Ipotesi su un buco nero

INTRODUZIONE

Questo articolo contiene delle ipotesi su un buco nero.

Le ipotesi possono essere formulate da chiunque.[1]

Come è noto, il metodo sperimentale si articola in tre fasi diverse: ipotesi, esperimento, tesi.

Per questa ragione, tutte le ipotesi – comprese quelle esposte in questo articolo – sono destinate a rimanere tali fino a quando la ricerca scientifica non giunge a confermarle o a smentirle.

 

Dato un buco nero massiccio – tale per cui nel suo centro m = 1 – 0,82 e sulla sua superficie m = 1 – 0,78 – ipotizzo quanto segue.[2]

1 – ESAME STRUTTURALE
Esamino un protone del nucleo di uno degli atomi che compongono la materia del buco nero.
Nel protone in esame vi sono due quark up e un gluone.
Un quark up mantiene una relazione elettro-magnetica con un quark up di un altro protone.
L’insieme di tutte queste relazioni elettro-magnetiche viene chiamato attrazione gravitazionale.

L’altro quark up non mantiene la relazione elettro-magnetica del primo, ma l’integrità strutturale del protone.
Infatti, nelle condizioni specificate all’inizio, il campo elettrico generato da ogni elettrone esercita una pressione su ogni protone che si trova nella parte esterna del nucleo dell’atomo.
La pressione in parola genera un avvallamento sulla superficie del protone come quello che si osserva esercitando una pressione su una palla in parte sgonfia.
Il fatto che gli elettroni ruotino attorno al nucleo fa sì che gli avvallamenti sulla superficie del protone si spostino secondo il moto seguito dall’elettrone lungo la sua orbita.
Dunque, il secondo quark up mantiene l’integrità del protone nonostante le descritte pressioni esercitate sulla superficie di quest’ultimo.

Il gluone tiene assieme i due quark up e contiene i parametri il cui superamento comporta, o un diverso comportamento fisico di uno o entrambi i quark up, o la deflagrazione del protone.

Poiché ogni neutrone presente nel nucleo in esame è contraddistinto dalla formula:
l . s quadro . r = – sopra la linea di frazione (4t . a – b) sotto la linea di frazione (2r quadro)
esso non partecipa alla relazione elettro-magnetica tra i quark up e non subisce la pressione generata dal campo elettrico degli elettroni che orbitano attorno al nucleo.

2 – DEFLAGRAZIONE
Se la distanza tra il nucleo dell’atomo e le orbite dei suoi elettroni diminuisce ancora divenendo m = 1 – 0,96, il protone sulla superficie esterna del nucleo dell’atomo deflagra.
Se la perdita di uno o più protoni per questa causa è sufficiente a destabilizzare l’atomo, l’atomo deflagra.
Se l’energia prodotta dalla deflagrazione di uno o più atomi è maggiore dell’attrazione gravitazionale che li tiene uniti, la parte della materia del buco nero interessata da questo fenomeno deflagra.

3 – CONSEGUENZE: ONDE
La deflagrazione del buco nero in esame produce, tra l’altro, due onde:
⁃ una generata dalla deflagrazione del campo gluonico che teneva assieme i quark up nei protoni che sono esplosi;
⁃ una composta di energia oscura.

La prima onda disgrega la materia che incontra sul suo percorso fino a quando la sua quantità di moto e di energia è maggiore della coesione tra gli atomi della materia che incontra.

La seconda onda trasforma la materia che incontra sul suo percorso da materia a tre dimensioni a materia con più di tre dimensioni.
L’aumento delle dimensioni da tre a più di tre dipende dalla quantità di energia e di moto che l’onda di energia oscura ha al momento di ogni impatto con la materia che incontra.

L’equazione della prima onda è:
sopra la linea di frazione (1 + r quadro + t) 
sotto la linea di frazione [- sopra la linea di frazione (r quadro . s) sotto la linea di frazione (1/3 – sopra la linea di frazione (2 . s quadro) sotto la linea di frazione (radice quadrata di 2 . t – r quadro))]

L’equazione della seconda onda è:
alfa = sotto la linea di frazione (3g . (9r . a)) sopra la linea di frazione, vi è una frazione con al denominatore (f . g quadro – 2 . t) e al numeratore un’altra frazione. Quest’ultima frazione ha al denominatore (4 . f – 2/3 g quadro) e al numeratore [ – 2/5 g . s (7 t – 6 f . g) + (4 . 2/5 g)]
(alfa qui indica il coefficiente di aumento delle dimensioni della materia).

