IL REFERENDUM COSTITUZIONALE ITALIANO DEL 4 DICEMBRE 2016

 

 

Pubblico un video del Comitato per il NO al referendum costituzionale italiano del 4 dicembre 2016.

A prescindere dalle opinioni di ciascuno sul voto da esprimere – e senza intenzione di fare polemica – vi offro qui di seguito alcune precisazioni di diritto.

 

1 – IL PREMIO DI MAGGIORANZA

Nel filmato[1] si parla del premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale n. 52 del 2015 (detta Italicum)[2] in occasione dell’elezione dei componenti della Camera dei Deputati.

L’Italicum e le sue previsioni NON sono oggetto del referendum costituzionale italiano del 4 dicembre 2016.

 

2 – LA MODALITÀ DI ELEZIONE DEL FUTURO SENATO ITALIANO

Nel filmato[3] si afferma che il futuro Senato verrà eletto “in un modo incredibile che non ha riscontro in nessuna altra parte del mondo”.

In seguito[4] si precisa che “io non ho mai visto una cosa simile di un gruppetto piccolo che si eleggono tra loro”.

A tale riguardo, ho effettuato una ricerca dalla quale è emerso che le affermazioni ora citate non sono corrette.

Infatti:

  • il Senato tedesco, “il Bundesrat (“consiglio federale”), è composto dai rappresentanti dei sedici Länder tedeschi. I membri del Bundesrat (tre per i Länder più piccoli, sette per i più grandi) non vengono eletti, ma nominati da ciascun governo regionale.[5];
  • il Senato inglese, invece, “la House of Lords del parlamento britannico è composta di 26 Lord spiritual, membri di diritto per gli incarichi che ricoprono nella Chiesa anglicana, e di oltre 700 Lord temporal, in massima parte nominati a vita dalla regina su suggerimento del governo.[6];
  • nel Senato francese “I senatori sono eletti a suffragio indiretto: possono votare circa 150.000 grandi elettori, per la maggior parte costituiti da amministratori locali (sindaci, consiglieri municipali, consiglieri dipartimentali e consiglieri regionali), oltre ai deputati dell’Assemblea Nazionale; …Questo sistema elettorale provoca uno sbilanciamento politico nella composizione dei senatori, poiché privilegia le zone rurali della Francia, storicamente più a destra delle zone urbane.[7].

 

La legge costituzionale italiana che sarà oggetto del referendum del 4 dicembre 2016 prevede che:

  • L’elezione dei senatori, come già detto, avviene con metodo proporzionale, da parte dei consigli regionali e delle province autonome [di Trento e Bolzano, n.d.a.] tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei comuni del rispettivo territorio. Si ricorda che la Costituzione vigente non individua il tipo di sistema elettorale da adottare né per l’elezione della Camera né per quella del Senato, rimettendo la relativa scelta alla discrezionalità del legislatore ordinario, mentre il nuovo articolo 57 Cost. indica, per l’elezione del Senato, il metodo proporzionale.[8].

 

Rispetto alle realtà tedesca e inglese, la legge costituzionale italiana sottoposta a referendum appare preferibile perché non prevede la nomina dei futuri senatori da parte di un singolo, ma da parte di un’assemblea e, inoltre, l’assemblea in questione non è quella della Giunta regionale – composta unicamente dai rappresentanti della maggioranza di governo – ma è quella del Consiglio regionale nel quale sono presenti, sia i rappresentanti della maggioranza, sia quelli dell’opposizione.

Il confronto con la realtà francese conduce a ipotizzare un maggiore equilibrio presente nella legge costituzionale italiana sottoposta a referendum, in quanto, la base elettorale dei futuri senatori italiani non dovrebbe risentire del citato squilibrio numerico presente in Francia tra gli amministratori dei Comuni rurali e quelli dei Comuni metropolitani.

Inoltre, il fatto che il futuro articolo 57 della Costituzione italiana affermi che i criteri da seguire nella ripartizione dei seggi da senatore debbano tenere conto dei voti espressi e della composizione del Consiglio regionale avvalora ancora di più la conclusione che i senatori eletti non saranno solo quelli graditi a un singolo o all’organo di governo della Regione, ma comprenderanno persone di vari schieramenti.

