L’USO DEL NOME “MADONNA”

 

Presento qui di seguito un parere che ho scritto per soddisfare la richiesta di un amico.

Il quesito che mi ha posto era se fosse giuridicamente possibile interdire l’uso del nome “Madonna” da parte di una nota cantante americana e se fosse ipotizzabile un risarcimento a favore della Chiesa cattolica.

Come sempre, sarei felice di avere le vostre opinioni al riguardo per un confronto costruttivo.

 

Nel quesito in esame sono rinvenibili due profili.

Il primo è dato dall’uso del nome Madonna da parte della nota cantante americana e attiene alla tutela giuridica del nome o dello pseudonimo secondo la legge civile.

Il secondo è il fastidio che ad alcuni può dare il sentir pronunciare il nome Madonna nell’ambito degli spettacoli tenuti dalla citata cantante.

Questo secondo profilo attiene al diritto penale.

 

DIRITTO CIVILE

 

1) La tutela del nome.

Per la tutela del nome, vengono in rilievo l’articolo 7 del codice civile[1] e l’articolo 8, comma 2, del codice della proprietà industriale[2].

Gli ostacoli all’attivazione di questa forma di tutela sono due.

Il primo è dato dal fatto che la madre di Gesù si chiama Maria e non Madonna[3].

Madonna è un appellativo con il quale viene designata Maria madre di Gesù.

Il secondo ostacolo è dato dal fatto che la tutela in esame può essere azionata soltanto dal titolare del nome – in questo caso: Maria madre di Gesù – o da chi ne abbia la rappresentanza legale.

Non mi risultano soggetti che abbiano la rappresentanza legale di Maria madre di Gesù.

 

2) La tutela dello pseudonimo.

Per quanto attiene alla tutela dello pseudonimo prevista dall’articolo 9 del codice civile[4], valgono le stesse obiezioni formulate poc’anzi per la tutela del nome.

Innanzitutto, non mi risulta che Maria madre di Gesù abbia scelto di usare uno pseudonimo.

In secondo luogo, la tutela dello pseudonimo può essere azionata nelle stesse forme previste per la tutela del nome, quindi, da parte del titolare dello pseudonimo o dal suo rappresentante legale[5].

 

3) Il risarcimento del danno.

Nessun soggetto – persona fisica e/o giuridica – è legittimato a chiedere il risarcimento dei danni arrecati a una persona diversa da se medesimo e della quale non abbia la rappresentanza legale.

 

DIRITTO PENALE

 

1) Il vilipendio.

La prima norma che viene in rilievo è l’articolo 403 del codice penale[6].

Esso sanziona il “vilipendio” di chi professa una confessione religiosa.

Secondo la comune accezione del termine, il vilipendio consiste nel tenere a vile, nel ricusare qualsiasi valore etico o sociale o politico all’entità contro cui la manifestazione é diretta sì da negarle ogni prestigio, rispetto, fiducia[7].

Il vilipendio si estrinseca nella mancanza di riverenza, nell’oltraggio, nella ingiuria particolarmente qualificata, in comportamenti offensivi sino al punto di esprimere disprezzo.

Con l’espressione “coloro che professano una confessione religiosa” si intendono i fedeli di quella confessione religiosa.

In pratica, per integrare questa condotta di reato, la cantante Madonna, con parole o atteggiamenti, dovrebbe vilipendere i cristiani, direttamente o tramite offese a Maria madre di Gesù.

 

2) L’ingiuria e la diffamazione.

Altre due norme sono rilevanti per la soluzione del quesito esposto all’inizio di questo articolo.

Esse sono l’ingiuria e la diffamazione.

L’ingiuria è un illecito sottoposto a sanzione pecuniaria civile[8].

La diffamazione è un reato previsto e punito dall’articolo 595[9] del codice penale.

In pratica, per integrare queste condotte di reato, la cantante Madonna, con parole o atteggiamenti, dovrebbe, ingiuriare o diffamare i cristiani, direttamente o tramite offese a Maria madre di Gesù.

La sanzione pecuniaria civile prevista per la condotta di ingiuria è applicata dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno[10].