Fin tanto che l’onda di materia oscura ha energia sufficiente a far sì che (4 . 2/5 g) abbia un valore positivo, essa lascia dietro di sé una quantità di materia con più di tre dimensioni.
Quando (4 . 2/5 g) non ha più un valore positivo, l’onda di materia oscura diventa energia con la seguente formula:
9 g quadro – 2/3 f . a/s
Quando a/s non ha più un valore positivo, l’energia in parola diventa un’onda radio con un’oscillazione degradante dal valore iniziale 2/3 f . a/s

4 – CONSEGUENZE: DIMENSIONI
Ipotizzo che la descritta parziale deflagrazione di un buco nero massiccio con m = 1 – 0,96 generi un’onda di materia oscura tale da far aumentare le dimensioni della materia che incontra da tre a sette.
A mano a mano che l’energia e la quantità di moto dell’onda di energia oscura diminuiscono, diminuisce anche l’aumento delle dimensioni che l’onda in esame induce nella materia che incontra.

Ipotizzo che la materia le cui dimensioni sono state aumentate da tre a più di tre – all’esito del procedimento che ho ora tratteggiato – non possa rimanere nel nostro universo a tre dimensioni.
Per questo motivo, ipotizzo che ciascuna porzione di materia con lo stesso numero di dimensioni superiore a tre venga attratta da un universo diverso dal nostro che ha lo stesso numero di dimensioni della porzione di materia in esame e che eserciti l’attrazione elettro-magnetica più intensa nel punto in cui la porzione di materia in esame si trova nel nostro universo.

Comprendo che le ultime due ipotesi che ho formulato sono talmente avanzate da poter apparire fantasiose.
Per questo, vi offro il seguente spunto di riflessione.
Nel mio precedente articolo[3] ipotizzavo, tra l’altro, le formule del gluone in ambienti diversi (in un buco nero, nel nucleo esterno della Terra, nel nucleo interno della Terra, nel mantello del Sole, nel nucleo esterno del Sole, nel nucleo interno del Sole).
Ebbene, cosa fa sì che il gluone mantenga la sua coerenza funzionale in questi ambiti così diversi?

5 – CONSEGUENZE: PARTICELLE
La descritta parziale deflagrazione del buco nero massiccio con m = 1 – 0,96 proietta nello spazio anche delle particelle subatomiche.
A causa della deflagrazione in parola, dalla superficie della parte di materia del buco nero che non è esplosa fuoriescono dei pennacchi di materia ed energia.
In questi pennacchi vi sono anche dei neutrini.
I neutrini, tuttavia, sono assenti nella materia ed energia proiettate dal lato del buco nero dove c’era la materia che è esplosa.
Questo perché, nel fenomeno qui in esame, opera la seguente equazione:
alfa = sopra la linea di frazione (-r quadro . 1 / s quadro) sotto la linea di frazione (2t . s – s/r)
(alfa qui indica la massa dei neutrini al quadrato)

6 – RITORNO ALLA SFERICITÀ 
A causa della rotazione del buco nero, la parte di materia che non è esplosa assume nuovamente una forma sferica.
Ottenutala, la descritta attrazione elettro-magnetica tra quark up all’interno dei protoni congrega la materia verso il centro del buco nero riducendone il volume.
L’equazione che descrive il vettore di questa attrazione (si badi bene, il vettore e non l’attrazione) è:
sopra la linea di frazione (d quadro – f / t quadro) sotto la linea di frazione (g quadro – 2 . r . t)

 

CONCLUSIONE

Se uno o più degli esperimenti che verranno effettuati confermeranno la validità delle ipotesi che ho formulato in questo articolo, sarò felice di avere dato un contributo al progresso della conoscenza.

In caso contrario, sono comunque felice di avere dato il mio contributo alla riflessione e alla ricerca nel campo della fisica delle particelle subatomiche.

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Io svolgo la professione di avvocato e il mio interesse per gli argomenti trattati in questo articolo è puramente personale.