In tal modo potrà essere assicurata, all’interno del futuro Senato italiano, la presenza degli “interessi in conflitto” dei quali parla il filmato[9].

 

3 – L’INCENSURATEZZA E LE IMMUNITÀ PARLAMENTARI DEI FUTURI SENATORI

Nel filmato[10] si esprime preoccupazione riguardo al fatto che i futuri senatori italiani verranno eletti tra i consiglieri regionali perché “in questi anni si è visto che nei Consigli regionali ci sono molti consiglieri corrotti, indagati, inquisiti”.

Lascio il merito di questa affermazione nelle mani della magistratura inquirente e di quella giudicante.

Ferma restando la presunzione di innocenza, mi limito a ricordare con profonda tristezza il fatto che identici rilievi penali sono stati mossi più volte anche nei confronti di vari parlamentari nazionali.

Poco più oltre nel filmato[11] si afferma che “questa stessa riforma estende a questi senatori fasulli l’immunità parlamentare”.

A questo proposito mi limito a notare che i senatori, al pari dei deputati, le immunità parlamentari le hanno già e che l’articolo 68 della Costituzione, che disciplina le immunità parlamentari, NON è stato modificato dalla legge costituzionale oggetto del referendum del 4 dicembre 2016.

 

4 – LA NOMINA DI DUE GIUDICI COSTITUZIONALI

L’analisi esposta nel filmato[12] sulle competenze del futuro Senato italiano prosegue con la seguente affermazione: “Gravissimo, invece – sempre funzioni di livello costituzionale – è il fatto che viene attribuito a loro l’elezione di due dei giudici della Corte costituzionale.”.

Il motivo è dato dal fatto che “Questo Senato, così come è stato composto, da persone francamente nel complesso screditate, di nessun, di nessuno spessore, ha la possibilità di incidere sulla Corte costituzionale con due voti.[13].

Per quanto concerne lo spessore dei futuri consiglieri regionali, questo verrà valutato dagli elettori chiamati alle urne.

In questa sede io esamino l’incidenza della nomina di due giudici da parte del futuro Senato sul totale dei giudici della Corte costituzionale italiana.

I giudici della Corte costituzionale italiana sono quindici, la legge costituzionale di riforma non ne cambia il numero.

Anche in questo caso ho effettuato una ricerca per sapere se, negli altri Paesi europei, il Senato elegga alcuni dei giudici della Corte costituzionale.

Per quanto riguarda la Corte costituzionale federale tedesca, il Bundesrat – il Senato tedesco – designa otto giudici su un totale di sedici[14].

Per quanto riguarda il Consiglio costituzionale francese, il Presidente del Senato francese nomina tre giudici su un totale di nove[15].

Per quanto riguarda il Tribunale costituzionale spagnolo, infine, il Senato spagnolo nomina quattro giudici su un totale di dodici[16].

Dal confronto con le realtà che ho citato emerge che la legge costituzionale italiana che sarà oggetto del referendum del 4 dicembre 2016 non si discosta da analoghe previsioni di altri Paesi europei.

Al contrario, la legge in parola assegna su questo punto al Senato italiano un’incidenza più ridotta rispetto a quella che hanno le omologhe assemblee dei Paesi citati.

 

Le domande che questo articolo ha suscitato vengono affrontate nella sua seconda parte [17].

Mi auguro che questo contributo vi sia stato utile e vi ringrazio per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] (da -8:47 a -6:00).

[2] Legge 06 maggio 2015, n. 52, “Disposizioni in materia di elezione della Camera dei Deputati”, consultabile in:

http://www.normattiva.it/ricerca/semplice;jsessionid=DmcH5RxpwzCwGgGCOrTtpQ__.na1-prd-norm .

[3] (da -4:58 a -4:54).

[4] (da -4:07 a -4:05).

[5] Cito da: http://www.europaquotidiano.it/2014/01/22/riforma-del-senato-come-funziona-in-europa/ .

[6] Idem.

[7] Cito da: https://it.wikipedia.org/wiki/Senato_(Francia)#Elezione .