La diffamazione è procedibile a querela della persona offesa[11].

 

3) La bestemmia e le manifestazioni oltraggiose verso i defunti.

L’ultima norma offertaci, nella circostanza, dal codice penale è l’articolo 724[12].

Esso sanziona la bestemmia (comma 1) e le manifestazioni oltraggiose verso i defunti (comma 2).

Il primo comma non può essere azionato per la soluzione del quesito che stiamo affrontando.

Questo comma, infatti, sanziona le offese nei confronti di Dio.

Maria madre di Gesù non è Dio.

Il secondo comma dell’articolo 724, al contrario, potrebbe essere azionato.

Infatti, il bene giuridico tutelato da questa norma è il rispetto verso i defunti.

“Defunto” è colui che ha cessato di vivere la vita terrena[13].

“Oltraggiare” significa offendere l’onore o il prestigio di una data persona.

In pratica, per integrare questa condotta di reato, la cantante Madonna dovrebbe pubblicamente oltraggiare Maria madre di Gesù con parole o atteggiamenti.

 

4) Il risarcimento del danno.

Il soggetto leso da un reato può ottenere le restituzioni e i risarcimenti a norma delle leggi civili[14] attraverso due vie:

  • – la costituzione di parte civile nel procedimento penale,
  • – oppure, attraverso un’autonoma azione civile.

 

Vi ringrazio per la vostra attenzione[15].

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] L’art. 7 del codice civile della Repubblica italiana recita:

  • “1. La persona, alla quale si contesti il diritto all’uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni.
  • 2. L’autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più giornali.”.

[2] L’art. 8 “Ritratti di persone, nomi e segni notori” del codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, numero 273, in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana 04 marzo 2005, numero 52, Supplemento ordinario numero 28, recita:

  • 1. I ritratti di persone non possono essere registrati come marchi senza il consenso delle medesime e, dopo la loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli; in loro mancanza o dopo la loro morte, dei genitori e degli altri ascendenti, e, in mancanza o dopo la morte anche di questi ultimi, dei parenti fino al quarto grado incluso.
  • 2. I nomi di persona diversi da quelli di chi chiede la registrazione possono essere registrati come marchi, purché il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare tali nomi. L’Ufficio italiano brevetti e marchi ha tuttavia la facoltà di subordinare la registrazione al consenso stabilito al comma 1. In ogni caso, la registrazione non impedirà a chi abbia diritto al nome di farne uso nella ditta da lui prescelta, sussistendo i presupposti di cui all’art. 21, comma 1.
  • 3. Se notori, possono essere registrati o usati come marchio solo dall’avente diritto, o con il consenso di questi, o dei soggetti di cui al comma 1: i nomi di persona, i segni usati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le denominazioni e sigle di manifestazioni e quelli di enti ed associazioni non aventi finalità economiche, nonché gli emblemi caratteristici di questi.”.

L’articolo 21, comma 1, del codice della proprietà industriale, richiamato dal comma 2 della norma ora citata, recita:

  • 1. I diritti di marchio d’impresa registrato non permettono al titolare di vietare ai terzi l’uso nell’attività economica, purché l’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale: a) del loro nome e indirizzo; b) di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio; c) del marchio d’impresa se esso e’ necessario per indicare la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio.”.

Le norme citate del codice civile e del codice della proprietà industriale non sono identiche.

L’articolo 8 del Codice della proprietà industriale è una particolare applicazione della norma generale contenuta nell’articolo 7 del codice civile, con la differenza, tra le altre, inerente al pregiudizio che può essere solo potenziale per la norma del codice civile e che deve, invece, essere concreto per la norma del codice della proprietà industriale.

[3] Le tre citazioni in questa nota sono prese da: La Bibbia via verità e vita, Edizioni San Paolo s.r.l., Cinisello Balsamo (Milano), 2009.

  • Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.” Vangelo secondo Matteo, capitolo 1, versetto 16;
  • Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.” Vangelo secondo Marco, capitolo 6, versetto 3;
  • a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.” Vangelo secondo Luca, capitolo 1, versetto 27.

