Riflessioni sui consigli evangelici

Il diritto canonico afferma in più punti che i consigli evangelici sono la castità, la povertà e l’obbedienza.[1]

Lo scopo di questo articolo è verificare se nel Nuovo Testamento vi siano realmente i consigli in parola.

Se la ricerca darà esito negativo, sarà necessario modificare il diritto canonico al fine di renderlo conforme a quanto si legge nella Bibbia.

Come è noto, infatti, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

 

LA CASTITÀ

Nell’articolo “Riflessioni sul celibato”[2] ho citato i passi biblici in base ai quali l’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità consacrata non è imposto alle persone che hanno il sacerdozio ministeriale e nemmeno alle altre categorie di fedeli.

Al contrario, la Scrittura esige che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia e che il candidato al presbiterato sia sposato una sola volta con figli credenti.

Per quanto riguarda coloro che fanno vita laicale consacrata, la Scrittura lascia la condizione relazionale di queste persone alla scelta che Dio fa di chiamarle prima o dopo che si siano sposate e abbiano avuto dei figli.

Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla castità come consiglio evangelico non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[3]

 

LA POVERTÀ

In passato si è molto discusso se Gesù Cristo fosse povero e se la Chiesa debba essere povera.

Per rispondere a queste domande, è sufficiente leggere cosa dice la Scrittura in proposito.

 

Per quanto riguarda Gesù, tutti e quattro i vangeli affermano che, dopo averlo crocifisso, i soldati divisero le sue vesti in parti tirando a sorte quale parte doveva toccare a ciascuno di essi.[4]

Ricordo molto bene che per molti anni in chiesa, ogni volta che si leggeva la passione di Gesù Cristo secondo Giovanni, il testo aveva alcune parole in più rispetto a quelle che si leggono oggi.

Dopo le parole “Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo” vi erano anche le parole “di grande valore”.

A prescindere dal fatto che le parole “di grande valore” siano nel testo del vangelo secondo Giovanni oppure no, resta il dato di fatto che i soldati non avrebbero avuto alcun interesse a fare in parti le vesti di Gesù e tirare a sorte tra loro per assegnarsele se queste vesti fossero state in condizioni deprecabili o senza alcun valore.

 

Inoltre, il vangelo secondo Giovanni afferma che Gesù e i dodici apostoli avevano una cassa comune.[5]

Il testo afferma anche che il cassiere era Giuda Iscariota e che si metteva in tasca i soldi della comunità, ma questo non cambia il dato di fatto: nella comunità di Gesù e degli apostoli c’era detenzione e maneggio di denaro.

Né avrebbe potuto essere altrimenti per fare fronte alle necessità di una comunità di più persone.

 

Infine, il vangelo secondo Luca dice che, con Gesù e i dodici apostoli, vi erano anche molte donne “che li assistevano con i loro beni”.[6]

 

In conclusione, i vangeli affermano chiaramente che Gesù Cristo non era povero e che non gli mancava alcunché.

 

A questa conclusione, non è utile opporre le parole di Gesù “il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” per argomentare che Gesù fosse povero.[7]

Gesù Cristo non aveva un posto dove posare il capo non perché fosse senza casa[8], ma perché era un predicatore itinerante e dimorava di volta in volta in luoghi diversi.

Ne parlano gli stessi passi dei due vangeli dai quali sono tratte le parole che abbiamo citato poc’anzi nella nota 6: nel vangelo secondo Matteo, capitolo 8, versetto 18, si legge “ordinò di passare all’altra riva” e nel vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetto 56, si legge “mentre andavano per la strada”.

Ne parlano molti altri passi di tutti e quattro i vangeli.[9]

Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla povertà come consiglio evangelico non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[10]

 

Per quanto riguarda il comportamento che un fedele deve avere con il denaro e con le ricchezze è sufficiente leggere la Scrittura.

Nell’Antico Testamento, nel salmo 62 leggiamo: “alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore”.[11]

Nel Nuovo Testamento, Gesù stesso riprende questo insegnamento nella parabola del ricco stolto.[12]

In essa, Gesù porta a compimento la Legge e i profeti[13] e, all’insegnamento sul distacco del cuore dalla ricchezza, aggiunge quello di accumulare tesori davanti a Dio.

Sono queste le coordinate che ogni credente deve assumere nel suo rapporto con il denaro e con i beni.

Queste stesse coordinate il diritto canonico dovrà sancire per la vita di tutti i credenti cristiani.

 

L’OBBEDIENZA

Nel Nuovo Testamento molti passi affermano che Gesù Cristo era obbediente alla volontà di Dio Padre.

Il passo più conosciuto è quello della Lettera ai filippesi nel quale si afferma che Gesù “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.[14]

Numerosi altri passi affermano lo stesso.[15]

L’obbedienza alla volontà di Dio Padre è quindi un dato inconfutabile della vita di Gesù Cristo.

 

GLI ALTRI CONSIGLI EVANGELICI

Ci domandiamo ora se l’obbedienza sia l’unico consiglio evangelico.

La risposta è no.

Non si può prendere a modello Gesù Cristo per la vita dei credenti solo per uno o alcuni profili della sua vita e non per tutti gli altri.

In altre parole, non si può fare la scelta selettiva – quella che in inglese si chiama “cherry-picking” – con i profili della vita di Cristo.

È necessario individuare il complesso dei profili della vita da Gesù Cristo.

 

Partiamo dal testo dalla Lettera ai filippesi, capitolo 2, versetti 5-8.[16]

Il testo inizia dicendo “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”.

Da questo abbiamo la conferma che il diritto canonico deve disciplinare la vita dei credenti in aderenza al complesso della vita di Gesù Cristo e non solo ad alcuni profili di essa.

I versetti 6, 7 e 8 del passo in esame descrivono in modo preciso la scelta di servizio compiuta da Gesù Cristo con cinque verbi in successione: “assumendo…divenendo…apparso…umiliò…facendosi”.

Ciascuno di questi verbi descrive un profilo della vita di Gesù Cristo che il diritto canonico dovrà sancire per la disciplina della vita di tutti i credenti.

Primo: “assumendo la condizione di servo”.

Gesù Cristo è servo perché svolge il servizio che Dio padre gli ha assegnato.

Secondo: “e divenendo simile agli uomini”.

Gesù Cristo svolge il suo servizio assimilandosi all’intera umanità.

Terzo: “apparso in forma umana”.

Gesù Cristo svolge il suo servizio vivendo la vita umana.

Quarto: “umiliò se stesso”.

Gesù Cristo svolge il suo servizio anche con l’umiliazione.

Quinto: “facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.

Il servizio di Gesù Cristo giunge alla morte infamante dei malfattori.

 

Queste stesse scelte il diritto canonico deve affermare come consigli evangelici per la vita di tutti i credenti cristiani: ogni credente deve svolgere il servizio che Dio gli assegna, assimilandosi all’intera umanità, vivendo la vita umana, anche attraverso la negazione di se stesso e la negazione infamante della sua vita.

