Cooperazione internazionale e finanza globale

La questione che affronto in questo articolo è come risolvere il contrasto tra le esigenze della cooperazione internazionale e quelle della finanza globale[1].

Il saggio si concluderà con la descrizione di un significato nuovo o più ampio di alcuni concetti chiave della cooperazione internazionale: accountability, professionalità, partenariato, ownership, innovazione.

 

INTRODUZIONE

L’influsso dell’economia e della finanza sui concetti di aiuto internazionale e di sviluppo

A partire dagli anni ’40 del secolo scorso, lo sviluppo è stato inteso unicamente come crescita economica.

Secondo la teoria dell’economia vista come mainstream, la crescita economica avrebbe comportato la diffusione della ricchezza tra le persone.

Solo alcuni economisti impostavano la loro analisi sulla rilevazione degli squilibri fra il Nord e il Sud del mondo e sull’esistenza del così detto Terzo Mondo.

Nel 1987, il rapporto Brundtland[2] all’O.N.U. parlò per primo del concetto di sostenibilità.

Il Rapporto sullo sviluppo umano del 1990 accoglie questo concetto e parla dello sviluppo inteso come salute, conoscenza ed educazione.

Nel 2000, i Millennium Development Goals[3] (da qui in poi, MDG) – 8 in tutto – riguardavano la povertà, l’educazione, la salute, l’ambiente.

Il Rapporto degli economisti Stiglitz – Sen – Fitoussi[4] del 2008 cambia la terminologia usata fino ad allora e parla di benessere.

Nel 2015, i Sustainable Development Goals[5] (da qui in poi, SDG) – 17 in tutto – sono divisi in cinque macro-aree: persone, pianeta, prosperità, pace e giustizia, partenariato globale.

Ad esempio, il lavoro decente e la piena occupazione, concetti dibattuti dagli anni ’70 del secolo scorso, divengono ora un obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG 8).

Giustizia e pace (SDG 16) e partenariato globale (SDG 17) non erano presenti nei MDG del 2000.

Riguardo il partenariato globale, anche qui l’elaborazione del concetto è stata lunga: fu teorizzato negli anni ’90 del secolo scorso come necessaria evoluzione del concetto di aiuto umanitario e fu accolto negli anni 2000 come nuovo paradigma della cooperazione internazionale che non doveva più dare con una mano (l’aiuto allo sviluppo) e togliere con l’altra mano (la politica commerciale degli Stati, la politica dei brevetti, etc.).

Poiché cinque dei diciannove obiettivi del SDG 17 (Partenariato globale) riguardano la finanza, la mancata soluzione del conflitto tra le esigenze della cooperazione internazionale e quelle della finanza implicherà il mancato raggiungimento dei cinque obiettivi ora citati.

Come si vede, l’economia e la finanza hanno influenzato il modo di intendere e di attuare l’aiuto internazionale e lo sviluppo dagli anni ’40 del secolo scorso fino ad oggi.

 

LA DESCRIZIONE DEL PROBLEMA

Il problema può essere descritto nel modo seguente: ogni volta che c’è uno squilibrio – ad esempio, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi – questo rappresenta un problema per il partenariato globale, ma è al contempo un’opportunità di guadagno per la finanza.

Poiché, per attuare lo sviluppo, si deve tenere conto del contesto storico, politico, sociale, economico e questi aspetti sono fortemente influenzati dalla finanza mondiale, si capisce perché il conflitto in parola è un problema molto attuale per la cooperazione internazionale.

La finanza mondiale negozia beni e strumenti finanziari e guadagna con le oscillazioni dei loro prezzi.

Ai fini di questo saggio, prenderò in esame la negoziazione di beni.

I Paesi così detti in via di sviluppo sono quasi sempre molto ricchi, sia di materie prime, sia di squilibri di vario genere: questa è la condizione ideale perché i prezzi delle materie prime oscillino molto.

 

LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA

La soluzione che offro poggia su due concetti: 1 – il lupo va combattuto a casa sua e con le sue regole, 2 – le azioni da porre in essere devono produrre un beneficio per tutti, compresa la finanza mondiale.

Poiché non è possibile far scomparire gli squilibri in un istante, né evitare che la finanza mondiale abbia interesse a realizzare dei profitti, l’unica soluzione che mi viene in mente è: separare la negoziazione delle materie prime dalla titolarità delle decisioni sulla loro commercializzazione da parte del Paese che le detiene.

In altre parole, è necessario che la negoziazione delle materie prime avvenga secondo le regole dell’incontro della domanda e dell’offerta, senza che le autorità del Paese produttore possano decidere a chi venderle e in quale quantità.

In questo modo le autorità del Paese produttore non subiscono più le pressioni per vendere ad alcuni e non ad altri e di conseguenza scompaiono, sia l’interesse a mettere al governo del Paese qualcuno cha sia gradito alle linee di politica estera di altre Nazioni, sia le tensioni che questa influenza ha provocato finora.

L’attenuarsi delle tensioni riduce gli squilibri consentendo la realizzazione dell’obiettivo del partenariato globale (SDG 17), il tutto senza intaccare l’interesse della finanza mondiale a realizzare dei profitti.

