfredo Saccardo, Il concilio di Elvira del 305, in:

http://www.smseurope.org/SCIENZEFEDI/SeF_ALFREDO/elvira305.htm

 

“II concilio spagnolo di Elvira, città dell’Andalusia nei pressi di Granada, ha una straordinaria importanza. È uno dei primi concili della Chiesa. Contiene canoni disciplinari e si svolge quando non c’è ancora libertà di professare pubblicamente la fede.

Ha un numero così elevato di canoni (81) da superare qualsiasi altro concilio del IV secolo, compreso quello ecumenico di Nicea del 325.

Non è un concilio che vuole risolvere problemi dogmatici, ma solo disciplinari.

Questo concilio ci permette di conoscere l’estensione del cristianesimo in Spagna e la severità di una disciplina che susciterà vivaci polemiche.

Certamente all’inizio del IV secolo il cristianesimo è già fiorente in Spagna, tanto che tutte le sei province hanno le loro chiese, anche se non tutte sono presenti ad Elvira.

È assente la chiesa della Mauritania Tingitana.

Sono presenti 19 vescovi: il più famoso è Osio di Cordova perché, consigliere dell’imperatore Costantino, parteciperà al concilio ecumenico di Nicea e a quello di Sardica. Osio rappresenta insomma un valido collegamento fra la chiesa d’occidente e quella d’oriente.

Il concilio di Elvira è così importante che alcuni suoi canoni saranno riportati e ripresi nei concili di Arles del 314, di Nicea del 315, di Sardica del 343.

I canoni disciplinari del concilio di Elvira, espressi con semplicità e chiarezza, sono severissimi.

Certi peccati, elencati in alcuni canoni (1, 2, 8, 10, 12, 17, 19, 71, 75), escludono perfino la comunione finale (nec in fine dandam esse communionem).

Non ci soffermiamo sul significato di simili terribili condanne: all’inizio del IV secolo è in atto una tremenda persecuzione nell’impero romano per cui molti cristiani vacillano, altri abiurano… si affermano le prime eresie che minano l’autentica dottrina di Cristo: forse per questo i vescovi presenti ad Elvira sono così severi.

Anche il can. 33 propugna una pena severa per chi trasgredisce ciò che il canone proibisce“Placuit in totum prohiberi episcopis, presbyteris et diaconibus, vel omnibus clericis positis in ministerio, abstinere se a coniugibus suis, et non generare fìlios: quicumque vero fecerit ab honore clericatus exterminetur” (Mansi II, 11). “Noi decidiamo di proibire ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi e a tutti coloro che sono impegnati nel ministero, di astenersi del tutto dalle proprie mogli e di non generare figli: chiunque lo farà, sarà eliminato dal clero”.

Il senso ed il contenuto del canone sono precisi e chiari: SI PROIBISCE LA TOTALE ASTENSIONE DALLE SPOSE E DI NON GENERARE FIGLI!

Ma dopo parecchi secoli, storici e teologi tradurranno il canone capovolgendone il senso, affermando che ad Elvira si è ORDINATA l’astensione dalle mogli proibendo i rapporti coniugali ai chierici.

Con questa arbitraria affermazione si è calpestato il significato letterale del canone che presenta una straordinaria difesa dei diritti naturali dei vescovi, dei preti, dei diaconi, diritti che si trasformeranno, nei secoli, in doveri di astensione per motivi più o meno inconsci di purità rituale e sacrale, assenti del tutto nell’insegnamento di Cristo e degli Apostoli e di inequivocabile provenienza giudaico-pagana.