A completamento di tutto questo, vanno aggiunte le parole di Gesù “Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.[17]

Questo serve a ricordare al credente non solo che il peso della coerenza ai consigli evangelici può essere portato solo con l’aiuto della grazia di Dio, ma altresì che quest’ultima rende leggero il peso in parola.

 

LE NORME DA MODIFICARE

I passi della Bibbia citati e le argomentazioni esposte in questo articolo conducono alla necessità di modificare alcuni canoni del diritto canonico al fine di renderli conformi alla Scrittura.

 

 

Sui doveri dei fedeli

Il canone 211 del codice di diritto canonico[18] e il canone 14 del codice dei canoni delle chiese orientali[19]

Il canone 211 del codice di diritto canonico e il canone 14 del codice delle chiese orientali vanno modificati nel modo seguente:

§1. Tutti i fedeli cristiani hanno il diritto e il dovere di impegnarsi perché il messaggio divino della salvezza giunga sempre più a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutto il mondo.

§2. Al tal fine ogni fedele cristiano testimonia la sua adesione a Gesù Cristo risorto seguendo i consigli evangelici, vale a dire: svolgendo il servizio che Dio gli assegna sull’esempio di Gesù obbediente alla volontà del Padre[20], assimilandosi all’intera umanità, vivendo la vita umana, anche attraverso la negazione di se stesso e la negazione infamante della sua vita[21].

§3. Nel vivere i consigli evangelici ogni credente ricorda le parole di Gesù Cristo “Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”[22] per essere consapevole che il peso della coerenza ai consigli evangelici può essere portato solo con l’aiuto della grazia di Dio e che quest’ultima rende leggero il peso in parola.

§4. Ogni fedele vive il suo rapporto con il denaro e con i beni secondo l’insegnamento della Scrittura che afferma “alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore”[23] e prescrive di accumulare tesori davanti a Dio[24].

§5. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla povertà e/o sulla castità come consigli evangelici non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

Tutte le citazioni del Catechismo della chiesa cattolica presenti in questo articolo sono prese da:

http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm

 

 

 

[2] https://giorgiocannella.com/index.php/2020/06/01/riflessioni-sul-celibato/

 

 

 

[3] Il testo di questo articolo pubblicato il 2 giugno 2020 conteneva le parole: “In conclusione, la castità non è un consiglio evangelico.”.

Il 29 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla castità come consiglio evangelico non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).”

La contrarietà di qualsiasi affermazione alla parola di Dio, infatti, non necessita di un atto di abrogazione, ma rende l’affermazione stessa inesistente.

Questo perché – lo ripeto ancora una volta – Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se il Nuovo Testamento afferma più volte e inequivocabilmente che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia, che il candidato al presbiterato sia sposato una sola volta, con figli credenti e infine che la condizione relazionale di ogni persona chiamata alla vita laicale consacrata è lasciata alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

 

[4] Vangelo secondo Marco, capitolo 15, versetti 22-24:

 

“[22] Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio,

[23] e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

[24] Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere.”

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 27, versetti 33-36:

 

“[33] Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,

[34] gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.

[35] Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte.

[36] E sedutisi, gli facevano la guardia.”

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 23, versetti 33-34:

 

“[33] Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra.

[34] Gesù diceva: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”.
Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte.”

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 19, versetti 23-24:

 

“[23] I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo.

[24] Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:
Si son divise tra loro le mie vesti
e sulla mia tunica han gettato la sorte.
E i soldati fecero proprio così.”

 

 

 

[5] Vangelo secondo Giovanni, capitolo 12, versetti 1-8:

 

“[1] Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti.

[2] Equi gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.

[3] Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento.

[4] Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse:

[5] “Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?“.

[6] Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.

[7] Gesù allora disse: “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.

[8] I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me”.”

 

 

 

[6] Vangelo secondo Luca, capitolo 8, versetti 1-3:

 

“[1] In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.

[2] C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni,

[3] Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.”

 

 

 

[7] Vangelo secondo Matteo, capitolo 8, versetti 18-23:

 

“[18] Vedendo Gesù una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all’altra riva.

[19] Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: “Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai”.

[20] Gli rispose Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo“.

[21] E un altro dei discepoli gli disse: “Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre”.

[22] Ma Gesù gli rispose: “Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti”.

[23] Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono.”

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 57-62:

 

“[57] Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”.

[58] Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo“.

[59] A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose: “Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre”.

[60] Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annunzia il regno di Dio”.

[61] Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”.

[62] Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”.”

 

 

 

[8] L’ABITAZIONE DI GESÙ CRISTO

Vangelo secondo Matteo, capitolo 4, versetti 12-13:

 

“[12] Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea

[13] e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 1, versetti 35-39:

 

“[35] Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli

[36] e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”.

[37] E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.

[38] Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cercate?”. Gli risposero: “Rabbì (che significa maestro), dove abiti?”.

[39] Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.”

 

 

 

[9] GESÙ CRISTO PREDICATORE ITINERANTE

Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetto 45:

 

“[45] Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.”

 

 

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 6, versetto 56:

 

“[56] E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano.”

 

 

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 11, versetti 15-21:

 

“[15] Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe

[16] e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio.

[17] Ed insegnava loro dicendo: “Non sta forse scritto:
La mia casa sarà chiamata
casa di preghiera per tutte le genti?
Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!”.

[18] L’udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento.

[19] Quando venne la sera uscirono dalla città.

[20] La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici.

[21] Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: “Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 9, versetti 1-2:

 

“[1] Salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città.

[2] Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 9, versetti 35-38:

 

“[35] Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità.

[36] Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.

[37] Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi!

[38] Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 11, versetti 20-24:

 

“[20] Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite:

[21] “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere.

[22] Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.

[23] E tu, Cafarnao,
sarai forse innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi precipiterai!
Perché, se in Sòdoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe!

[24] Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 21, versetti 10-22:

 

“[10] Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: “Chi è costui?”.

[11] E la folla rispondeva: “Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea”.

[12] Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe

[13] e disse loro: “La Scrittura dice:
La mia casa sarà chiamata casa di preghiera
ma voi ne fate una spelonca di ladri”.

[14] Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guarì.

[15] Ma i sommi sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che faceva e i fanciulli che acclamavano nel tempio: “Osanna al figlio di Davide”, si sdegnarono

[16] e gli dissero: “Non senti quello che dicono?”. Gesù rispose loro: “Sì, non avete mai letto:
Dalla bocca dei bambini e dei lattanti
ti sei procurata una lode?”.

[17] E, lasciatili, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.

[18] La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame.

[19] Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: “Non nasca mai più frutto da te”. E subito quel fico si seccò.

[20] Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: “Come mai il fico si è seccato immediatamente?”.

[21] Rispose Gesù: “In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà.

[22] E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti 16-44:

 

“[16] Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.

[17] Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:

[18] Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,

[19] e predicare un anno di grazia del Signore.

[20] Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.

[21] Allora cominciò a dire: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”.

[22] Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: “Non è il figlio di Giuseppe?”.

[23] Ma egli rispose: “Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!”.

[24] Poi aggiunse: “Nessun profeta è bene accetto in patria.

[25] Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;

[26] ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.

[27] C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro”.

[28] All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;

[29] si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.

[30] Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

[31] Poi discese a Cafarnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente.
[32] Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.

