LA VALORIZZAZIONE DI UN SITO ARCHEOLOGICO

Questa proposta mira alla valorizzazione di un sito archeologico per trasformarlo, dall’ennesimo bene da custodire a spese pubbliche, in un polo d’attrazione che può rendere economicamente molto più di quello che costa per la sua manutenzione.

Ho visitato il Portus Urbis[1] nel maggio 2016 ed ho constatato che il sito ha bisogno di ulteriori interventi di restauro e di riqualificazione[2].

Ecco la mia proposta.

 

1 – IL BACINO ESAGONALE DEL PORTO DI TRAIANO.

Una parte del sito archeologico – il bacino esagonale che costituisce il porto di Traiano – è ancora di proprietà privata e da anni è in corso un contenzioso giudiziario tra il proprietario e la Pubblica Amministrazione.

Durante la mia visita, ho visto un servizio di trasporto per i turisti attorno al bacino esagonale in parola tramite un caro trainato da un cavallo.

In un’ottica conciliativa, propongo di formulare al proprietario la seguente offerta:

  • l’intera area del bacino esagonale del porto di Traiano e i terreni limitrofi viene ceduta gratuitamente dall’attuale proprietario al Demanio dello Stato, il quale la unisce alla parte del sito archeologico già in mano pubblica e ne assicura l’accesso da parte di tutti;
  • in cambio, l’attuale proprietario ha la concessione gratuita della gestione economica dell’intera area del sito archeologico per tre anni a partire dalla descritta cessione al Demanio secondo i criteri esposti nel successivo paragrafo 4;
  • alla scadenza di questi tre anni si procederà all’assegnazione della concessione onerosa della gestione economica dell’intera area secondo la procedura descritta nel successivo paragrafo 4.

 

Il tutto, ovviamente, nel rispetto dei vincoli storici, artistici e architettonici del luogo.

 

2 – IL COMPLETAMENTO DEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI.

Durante la mia visita al sito archeologico, mi è stato rappresentato che molte aree dello stesso sono ancora da esplorare e che i resti archeologici di interi edifici, scoperti durante gli scavi degli ultimi anni, sono stati re-interrati per la mancanza dei fondi necessari alla loro messa in sicurezza e musealizzazione.

Io stesso ho visto che la zona del palazzo imperiale – di sicuro una delle più pregevoli di tutto il sito – è ancora chiusa perché gli scavi archeologici sono ancora in corso.

Di conseguenza, propongo di:

  • finanziare il completamento degli scavi archeologici, il consolidamento, la messa in sicurezza e la musealizzazione di tutto il sito, anche mediante la stipula di partenariati tra la Soprintendenza[3] ed altre istituzioni pubbliche o private, come ad esempio le Università italiane o straniere, le varie Accademie culturali e gli Istituti di cultura di vari Paesi stranieri che sono presenti a Roma.

 

Queste istituzioni aiuterebbero la Soprintendenza a terminare lo scavo in un tempo più breve e avrebbero la possibilità di collaborare ad un’esplorazione archeologica importante e prestigiosa come quella del porto più importante dell’antica Roma.

Immaginate i convegni, le conferenze e gli articoli sulle riviste specializzate che ogni istituzione pubblicherebbe, i filmati dei loro scavi su internet e sulle loro pagine Facebook, con il conseguente il ritorno di immagine in ciascun Paese straniero coinvolto, sia per la singola istituzione, sia per il sito archeologico del Portus Urbis.

 

3 – L’ALLESTIMENTO DEL MUSEO DEL PORTO E DELLE NAVI.

Non sono un archeologo, ma non penso di sbagliare se dico che l’esplorazione dei fondali di tutto il sito potrebbe portare alla luce molti relitti di navi romane affondate e dei carichi (anfore e oggetti) che esse trasportavano.

Immaginate la notorietà mondiale che avrebbe l’eventuale riscoperta di decine di navi romane e del loro carico in un luogo a due passi dall’attuale città di Roma.