 

[2] Per le nozioni di “campo gluonico”, “t”, ed “m” rinvio al mio articolo: https://giorgiocannella.com/index.php/2019/06/14/ipotesi-fusione-due-buchi-neri/ 

 

[3] Giorgio Cannella, Ipotesi sulla fusione di due buchi neri, in:

https://giorgiocannella.com/index.php/2019/06/14/ipotesi-fusione-due-buchi-neri/

 

https://orcid.org/0000-0002-9912-6273

Ipotesi sulla fusione di due buchi neri

INTRODUZIONE

Questo articolo contiene delle ipotesi sulla fusione di due buchi neri.

Le ipotesi possono essere formulate da chiunque.[1]

Come è noto, il metodo sperimentale si articola in tre fasi diverse: ipotesi, esperimento, tesi.

Per questa ragione, tutte le ipotesi – comprese quelle esposte in questo articolo – sono destinate a rimanere tali fino a quando la ricerca scientifica non giunge a confermarle o a smentirle.

 

SVOLGIMENTO

Ipotizzo che la fusione di due buchi neri di massa medio-piccola avvenga nel modo seguente.

 

1)

Prima che i due buchi neri entrino in contatto, interagiscono solo i loro campi gravitazionali.

Il campo gravitazionale è la deformazione del tessuto dello spazio e del tempo prodotta dalla interazione elettro-magnetica tra quark up.

Nel dettaglio, all’interno di un protone vi sono due quark up e un gluone.

Uno dei due quark up stabilisce un’interazione elettro-magnetica con un quark up di un altro protone.

Il secondo quark up non stabilisce la relazione elettro-magnetica per evitare che il protone si disgreghi.

 

In questa fase, il gluone tiene assieme i due quark up e si comporta come un punto di transito dell’attrazione elettro-magnetica tra i due quark up all’interno del protone: quello elettro-magneticamente attivo e quello quiescente.

 

La forza di gravità di un buco nero medio-piccolo fa sì che la distanza media tra il nucleo di un atomo e le orbite dei suoi elettroni è di circa 1/3 più corta di quella che si ha quando lo stesso atomo è soggetto alla forza di gravità sulla superficie della Terra (1G).

Chiamo “m” la distanza media tra il nucleo di un atomo e le orbite dei suoi elettroni in condizioni di 1G.

Di conseguenza, l’attrazione elettro-magnetica che passa per un gluone all’interno di un protone in un buco nero medio-piccolo è +/-1/3 m, ovvero l’attrazione elettro-magnetica necessaria a fare in modo che la forza di gravità del buco nero accorci la distanza “m” di 1/3 rispetto a quella che si avrebbe in condizioni di 1G.

Preciso che “+/-“ qui non significa “all’incirca”, ma indica il valore elettrico del campo.

 

2)

Nel momento in cui i due buchi neri entrano in contatto, si forma un unico campo “gluonico” che congrega la materia dei due buchi neri in un solo buco nero, mentre i versi dei vettori dei loro campi gravitazionali da convergenti che erano diventano divergenti.

 

Con l’espressione campo “gluonico” indico il campo toroidale dato dal prodotto della massa complessiva dei due buchi neri moltiplicata per l’accelerazione che la fusione delle loro masse imprime ai loro moti di rotazione su se stessi.

 

Il campo “gluonico” ora descritto ha un valore pari a +1t dove “t” è l’abbreviazione della parola “toroidale” e “+” indica il valore elettrico del campo.

 

3)

Avvenuta la fusione dei due buchi neri medio-piccoli in un buco nero medio-grande, il campo “gluonico” esplode e produce un’onda che si propaga attraverso il tessuto dello spazio e del tempo circostante, mentre la materia del buco nero risultante dalla fusione è tenuta assieme dell’attrazione elettro-magnetica tra quark up come descritta nel punto 1) che precede.

 

In questa fase, il gluone all’interno del protone torna a comportarsi come descritto nel punto 1 che precede.

 

 

L’IMPORTANZA DEL GLUONE

 

Per comprendere meglio l’importanza del gluone nella vicenda ora descritta, vediamo il suo comportamento quando, nel vuoto, viene investito da un campo con la seguente formula:

fe = sopra la linea di frazione (2r . r quadro) sotto la linea di frazione (t quadro)

 

In questo caso, il gluone manifesta un accrescimento del suo campo elettro-magnetico sotto forma di emissione di un bagliore che poco dopo deflagra.