[33] Nella sinagoga c’era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte:

[34] “Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!”.

[35] Gesù gli intimò: “Taci, esci da costui!”. E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.

[36] Tutti furono presi da paura e si dicevano l’un l’altro: “Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?”.

[37] E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

[38] Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei.

[39] Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli.

[40] Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.

[41] Da molti uscivano demòni gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!”. Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.

[42] Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.

[43] Egli però disse: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato“.

[44] E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 7, versetti 11-17:

 

“[11] In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.

[12] Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei.

[13] Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!”.

[14] E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Giovinetto, dico a te, alzati!”.

[15] Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre.

[16] Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”.

[17] La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 8, versetti 1-3:

 

“[1] In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.

[2] C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni,

[3] Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 10-11:

 

“[10] Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò verso una città chiamata Betsàida.

[11] Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 10, versetti 1-2:

 

“[1] Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

[2] Diceva loro: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 13, versetto 22:

 

“[22] Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 19, versetti 1-3:

 

“[1] Entrato in Gerico, attraversava la città.

[2] Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,

[3] cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 19, versetti 41-45:

 

“[41] Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:

[42] “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.

[43] Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;

[44] abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”.

[45] Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 4, versetti 1-6:

 

“[1] Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni

[2] – sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,

[3] lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.

[4] Doveva perciò attraversare la Samaria.

[5] Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:

[6] qui c’era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 10, versetti 39-42:

 

“[39] Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.

[40] Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò.

[41] Molti andarono da lui e dicevano: “Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero”.

[42] E in quel luogo molti credettero in lui.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 11, versetti 49-57:

 

“[49] Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: “Voi non capite nulla

[50] e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera”.

[51] Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione

[52] e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.

[53] Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

[54] Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Efraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.

[55] Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.

[56] Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: “Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?”.

[57] Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo.”

 

 

 

[10] Il testo di questo articolo pubblicato il 2 giugno 2020 conteneva le parole: “In conclusione, la povertà non è un consiglio evangelico.”.

Il 29 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla povertà come consiglio evangelico non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).”.

La contrarietà di qualsiasi affermazione alla parola di Dio, infatti, non necessita di un atto di abrogazione, ma rende l’affermazione stessa inesistente.

Questo perché – lo ripeto ancora una volta – Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se la Bibbia afferma più volte e inequivocabilmente che Gesù Cristo non era povero e non gli mancava alcunché, che la ricchezza può anche abbondare ma non bisogna attaccarvi il cuore e infine che bisogna accumulare tesori davanti a Dio, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

 

[11] Libro dei salmi, salmo 62:

 

“[1] Al maestro del coro. Su “Iduthun”. Salmo. Di Davide.

[2] Solo in Dio riposa l’anima mia;
da lui la mia salvezza.

[3] Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.

[4] Fino a quando vi scaglierete contro un uomo,
per abbatterlo tutti insieme,
come muro cadente,
come recinto che crolla?

[5] Tramano solo di precipitarlo dall’alto,
si compiacciono della menzogna.
Con la bocca benedicono,
e maledicono nel loro cuore.

[6] Solo in Dio riposa l’anima mia,
da lui la mia speranza.

[7] Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.

[8] In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.

[9] Confida sempre in lui, o popolo,
davanti a lui effondi il tuo cuore,
nostro rifugio è Dio.

[10] Sì, sono un soffio i figli di Adamo,
una menzogna tutti gli uomini,
insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio.

[11] Non confidate nella violenza,
non illudetevi della rapina;
alla ricchezza, anche se abbonda,
non attaccate il cuore
.

[12] Una parola ha detto Dio,
due ne ho udite:
il potere appartiene a Dio,
tua, Signore, è la grazia;

[13] secondo le sue opere
tu ripaghi ogni uomo.”

 

 

 

[12] LA PARABOLA DEL RICCO STOLTO

Vangelo secondo Luca, capitolo 12, versetti 16-21:

 

“[16] Disse poi una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto.

[17] Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?

[18] E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.

[19] Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.

[20] Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?

[21] Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio“.”

 

 

 

[13] GESÙ CRISTO COMPIMENTO DELLA LEGGE E DEI PROFETI

Vangelo secondo Matteo, capitolo 5, versetto 17:

 

“[17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 3, versetti 13-15:

 

“[13] In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui.

[14] Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”.

[15] Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia“. Allora Giovanni acconsentì.”

 

 

 

Lettera ai romani, capitolo 3, versetti 27-31:

 

“[27] Dove sta dunque il vanto? Esso è stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede.

[28] Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge.

[29] Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche dei pagani? Certo, anche dei pagani!

[30] Poiché non c’è che un solo Dio, il quale giustificherà per la fede i circoncisi, e per mezzo della fede anche i non circoncisi.

[31] Togliamo dunque ogni valore alla legge mediante la fede? Nient’affatto, anzi confermiamo la legge.”

 

 

 

[14] GESÙ CRISTO SERVO OBBEDIENTE

Lettera ai filippesi, capitolo 2, versetti 1-11:

 

“[1] Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione,

[2] rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti.

[3] Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso,

[4] senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.

[5] Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,

[6] il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;

[7] ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana,

[8] umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

[9] Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome;

[10] perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra;

[11] e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.”

 

 

 

[15] L’OBBEDIENZA DI GESÙ CRISTO

Vangelo secondo Matteo, capitolo 26, versetti 36-46:

 

“[36] Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: “Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare”.

[37] E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.

[38] Disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me”.

[39] E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!”.

[40] Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: “Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?

[41] Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.

 

[42] E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: “Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà“.

[43] E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.

[44] E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.

[45] Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: “Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l’ora nella quale il Figlio dell’uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.

[46] Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 21, versetti 39-46:

 

“[39] Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono.

[40] Giunto sul luogo, disse loro: “Pregate, per non entrare in tentazione”.

[41] Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava:

[42] “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà“.

[43] Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo.

[44] In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.

[45] Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza.

[46] E disse loro: “Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione”.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 4, versetti 31-34:

 

“[31] Intanto i discepoli lo pregavano: “Rabbì, mangia”.

[32] Ma egli rispose: “Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”.

[33] E i discepoli si domandavano l’un l’altro: “Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?”.

[34] Gesù disse loro: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 5, versetto 19:

 

“[19] Gesù riprese a parlare e disse: “In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 5, versetti 30-32:

 

“[30] Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

[31] Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera;

[32] ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 5, versetti 36-38:

 

“[36] Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.

[37] E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto,

[38] e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 6, versetti 37-40:

 

“[37] Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò,

[38] perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

[39] E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno.

[40] Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 7, versetti 15-19:

 

“[15] I Giudei ne erano stupiti e dicevano: “Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?”.

[16] Gesù rispose: “La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato.

[17] Chi vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso.

[18] Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l’ha mandato è veritiero, e in lui non c’è ingiustizia.

[19] Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?”.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 8, versetti 28-30:

 

“[28] Disse allora Gesù: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo.

[29] Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite“.

[30] A queste sue parole, molti credettero in lui.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 8, versetti 54-55:

 

“[54] Rispose Gesù: “Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”,

[55] e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 10, versetti 17-18:

 

“[17] Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.

