Le cattedre vacanti a scuola e il principio di uguaglianza

 

In questo articolo offro una soluzione al problema delle cattedre vacanti nelle scuole, in particolare in quelle del nord Italia[1].

Per fare questo, mi servirò di una corretta applicazione del principio di uguaglianza[2].

 

La Corte costituzionale ha affermato che il principio di uguaglianza non consiste nel trattare tutti allo stesso modo, nel porre tutti sullo stesso piano o allo stesso livello, ma nel trattare in modo uguale situazioni uguali e in modo diverso situazioni diverse[3].

 

La corretta applicazione del principio di uguaglianza al problema delle cattedre vacanti nella scuola non può prescindere dalla considerazione del diverso costo della vita in una città del nord Italia confrontato con quello di un piccolo paese del sud Italia.

 

Corrispondere lo stesso salario, per la medesima mansione, svolta da due docenti della scuola, il primo in una prospera realtà finanziaria del nord Italia e il secondo in un contesto rurale del sud Italia, significa non avere compreso il sopra citato insegnamento della Corte costituzionale, e di conseguenza, violare il principio di uguaglianza.

 

Inoltre, si avrà una violazione del principio costituzionale per il quale il lavoratore ha diritto a un salario “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”[4].

 

Infatti, il forte divario nel costo reale della vita farà in modo che il primo docente – quello nel nord Italia – si troverà a dover scegliere se impiegare il suo salario per pagare il canone di locazione e le utenze domestiche della sua abitazione oppure se spendere la somma per fare la spesa, il secondo docente – quello nel sud Italia – non solo non si troverà di fronte a questa alternativa, ma potrà anche scegliere tra risparmiare una parte del suo salario o spenderla per avere un tenore di vita più alto della media.

 

In una situazione come questa, la decisione di aumentare il salario si risolve in un aumento della disuguaglianza già esistente.

 

Infatti, poiché l’importo dello stipendio è uguale per tutti e due i docenti, aumentare la retribuzione in modo da permettere al docente della scuola nel nord Italia di poter affrontare con serenità gli esborsi prima descritti (locazione, utenze domestiche e spesa) significa dare al docente nel sud Italia un tenore di vita ancora più alto, inimmaginabile per il primo docente.

 

Per applicare correttamente il principio di uguaglianza alla vicenda che stiamo esaminando è necessario smettere di pensare all’importo del salario e focalizzare l’attenzione sul potere d’acquisto del salario.

 

Il potere d’acquisto è la quantità di beni e/o servizi che è possibile acquistare in un dato momento con una determinata somma di denaro[5].

 

I due docenti non dovranno più ricevere un salario identico, ma un diverso potere d’acquisto parametrato al costo reale della vita che si registra nella sede di effettivo espletamento del loro incarico.

Un potere d’acquisto tale da permettere a entrambi di “assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”[6].

 

Tutto questo va attuato tenendo conto delle seguenti precisazioni.

 

In primo luogo, il costo della vita da prendere in considerazione non è quello calcolato su base nazionale, ma quello calcolato nella macro area[7] nella quale si trova la sede di effettivo espletamento dell’incarico da parte di ciascuno dei due docenti.

Se infatti venisse preso come riferimento il costo della vita su base nazionale, si continuerebbe ad avere la disuguaglianza della quale abbiamo parlato fin’ora.

Quest’ultima, infatti, è causata dall’attribuzione di un identico salario a entrambi i docenti a fronte del fatto che il costo della vita non è lo stesso su tutto il territorio nazionale.

 

La dimensione delle macro aree deve essere tale da comprendere più Regioni.

Se venissero prese in esame delle aree troppo piccole – come singoli paesi, quartieri o città – si avrebbe una miriade di diversi indici del costo della vita: uno per ciascuna di esse.

In questo modo, oltre alla rilevante complessità amministrativa necessaria per calcolare tutti questi indici diversi, non verrebbe risolto il problema delle cattedre vacanti nelle scuole.

Facciamo un esempio.