[8] Cito da: Servizio Studi della Camera dei Deputati, XVII Legislatura, La riforma costituzionale. Testo di legge costituzionale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016. Schede di lettura, n.216/12, parte prima, maggio 2016, pagine 36 e seguenti, in: http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/ac0500p.pdf .

[9] (da -5:48 a -5:33).

[10] (da -4:20 a -4:10).

[11] (da -4:03 a -3:54).

[12] (da –2:18 a –2:06).

[13] (da –1:40 a –1:22).

[14]La nomina dei 16 giudici compete per metà al Bundestag (il parlamento federale) e per metà al Bundesrat (la camera che rappresenta iLänder). Il Bundestag designa i giudici di propria competenza attraverso un comitato di 12 grandi elettori, di cui fanno parte parlamentari eletti dalla medesima camera con metodo proporzionale, che delibera con la maggioranza dei due terzi dei voti. Il Bundesrat designa i giudici di propria competenza, su proposta di una apposita commissione, attraverso il voto pubblico e diretto dell’intero consesso espresso con una maggioranza di due terzi.”. Cito da:

https://it.wikipedia.org/wiki/Corte_Costituzionale_Federale_tedesca#Giudici:_nomina_e_posizione .

[15]Nove membri vengono nominati: tre dal Presidente della Repubblica (che ne sceglie anche il presidente, il cui voto prevale in caso di parità), tre dal Presidente dell’Assemblea Nazionale e tre dal Presidente del Senato. … La composizione dell’organo è quindi totalmente politica, cosa che rende il conseil peculiare rispetto agli omologhi di altri sistemi di giustizia costituzionale (ad esempio quelloitaliano). La natura politica dell’organo costituisce un’eredità della diffidenza nei confronti dei giudici e della convinzione che questi non possano controllare il Legislatore che prende origine già dalla rivoluzione francese del 1789.” Cito da:

https://it.wikipedia.org/wiki/Consiglio_costituzionale_(Francia) .

[16]Il Tribunale costituzionale è composto da 12 giudici scelti, nominati dal re per un mandato di nove anni non rinnovabili. Quattro di loro sono scelti dal Congresso dei Deputati con la maggioranza di 3/5 dei membri della camera, quattro dal Senato con la maggioranza di 3/5 dei membri della camera, due dal Governo e due dal Consiglio generale del potere giudiziario.” Cito da:

https://it.wikipedia.org/wiki/Tribunale_costituzionale_della_Spagna .

[17] La seconda parte è pubblicata in: http://giorgiocannella.com/index.php/2016/10/29/referendum-4-dicembre-2016-parte-seconda/ .

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo contributo sul sito www.giorgiocannella.com .

 

LE PARI OPPORTUNITÀ TRA DONNE E UOMINI

Presento qui di seguito un parere che ho scritto per soddisfare una richiesta in occasione di un colloquio professionale. Ho scelto di parlare delle pari opportunità tra donne e uomini in materia elettorale e nell’accesso al mondo del lavoro.

 

La mia scelta è dovuta a più fattori, come, ad esempio,

  • il fatto che le pari opportunità siano previste a più livelli normativi (Costituzione, legge statale, statuti di alcune Regioni italiane);
  • il dibattito che tale questione suscita ogni volta che se ne parla;
  • la constatazione che vi sono ambiti nei quali, per attuare le pari opportunità, è necessario far rispettare prima altre norme le quali, solo all’apparenza, non sono collegate con il discorso in esame.

 

Nella prima parte del parere esamino la messa in opera delle pari opportunità in occasione delle consultazioni elettorali e della successiva formazione degli organi di governo delle istituzioni democratiche dello Stato italiano. Nella seconda parte esprimo il mio parere sulla migliore attuazione delle pari opportunità per quanto riguarda l’accesso al mondo del lavoro.

 

Come sempre, sarei felice di avere le vostre opinioni al riguardo per un confronto costruttivo.

 

 

LE PARI OPPORTUNITÀ TRA DONNE E UOMINI

IN OCCASIONE DELLE CONSULTAZIONI ELETTORALI

E NELL’ACCESSO AL MONDO DEL LAVORO

Parte Prima

 

Sintetizzo gli aspetti salienti dell’istituto in parola in occasione delle consultazioni elettorali.