  1. Tutti i concili della prima metà del IV secolo (compreso quello ecumenico di Nicea) non accennano ad obblighi di continenza sacrale e rituale per il clero. Anzi! Sia a Nicea con Pafnuzio, sia a Gangra si afferma il rispetto per il clero coniugato e convivente con le spose. A Nicea nel 325 e a Sardica nel 343 è presente il vescovo spagnolo Osio, uno dei protagonisti del concilio di Elvira.
  2. Data la presenza nella chiesa, fin dai primi secoli, di eresie manichee, gnostiche e altre minori, tutte contrarie in qualche modo all’attività sessuale anche nel matrimonio, è più che logico che un concilio importante come quello di Elvira si pronunci con forza e durezza contro quelle idee che stavano infiltrandosi anche nella chiesa spagnola e che incriminavano il sacrosanto diritto naturale dell’attività matrimoniale dei fedeli e soprattutto dei ministri della chiesa.
  3. Imerio, vescovo spagnolo di Tetragona, nella seconda metà del IV secolo, chiede lumi a Roma riguardo a varie questioni disciplinari della chiesa spagnola, fra le quali la continenza e la vita coniugale del clero. Ciò dimostra che i ministri della chiesa vivevano regolarmente con le mogli. Ma proprio in quegli anni si diffondevano in Spagna le idee priscilliane di stampo manicheo e nemiche dichiarate dell’attività sessuale matrimoniale del clero.
  4. Ciò spiega l’interrogazione pressante fatta in proposito al papa, domanda che sarebbe stata superflua se il concilio di Elvira avesse perentoriamente stabilito la continenza del clero alcuni decenni prima.
  5. La risposta di papa Siricio ad Imerio nel 385 (Mansi III, 655-662), contraria all’attività sessuale (ma non al matrimonio) del clero, è forse suggerita da S. Girolamo, consigliere del papa e assertore della continenza assoluta dei ministri ecclesiastici. Il responso pontifìcio non accenna minimamente al can. 33 di Elvira, che poteva avallare le tesi puriste di Siricio, se avesse proibito i rapporti del clero spagnolo con le mogli.
  6. I Padri della chiesa, propugnatori della continenza sacrale dei ministri, non citano assolutamente il can. 33 di Elvira che, per la sua antichità e severità, avrebbe potuto rappresentare un argomento solido a favore della continenza del clero, se avesse espresso ordini di stampo purista.
  7. Nei secoli XI e XII, in cui si lotta per riformare il clero corrotto e concubino, si citano parecchi concili di epoche precedenti per sostenere la necessità della continenza del clero, ma quello di Elvira mai. Per la sua forza e per essere stato il primo concilio occidentale con canoni disciplinari, sarebbe stato citato ben volentieri se avesse ordinato la continenza del clero.
  8. La celebre ”Storia dei concili”di Hefele-Leclercq, che commenta il can. 33 di Elvira in chiave purista, aggiunge che la stesura del canone è “difettosa”, quindi non attendibile. Questo probabilmente perché il canone non dice quello che si vorrebbe dicesse.
  9. Se il can. 33 del concilio di Elvira avesse voluto stabilire l’obbligo dell’astensione dei ministri sacri dalle loro mogli, sarebbe stato redatto come il can. 61 dello stesso concilio che dice: “…placuit abstinere a…”.Il can. 33 invece dice: “…placuit prohiberi abstinere se a… Insomma nel can. 61 si ordina di astenersi da…, mentre nel can. 33 si proibisce di astenersi da…
  10. Secondo i puristi, il can. 33 proibirebbe i rapporti con le spose anche ai chierici di grado inferiore (omnibus clericis positisin ministerio)Ma la continenza ai suddiaconi viene imposta per la prima volta da papa Leone Magno nel V secolo, per cui è assurdo che ad Elvira, 150 anni prima, fossero obbligati alla continenza i semplici chierici, inferiori ai suddiaconi.
  11. La storica medioevale G. Rossetti, in uno studio sul matrimonio del clero nell’Alto Medioevo (Il Matrimonio nella società A. Medioevale, XXIV1 Spoleto, 1977)è del parere che il can. 33 di Elvira dica quello che letteralmente afferma: la difesa dei diritti coniugali del clero.
  12. Lo storico di Lovanio M. Meigne, sostenendo la tesi che probabilmente il can. 33 di Elvira farebbe parte di una collezione di canoni del IV secolo (per la somiglianza con canoni del concilio di Gangra e con alcuni canoni degli Apostoli della II metà del IV secolo), non fa altro che affermare, con dovizia di argomenti storici comparati, l’interpretazione letterale del can. 33 di Elvira.
  13. Ecco le testuali parole del Meigne: “Il senso del canone che si ricava dal contesto storico, è esattamente contrario a quello purista abitualmente attribuitogli. Gli autori del can. 33 non si proponevano di consigliare, incoraggiare, ordinare l’astinenza coniugale ai chierici, ma prendevano la difesa del diritto coniugale e del diritto naturale (rifiutato dagli eretici) di generare figli, contro la novità di un falso ascetismo“(M. Meigne in Révue d’Histoire Ecclesiastique 70, Lovain, 1975, p. 361-387).
  14. Pio XI nell’enciclica “Ad catholici sacerdotii” del 1935 e l’Enciclopedia Cattolica vol. 5 pag. 267, sembrano copiarsi a vicenda: “La prima traccia scritta della legge del celibato si riscontra nel can. 33 del concilio di Elvira…”(anche Paolo VI nella “Sacerdotalis coelibatus” dice le stesse cose). Ma ad Elvira si afferma tutto il contrario: né continenza, né celibato, il quale verrà imposto come legge nella chiesa latina solo con il concilio Lateranense del 1139.
  15. Sono così numerosi gli storici, i teologi, i giuristi, i testi enciclopedici italiani ed europei che considerano ancora oggi il can. 33 come inizio della legge del celibato ecclesiastico, da rimanere allibiti.
  16. Oltre a Pio XI e Paolo VI, anche il Denzinger con il celebre “Enchiridion symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum”è convinto che “proibire di astenersi dalle spose…  significa “ordinare di astenersi dalle spose…con buona pace della lingua latina e dei vescovi spagnoli del IV secolo, che non meritavano certo di venire banalmente fraintesi su un argomento così importante.”