[18] Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio“.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 10, versetti 24-30:

 

“[24] Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: “Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”.

[25] Gesù rispose loro: “Ve l’ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza;

[26] ma voi non credete, perché non siete mie pecore.

[27] Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

[28] Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.

[29] Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.

[30] Io e il Padre siamo una cosa sola“.

 

[31] I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.

[32] Gesù rispose loro: “Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?”.

[33] Gli risposero i Giudei: “Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”.

[34] Rispose loro Gesù: “Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dei?

[35] Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata),

[36] a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?

[37] Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;

[38] ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre“.

[39] Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 12, versetti 48-50:

 

“[48] Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell’ultimo giorno.

[49] Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.

[50] E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me“.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 14, versetti 9-11:

 

“[9] Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?

[10] Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.

[11] Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 14, versetti 22-24:

 

“[22] Gli disse Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?”.

[23] Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

[24] Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 14, versetti 28-31:

 

“[28] Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.

[29] Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.

[30] Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me,

[31] ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui”.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 15, versetti 9-11:

 

“[9] Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.

[10] Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.

[11] Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 15, versetto 15:

 

“[15] Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 18, versetti 10-11:

 

“[10] Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.

[11] Gesù allora disse a Pietro: “Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?”.”

 

 

 

Lettera ai romani, capitolo 5, versetti 17-19:

 

“[17] Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.

[18] Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita.

[19] Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.”

 

 

 

Lettera agli ebrei, capitolo 5, versetti 5-10:

 

“[5] Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse:
Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.

[6] Come in un altro passo dice:
Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek.

[7] Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà;

[8] pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì

[9] e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono,

[10] essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedek.”

 

 

 

[16] Lettera ai filippesi, capitolo 2, versetti 5-8:

 

“[5] Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,

[6] il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;

[7] ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana,

[8] umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.”

 

 

 

Lettera agli ebrei, capitolo 10, versetti 5-10:

 

“[5] Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:
Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato.

[6] Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato.

[7] Allora ho detto: Ecco, io vengo
– poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
per fare, o Dio, la tua volontà.

[8] Dopo aver detto prima non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose tutte che vengono offerte secondo la legge,

[9] soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.
[10] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.”

 

 

 

 

[17] Vangelo secondo Matteo, capitolo 11, versetti 28-30:

 

“[28] Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.

[29] Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.

[30] Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero“.”

 

 

 

Prima lettera di Giovanni, capitolo 5, versetto 3:

 

“[3] perché in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.”

 

 

 

[18] Codice di diritto canonico,

canone 211:

“Can. 211 – Tutti i fedeli hanno il dovere e il diritto di impegnarsi perché l’annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo.”

 

 

 

[19] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 14:

Can. 14 – Omnes christifideles ius et obligationem habent allaborandi, ut divinum salutis nuntium ad omnes homines omnium temporum ac totius orbis magis magisque perveniat.”

 

Canone 14 in italiano:

Can. 14 – Tutti i fedeli cristiani hanno il diritto e il dovere di impegnarsi perché il messaggio divino della salvezza giunga sempre più a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutto il mondo.”

 

 

 

[20] Fil 2, 8

Mt 26, 39.42.44

Lc 21, 42

Gv 4, 34; 5, 19.30.36; 6.38; 7, 16; 8, 28-29.55; 10, 18b.25b.30.32.37-38; 12, 49-50; 14, 10-11.24.31; 15, 10; 18, 11

Rm 5, 19

Eb 5, 8; 10, 5.7.9a

 

 

 

[21] Fil 2, 5-8

 

 

 

[22] Mt 11, 30

 

 

 

[23] Sal 62, 11b

 

 

 

[24] Lc 12, 21

 

 

Le note sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

Il primo concilio di Gerusalemme

La narrazione che la Bibbia fa del primo concilio di Gerusalemme ci permette di migliorare le norme del diritto canonico che si riferiscono ai profili che hanno contraddistinto quell’evento.

Lo scopo di questo articolo è rendere le norme in parola conformi a quanto si legge nella Bibbia.

 

Come è noto, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

Il rispetto delle norme del diritto canonico, infatti, consente ai fedeli di vivere il minimo indispensabile per la loro vita di fede: non nuocere ad alcuno (neminem laedere).

Acquisito stabilmente questo modo di comportarsi, il fedele può passare allo stadio successivo della sua vita di fede: vivere la carità di Cristo con ciò che lo circonda, con se stesso e con gli altri.

 

 

LA RIFLESSIONE TEOLOGICA

Troppo spesso, nella storia della chiesa, la riflessione teologica ha condotto allo spargimento di sangue, a condanne sia religiose sia statali e infine a degli scismi.

 

Affinché lo spargimento di sangue e le altre conseguenze negative delle quali ho appena detto siano solo un triste ricordo del passato, è bene tenere a mente che cos’è e con quali regole si svolge la riflessione teologica.

 

A questo scopo, leggiamo gli eventi del primo concilio di Gerusalemme negli Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33.[1]

 

I versetti 1 e 2 del passo in esame dicono che la riflessione teologica ha avuto un periodo di tempo per esplicarsi.

In questo lasso di tempo, tutti gli interessati hanno manifestato liberamente la loro opinione sull’argomento e hanno confutato le opinioni espresse dagli altri.

Da questo comprendiamo che la riflessione teologica è libera.

 

Il testo in esame, inoltre, afferma che essa non è dogma di fede, ma consiste in proposte e opinioni personali.

 

L’odierna elaborazione giuridica, poi, ha fissato dei limiti all’esercizio del diritto alla libera manifestazione del pensiero.

Questi limiti valgono anche per la riflessione teologica, perché, come abbiamo detto, anch’essa è una forma di esercizio di questo diritto.

In altre parole, la riflessione teologica non può andare al di là dei limiti che la legge prevede per il corretto esercizio del diritto alla libera manifestazione del pensiero: ingiuria, diffamazione, calunnia, minaccia, vilipendio, apologia di reato, istigazione a delinquere, istigazione all’odio.

 

La vivacità della discussione che il versetto 2 del passo in esame descrive, porta a concludere che le affermazioni della riflessione teologica devono essere sostenute da una solida base argomentativa e fattuale.

L’opinione immotivata, infatti, non ha valore e non sarebbe stata idonea a sostenere una discussione che il versetto in parola ci dice essersi svolta “risolutamente” e “animatamente”.

 

I versetti 2, 5 e 6 del testo in esame affermano altresì che la riflessione teologica deve avere il tempo necessario affinché, sul problema preso in esame, emergano le tesi dominanti da sottoporre al concilio.

Anche con i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi, la fase della discussione libera richiede decenni di tempo per lo studio, la riflessione, l’elaborazione della tesi personale e le risposte alle tesi avanzate dagli altri partecipanti alla discussione.

 

In definitiva, il passo in esame degli Atti degli apostoli consente di dire che la riflessione teologica consiste nella elaborazione di proposte per risolvere le questioni di qualsiasi tipo nel campo della fede e altresì che essa si svolge secondo le seguenti regole:

  1. la riflessione teologica non è dogma di fede;
  2. la riflessione teologica è libera;
  3. la riflessione teologica è argomentata in modo adatto a sostenere le sue tesi;
  4. la riflessione teologica si svolge nel rispetto delle norme di legge che disciplinano l’esercizio della libera manifestazione del pensiero.