 

1) – Gli articoli 3 comma 1; 51 comma 1; e 117 comma 7; della Costituzione italiana affermano, rispettivamente, che:

  • Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”;
  • Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.[1];
  • Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.[2].

 

2) – Per quanto attiene, in particolare, alla materia elettorale, la Corte Costituzionale italiana ha affermato che:

  • l’istituto delle pari opportunità tra donne e uomini non ha la finalità di far conseguire alle donne la certezza della vittoria in una consultazione elettorale[3];
  • successivamente alla modifica dell’articolo 117 della Costituzione[4], l’applicazione dell’istituto delle pari opportunità tra donne e uomini non vincola in alcun modo la libera scelta dell’elettore su chi votare[5];
  • successivamente alla citata modifica dell’articolo 51 della Costituzione, la norma di uno Statuto regionale, la quale, nel caso in cui l’elettore esprima due preferenze sulla scheda elettorale, prevede che esse debbano andare a candidati di sesso diverso, non ha natura coattiva, ma solo il fine di promuovere un maggiore equilibrio tra donne e uomini nella composizione del Consiglio regionale[6].

 

3) – Nelle controversie giudiziarie relative alla impugnazione degli atti di nomina dei membri degli organi di governo delle istituzioni democratiche dello Stato italiano, il Consiglio di Stato in successive decisioni ha affermato che:

  • l’atto di nomina di un assessore regionale non è un atto politico, ma un atto di alta amministrazione ed in quanto tale è soggetto al controllo giurisdizionale del Giudice amministrativo[7];
  • le norme programmatiche sono anch’esse norme immediatamente precettive[8];
  • la norma dello Statuto regionale della Campania che prevede una equilibrata presenza di donne e uomini nella Giunta regionale[9] non è una norma programmatica e contiene un vincolo ad un potere del Presidente della Giunta regionale[10];
  • la discrezionalità politica trova un limite nei principi di natura giuridica posti dall’ordinamento[11];
  • in assenza di una previsione statutaria che preveda l’esatta consistenza della quota di riserva da attribuire ai membri del sesso meno rappresentato, la nomina anche di un solo membro di sesso femminile rispetta il principio delle pari opportunità tra donne e uomini all’interno di una Giunta provinciale[12].

 

 

Parte Seconda

 

Passo ora alla parte del mio parere che esamina il problema se una previsione normativa contenente le così dette “quote rosa” sarebbe idonea ad attuare le pari opportunità tra donne e uomini per quanto riguarda l’accesso al mondo del lavoro.

 

A tal fine, prendo in esame la previsione di una quota rosa pari al 50% e preciso subito che non posso adottare una percentuale diversa.

Infatti, una percentuale minore del 50% rappresenterebbe una discriminazione contro le donne, mentre una percentuale superiore al 50% rappresenterebbe una discriminazione contro gli uomini.

Proseguo il mio ragionamento e prendo ad esempio un settore professionale nel quale le donne preparate e meritevoli siano il 10% della forza lavoro[13].

In tal caso, per rispettare la quota rosa del 50%, si dovrebbe procedere alla immissione, nel settore in esame, di un 40% di donne incapaci ed immeritevoli, con una conseguente discriminazione contro gli uomini.

Al contrario, nel caso di un settore professionale nel quale le donne preparate e meritevoli siano, ad esempio, il 90% della forza lavoro[14], la previsione di una quota rosa pari al 50% obbligherebbe a lasciare a casa il rimanente 40% di donne preparate e meritevoli per assumere una identica percentuale di uomini incapaci ed immeritevoli.

La discriminazione, in questo caso, sarebbe contro le donne.

Di conseguenza, una quota rosa pari al 50% attua le pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso al mondo del lavoro solo e soltanto nel caso in cui vi sia la certezza matematica che, all’interno del settore professionale preso in esame, le donne preparate e meritevoli siano esattamente il 50% della forza lavoro[15], non una di più, non una di meno !

Quindi, all’infuori dei casi nei quali vi sia la certezza della quale ho appena parlato, una quota rosa pari al 50% si traduce inevitabilmente, o in una discriminazione contro gli uomini, o in una discriminazione contro le donne.