Per questo propongo di:

  • costruire un museo multimediale del porto e delle navi all’interno del sito archeologico e trasferirvi i reperti oggi esposti al Museo delle navi a Fiumicino;
  • incrementare le strutture per le attività culturali all’interno del sito archeologico: ad esempio, aggiungendo una o più sale per la proiezione delle ricostruzioni audio-video in varie lingue del sito archeologico e del trasporto marino e fluviale come dovevano essere nell’antichità, una o più aule per conferenze e convegni dove possano avere luogo eventi per i ricercatori e per i visitatori, un teatro all’aperto per le rappresentazioni teatrali durante il periodo estivo, etc.;
  • stabilire un collegamento tra il museo e le attività culturali in modo da creare un percorso didattico e sensoriale che, a partire dagli oggetti esposti nel museo, conduca il visitatore a esplorare e a conoscere la vita e l’impiego di ciascun oggetto nell’antichità tramite delle esperienze nelle quali possa essere personalmente coinvolto: ad esempio, l’effettuazione di uno scavo archeologico simulato con la riscoperta, pulitura e catalogazione dei reperti, le esperienze sensoriali di uso degli oggetti esposti nel museo, la simulazione in realtà virtuale della guida di una nave dall’interno dell’antico porto di Claudio e di Traiano fino all’antica città di Roma passando per il Tevere, etc.

 

4 – METTERE A REDDITO TUTTO IL SITO ARCHEOLOGICO

Per quanto a mia conoscenza, il dibattito sulla destinazione dei beni storici, artistici e architettonici in Italia verterebbe attorno alla questione se essi debbano essere finalizzati alla vendita di cibi e souvenir, oppure all’aumento dell’orgoglio nazionale, o infine a creare un giro d’affari.

Ritengo che la terza alternativa sia quella da prediligere perché realizzerebbe anche le prime due.

Per la sua attuazione ritengo utile seguire un esempio che altrove si è già rivelato un successo: rendere l’ingresso al luogo d’arte del tutto gratuito.

Il criterio a monte di questa decisione è che non si guadagna con l’arte e con la storia, ma con l’indotto economico che l’arte e la storia generano attorno a sé.

Il luogo d’arte, secondo questa concezione, non è fine a se stesso, ma rappresenta un polo d’attrazione che permette il sorgere e lo sviluppo di molteplici attività economiche a esso collegate.

Il giro d’affari che questo tipo di gestione realizza è molto superiore rispetto a quello dato dalla semplice vendita dei biglietti per l’ingresso in un museo.

Lasciare in tasca al visitatore i soldi che avrebbe speso per il biglietto d’ingresso lo induce a spendere con maggiore facilità per altre attrazioni.

Infine, la creazione di un complesso di percorsi sensoriali e attività economiche che si indirizzano a persone di tutte le età conferisce al luogo d’arte un’immagine meno accademica e lo rende attraente, non solamente per gli appassionati di cultura, ma per un pubblico più vasto.

In base a queste considerazioni, propongo di:

  • stabilire che l’ingresso al porto di Claudio e di Traiano è del tutto gratuito;
  • conservare il restauro e la conservazione del sito archeologico in mano pubblica;
  • affidare ogni tre anni la gestione economica di tutto il sito archeologico ad un solo concessionario, all’esito di una procedura a evidenza pubblica gestita dalla Consip s.p.a.[4] secondo le regole dell’e-procurement[5];
  • prevedere nella concessione l’attribuzione alla Pubblica Amministrazione concedente di un terzo degli utili netti realizzati ogni anno dal concessionario. Questo è l’onere che il privato paga per la concessione. Questa previsione ha lo scopo di rendere il privato e la Pubblica Amministrazione co-interessati alla proficua gestione del bene: se il bene non è restaurato e ben conservato, il numero dei visitatori diminuisce e così i ricavi, lo stesso accade se il privato è un gestore incapace;
  • stabilire che l’intera area del porto di Claudio e di Traiano è e rimarrà di proprietà del Demanio dello Stato italiano chiunque sia il soggetto che si aggiudica di volta in volta la concessione per la gestione economica dell’intera area in questione.