 

 

IL MAGISTERO

Il passo degli Atti degli apostoli che stiamo esaminando afferma anche come deve attuarsi l’intervento del magistero nella riflessione teologica.

L’intervento in parola non è preventivo o concomitante alla riflessione teologica.

Infatti, il passo in esame non parla di alcun vincolo o direttiva alla quale i partecipanti dovettero sottostare durante la discussione teologica (versetto 2 “risolutamente” e “animatamente”) o durante il concilio (versetto 7 “Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse:”).

 

I versetti 2, 5 e 6 del passo in esame ci dicono tre cose molto importanti.

Innanzitutto, il concilio per esaminare la questione fu convocato solo dopo che la discussione libera su di essa era giunta all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporgli.

 

In secondo luogo, l’autorità magisteriale non fu individuale – ad esempio, un apostolo o una persona di spicco nella comunità dei credenti – ma collegiale come leggiamo nei versetti 2, 4 e 6: “gli apostoli e gli anziani”.

Questo fatto viene ribadito nel versetto 23: “E consegnarono loro la seguente lettera: “Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!”

Ne abbiamo la quinta conferma nel versetto 28 dove si legge: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie:”.

Infine, i versetti che ho ora citato dicono da quali persone deve essere composta l’autorità magisteriale: per l’appunto, “gli apostoli e gli anziani”.

 

Dunque, l’attuazione dei versetti in esame esige che:

  • l’autorità magisteriale deputata all’esame di una questione deve essere convocata solo dopo che la discussione libera su quella questione abbia condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporle;
  • l’autorità magisteriale è necessariamente collegiale: un concilio;
  • l’autorità magisteriale deve essere composta dall’equivalente odierno degli apostoli e dall’equivalente odierno degli anziani di cui parlano i versetti 2, 4, 6, 23 e 28.

 

La storia della Chiesa ci insegna che il concilio convocato per l’esame di una questione nel campo della fede deve essere ecumenico quando la questione può avere un impatto sulla vita di tutti i fedeli in generale o di tutti i fedeli appartenenti a uno stato canonico.

Quando l’impatto di una questione è di minore estensione, per il suo esame deve essere convocato un concilio particolare.

 

 

IL PRIMATO PETRINO

La Scrittura, come abbiamo appena letto ed esaminato, afferma che il governo della Chiesa è di tipo collegiale.

Pertanto, non si può condividere la tesi che assegna la suprema potestà dottrinale e giuridica nella Chiesa a un solo individuo.

 

A questo non vale obiettare che il Nuovo Testamento darebbe all’apostolo Pietro la qualifica di roccia sulla quale è edificata la Chiesa.[2]

Infatti, è lo stesso Nuovo Testamento ad affermare che il fondamento sul quale è costruita la Chiesa è Cristo e che nessun altro può porre un fondamento diverso da questo.[3]

Né si può obiettare che Pietro abbia avuto la primazia nel gruppo degli apostoli.

Infatti, il Nuovo Testamento ci dice che la prima Chiesa – la Chiesa di Gerusalemme – non era guidata da Pietro, ma da Giacomo.[4]

Questo perché, nella cultura ebraica, era normale che, quando una persona non fosse stata più presente, il suo posto venisse preso dal parente più prossimo: dopo l’ascensione al cielo di Gesù, la guida della comunità dei credenti viene assunta da Giacomo che era il suo parente più prossimo.

Per averne un’altra conferma, è sufficiente leggere i versetti che abbiamo citato del primo concilio di Gerusalemme negli Atti degli apostoli dove si dice che fu Giacomo a chiudere la discussione nel concilio, dopo che aveva parlato Pietro (capitolo 15, versetti 13-21).

 

Infine, va compreso bene il versetto del capitolo 16 del vangelo secondo Matteo che parla delle chiavi del regno dei cieli e del potere di legare e di sciogliere.[5]

Il potere di legare e di sciogliere, nel giudaismo, indicava il potere di consentire o proibire, vale a dire ammettere o escludere dalla comunità dei credenti.

L’immagine delle chiavi fa riferimento a un’autorità che, nel giudaismo, si basava sull’interpretazione della legge, mentre, nel passo del vangelo di Matteo, si basa sulla confessione fatta da Pietro di Gesù come figlio di Dio.

Ebbene, due capitoli dopo l’affermazione in esame, Matteo afferma che la stessa autorità di legare e di sciogliere viene data da Gesù a tutti gli apostoli.[6]

Il vangelo di Giovanni, poi, afferma che Gesù attribuisce il potere di rimettere o meno i peccati – e dunque di consentire o meno l’ingresso nel regno dei cieli – ai discepoli riuniti nel cenacolo.[7]

 

Per questi motivi, le norme del diritto canonico che prevedono un governo della Chiesa universale di tipo monocratico, facente capo a un solo soggetto munito della suprema potestà dottrinale e giuridica, devono essere modificate con la previsione che la Chiesa universale sia governata da un collegio del quale fanno parte il collegio dei vescovi, in qualità di successore del collegio degli apostoli, unitamente a degli anziani laici non consacrati né sacerdoti.

Questo, lo ripetiamo, al fine di rendere le norme del diritto canonico su questo argomento conformi alla Bibbia.

 

Per sapere quali soggetti sono chiamati a partecipare al concilio, dobbiamo comprendere ora quale siano gli equivalenti odierni degli apostoli e degli anziani dei quali parla il capitolo 15 degli Atti degli apostoli.

 

 

L’EQUIVALENTE ODIERNO DEGLI APOSTOLI

Per comprendere quale sia l’equivalente odierno degli apostoli, è sufficiente leggere il codice di diritto canonico.

Il canone 336 del codice in parola afferma che: “Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice” è il soggetto “nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico”.[8]

 

A questo punto è necessario ribadire che l’appartenenza al collegio dei vescovi non serve per avere un titolo onorifico o la responsabilità di una scrivania.

Gesù Cristo, infatti, non ha scelto gli apostoli per fargli avere un titolo onorifico o la responsabilità di una scrivania, ma per affidargli dei precisi incarichi pastorali: predicare, battezzare, curare.[9]

 

La responsabilità pastorale di una porzione del gregge del Signore quindi è necessaria per poter essere vescovo.[10]

Per questa ragione e in considerazione del fatto che la soluzione che emerge da un concilio ha conseguenze sulla vita dei credenti, gli unici vescovi che partecipano al concilio devono essere i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica.

 

Per questi motivi, le norme del diritto canonico nelle quali si afferma che devono essere convocati al concilio anche dei vescovi diversi dai vescovi diocesani titolari di cattedra in carica devono essere modificate al fine di renderle conformi al testo biblico.

 

 

L’EQUIVALENTE ODIERNO DEGLI ANZIANI

Per comprendere quale sia l’equivalente odierno degli anziani, iniziamo ancora una volta dalle fondamenta: la Scrittura.