 

LA NUOVA FUNZIONE DELLA COOPERAZIONE E IL NUOVO SIGNIFICATO DEI TERMINI

L’applicazione della soluzione che ho ora esposto cambia radicalmente le carte in tavola.

La cooperazione internazionale non ha più la funzione di attenuare le conseguenze di tensioni già in atto, ma quella di prevenire le tensioni[6].

Di conseguenza, cambia anche il significato e la portata dei termini elencati nel titolo di questo saggio.

La responsabilità (accountability) ha ancora il suo triplice profilo[7], ma cambia il suo oggetto: dall’essere responsabili per l’attuazione di progetti di cooperazione volti ad attenuare le conseguenze di tensioni già in atto, all’essere responsabili per la prevenzione delle tensioni.

La professionalità non comprende più soltanto delle figure specializzate nell’assistenza a chi ha bisogno (medici, infermieri), ma anche delle figure specializzate nella prevenzione delle tensioni tramite la loro trasformazione in opportunità di crescita economica (mediatori, avvocati, economisti, finanzieri).

Il partenariato non è più solo quello della realtà straniera con la sua controparte locale per la realizzazione di un progetto in una località precisa, ma assume i connotati del partenariato economico finalizzato alla messa in opera delle strutture materiali[8] e non materiali[9] necessarie a commercializzare i beni di un Paese in modo che ne derivino vantaggi per tutti.

La titolarità (ownership) dei Paesi partner di cooperazione nello stabilire le proprie strategie di lotta alla povertà e alla corruzione e di miglioramento delle istituzioni è ora supportata dalla piena disponibilità dei proventi delle proprie risorse che non vengono più usate per combattere le tensioni che nascono dal desiderio di governare un Paese per decidere a chi venderle e in quale quantità.

L’innovazione, con il suo perseguire il continuo miglioramento delle proprie competenze[10], spinge tutti i soggetti della cooperazione a dotarsi di nuove figure professionali capaci di prevenire le tensioni trasformandole in opportunità di crescita economica (mediatori, avvocati, economisti, finanzieri).

In conclusione, la soluzione che ho proposto in questo saggio fa sì che la cooperazione non abbia più il significato di una benevola disposizione verso obiettivi altrui, ma quello di massimizzare congiuntamente una funzione obiettivo che pondera i fini individuali[11].

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Nel fare questo accolgo l’invito seguente:

“Il rapporto tra sviluppo e mercato costituisce un elemento imprescindibile della modernità. La ricerca di percorsi in grado di innalzare il benessere deve essere condotta all’interno delle moderne dinamiche economiche e delle attuali relazioni internazionali. Con ciò si asserisce non tanto l’ineluttabilità di tendenze economiche ingiuste e di relazioni caratterizzate da sfruttamento, ma piuttosto la necessità di confrontarsi con le stesse e di cambiarne l’animus.” (il sottolineato è mio).

Antonio Raimondi, Gianluca Antonelli, Manuale di Cooperazione allo sviluppo. Linee evolutive, spunti problematici, prospettive, Torino, 2001, pagina 233.

 

 

[2]

https://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_Brundtland

 

https://en.wikipedia.org/wiki/Brundtland_Commission

 

 

[3]

https://www.un.org/millenniumgoals/

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Obiettivi_di_sviluppo_del_Millennio

 

https://en.wikipedia.org/wiki/Millennium_Development_Goals

 

 

[4]

http://www.comitatoscientifico.org/temi%20SD/rapportostiglitz.htm

 

https://en.wikipedia.org/wiki/Commission_on_the_Measurement_of_Economic_Performance_and_Social_Progress

 

https://ec.europa.eu/eurostat/documents/118025/118123/Fitoussi+Commission+report

 

https://fr.wikipedia.org/wiki/Commission_Stiglitz

 

 

[5]

https://sustainabledevelopment.un.org/

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Obiettivi_di_sviluppo_sostenibile

 

https://en.wikipedia.org/wiki/Sustainable_Development_Goals

 

[6] Cfr. OECD-DAC, Conflict, Peace and Development Cooperation on the Threshold of the 21st Century, Paris, 1998, nel quale si evidenziano le strette relazioni esistenti fra conflitti e problemi dello sviluppo, nonché la funzione preventiva della cooperazione (pagina 35, nota 47 del Manuale di Raimondi e Antonelli citato in nota 1; il sottolineato è mio).

 

[7] Responsabilità reciproca tra partner nella cooperazione internazionale, responsabilità nei confronti dei destinatari della cooperazione internazionale, responsabilità nei confronti dei rispettivi cittadini e organizzazioni.

 

[8] Gli impianti per l’estrazione e la commercializzazione delle materie prime, nell’esempio fatto nel paragrafo precedente.

 

[9] Accordi commerciali, contratti quadro, moduli contrattuali, piattaforme di negoziazione finanziaria dei beni.

 

[10] “Innovazione: perseguire il continuo miglioramento delle proprie competenze, affinando metodi e strategie operative che siano in grado di attuare approcci innovativi e sempre più efficaci.”

Cito da: https://www.amref.it/pdf/uploaded/1449657545_Codice_etico_Amref.pdf

 

[11] Si veda la nota 2 a pagina 29 del Manuale di Raimondi e Antonelli citato in nota 1.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com