Il gluone raggiunge uno stato stabile di carica elettro-magnetica superiore a quello di partenza.

 

Se l’emissione del campo poc’anzi descritto cessa, il gluone rilascia il surplus di carica elettro-magnetica sotto forma di bagliore che poco dopo deflagra.

Il gluone ora raggiunge uno stato stabile di carica elettro-magnetica molto vicino a quello di partenza.

 

Al contrario, se un gluone, nel vuoto, viene investito da un campo con la seguente formula:

f-e= sopra la linea di frazione (t quadro) sotto la linea di frazione (2r – r quadro)

il gluone deflagra.[2]

 

CONCLUSIONE

Se uno o più degli esperimenti che verranno effettuati confermeranno la validità delle ipotesi che ho formulato in questo articolo, sarò felice di avere dato un contributo al progresso della conoscenza.

In caso contrario, sono comunque felice di avere dato il mio contributo alla riflessione e alla ricerca nel campo della fisica delle particelle subatomiche.

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Io svolgo la professione di avvocato e il mio interesse per gli argomenti trattati in questo articolo è puramente personale.

[2] Per comprendere meglio l’importanza del gluone nel processo descritto in questo articolo, offro qui di seguito le equazioni del comportamento del gluone in contesti diversi.

Nel buco nero:

  • a = 2/3 . sopra la linea di frazione (l quadro . t – s) sotto la linea di frazione (r)

Nel nucleo esterno della Terra:

  • s = – 1/3 – sopra la linea di frazione (2t – s) sotto la linea di frazione (r)

Nel nucleo interno della Terra:

  • s = + 2/3 . sopra la linea di frazione (t quadro + r/l) sotto la linea di frazione (s quadro)

Nel mantello del Sole:

  • r = ½ – 2t . sopra la linea di frazione (r quadro) sotto la linea di frazione (s)

Nel nucleo interno del Sole:

  • a – s quadro = sopra la linea di frazione (2) sotto la linea di frazione (t . s quadro / r)

Nel nucleo esterno del Sole:

  • a + r = [2 . t/s] . ½ r

 

https://orcid.org/0000-0002-9912-6273

Ipotesi sul funzionamento di una stella media e di una stella massiccia

INTRODUZIONE

Questo articolo contiene alcune ipotesi sul funzionamento interno di una stella media[1] e di una stella massiccia.

Le ipotesi possono essere formulate da chiunque.[2]

Come è noto, il metodo sperimentale si articola in tre fasi diverse: ipotesi, esperimento, tesi.

Per questa ragione, tutte le ipotesi – comprese quelle esposte in questo articolo – sono destinate a rimanere tali fino a quando la ricerca scientifica non giunge a confermarle o a smentirle.

 

PRIMA PARTE: STELLA DI MEDIE DIMENSIONI

DESCRIZIONE GENERALE

All’interno del nostro Sole si individuano quattro zone; dal suo centro vi sono:

– una zona di plasma;

– una zona di atomi e particelle sub atomiche;

– una zona di correnti di plasma;

– una ulteriore zona di correnti di plasma meno calda della precedente.

La prima zona ha forma sferica, le altre tre hanno la forma di calotte sferiche complete e sono concentriche tra loro e con la prima zona.[3]

 

DESCRIZIONE ZONA PER ZONA

Nella seconda zona, dei protoni si scontrano con dei nuclei atomici di vari elementi chimici.

Tra essi, vi sono nuclei di Na14 con la forma di una sfera cava al suo interno.

Quando un protone colpisce uno di questi nuclei di Na14, esso emette radiazione luminosa in forma sferica.

Le collisioni protoni – nucleo di Na14 si susseguono fino a quando il nucleo di Na14 si disgrega.

Questa disgregazione comporta l’emissione di radiazione luminosa e di calore.

I neutroni del nucleo ormai disgregato si dirigono verso la zona più interna del Sole (quella dove c’è il plasma), mentre i protoni rimangono nella seconda zona.

Alcuni protoni rimasti nella seconda zona si disgregano in due quark up e un gluone; altri protoni si scontrano con gli altri nuclei degli elementi chimici lì presenti.