Nei vangeli e in alcuni passi degli Atti degli apostoli dove si parla della comunità ebraica, il termine “anziani” si riferisce alle persone avanti negli anni rispetto all’età media della comunità, che non fanno parte delle classi dei sacerdoti e degli scribi, ma che assieme a questi ultimi formano un collegio che guida la comunità ebraica.[11]

Nei passi degli Atti degli apostoli dove si parla delle comunità cristiane, il termine “anziani” si riferisce alle persone avanti negli anni rispetto all’età media della comunità, che non esercitano il ministero apostolico, sacerdotale o diaconale, ma che formano un collegio che guida una chiesa locale.[12]

Tutto questo è confermato anche per la Chiesa madre di tutte le Chiese: la Chiesa di Gerusalemme.

Negli Atti degli apostoli, infatti, si legge più volte che, assieme agli apostoli, gli anziani guidano la Chiesa di Gerusalemme, senza essere in alcun modo incaricati dei ministeri apostolico, sacerdotale o diaconale.[13]

 

Non può esservi dubbio, quindi, sul fatto che gli anziani di cui parlano tutti i numerosi passi che abbiamo esaminato e citato nelle note di questo paragrafo sono persone:

  • avanti negli anni rispetto all’età media della comunità alla quale appartengono,
  • senza i ministeri apostolico, sacerdotale o diaconale,
  • che guidano la comunità dei credenti collegialmente con i vertici religiosi di essa: i sacerdoti e gli scribi nella comunità ebraica, gli apostoli nella comunità cristiana.

 

Passo ora a individuare l’equivalente odierno di questi anziani.

Sebbene i versetti 2, 4, 6, 23, e 28 del capitolo 15 degli Atti degli apostoli affermino che il governo della Chiesa sia collegiale, non sono a conoscenza di diocesi nelle quali degli anziani – laici non consacrati né sacerdoti – guidano la comunità collegialmente con il vescovo.

Non parlo dell’esecuzione di servizi nella pastorale sanitaria o della catechesi, ma della guida della diocesi collegialmente con il vescovo, al pari di quanto si legge nei passi biblici citati nelle note 11, 12 e 13 di questo articolo.

 

Contro qualsiasi tentazione di affermare che l’equivalente odierno degli anziani sarebbero i presbiteri, valga osservare che:

  • nella struttura di governo della comunità ebraica – che, come abbiamo letto, la comunità cristiana ricalca – i sacerdoti costituiscono la classe dei leviti, non quella degli anziani;
  • nei passi biblici citati nelle note 11, 12 e 13 di questo articolo non si rinviene alcun ministero sacerdotale affidato agli anziani, né nella comunità ebraica, né in quella cristiana;
  • la tripartizione vescovo – presbitero – diacono come struttura rilevante nel governo della comunità cristiana non è presente nella Bibbia, ma compare per la prima volta nelle lettere attribuite a sant’Ignazio di Antiochia.[14]

 

Senza nulla togliere al valore dell’elaborazione teologica svolta da sant’Ignazio di Antiochia, non dovrebbe esserci alcun dubbio sul fatto che, di fronte a numerosi passi biblici concordi nell’affermare che la struttura di governo della comunità cristiana è di tipo collegiale e vede coinvolti gli anziani – laici non consacrati né sacerdoti – assieme gli apostoli, le opinioni di stampo diverso, per quanto autorevoli, non possono soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

 

Per questi motivi, le norme del diritto canonico che prevedono un governo della chiesa particolare di tipo monocratico facente capo al vescovo devono essere modificate con la previsione che la diocesi sia governata da un collegio del quale fanno parte il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica e alcuni anziani laici non consacrati né sacerdoti.

Questo, lo ripetiamo, al fine di rendere le norme in parola del diritto canonico conformi alla Bibbia.

 

Allo stesso fine vanno modificate le norme del diritto canonico che non prevedono l’obbligatoria partecipazione al concilio con voto deliberativo di anziani – laici non consacrati né sacerdoti – esperti nella questione da discutere.

 

 

 

LE PRELATURE PERSONALI

Come abbiamo letto, nel Nuovo Testamento la comunità cristiana è articolata in chiese particolari e chiesa universale.

Non ho trovato alcun passo del Nuovo Testamento che parli delle prelature personali.

Chiedo a chi ne conosce qualcuno di citarlo nello spazio per i commenti alla fine di questo articolo e lo ringrazio fin da ora.

È vero che la Scrittura – poiché è al contempo parola di Dio e dell’autore ispirato – deve essere interpretata, ma questo non può condurre a inserirvi fatti o tesi che essa non contiene.

Se il Nuovo Testamento afferma che la comunità cristiana è articolata in chiese particolari e chiesa universale, non si può affermare che oggi la comunità cristiana può essere organizzata in prelature personali, chiese particolari e chiesa universale.

Per i cristiani, l’insegnamento che emerge dalla Scrittura è normativo.

Non è un insieme di suggerimenti, proposte, idee.

In altre parole, non si può prevedere un’articolazione della comunità dei credenti ulteriore o diversa rispetto a quella che si legge nel Nuovo Testamento: chiese particolari e chiesa universale.

Quello che qui si contesta non è il fatto che i chierici possano associarsi fra loro, ma il fatto che possano esistere delle realtà che non siano sottoposte all’autorità dell’organo collegiale di governo della diocesi – come abbiamo detto: vescovo e anziani – nel cui territorio esse operano.

Affermare l’esistenza delle prelature personali, quindi, significa aggiungere un terzo soggetto agli unici due dei quali il Nuovo Testamento parla a proposito dell’articolazione della comunità cristiana.

 

I documenti che creano l’istituto della prelatura personale sono recenti: il paragrafo numero 10 del decreto Presbyterorum ordinis del 1965 e i successivi documenti attuativi. [15]

In essi si legge di peculiari esigenze missionarie per soddisfare le quali sarebbe necessario procedere all’istituzione delle prelature personali.

Nel codice di diritto canonico, le prelature personali sono disciplinate dai canoni dal 294 al 297.[16]

Al contrario, nel codice dei canoni delle chiese orientali le prelature personali non ci sono.

Inoltre, i canoni 357 e 391 del codice dei canoni delle chiese orientali[17] non menzionano le prelature personali tra le opzioni offerte al chierico per adempiere al suo obbligo di associazione.

Per questo mi sono domandato: è possibile che le peculiari esigenze missionarie siano presenti solo nella Chiesa latina e non anche nelle Chiese orientali?

 

Poiché il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per la vita dei fedeli, la mancanza di un passo della Scrittura sul quale fondare l’esistenza delle prelature personali comporta che l’istituto vada abolito e tutte le norme che le creano e le disciplinano debbano essere abrogate.

Un’identica conclusione è valida per tutte le altre chiese particolari – diverse dalla diocesi – che sono state istituite dal diritto canonico, ma delle quali non vi è traccia nel Nuovo Testamento, a titolo non esaustivo: prelatura territoriale, abbazia territoriale, vicariato apostolico, prefettura apostolica.