 

A questo punto si pone la domanda: se non con le quote rosa, in quale altro modo realizzare le pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso al mondo del lavoro ?

La risposta è semplice: applicando la legge già in vigore.

In particolare, le norme sui reati di abuso d’ufficio[16], corruzione[17] e concussione[18]: le tre strade attraverso le quali persone incapaci ed immeritevoli entrano nel mondo del lavoro e tolgono opportunità alle donne ed agli uomini preparati e meritevoli.

Quanto più vengono espunte dal mondo del lavoro persone incapaci ed immeritevoli, tanto più vi sarà posto per donne e uomini preparati e meritevoli, attuando in tal modo “le pari opportunità tra donne e uomini” delle quali parlano gli articoli della Costituzione italiana che ho citato all’inizio di questo mio parere.

 

Vi ringrazio per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] L’ultimo periodo è stato aggiunto dall’articolo 1, comma 1, della legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1.

[2] Il comma citato è stato aggiunto dall’articolo 3, comma 1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Sul significato della locuzione “promuovono”, segnalo Consiglio di Stato, sentenza 18 giugno 2015, n. 3115, narrativa del fatto e considerazioni di diritto, paragrafo V.1.2, secondo il quale “la locuzione «promuovono» deve essere intesa nel senso che – nel rispetto del principio di legalità – vi siano disposizioni che tendano alla rimozione degli ostacoli limitanti la parità di genere, eliminando posizioni di privilegio agli appartenenti ad uno di essi, e non nel senso che tendano alla assoluta parità di rappresentanza dei due sessi nelle liste elettorali.”.

[3] Corte Costituzionale, sentenza 12 settembre 1995, n. 422, considerazioni di diritto, paragrafo 6, contrastano con l’articolo 3, comma 2, della Costituzione le norme che “non si propongono di “rimuovere” gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati, bensì di attribuire loro direttamente quei risultati medesimi”.

[4] Ma prima della modifica dell’articolo 51 dello stesso testo.

[5] Corte Costituzionale, sentenza 13 febbraio 2003, n. 49, considerazioni di diritto, paragrafo 5, a proposito del vincolo contenuto nelle Norme per l’elezione del Consiglio regionale della Valle d’Aosta per il quale le liste elettorali devono comprendere “candidati di entrambi i sessi” si legge che “il vincolo resta limitato al momento della formazione delle liste, e non incide in alcun modo sui diritti dei cittadini, sulla libertà di voto degli elettori e sulla parità di chances delle liste e dei candidati e delle candidate nella competizione elettorale, né sul carattere unitario della rappresentanza elettiva”.

[6] Corte Costituzionale, sentenza 14 gennaio 2010, n. 4, considerazioni di diritto, paragrafo 3.3, “la nuova regola rende maggiormente possibile il riequilibrio, ma non lo impone. Si tratta quindi di una misura promozionale, ma non coattiva.”. La Corte si riferisce all’articolo 4, comma 3, della legge della Regione Campania n. 4 del 27 marzo 2009 (legge elettorale) il quale dispone: “L’elettore può esprimere, nelle apposite righe della scheda, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome ovvero il nome ed il cognome dei due candidati compresi nella lista stessa. Nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza.”.

[7] Consiglio di Stato, sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, considerazioni di diritto, paragrafo 2, a proposito del decreto di nomina di un assessore regionale da parte del Presidente della Giunta regionale della Campania “L’atto di nomina di un assessore regionale, da un lato, non è libero nella scelta dei fini, essendo sostanzialmente rivolto al miglioramento della compagine di ausilio del Presidente della Regione nell’amministrazione della Regione stessa, e dall’altro è sottoposto a criteri strettamente giuridici come quello citato dell’art. 46, comma 3, dello Statuto campano. Di conseguenza, deve ritenersene ammissibile l’impugnativa davanti al giudice amministrativo, in quanto posto in essere da un’autorità amministrativa e nell’esercizio di un potere amministrativo, sia pure ampiamente discrezionale.”. Per un approfondimento della relativa motivazione, rinvio alla pregevole disamina sulle differenze tra atto politico ed atto di alta amministrazione svolta dal Consiglio di Stato nella sentenza ora citata.