 

Nella zona più interna del Sole, i neutroni si disgregano in due quark down e un quark up.

Questa disgregazione comporta l’emissione di radiazione luminosa.

In questa zona del Sole si trova del plasma fluido.

 

La terza zona è contraddistinta da correnti di plasma che vanno dalla superficie di questa zona a contatto con la seconda zona verso la sua superficie a contatto con la quarta zona e da lì tornano indietro facendo un percorso ellittico.

 

La quarta zona presenta anch’essa delle correnti di plasma come la terza zona con un moto identico.

La superficie esterna della quarta zona è composta da uno strato di protoni.

Le correnti di plasma della quarta zona accumulano elettroni sulla superficie interna dello strato di protoni in parola.

Quando la carica elettrica degli elettroni è sufficiente a neutralizzare i protoni di una determinata zona dello strato in esame, si verificano le espulsioni di massa coronale.[4]

 

ESPERIMENTO

Per studiare la realtà che ho ora ipotizzato, propongo di effettuare il seguente esperimento.

Si posiziona in prossimità del Sole[5] un satellite artificiale munito di quattro rilevatori.

Ciascun rilevatore è costruito sulla falsa riga dell’esperimento per rilevare le particelle subatomiche in casa[6], con le seguenti differenze:

– l’impiego di materiale adatto al viaggio spaziale dalla Terra al Sole e al rilevamento di particelle emesse da un’espulsione di massa coronale;

– l’uso di un reagente diverso per ciascun rilevatore[7];

– la strumentazione necessaria ad analizzare le particelle messe in evidenza da ciascun rilevatore e inviare i dati sulla Terra.

 

SECONDA PARTE: STELLA MASSICCIA

DESCRIZIONE GENERALE

Raggio: 10.000 (diecimila) micro parsec.[8]

Alla distanza di 3 micro parsec dal centro della stella, due atomi di He14 si fondono in un atomo di N18.

La fusione genera energia che cade verso il nucleo della stella.

L’atomo di N18 si destabilizza in breve tempo e si disgrega nelle sue particelle sub atomiche che vengono poi espulse dalla stella come vento solare.

Parametri nel descritto punto di fusione della materia: si vedano i dati in nota.[9]

ESPERIMENTO

Per studiare la realtà che ho ora ipotizzato, propongo di effettuare lo stesso esperimento che ho descritto nel paragrafo sulla stella di medie dimensioni con l’aggiunta di un magnetometro scalare[10] per la misurazione del campo magnetico delle particelle catturate dai rilevatori posti nel satellite.

 

TESI

Se uno o più degli esperimenti che ho poc’anzi proposto – e/o altri esperimenti che verranno effettuati – confermeranno la validità delle ipotesi che ho formulato in questo articolo, sarò felice di avere dato un contributo al progresso della conoscenza.

In caso contrario, sono comunque felice di avere dato il mio contributo alla riflessione e alla ricerca nel campo della fisica delle particelle sub-atomiche.

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Come esempio di stella media ho preso in considerazione la stella del nostro sistema solare: il Sole.

 

[2] Io svolgo la professione di avvocato e il mio interesse per gli argomenti trattati in questo articolo è puramente personale.

 

[3] Le temperature sono le seguenti:

– circa 25.000 gradi centigradi all’interno della prima zona;

– circa 22.000 gradi centigradi all’interno della seconda zona;

– circa 15.000 gradi centigradi al confine tra la seconda e la terza zona;

– circa 5.000 gradi centigradi al confine tra la terza e la quarta zona;

– circa 20.000 gradi centigradi sulla superficie esterna della quarta zona.

 

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Espulsione_di_massa_coronale

https://en.wikipedia.org/wiki/Coronal_mass_ejection

 

[5] La distanza dal Sole è pari a due volte l’altezza massima che aveva l’arco formato dall’ultima espulsione di massa coronale avvenuta.

La posizione è quella sulla perpendicolare della zona dove si registra una progressiva neutralizzazione della carica positiva dei protoni della superficie esterna della quarta zona.

 

L’espulsione di massa coronale potrà imprimere al satellite un moto.

Per evitare che esso divenga spazzatura spaziale, si può posizionare il satellite in modo che venga spinto verso uno dei pianeti del sistema solare.