Se nei piccoli paesi A e B il costo reale della vita fosse pari a 100, mentre nel vicino e altrettanto piccolo paese C esso fosse pari a 97, tutti avrebbero la convenienza economica a recarsi a insegnare nelle scuole dei paesi A e B per avere un salario maggiore e poter poi fare la spesa nel vicino paese C dove i prezzi sono più bassi.

In questa situazione, nessuno vorrebbe recarsi a insegnare nelle scuole del paese C dove le cattedre nelle scuole rimarrebbero vacanti.

Dopo un po’ di tempo, i prezzi nel paese C aumenterebbero a causa della forte domanda di beni e servizi originata da tutti coloro che si recano lì per fare acquisti, mentre i prezzi diminuirebbero nei paesi A e B dove pochi farebbero la spesa.

L’aumento del costo della vita nel paese C invertirebbe la situazione di partenza.

Vi sarebbe un gran numero di domande di trasferimento di docenti che dai paesi A e B vogliono recarsi a insegnare nel paese C.

Questo per continuare ad avere un salario alto e fare la spesa nei paesi A e B che ora hanno dei prezzi più bassi.

Di conseguenza, nessuno vorrebbe più insegnare nei paesi A e B dove le cattedre nelle scuole rimarrebbero vacanti.

Se pensiamo che in Italia ci sono circa otto mila Comuni[8], capiamo bene che, ai fini che qui interessano, istituire delle aree economiche troppo piccole comporterebbe un’immensa complessità amministrativa per calcolare ogni anno il costo della vita in ciascuna di loro e non verrebbe risolto il problema delle cattedre vacanti nelle scuole.

 

Al contrario, l’istituzione di aree economiche di grandi dimensioni ridurrebbe, sia la complessità amministrativa – poiché gli indici del costo della vita da calcolare non sarebbero più migliaia –, sia il trasferimento dei docenti per motivi economici della quale abbiamo detto poc’anzi.

Per esempio, se pensiamo a una macro area grande come l’Italia nord-occidentale, è difficile che un docente che insegna a Torino possa recarsi ogni giorno a fare la spesa ad Ancona !

Con la corresponsione di un potere d’acquisto parametrato al costo reale della vita in ogni macro area, gli spostamenti dei docenti della scuola per motivi economici sarebbero limitati alla linea di demarcazione tra una macro area e quella vicina.

Una situazione analoga a quella che oggi si può verificare, ad esempio, se si pensa di fare il pieno di benzina alla propria automobile oltre il confine nazionale, dove le imposte sul carburante per i veicoli possono essere più basse.

Inoltre, questi spostamenti sarebbero ulteriormente limitati dal fatto che, di solito, due macro aree confinanti non hanno un costo della vita fortemente diverso come quello che, al contrario, si registra tra due luoghi che si trovano molto distanti fra loro sul territorio nazionale.

Un piccolo divario tra i costi della vita – e quindi tra i prezzi dei beni – che si registrano da una parte e dall’altra della linea di demarcazione tra due macro aree, ridurrebbe la convenienza economica a spostarsi da una parte all’altra.

 

In secondo luogo, il salario di ciascuno dei due docenti va adeguato ogni anno ai tre quarti dell’aumento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati[9].

 

L’adeguamento nella misura di tre quarti piuttosto che al cento per cento dell’indice citato ha il fine di contenere l’aumento dei prezzi e quindi l’inflazione.

 

In conclusione, una corretta applicazione del principio di uguaglianza previsto nella nostra Costituzione porta ad attribuire a ogni docente non più un identico salario, ma un diverso potere d’acquisto parametrato al costo della vita realmente presente nella macro area in cui insegna in via ordinaria e continuativa.

La conseguenza sarebbe la forte riduzione del numero di cattedre vacanti nella scuola, perché non ci sarebbe più la convenienza economica a insegnare solo nelle zone d’Italia dove il costo della vita è più basso.

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

AGGIORNAMENTO

 

Il 28 maggio 2022 sul Corriere della Sera è comparso un articolo nel quale si denuncia il fatto che uno stipendio di identico ammontare su base nazionale è la prima causa del fatto che vi sono poche domande di partecipazione ai concorsi per impieghi pubblici, in particolare per posti di lavoro nel nord Italia dove diversi posti di lavoro nella Pubblica Amministrazione rimangono vacanti.