Senza pretesa di completezza, i documenti che parlano delle prelature personali sono:

  • i canoni 294-297 del codice di diritto canonico;
  • il numero 10 del decreto Presbyterorum ordinis nella parte in cui parla delle prelature personali;
  • il decreto Ad gentes, numero 20 nota 105[18] e numero 27 nota 140[19];
  • il motu proprio Ecclesiae sanctae, numero 4;[20]
  • la costituzione apostolica Regimini ecclesiae universae, articolo 49, paragrafo 1;[21]
  • e ogni atto che ha eretto una o più prelature personali.

Le prelature personali oggi esistenti che non desiderano estinguersi possono chiedere all’autorità competente la propria trasformazione in altre realtà previste dal diritto canonico, come ad esempio l’associazione di chierici[22], l’istituto di vita secolare[23], la società di vita apostolica[24].

 

 

 

I CANONI DA MODIFICARE

I passi della Bibbia citati e le argomentazioni esposte in questo articolo conducono alla necessità di modificare alcuni canoni del diritto canonico al fine di renderli conformi alla Scrittura.

 

 

Sui doveri dei fedeli

Il canone 210 del codice di diritto canonico[25] e il canone 13 del codice dei canoni delle chiese orientali[26]

Il canone 210 del codice di diritto canonico e il canone 13 del codice delle chiese orientali sono modificati nel modo seguente:

 

§1. Tutti i fedeli cristiani devono dedicare le proprie energie, ciascuno secondo la sua condizione, per condurre una vita santa e inoltre per promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione.

§2. Tutti i fedeli, secondo la propria condizione, hanno il dovere di contribuire alla riflessione teologica.[27]

§3. La riflessione teologica consiste nella elaborazione di proposte per risolvere le questioni di qualsiasi tipo nel campo della fede.

§4. La riflessione teologica si svolge secondo le regole seguenti:

  1. la riflessione teologica non è dogma di fede;
  2. la riflessione teologica è libera;
  3. la riflessione teologica è argomentata in modo adatto a sostenere le sue tesi;
  4. la riflessione teologica si svolge nel rispetto delle norme di legge che disciplinano l’esercizio del diritto alla libera manifestazione del pensiero.

 

 

 

Sul concilio ecumenico e sui concilii particolari

I canoni 338, 339 e 443 del codice di diritto canonico[28]

Il canone 338 è abrogato e il suo testo è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 338 – §1. Il concilio ecumenico è convocato quando una questione di qualsiasi tipo nel campo della fede può avere un impatto sulla vita di tutti i fedeli in generale o di tutti i fedeli appartenenti a uno stato canonico.

§2. Quando una questione di qualsiasi tipo nel campo della fede ha un impatto di minore estensione rispetto a quanto previsto nel paragrafo 1 di questo canone, è convocato un concilio particolare.

§3. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra in carica indirizzata al collegio dei vescovi, il concilio ecumenico è convocato automaticamente di diritto.

§4. Il concilio ecumenico convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.[29]

§5. Al concilio ecumenico partecipano soltanto i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica e gli anziani laici non consacrati né sacerdoti esperti nella questione da discutere nel concilio.

§6. Fatta canonicamente la convocazione, se due terzi dei membri che sono tenuti a partecipare al concilio ecumenico, tolti coloro che sono trattenuti da legittimo impedimento, risultano presenti nel luogo designato, il concilio è dichiarato canonico e si procede.

§7. È compito di chi presiede il concilio ecumenico, dopo aver ascoltato i membri del concilio, preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del concilio all’inizio delle sessioni.

§8. Durante il concilio ecumenico, i singoli membri possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al concilio.

§9. Ferme restando le disposizioni sull’ordine del giorno contenute nei paragrafi 7 e 8 di questo canone, la discussione nel concilio ecumenico è libera.[30]

§10. Il concilio ecumenico vota a maggioranza dei due terzi dei membri che partecipano al concilio il suo trasferimento, la sua sospensione, il suo scioglimento.

§11. A meno che il diritto particolare non esige una maggiore presenza, ogni sessione del concilio ecumenico è canonica e ogni singola votazione è valida, se la maggioranza più uno dei membri che sono tenuti a intervenire al concilio è presente.

§12. Tutti i partecipanti al concilio ecumenico hanno il voto deliberativo.

§13. Le norme contrarie a questo canone sono abrogate.

 

 

Il canone 339 del codice di diritto canonico è abrogato.

 

 

Le parole “e le questioni da trattare” nel numero 4 del canone 441 sono abrogate.

Le parole “e le questioni da trattare” nel numero 3 del canone 442 sono abrogate.

In entrambi i casi il motivo è dato dal fatto che queste previsioni sono sostituite dai nuovi paragrafi 7 e 8 del canone 338.

 

 

Il canone 443 è abrogato e il suo testo è modificato nel modo seguente:

 

Can. 443 – §1. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra indirizzata al collegio dei vescovi della conferenza episcopale alla quale essi appartengono, il concilio particolare è convocato automaticamente di diritto.

§2. Fermo quanto disposto dai paragrafi 1 e 2 del canone 338, il concilio particolare convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.

§3. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra in carica indirizzata al collegio dei vescovi della conferenza episcopale alla quale essi appartengono, il concilio particolare è convocato automaticamente di diritto.

§4. Il concilio particolare convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.[31]

§5. Al concilio particolare partecipano soltanto i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica e gli anziani laici non consacrati né sacerdoti esperti nella questione da discutere nel concilio.

§6. Fatta canonicamente la convocazione, se due terzi dei membri che sono tenuti a partecipare al concilio particolare, tolti coloro che sono trattenuti da legittimo impedimento, risultano presenti nel luogo designato, il concilio è dichiarato canonico e si procede.

§7. È compito di chi presiede il concilio particolare, dopo aver ascoltato i membri del concilio, preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del concilio all’inizio delle sessioni.

§8. Durante il concilio particolare, i singoli membri possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al concilio.

§9. Ferme restando le disposizioni sull’ordine del giorno contenute nei paragrafi 7 e 8 di questo canone, la discussione nel concilio particolare è libera.[32]

§10. Il concilio particolare vota a maggioranza dei due terzi dei membri che partecipano al concilio il suo trasferimento, la sua sospensione, il suo scioglimento.

§11. A meno che il diritto particolare non esige una maggiore presenza, ogni sessione del concilio particolare è canonica e ogni singola votazione è valida, se la maggioranza più uno dei membri che sono tenuti a intervenire al concilio è presente.

§12. Tutti i partecipanti al concilio particolare hanno il voto deliberativo.

§13. Le disposizioni di questo canone si applicano anche a tutte le altre assemblee previste dal diritto.

§14. Le norme contrarie a questo canone sono abrogate.

 

 

 

Sui concilii nelle chiese orientali

I canoni 102 e 108 del codice dei canoni delle chiese orientali[33]

Il canone 102 del codice dei canoni delle chiese orientali è abrogato e il suo testo è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 102 – §1. Il concilio ecumenico è convocato quando una questione di qualsiasi tipo nel campo della fede può avere un impatto sulla vita di tutti i fedeli in generale o di tutti i fedeli appartenenti a uno stato canonico.