La durata breve della concessione – pari a non più di tre anni – ha l’obiettivo di spingere il futuro concessionario a elaborare un piano d’affari (business plan) prima di aggiudicarsi la gara.

 

GLI ALTRI BENI CULTURALI ITALIANI

La proposta che ho descritto poc’anzi può essere applicata – con gli adattamenti necessari – anche a tutti gli altri beni storici, artistici e architettonici presenti in Italia[6].

 

AGGIORNAMENTI

14 maggio 2016.

Il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella inaugura la mostra “Mitoraj a Pompei”.

Ecco alcune parole del Suo discorso.

“… La cultura non ha tempo e non ha confini. …

Questo induce a due riflessioni che vorrei rassegnarvi.

La prima è che, come tutti sappiamo, il nostro Paese ha il patrimonio artistico – culturale più grande del mondo e quindi vi è una esigenza, non soltanto di tutelarlo, di conservarlo, ma di valorizzarlo, che è un dovere nei confronti della nostra storia, del nostro futuro e del mondo intero.

E quindi ogni investimento che viene fatto tiene conto di questo dovere e di questa straordinaria convenienza per il nostro Paese.

L’altra considerazione è che questo sito [Pompei] – come tutto ciò che attiene e viene prodotto dalla cultura nel nostro Paese – ha una grande ricaduta di beneficio per l’intero tessuto sociale, anche di carattere economico.

Quindi gli investimenti che si fanno nella cultura non sono soltanto per un dovere di qualità della vita sociale, ma anche perché provocano una ricaduta di crescita economica del Paese. …

Vi sono cioè effetti dei luoghi di cultura e dell’attività culturale che hanno una ricaduta positiva profonda sul piano economico.

E questo naturalmente in questa splendida Regione [la Campania], come in tutte quelle del Mezzogiorno, ma nell’intero nostro Paese ha un peso che va sottolineato costantemente.

Ogni investimento nella cultura è un investimento ben speso anche ai fini della crescita del nostro Paese. …”. Il sottolineato è mio. [7]

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Il Portus Urbis è il porto dell’antica città di Roma.

La sua costruzione è frutto dell’opera di tre imperatori.

Fu iniziato da Claudio nel 42 d.C., inaugurato da Nerone nel 64 d.C. e rinnovato da Traiano tra il 110 ed il 117 d.C.

È situato in Via Portuense n. 2360, in prossimità dell’aeroporto di Roma Fiumicino ed è il porto più importante di epoca romana giunto intatto fino a noi.

Dopo secoli di oblio, è stato riaperto ai visitatori nel 2015.

Per maggiori informazioni si vedano: – in italiano: http://www.navigareilterritorio.it , – in inglese: http://www.navigareilterritorio.it/en/ . Per la visita virtuale del sito archeologico si vedano: – in italiano: https://www.portusproject.org/it/visita-il-sito/ , in inglese: https://www.futurelearn.com/courses/portus .

Per l’opuscolo in italiano si veda:

http://archeoroma.beniculturali.it/sites/default/files/PORTO%20DI%20TRAIANO%20ITALIANO4.pdf

[2] Per fare degli esempi, il giorno della mia visita in tutto il sito archeologico non ho trovato bar, ristoranti, librerie e negozi di souvenir.

[3] Soprintendenza speciale per il Colosseo, il Museo nazionale romano e l’area archeologica di Roma.

[4]Consip è una società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), che ne è l’azionista unico,… . La Società svolge attività di consulenza, assistenza e supporto nell’ambito degli acquisti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche. In qualità di centrale di committenza nazionale” in: http://www.consip.it/chi_siamo/

[5]L’e-procurement (electronic procurement) è un neologismo di lingua inglese con cui si intende il processo di “approvvigionamento elettronico”, cioè di procacciamento e acquisizione di beni e servizi attraverso Internet; a questo processo corrisponde un complesso di regole, modalità organizzative e procedure che comprendono in genere l’impiego di software e tecnologie informatiche.” in: https://it.wikipedia.org/wiki/E-procurement#L.27e-procurement_pubblico che a sua volta cita: “Saïd Assar, Imed Boughzala, E-procurement platforms in the French public sector”.