In questo modo, una volta trasmessi a Terra i dati delle analisi effettuate, il satellite si disintegrerebbe all’impatto con l’atmosfera e con la superficie del pianeta.

Per non lasciare spazzatura spaziale sulla superficie del pianeta interessato, i frammenti del satellite verranno recuperati da una sonda o da astronauti quando la civiltà umana raggiungerà un grado di avanzamento tecnologico sufficiente a recarsi sul luogo dell’impatto.

Equipaggiare il satellite con un dispositivo di auto-distruzione significherebbe produrre molti frammenti che vagherebbero nello spazio come spazzatura.

 

[6] “How to Reveal Subatomic Particles at Home”, on:

https://www.youtube.com/watch?v=wN_DMMQEhfQ

 

[7] Ipotesi di reagente per il quark up: le sue antiparticelle (ū) che hanno carica elettrica e numero barionico eguali ed opposti: rispettivamente –23e e –13(https://it.wikipedia.org/wiki/Quark_up) racchiuse da un diaframma che ne impedisca il contatto e la conseguente annichilazione con i quark up che proverranno dalla espulsione di massa coronale.

 

Ipotesi di reagente per il gluone: poiché l’antiparticella del gluone è se stesso (https://it.wikipedia.org/wiki/Particella_(fisica)#Particelle_elementari) e il gluone è soggetto al fenomeno del confinamento (https://it.wikipedia.org/wiki/Gluone#Composizione_dei_gluoni), si possono confinare i singoli tipi di gluone base oggi conosciuti e circondare ognuno di essi con un diaframma che ne impedisca il contatto e la conseguente annichilazione con i gluoni dello stesso tipo che proverranno dalla espulsione di massa coronale.

 

Ipotesi di reagente per il protone: le sue antiparticelle gli antiprotoni con massa e spin uguali e carica elettrica opposta (https://it.wikipedia.org/wiki/Antiprotone) racchiuse da un diaframma che ne impedisca il contatto e la conseguente annichilazione con i protoni che proverranno dalla espulsione di massa coronale.

 

Per il plasma penso a diversi strumenti di analisi. A questo proposito ci sono diversi progetti già attivi: Solar Wind Plasma Analyser http://sci.esa.int/solar-orbiter/51217-instruments/ , Solar Plasma Detector https://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?feature=6060 .

 

Nota bene.

 

Poiché nella ricerca scientifica si cerca quello che ancora non si conosce, è possibile che i reagenti ora descritti non funzionino non perché siano stati concepiti, progettati e costruiti male, ma perché le particelle espulse durante l’espulsione di massa coronale potrebbero avere caratteristiche e/o proprietà in tutto o in parte diverse da quelle che oggi conosciamo.

 

In questo caso, la missione spaziale di osservazione della espulsione di massa coronale può essere ripetuta con dei reagenti diversi e più performanti.

 

[8] Un parsec = 3,261563777 anni luce (https://it.wikipedia.org/wiki/Parsec).

Un anno luce = 9.460.730.472.581 km. (https://it.wikipedia.org/wiki/Anno_luce)

Un parsec quindi è pari a 3.0856776e+13 km.

Un micro parsec è un milionesimo di parsec, quindi pari a 30.856.775,8133 km.

10.000 micro parsec sono pari a 308.567.758.133 km.

 

Cito come paragone la stella supergigante rossa Mu Cephei (https://it.wikipedia.org/wiki/Mu_Cephei).

Il suo raggio medio è 1420 R .

R è il simbolo del raggio del nostro Sole pari a 6,960 x 10metri (https://it.wikipedia.org/wiki/Raggio_solare), vale a dire 6.960.000.000 metri, ovvero 6.960.000 km.

Il raggio medio di Mu Cephei è pari quindi a 6.960.000 km x 1420 = 9.883.200.000 km.

 

[9] Temperatura: circa due milioni di gradi centigradi.

Pressione: circa un milione di tonnellate per centimetro quadrato.

Fluidità: 10.000 MA (dove 1 MA è la fluidità presente nel punto di fusione della materia nel Sole).

Densità: 0,00015 Q (dove 1 Q è la densità necessaria perché la materia collassi in un buco nero).

DRW: 0,0001 DTW (dove DRW è la velocità di rotazione della stella misurata nel punto di fusione della materia del quale stiamo parlando, mentre 1 DTW è la velocità di rotazione di un buco nero di massa equivalente a quella della stella massiccia della quale stiamo parlando).