 

 

 

[10] Codice di diritto canonico,

canone 336:

 

“Can. 336 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

 

 

[11] Il testo di questo articolo pubblicato il 1° giugno 2020 conteneva le parole: “Di conseguenza, devono essere tutte abrogate”.

Il 15 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “Di conseguenza, vanno considerate tutte quante come se non ci fossero (“tamquam non essent”).”

La contrarietà di qualsiasi affermazione alla parola di Dio, infatti, non necessita di un atto di abrogazione, ma rende l’affermazione stessa inesistente.

Questo perché – lo ripeto ancora una volta – Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se il Nuovo Testamento afferma più volte e inequivocabilmente che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

 

[12] Decreto del concilio Vaticano II Presbyterorum ordinis,

numero 16, in:

http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decree_19651207_presbyterorum-ordinis_it.html

 

Il celibato

  1. La perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli, raccomandata da Cristo Signore (124) nel corso dei secoli e anche ai nostri giorni gioiosamente abbracciata e lodevolmente osservata da non pochi fedeli, è sempre stata considerata dalla Chiesa come particolarmente confacente alla vita sacerdotale. Essa è infatti segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, nonché fonte speciale di fecondità spirituale nel mondo (125). Essa non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva (126) e alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l’aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle Chiese orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il presbiterato quando erano nello stato matrimoniale a perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosità la propria vita per il gregge loro affidato (127).

Il celibato, comunque, ha per molte ragioni un rapporto di convenienza con il sacerdozio. Infatti la missione sacerdotale è tutta dedicata al servizio della nuova umanità che Cristo, vincitore della morte suscita nel mondo con il suo Spirito, e che deriva la propria origine « non dal sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma da Dio» (Gv 1,13). Ora, con la verginità o il celibato osservato per il regno dei cieli (128), i presbiteri si consacrano a Dio con un nuovo ed eccelso titolo, aderiscono più facilmente a lui con un cuore non diviso (129) si dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e degli uomini, servono con maggiore efficacia il suo regno e la sua opera di rigenerazione soprannaturale, e in tal modo si dispongono meglio a ricevere una più ampia paternità in Cristo.