[6]Per recuperare i luoghi culturali dimenticati il Governo mette a disposizione 150 milioni di euro. Fino al 31 maggio tutti i cittadini potranno segnalare all’indirizzo di posta elettronica bellezza@governo.it un luogo pubblico da recuperare, ristrutturare o reinventare per il bene della collettività o un progetto culturale da finanziare. 

Una commissione ad hoc stabilirà a quali progetti assegnare le risorse. Il relativo decreto di stanziamento sarà emanato il 10 agosto 2016.” in: http://www.governo.it/articolo/bellezzagovernoit/4697 .

[7] Il filmato audio video del discorso è disponibile su: https://www.youtube.com/watch?v=oYdQYs5JgBo

Here you are the text in English. The translation is mine.

May 14th, 2016.

The Italian President Sergio Mattarella opens the exhibition “Mitoraj in Pompeii”.

Here are some words of His address.

“… The culture is timeless and has no boundaries. …

This prompts two reflections that I would offer to you.

The first is that, as we all know, our Country has the world’s largest artistic and cultural heritage and therefore there is a need, not only to protect it, to preserve it, but to enhance it, which is a duty towards our history, our future and the world.

So every investment that is done takes account of this duty and of this extraordinary convenience for our Country.

The other consideration is that this site [Pompeii] – as everything that concerns and is produced by the culture in our Country – has a large social and even economic fallout of benefit.

So the investments that are made in culture are not only done for a duty of quality of social life, but also because their fallout is the economic growth of the Country. …

Namely, cultural places and activities have effects that have a huge positive impact on the economic level.

And this of course in this beautiful Region [Campania], as in all those in the South of Italy, but throughout our Country has an importance that should be emphasized constantly.

Any investment in culture is also a well-spent investment for the growth of our Country. …”.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo contributo sul sito www.giorgiocannella.com .

LE PARI OPPORTUNITÀ TRA DONNE E UOMINI

Presento qui di seguito un parere che ho scritto per soddisfare una richiesta in occasione di un colloquio professionale. Ho scelto di parlare delle pari opportunità tra donne e uomini in materia elettorale e nell’accesso al mondo del lavoro.

 

La mia scelta è dovuta a più fattori, come, ad esempio,

  • il fatto che le pari opportunità siano previste a più livelli normativi (Costituzione, legge statale, statuti di alcune Regioni italiane);
  • il dibattito che tale questione suscita ogni volta che se ne parla;
  • la constatazione che vi sono ambiti nei quali, per attuare le pari opportunità, è necessario far rispettare prima altre norme le quali, solo all’apparenza, non sono collegate con il discorso in esame.

 

Nella prima parte del parere esamino la messa in opera delle pari opportunità in occasione delle consultazioni elettorali e della successiva formazione degli organi di governo delle istituzioni democratiche dello Stato italiano. Nella seconda parte esprimo il mio parere sulla migliore attuazione delle pari opportunità per quanto riguarda l’accesso al mondo del lavoro.

 

Come sempre, sarei felice di avere le vostre opinioni al riguardo per un confronto costruttivo.

 

 

LE PARI OPPORTUNITÀ TRA DONNE E UOMINI

IN OCCASIONE DELLE CONSULTAZIONI ELETTORALI

E NELL’ACCESSO AL MONDO DEL LAVORO

Parte Prima

 

Sintetizzo gli aspetti salienti dell’istituto in parola in occasione delle consultazioni elettorali.

 

1) – Gli articoli 3 comma 1; 51 comma 1; e 117 comma 7; della Costituzione italiana affermano, rispettivamente, che:

  • Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”;
  • Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.[1];
  • Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.[2].