Nel nucleo: plasma.

 

[10] I magnetometri scalari misurano il modulo del campo magnetico.

Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Magnetometro

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

 

https://orcid.org/0000-0002-9912-6273

Ipotesi su due isotopi

INTRODUZIONE

Questo articolo contiene alcune ipotesi su due isotopi[1]: uno dell’idrogeno e uno dell’elio.

Le ipotesi possono essere formulate da chiunque.[2]

Come è noto, il metodo sperimentale si articola in tre fasi diverse: ipotesi, esperimento, tesi.

Per questa ragione, tutte le ipotesi – comprese quelle esposte in questo articolo – sono destinate a rimanere tali fino a quando la ricerca scientifica non giunge a confermarle o a smentirle.

 

PRIMA IPOTESI

Nelle condizioni di 20 gradi centigradi[3] di temperatura, 1 atmosfera[4] di pressione e 1 barn[5] di area, si dà un atomo composto da 1 protone, 2 neutroni e 2 elettroni.[6]

ESPERIMENTI

Per studiare l’atomo che ho ora ipotizzato, propongo di effettuare i seguenti esperimenti.

Se un quark up viene sparato e colpisce uno dei neutroni, il neutrone colpito esplode e uno degli elettroni si dirige verso lo spazio circostante.

Se un quark up viene sparato e colpisce il protone, il protone colpito emette radiazione luminosa costante di forma sferica.

Se un quark up viene sparato e colpisce uno degli elettroni, l’elettrone colpito diventa un fotone e si dirige verso lo spazio circostante.

 

SECONDA IPOTESI

Nelle condizioni di 20 gradi centigradi di temperatura, 1 atmosfera di pressione e 1 barn di area, si dà un atomo composto da 3 neutroni, 2 protoni, 6 elettroni.[7]

ESPERIMENTI

Per studiare l’atomo che ho ora ipotizzato, propongo di effettuare i seguenti esperimenti.

Se un quark down viene sparato e colpisce uno dei neutroni, il neutrone colpito esplode. Il nucleo dell’atomo si divide in due parti. Ciascuna parte è composta da un protone, un neutrone e due dei sei elettroni che l’atomo aveva originariamente. I rimanenti due elettroni si allontanano verso lo spazio circostante.

Se un quark down viene sparato e colpisce uno dei protoni, il nucleo dell’atomo collassa su se stesso, subito dopo esplode e gli elettroni che l’atomo aveva si dirigono verso lo spazio circostante.

Se un quark down viene sparato e colpisce uno degli elettroni, l’elettrone colpito scompare e l’atomo inizia a cercare di formare un legame chimico per ottenere l’elettrone che gli è venuto a mancare.

 

TESI

Se uno o più degli esperimenti che ho poc’anzi proposto – e/o altri esperimenti che verranno effettuati – confermeranno la validità delle ipotesi che ho formulato in questo articolo, sarò felice di avere dato un contributo al progresso della conoscenza.

In caso contrario, sono comunque felice di avere dato il mio contributo alla riflessione e alla ricerca nel campo della fisica delle particelle sub-atomiche.

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Italiano: https://it.wikipedia.org/wiki/Isotopo

English: https://en.wikipedia.org/wiki/Isotope

 

[2] Io svolgo la professione di avvocato e il mio interesse per gli argomenti trattati in questo articolo è puramente personale.

 

[3] Italiano: https://it.wikipedia.org/wiki/Grado_Celsius

English: https://en.wikipedia.org/wiki/Celsius

 

[4] Italiano: https://it.wikipedia.org/wiki/Atmosfera_(unità_di_misura)

English: https://en.wikipedia.org/wiki/Atmosphere_(unit)

 

[5] Italiano: https://it.wikipedia.org/wiki/Barn

English: https://en.wikipedia.org/wiki/Barn_(unit)

 

[6] Immaginate il trizio (https://it.wikipedia.org/wiki/Isotopi_dell%27idrogeno) con due elettroni invece di uno.

 

[7] Immaginate l’elio-5 (https://it.wikipedia.org/wiki/Isotopi_dell%27elio) con sei elettroni invece di due.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

 

https://orcid.org/0000-0002-9912-6273