[4] L’art. 9 del Codice civile della Repubblica italiana recita:

  • Lo pseudonimo, usato da una persona in modo che abbia acquistato l’importanza del nome, può essere tutelato ai sensi dell’articolo 7.”.

[5] Per la tutela dello pseudonimo nel diritto d’autore si vedano gli articoli 8 comma 2, 21 comma 1, 27 e 28 della legge 22 aprile 1941, numero 633, “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio” in Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia 16 luglio 1941, numero 166, e successive modificazioni e integrazioni.

[6] L’art. 403 del Codice penale della Repubblica italiana recita:

  • “1. Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
  • 2. Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto.”.

[7] Si veda Corte costituzionale italiana, sentenza 30 gennaio 1974, numero 20, Considerato in diritto, paragrafo 5.

[8] L’articolo 594 del Codice penale della Repubblica italiana, “Ingiuria”, è stato abrogato dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, numero 7, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana 22 gennaio 2016, numero 17.

Il Decreto Legislativo ora citato sanziona la condotta dell’ingiuria nei termini seguenti.

L’articolo 3 “Responsabilità civile per gli illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie” del Decreto Legislativo in parola recita:

  • 1. I fatti previsti dall’articolo seguente, se dolosi, obbligano, oltre che alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le leggi civili, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile ivi stabilita.
  • 2. Si osserva la disposizione di cui all’articolo 2947, primo comma, del codice civile.”.

L’articolo 2947 “Prescrizione del diritto al risarcimento del danno”, primo comma, del codice civile della Repubblica italiana, richiamato dal comma 2 della norma precedente, recita:

  • 1. Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.

L’articolo 4 “Illeciti civili sottoposti a sanzioni pecuniarie” del Decreto Legislativo in parola recita (riporto solo le parti che si riferiscono alla condotta di ingiuria):

  • 1. Soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro cento a euro ottomila: a) chi offende l’onore o il decoro di una persona presente, ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, informatica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa; … .
  • 2. Nel caso di cui alla lettera a) del primo comma, se le offese sono reciproche, il giudice può non applicare la sanzione pecuniaria civile ad uno o ad entrambi gli offensori.
  • 3. Non è sanzionabile chi ha commesso il fatto previsto dal primo comma, lettera a), del presente articolo, nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso.
  • 4. Soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro duecento a euro dodicimila: … f) chi commette il fatto di cui al comma 1, lettera a), del presente articolo, nel caso in cui l’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato o sia commessa in presenza di più persone;
  • 5. … .
  • 6. … .
  • 7. … .
  • 8. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo si applicano anche nel caso di cui al comma 4, lettera f), del medesimo articolo.”.

[9] L’art. 595 del Codice penale della Repubblica italiana recita:

  • “1. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.
  • 2. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
  • 3. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 51.
  • 4. Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.”.

[10] Confronta l’articolo 8, comma 1, del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, numero 7, citato nella nota 8 che precede.

[11] Confronta l’articolo 597, comma 1, del codice penale della Repubblica italiana.

[12] L’art. 724 del Codice penale della Repubblica italiana recita:

  • “1. Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la divinità, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 51 a euro 309.
  • 2. La stessa sanzione si applica a chi compie qualsiasi pubblica manifestazione oltraggiosa verso i defunti.”.

[13] L’articolo 724, comma 2, del codice penale italiano qui in commento viene in rilievo per la soluzione del quesito esposto all’inizio di questo articolo in quanto Maria madre di Gesù è una persona che ha cessato di vivere la sua esistenza terrena. Il fatto che la cessazione della esistenza terrena di Maria madre di Gesù sia avvenuta con l’Assunzione, con la Dormizione, o in altra forma, non cambia il fatto che l’articolo 724, comma 2, citato sia una norma rilevante ai fini di questo articolo.

[14] L’articolo 185 del Codice penale della Repubblica italiana recita:

  • “1. Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili.
  • 2. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fato di lui.”.

[15] Ringrazio il dottor Andrea Bianchi per la revisione di questo articolo.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo contributo sul sito www.giorgiocannella.com .