 

2) – Per quanto attiene, in particolare, alla materia elettorale, la Corte Costituzionale italiana ha affermato che:

  • l’istituto delle pari opportunità tra donne e uomini non ha la finalità di far conseguire alle donne la certezza della vittoria in una consultazione elettorale[3];
  • successivamente alla modifica dell’articolo 117 della Costituzione[4], l’applicazione dell’istituto delle pari opportunità tra donne e uomini non vincola in alcun modo la libera scelta dell’elettore su chi votare[5];
  • successivamente alla citata modifica dell’articolo 51 della Costituzione, la norma di uno Statuto regionale, la quale, nel caso in cui l’elettore esprima due preferenze sulla scheda elettorale, prevede che esse debbano andare a candidati di sesso diverso, non ha natura coattiva, ma solo il fine di promuovere un maggiore equilibrio tra donne e uomini nella composizione del Consiglio regionale[6].

 

3) – Nelle controversie giudiziarie relative alla impugnazione degli atti di nomina dei membri degli organi di governo delle istituzioni democratiche dello Stato italiano, il Consiglio di Stato in successive decisioni ha affermato che:

  • l’atto di nomina di un assessore regionale non è un atto politico, ma un atto di alta amministrazione ed in quanto tale è soggetto al controllo giurisdizionale del Giudice amministrativo[7];
  • le norme programmatiche sono anch’esse norme immediatamente precettive[8];
  • la norma dello Statuto regionale della Campania che prevede una equilibrata presenza di donne e uomini nella Giunta regionale[9] non è una norma programmatica e contiene un vincolo ad un potere del Presidente della Giunta regionale[10];
  • la discrezionalità politica trova un limite nei principi di natura giuridica posti dall’ordinamento[11];
  • in assenza di una previsione statutaria che preveda l’esatta consistenza della quota di riserva da attribuire ai membri del sesso meno rappresentato, la nomina anche di un solo membro di sesso femminile rispetta il principio delle pari opportunità tra donne e uomini all’interno di una Giunta provinciale[12].

 

 

Parte Seconda

 

Passo ora alla parte del mio parere che esamina il problema se una previsione normativa contenente le così dette “quote rosa” sarebbe idonea ad attuare le pari opportunità tra donne e uomini per quanto riguarda l’accesso al mondo del lavoro.

 

A tal fine, prendo in esame la previsione di una quota rosa pari al 50% e preciso subito che non posso adottare una percentuale diversa.

Infatti, una percentuale minore del 50% rappresenterebbe una discriminazione contro le donne, mentre una percentuale superiore al 50% rappresenterebbe una discriminazione contro gli uomini.

Proseguo il mio ragionamento e prendo ad esempio un settore professionale nel quale le donne preparate e meritevoli siano il 10% della forza lavoro[13].

In tal caso, per rispettare la quota rosa del 50%, si dovrebbe procedere alla immissione, nel settore in esame, di un 40% di donne incapaci ed immeritevoli, con una conseguente discriminazione contro gli uomini.

Al contrario, nel caso di un settore professionale nel quale le donne preparate e meritevoli siano, ad esempio, il 90% della forza lavoro[14], la previsione di una quota rosa pari al 50% obbligherebbe a lasciare a casa il rimanente 40% di donne preparate e meritevoli per assumere una identica percentuale di uomini incapaci ed immeritevoli.

La discriminazione, in questo caso, sarebbe contro le donne.

Di conseguenza, una quota rosa pari al 50% attua le pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso al mondo del lavoro solo e soltanto nel caso in cui vi sia la certezza matematica che, all’interno del settore professionale preso in esame, le donne preparate e meritevoli siano esattamente il 50% della forza lavoro[15], non una di più, non una di meno !

Quindi, all’infuori dei casi nei quali vi sia la certezza della quale ho appena parlato, una quota rosa pari al 50% si traduce inevitabilmente, o in una discriminazione contro gli uomini, o in una discriminazione contro le donne.

 

A questo punto si pone la domanda: se non con le quote rosa, in quale altro modo realizzare le pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso al mondo del lavoro ?

La risposta è semplice: applicando la legge già in vigore.