[8] Consiglio di Stato, sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, considerazioni di diritto, paragrafo 3, “Benché, come già argomentato, tutte le norme sono, per definizione, immediatamente precettive, la differenza tra quelle che si dicono propriamente programmatiche e le altre consiste soltanto nella speciale natura del precetto contenuto nelle prime, e quindi negli speciali effetti che ne derivano. Esse, infatti, non disciplinano direttamente quelle date materie, cui tuttavia si riferiscono, ma disciplinano con efficacia immediata comportamenti statali, destinati a loro volta a incidere su dette materie, con gli scopi, nei modi e nel senso voluti dalla norma programmatica.”.

[9] Consiglio di Stato, sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, narrativa del fatto, “l’art. 46, comma 3, dello Statuto campano che stabilisce che “il Presidente della Giunta regionale nomina, nel pieno rispetto del principio di una equilibrata presenza di donne ed uomini, i componenti la Giunta”.”.

[10] Consiglio di Stato, sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, considerazioni di diritto, paragrafo 3, il testo qui di seguito è la prosecuzione di quello citato tra virgolette nella nota 8 “Non è certo questa la natura della norma controversa contenuta nello Statuto campano. Tale norma si riferisce esplicitamente ed inequivocabilmente all’atto della nomina degli assessori e pone, dunque, un vincolo, sia pur elastico, ad un determinato potere spettante al Presidente della Regione. Tale potere. si esprime con un atto che, come già detto, è di alta amministrazione: nell’enunciato normativo nessun elemento testuale autorizza a ritenere che la norma stessa costituisca un programma promozionale da attuare successivamente ad opera di organi regionali.”.

[11] Consiglio di Stato, sentenza 21 giugno 2012, n. 3670, considerazioni di diritto, a proposito della previsione normativa delle così dette “quote rosa”, “Il principio, come è noto, è stato autorevolmente confermato dalla stessa Corte costituzionale con sentenza 5 aprile 2012, n. 81, la quale ha stabilito che gli spazi della discrezionalità politica trovano i loro confini nei principi di natura giuridica posti dall’ordinamento, tanto a livello costituzionale quanto a livello legislativo; e quando il legislatore predetermina canoni di legalità, ad essi la “composizione” politica degli interessi deve attenersi, in ossequio ai fondamentali principi dello Stato di diritto. Nella misura in cui l’ambito di estensione del potere discrezionale, anche quello amplissimo che connota un’azione di governo, è circoscritto da vincoli posti da norme giuridiche che ne segnano i confini o ne indirizzano l’esercizio, il rispetto di tali vincoli costituisce un requisito di legittimità e di validità dell’atto, sindacabile nelle sedi appropriate.”. Nel merito, il Consiglio di Stato si è richiamato in toto alla sentenza 27 luglio 2011, n. 4502, poc’anzi citata più volte, ed ha annullato i decreti con i quali il Presidente della Regione Lombardia, in seguito alle elezioni amministrative, aveva nominato quindici componenti della Giunta regionale di sesso maschile ed uno solo di sesso femminile.

[12] Consiglio di Stato, parere 16 marzo 2012, n. 1306, “Nella specie la giunta ha nel suo seno un componente di sesso femminile e in assenza di norme nello statuto della provincia di Caserta che prevedano una quota di riserva deve ritenersi che la nomina di una donna renda impossibile ravvisare gli estremi della violazione della disposizione costituzionale e o di quella del testo unico sugli enti locali.”. Conforme, Consiglio di Stato, sentenza 05 dicembre 2012, n. 6228. Conforme, Consiglio di Stato, sentenza 23 giugno 2014, n. 3144, secondo il quale, in questi casi, è necessario impugnare lo Statuto nei modi e nei termini di legge.

[13] Considerata nel suo complesso. Dunque, sia quella attualmente già impiegata, sia quella potenzialmente impiegabile.

[14] Idem.

[15] Idem.

[16] Articolo 323 del codice penale italiano.

[17] Articoli 318-322bis del codice penale italiano.

[18] Articolo 317 del codice penale italiano.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo contributo sul sito www.giorgiocannella.com .