Il medesimo articolo suggerisce che la disparità del costo della vita tra una città del nord Italia e una città del sud Italia debba essere presa in considerazione per la corresponsione dello stipendio al pari di quanto già avviene negli Stati Uniti d’America.[10]

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Articolo: “Cattedre scuola 2017/2018: 4 mila posti vacanti, ecco a chi andranno”

“La mancanza di cattedre è stata registrata soprattutto nella scuola secondaria di primo grado, cioè alle medie.

In particolare sono più di 3.800 i posti rimasti liberi dopo i trasferimenti, soprattutto nelle regioni del Nord.

Più di un terzo di queste cattedre vuote sono nella Lombardia, che ha 1.072 posti per docenti.

Tra l’altro nemmeno le prossime immissioni in ruolo serviranno ad arginare questa situazione.

Difatti è stato accertato che i vincitori del Concorso docenti 2016 non sono sufficienti per colmare questo vuoto.

Inoltre le graduatorie ad esaurimento (Gae) per la classe di matematica e scienze nella scuola secondaria di primo grado sono esaurite già da da tempo.

Dunque si prevede che questi posti saranno assegnati tramite supplenze annuali, da reperire tramite le graduatorie di istituto della provincia interessata o tramite messa a disposizione.”.

Pubblicato il 23 luglio 2017 in:

http://it.blastingnews.com/lavoro/2017/07/cattedre-scuola-20172018-4mila-posti-vacanti-ecco-a-chi-andranno-001871195.html

 

Articolo: “Mobilità scuola 2017/2018: docenti, i posti liberi dopo i trasferimenti della scuola secondaria di II grado”

“Complessivamente, per la scuola secondaria di secondo grado i posti liberi sono 16.543 di cui 15.254 posti comuni e 1.289 posti di sostegno: la tabella analitica per classe di concorso/tipo di posto, provincia e regione.”.

Pubblicato il 21 luglio 2017 in:

http://www.flcgil.it/scuola/precari/mobilita-scuola-2017-2018-docenti-i-posti-liberi-dopo-i-trasferimenti-della-scuola-secondaria-di-ii-grado.flc

 

Articolo: “Mobilità scuola 2017: migliaia di trasferimenti al Sud, cattedre vacanti al Nord”

“L’ondata di trasferimenti verso il Sud comporterà, nella scuola primaria, una conseguente carenza di insegnanti al Nord. I sindacati stimano che, nel prossimo anno, serviranno circa 100 mila supplenti.

Le regioni maggiormente coinvolte da carenza di personale docente, e quindi con una maggiore percentuale di cattedre vacanti, sono Lombardia, Piemonte e Veneto.”.

Pubblicato il 22 giugno 2017 in:

http://it.blastingnews.com/lavoro/2017/06/mobilita-scuola-2017-migliaia-di-trasferimenti-al-sud-cattedre-vacanti-al-nord-001793565.html

 

[2] Costituzione della Repubblica italiana, articolo 3, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, n. 298 del 27 dicembre 1947:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”.

Cito da: http://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Costituzione_della_Repubblica_italiana.pdf

 

[3] “Né detto divieto è in contrasto con l’altro principio della “eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge”, enunciato nello stesso art. 3 della Costituzione.

Questo principio non va inteso nel senso, che il legislatore non possa dettare norme diverse per regolare situazioni che esso ritiene diverse, adeguando così la disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita sociale. Ma lo stesso principio deve assicurare ad ognuno eguaglianza di trattamento, quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono per la loro applicazione. La valutazione della rilevanza delle diversità di situazioni in cui si trovano i soggetti dei rapporti da regolare non può non essere riservata alla discrezionalità del legislatore, salva l’osservanza dei limiti stabiliti nel primo comma del citato art. 3.”

Corte costituzionale della Repubblica italiana, sentenza 16 gennaio 1957, n. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 27 del 30 gennaio 1957.

Cito da: www.cortecostituzionale.it (Giurisprudenza → Decisioni → Ricerca sulle pronunce → inserire anno e numero → cliccare su 3/1957).

 

[4] Costituzione della Repubblica italiana, articolo 36:

“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”

Per i riferimenti della citazione, si veda la nota n. 2.