In particolare, le norme sui reati di abuso d’ufficio[16], corruzione[17] e concussione[18]: le tre strade attraverso le quali persone incapaci ed immeritevoli entrano nel mondo del lavoro e tolgono opportunità alle donne ed agli uomini preparati e meritevoli.

Quanto più vengono espunte dal mondo del lavoro persone incapaci ed immeritevoli, tanto più vi sarà posto per donne e uomini preparati e meritevoli, attuando in tal modo “le pari opportunità tra donne e uomini” delle quali parlano gli articoli della Costituzione italiana che ho citato all’inizio di questo mio parere.

 

Vi ringrazio per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] L’ultimo periodo è stato aggiunto dall’articolo 1, comma 1, della legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1.

[2] Il comma citato è stato aggiunto dall’articolo 3, comma 1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Sul significato della locuzione “promuovono”, segnalo Consiglio di Stato, sentenza 18 giugno 2015, n. 3115, narrativa del fatto e considerazioni di diritto, paragrafo V.1.2, secondo il quale “la locuzione «promuovono» deve essere intesa nel senso che – nel rispetto del principio di legalità – vi siano disposizioni che tendano alla rimozione degli ostacoli limitanti la parità di genere, eliminando posizioni di privilegio agli appartenenti ad uno di essi, e non nel senso che tendano alla assoluta parità di rappresentanza dei due sessi nelle liste elettorali.”.

[3] Corte Costituzionale, sentenza 12 settembre 1995, n. 422, considerazioni di diritto, paragrafo 6, contrastano con l’articolo 3, comma 2, della Costituzione le norme che “non si propongono di “rimuovere” gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati, bensì di attribuire loro direttamente quei risultati medesimi”.

[4] Ma prima della modifica dell’articolo 51 dello stesso testo.

[5] Corte Costituzionale, sentenza 13 febbraio 2003, n. 49, considerazioni di diritto, paragrafo 5, a proposito del vincolo contenuto nelle Norme per l’elezione del Consiglio regionale della Valle d’Aosta per il quale le liste elettorali devono comprendere “candidati di entrambi i sessi” si legge che “il vincolo resta limitato al momento della formazione delle liste, e non incide in alcun modo sui diritti dei cittadini, sulla libertà di voto degli elettori e sulla parità di chances delle liste e dei candidati e delle candidate nella competizione elettorale, né sul carattere unitario della rappresentanza elettiva”.

[6] Corte Costituzionale, sentenza 14 gennaio 2010, n. 4, considerazioni di diritto, paragrafo 3.3, “la nuova regola rende maggiormente possibile il riequilibrio, ma non lo impone. Si tratta quindi di una misura promozionale, ma non coattiva.”. La Corte si riferisce all’articolo 4, comma 3, della legge della Regione Campania n. 4 del 27 marzo 2009 (legge elettorale) il quale dispone: “L’elettore può esprimere, nelle apposite righe della scheda, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome ovvero il nome ed il cognome dei due candidati compresi nella lista stessa. Nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza.”.

[7] Consiglio di Stato, sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, considerazioni di diritto, paragrafo 2, a proposito del decreto di nomina di un assessore regionale da parte del Presidente della Giunta regionale della Campania “L’atto di nomina di un assessore regionale, da un lato, non è libero nella scelta dei fini, essendo sostanzialmente rivolto al miglioramento della compagine di ausilio del Presidente della Regione nell’amministrazione della Regione stessa, e dall’altro è sottoposto a criteri strettamente giuridici come quello citato dell’art. 46, comma 3, dello Statuto campano. Di conseguenza, deve ritenersene ammissibile l’impugnativa davanti al giudice amministrativo, in quanto posto in essere da un’autorità amministrativa e nell’esercizio di un potere amministrativo, sia pure ampiamente discrezionale.”. Per un approfondimento della relativa motivazione, rinvio alla pregevole disamina sulle differenze tra atto politico ed atto di alta amministrazione svolta dal Consiglio di Stato nella sentenza ora citata.