In questo modo, pertanto, essi proclamano di fronte agli uomini di volersi dedicare esclusivamente alla missione di fidanzare i cristiani con lo sposo unico e di presentarli a Cristo come vergine casta (130) evocando così quell’arcano sposalizio istituito da Dio, e che si manifesterà pienamente nel futuro per il quale la Chiesa ha come suo unico sposo Cristo (131). Essi inoltre diventano segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i figli della risurrezione non si uniscono in matrimonio (132).

Per questi motivi – fondati sul mistero di Cristo e della sua missione – il celibato, che prima veniva raccomandato ai sacerdoti, in seguito è stato imposto per legge nella Chiesa latina a tutti coloro che si avviano a ricevere gli ordini sacri. Questo sacro Sinodo torna ad approvare e confermare tale legislazione per quanto riguarda coloro che sono destinati al presbiterato, avendo piena certezza nello Spirito che il dono del celibato, così confacente al sacerdozio della nuova legge, viene concesso in grande misura dal Padre, a condizione che tutti coloro che partecipano del sacerdozio di Cristo con il sacramento dell’ordine, anzi la Chiesa intera, lo richiedano con umiltà e insistenza. Il sacro Sinodo esorta inoltre tutti i presbiteri, i quali hanno liberamente abbracciato il sacro celibato seguendo l’esempio di Cristo e confidando nella grazia di Dio, ad aderirvi generosamente e cordialmente e a perseverare fedelmente in questo stato, sapendo apprezzare il dono meraviglioso che il Padre ha loro concesso e che il Signore ha così esplicitamente esaltato (133) e avendo anche presenti i grandi misteri che in esso sono rappresentati e realizzati. E al mondo di oggi, quanto più la perfetta continenza viene considerata impossibile da tante persone, con tanta maggiore umiltà e perseveranza debbono i presbiteri implorare assieme alla Chiesa la grazia della fedeltà che mai è negata a chi la chiede. Ricorrano allo stesso tempo ai mezzi soprannaturali e naturali che sono a disposizione di tutti. E soprattutto non trascurino quelle norme ascetiche che sono garantite dalla esperienza della Chiesa e che nelle circostanze odierne non sono meno necessarie.

Questo sacro Sinodo prega perciò i sacerdoti –  e non solo essi, ma anche tutti i fedeli – di avere a cuore il dono prezioso del celibato sacerdotale, e di supplicare tutti Iddio affinché lo conceda sempre abbondantemente alla sua Chiesa.”

 

Note presenti nel testo ora citato

 

“(124) Cf. Mt 19,12.

 

(125) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 42: AAS 57 (1965), pp. 47-49 [pag. 219ss].

 

(126) Cf. 1 Tm 3,2-5; Tt 1,6.

 

(127) Cf. PIO XI, Encicl. Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), p. 28.

 

(128) Cf. Mt 19,12.

 

(129) Cf. 1 Cor 7,32-34.

 

(130) Cf. 2 Cor 11,2.

 

(131) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 42 e 44: AAS 57 (1965), pp. 47-49 e 50-51 [pag. 219ss e 227ss]; Decr. sul rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis, n. 12 [pag. 423ss].

 

(132) Cf. Lc 20,35-36; PIO XI, Encicl. Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), pp. 24-28; PIO XII, Encicl. Sacra Virginitas, 25 marzo 1954: AAS 46 (1954), pp. 169-172.

 

(133) Cf. Mt 19,11.”

 

 

 

[13] Catechismo della chiesa cattolica,

numero 1580:

 

“1580 Nelle Chiese Orientali, da secoli, è in vigore una disciplina diversa: mentre i vescovi sono scelti unicamente fra coloro che vivono nel celibato, uomini sposati possono essere ordinati diaconi e presbiteri. Tale prassi è da molto tempo considerata come legittima; questi presbiteri esercitano un ministero fruttuoso in seno alle loro comunità [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum ordinis, 16]. D’altro canto il celibato dei presbiteri è in grande onore nelle Chiese Orientali, e numerosi sono i presbiteri che l’hanno scelto liberamente, per il Regno di Dio. In Oriente come in Occidente, chi ha ricevuto il sacramento dell’Ordine non può più sposarsi.”