 

[5] “Quantità di merci che, dati certi prezzi vigenti sul mercato (v.), è possibile acquistare in un dato momento con una determinata quantità di moneta (v.) a disposizione. 
La definizione può essere sintetizzata nella formula Pa = 1/P dove Pa è il potere d’acquisto della moneta e P il prezzo della merce. In questa equazione Pa e P sono espressioni reciproche in quanto aumentando i prezzi diminuisce il valore della moneta e viceversa.”.

Cito da: https://www.simone.it/newdiz/newdiz.php?dizionario=6&id=2436

 

[6] Si veda la nota n. 4.

 

[7] Ai fini che qui interessano, una macro area è una porzione del territorio nazionale caratterizzata da caratteristiche economiche simili come la situazione economica, il potenziale di sviluppo, le condizioni di vita medie della popolazione.

 

[8] Al 5 maggio 2017, i Comuni in Italia sono 7.978.

Si veda: http://www.istat.it/it/files/2011/01/Novita-per-il-2017.pdf?title=Codici+delle+unit%C3%A0+amministrative+-+14%2Fset%2F2017+-+Novit%C3%A0+per+il+2017.pdf

 

[9] “Per adeguare periodicamente i valori monetari, ad esempio il canone di affitto o l’assegno dovuti al coniuge separato, si utilizza l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) al netto dei tabacchi. Tale indice si pubblica sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392.”.

Cito da: http://www.istat.it/it/archivio/30440m

 

“L’indice nazionale dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati (sigla FOI) è un indice dei prezzi al consumo, calcolato dall’Istat a partire dal 1961, basato su un paniere di beni e servizi che rappresenta i consumi di una famiglia la cui persona di riferimento è un lavoratore dipendente (ad esclusione di quelli facenti parte del settore agricolo). È quindi più specifico dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), il cui paniere rappresenta i consumi di una famiglia italiana media (comprendendo, quindi, anche quelle la cui persona di riferimento sia ad esempio un libero professionista od un pensionato).”

Cito da: https://it.wikipedia.org/wiki/Indice_nazionale_dei_prezzi_al_consumo_per_le_famiglie_di_operai_e_impiegati

 

[10] “Stipendi troppo bassi

Insomma, gli italiani non sono più così disposti a spostarsi per lavoro troppo lontano da casa. E così, se da una parte abbiamo ancora frotte di giovani che emigrano in altri Paesi Ue o in altri Continenti alla ricerca di un’attività lavorativa degna delle loro capacità, dall’altra abbiamo un numero crescente di italiani che non se la sentono – per un modesto lavoro impiegatizio – di cambiare neppure regione. Le motivazioni alla base di questo rifiuto sono varie. La prima è di natura economica: le retribuzioni non sono ritenute allettanti, soprattutto considerando il costo della vita che al Nord è decisamente superiore rispetto a quello delle regioni meridionali. Per avere un’idea, secondo un’indagine del Codacons, nel 2021 Milano era la città più cara d’Italia: per mangiare sotto la Madonnina, infatti, bisogna spendere in media il 47% in più rispetto a Napoli. In Italia, infatti, a differenza di quello che accade ad esempio negli Stati Uniti, gli stipendi (del pubblico come del privato) non sono tarati sui costi della vita della città in cui si lavora. E così, la domanda che si fanno gli aspiranti concorsisti è legittima: se 35 mila euro a Milano equivalgono a poco più di 20 mila a Palermo, perché lo stipendio di un dipendente della motorizzazione del capoluogo lombardo deve essere uguale a quello siciliano? Da qui i tanti rifiuti a una scelta di emigrazione interna.”

(il sottolineato è mio)

 

Cito da Massimiliano Jattoni Dall’Asén, Posto fisso addio, concorsi flop e dimissioni tra i dipendenti pubblici: cosa succede?, 28 maggio 2022, in:

https://www.corriere.it/economia/lavoro/22_maggio_28/posto-fisso-addio-concorsi-flop-dimissioni-dipendenti-pubblici-cosa-succede-3e2b64b0-dd92-11ec-9d2a-935eb68a8d83.shtml

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com