[8] Consiglio di Stato, sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, considerazioni di diritto, paragrafo 3, “Benché, come già argomentato, tutte le norme sono, per definizione, immediatamente precettive, la differenza tra quelle che si dicono propriamente programmatiche e le altre consiste soltanto nella speciale natura del precetto contenuto nelle prime, e quindi negli speciali effetti che ne derivano. Esse, infatti, non disciplinano direttamente quelle date materie, cui tuttavia si riferiscono, ma disciplinano con efficacia immediata comportamenti statali, destinati a loro volta a incidere su dette materie, con gli scopi, nei modi e nel senso voluti dalla norma programmatica.”.

[9] Consiglio di Stato, sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, narrativa del fatto, “l’art. 46, comma 3, dello Statuto campano che stabilisce che “il Presidente della Giunta regionale nomina, nel pieno rispetto del principio di una equilibrata presenza di donne ed uomini, i componenti la Giunta”.”.

[10] Consiglio di Stato, sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, considerazioni di diritto, paragrafo 3, il testo qui di seguito è la prosecuzione di quello citato tra virgolette nella nota 8 “Non è certo questa la natura della norma controversa contenuta nello Statuto campano. Tale norma si riferisce esplicitamente ed inequivocabilmente all’atto della nomina degli assessori e pone, dunque, un vincolo, sia pur elastico, ad un determinato potere spettante al Presidente della Regione. Tale potere. si esprime con un atto che, come già detto, è di alta amministrazione: nell’enunciato normativo nessun elemento testuale autorizza a ritenere che la norma stessa costituisca un programma promozionale da attuare successivamente ad opera di organi regionali.”.

[11] Consiglio di Stato, sentenza 21 giugno 2012, n. 3670, considerazioni di diritto, a proposito della previsione normativa delle così dette “quote rosa”, “Il principio, come è noto, è stato autorevolmente confermato dalla stessa Corte costituzionale con sentenza 5 aprile 2012, n. 81, la quale ha stabilito che gli spazi della discrezionalità politica trovano i loro confini nei principi di natura giuridica posti dall’ordinamento, tanto a livello costituzionale quanto a livello legislativo; e quando il legislatore predetermina canoni di legalità, ad essi la “composizione” politica degli interessi deve attenersi, in ossequio ai fondamentali principi dello Stato di diritto. Nella misura in cui l’ambito di estensione del potere discrezionale, anche quello amplissimo che connota un’azione di governo, è circoscritto da vincoli posti da norme giuridiche che ne segnano i confini o ne indirizzano l’esercizio, il rispetto di tali vincoli costituisce un requisito di legittimità e di validità dell’atto, sindacabile nelle sedi appropriate.”. Nel merito, il Consiglio di Stato si è richiamato in toto alla sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, poc’anzi citata più volte, ed ha annullato i decreti con i quali il Presidente della Regione Lombardia, in seguito alle elezioni amministrative, aveva nominato quindici componenti della Giunta regionale di sesso maschile ed uno solo di sesso femminile.

[12] Consiglio di Stato, parere 16 marzo 2012, n. 1306, “Nella specie la giunta ha nel suo seno un componente di sesso femminile e in assenza di norme nello statuto della provincia di Caserta che prevedano una quota di riserva deve ritenersi che la nomina di una donna renda impossibile ravvisare gli estremi della violazione della disposizione costituzionale e o di quella del testo unico sugli enti locali.”. Conforme, Consiglio di Stato, sentenza 05 dicembre 2012, n. 6228. Conforme, Consiglio di Stato, sentenza 23 giugno 2014, n. 3144, secondo il quale, in questi casi, è necessario impugnare lo Statuto nei modi e nei termini di legge.

[13] Considerata nel suo complesso. Dunque, sia quella attualmente già impiegata, sia quella potenzialmente impiegabile.

[14] Idem.

[15] Idem.

[16] Articolo 323 del codice penale italiano.

[17] Articoli 318-322bis del codice penale italiano.

[18] Articolo 317 del codice penale italiano.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo contributo sul sito www.giorgiocannella.com .