 

 

 

[14] Il testo di questo articolo pubblicato il 1° giugno 2020 conteneva le parole: “devono essere tutte abrogate”.

Il 15 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “vanno considerate tutte quante come se non ci fossero (“tamquam non essent”)”.”

Per la motivazione di questa correzione, si veda la nota numero 11.

 

 

 

[15] Prima lettera ai corinzi, capitolo 7, versetti 1-40:

 

“[1] Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna;

[2] tuttavia, per il pericolo dell’incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito.

[3] Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito.

[4] La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie.

[5] Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione.

[6] Questo però vi dico per concessione, non per comando.

[7] Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro.

[8] Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io;

[9] ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere.

[10] Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito –

[11] e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito – e il marito non ripudi la moglie.

[12] Agli altri dico io, non il Signore: se un nostro fratello ha la moglie non credente e questa consente a rimanere con lui, non la ripudi;

[13] e una donna che abbia il marito non credente, se questi consente a rimanere con lei, non lo ripudi:

[14] perché il marito non credente viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi.

[15] Ma se il non credente vuol separarsi, si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a servitù; Dio vi ha chiamati alla pace!

[16] E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che ne sai tu, uomo, se salverai la moglie?

[17] Fuori di questi casi, ciascuno continui a vivere secondo la condizione che gli ha assegnato il Signore, così come Dio lo ha chiamato; così dispongo in tutte le chiese.

[18] Qualcuno è stato chiamato quando era circonciso? Non lo nasconda! È stato chiamato quando non era ancora circonciso? Non si faccia circoncidere!

[19] La circoncisione non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece l’osservanza dei comandamenti di Dio.

[20] Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato.

[21] Sei stato chiamato da schiavo? Non ti preoccupare; ma anche se puoi diventare libero, profitta piuttosto della tua condizione!

[22] Perché lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore! Similmente chi è stato chiamato da libero, è schiavo di Cristo.

[23] Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini!

[24] Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato.

[25] Quanto alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia.

[26] Penso dunque che sia bene per l’uomo, a causa della presente necessità, di rimanere così.

[27] Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei sciolto da donna? Non andare a cercarla.

[28] Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele.

[29] Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero;

[30] coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero;

[31] quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!

[32] Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore;

[33] chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie,

[34] e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.

[35] Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni.

[36] Se però qualcuno ritiene di non regolarsi convenientemente nei riguardi della sua vergine, qualora essa sia oltre il fiore dell’età, e conviene che accada così, faccia ciò che vuole: non pecca. Si sposino pure!

[37] Chi invece è fermamente deciso in cuor suo, non avendo nessuna necessità, ma è arbitro della propria volontà, ed ha deliberato in cuor suo di conservare la sua vergine, fa bene.

[38] In conclusione, colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio.

[39] La moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se il marito muore è libera di sposare chi vuole, purché ciò avvenga nel Signore.

[40] Ma se rimane così, a mio parere è meglio; credo infatti di avere anch’io lo Spirito di Dio.”

 

 

 

[16] Il fatto che i versetti 17, 20 e 24 del capitolo 7 della prima lettera ai corinzi si riferiscano alle persone che conducono vita laicale consacrata è dimostrato dalle parole “Fuori di questi casi” all’inizio del versetto 17 con le quali si fa riferimento ai casi trattati dall’inizio del capitolo 7, vale a dire le vicende che riguardano marito e moglie.

 

 

 

[17] Il testo di questo articolo pubblicato il 1° giugno 2020 conteneva le parole: “e vanno modificate.”.

Il 15 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).”.

La contrarietà di qualsiasi affermazione alla parola di Dio, infatti, non necessita di un atto di abrogazione, ma rende l’affermazione stessa inesistente.

Questo perché – lo ripeto ancora una volta – Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se il Nuovo Testamento non prevede alcun obbligo di castità, celibato, nubilato, verginità consacrata per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale e lascia la condizione relazionale di ogni persona chiamata alla vita laicale consacrata alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com