§2. Quando una questione di qualsiasi tipo nel campo della fede ha un impatto di minore estensione rispetto a quanto previsto nel paragrafo 1 di questo canone, è convocato un concilio particolare.

§3. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra in carica indirizzata al collegio dei vescovi, il concilio ecumenico è convocato automaticamente di diritto.

§4. Il concilio ecumenico convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.[34]

§5. Al concilio ecumenico partecipano soltanto i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica e gli anziani laici non consacrati né sacerdoti esperti nella questione da discutere nel concilio.

§6. Fatta canonicamente la convocazione, se due terzi dei membri che sono tenuti a partecipare al concilio ecumenico, tolti coloro che sono trattenuti da legittimo impedimento, risultano presenti nel luogo designato, il concilio è dichiarato canonico e si procede.

§7. È compito di chi presiede il concilio ecumenico, dopo aver ascoltato i membri del concilio, preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del concilio all’inizio delle sessioni.

§8. Durante il concilio ecumenico, i singoli membri possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al concilio.

§9. Ferme restando le disposizioni sull’ordine del giorno contenute nei paragrafi 7 e 8 di questo canone, la discussione nel concilio ecumenico è libera.[35]

§10. Il concilio ecumenico vota a maggioranza dei due terzi dei membri che partecipano al concilio il suo trasferimento, la sua sospensione, il suo scioglimento.

§11. A meno che il diritto particolare non esige una maggiore presenza, ogni sessione del concilio ecumenico è canonica e ogni singola votazione è valida, se la maggioranza più uno dei membri che sono tenuti a intervenire al concilio è presente.

§12. Tutti i partecipanti al concilio ecumenico hanno il voto deliberativo.

§13. Le norme contrarie a questo canone sono abrogate.

 

 

 

Il canone 108 del codice dei canoni delle chiese orientali è abrogato e il suo testo è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 108 – §1. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra indirizzata al collegio dei vescovi della conferenza episcopale alla quale essi appartengono, il concilio particolare è convocato automaticamente di diritto.

§2. Fermo quanto disposto dai paragrafi 1 e 2 del canone 102, il concilio particolare convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.

§3. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra in carica indirizzata al collegio dei vescovi della conferenza episcopale alla quale essi appartengono, il concilio particolare è convocato automaticamente di diritto.

§4. Il concilio particolare convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.[36]

§5. Al concilio particolare partecipano soltanto i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica e gli anziani laici non consacrati né sacerdoti esperti nella questione da discutere nel concilio.

§6. Fatta canonicamente la convocazione, se due terzi dei membri che sono tenuti a partecipare al concilio particolare, tolti coloro che sono trattenuti da legittimo impedimento, risultano presenti nel luogo designato, il concilio è dichiarato canonico e si procede.

§7. È compito di chi presiede il concilio particolare, dopo aver ascoltato i membri del concilio, preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del concilio all’inizio delle sessioni.

§8. Durante il concilio particolare, i singoli membri possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al concilio.

§9. Ferme restando le disposizioni sull’ordine del giorno contenute nei paragrafi 7 e 8 di questo canone, la discussione nel concilio particolare è libera.[37]

§10. Il concilio particolare vota a maggioranza dei due terzi dei membri che partecipano al concilio il suo trasferimento, la sua sospensione, il suo scioglimento.

§11. A meno che il diritto particolare non esige una maggiore presenza, ogni sessione del concilio particolare è canonica e ogni singola votazione è valida, se la maggioranza più uno dei membri che sono tenuti a intervenire al concilio è presente.

§12. Tutti i partecipanti al concilio particolare hanno il voto deliberativo.

§13. Le disposizioni di questo canone si applicano anche a tutte le altre assemblee previste dal diritto.

§14. Le norme contrarie a questo canone sono abrogate.

 

 

 

Sulle Chiese particolari nel codice di diritto canonico

Il canone 368 del codice di diritto canonico[38]

Il canone 368 è abrogato e il suo testo è sostituito come segue:

 

Can. 368 – §1. Le Chiese particolari sono unicamente le diocesi.

§2. La suprema potestà in ogni diocesi è esercitata da un collegio[39] del quale fanno parte il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica e alcuni anziani laici non consacrati né sacerdoti[40] estratti a sorte[41] tra tutti i credenti validamente battezzati che hanno superato l’età media delle persone che fanno parte di quella diocesi e prendono parte alla sua vita.

§3. Nel caso in cui la diocesi non abbia anziani con le caratteristiche di cui al paragrafo 2 di questo canone, devono essere estratte a sorte delle persone con il maggior numero di queste caratteristiche tra tutti i credenti validamente battezzati che prendono parte alla vita della diocesi.

§4. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

 

I canoni 370 e 371 del codice di diritto canonico sono abrogati e il loro testo è modificato nel modo seguente:

 

Can. 370 – §1. L’istituto della prelatura territoriale è abrogato.

§2. Tutte le prelature territoriali esistenti sono automaticamente abolite e incorporate nella diocesi o nelle diocesi nel cui territorio si trovano.

§3. Entro il termine di tre anni dalla entrata in vigore di questo canone, la conferenza episcopale nel cui territorio si trovano uno o più delle abolite prelature territoriali può decidere la riorganizzazione delle sue diocesi e del loro territorio.

§4. L’istituto dell’abbazia territoriale è abrogato.

§5. Tutte le abbazie territoriali esistenti sono automaticamente abolite e trasformate in abbazie sui iuris per il loro diritto interno e per tutto il resto sottoposte all’autorità della diocesi o delle diocesi nel cui territorio si trovano.

§6. Entro il termine di tre anni dalla entrata in vigore di questo canone, la conferenza episcopale nel cui territorio si trovano uno o più delle abolite abbazie territoriali può decidere la riorganizzazione delle sue diocesi e del loro territorio.

 

Can. 371 – §1. L’istituto del vicariato apostolico è abrogato.

§2. Ogni vicariato apostolico esistente è automaticamente abolito e trasformato in diocesi.

§3. Entro il termine di tre anni dalla entrata in vigore di questo canone, la conferenza episcopale nel cui territorio si trovano uno o più degli aboliti vicariati apostolici può decidere la riorganizzazione delle sue diocesi e del loro territorio.

§4. L’istituto della prefettura apostolica è abrogato.

§5. Ogni prefettura apostolica esistente è automaticamente abolita e trasformata in diocesi.

§6. Entro il termine di tre anni dalla entrata in vigore di questo canone, la conferenza episcopale nel cui territorio si trovano una o più delle abolite prefetture apostoliche può decidere la riorganizzazione delle sue diocesi e del loro territorio.

 

 

Sulle Chiese particolari nel codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 55 del codice dei canoni delle chiese orientali[42]

Il canone 55 del codice delle chiese orientali è abrogato e il suo testo è modificato come segue:

 

Can. 55 – §1. Le Chiese particolari sono unicamente le diocesi.

§2. La suprema potestà in ogni diocesi è esercitata da un collegio[43] del quale fanno parte il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica e alcuni anziani laici non consacrati né sacerdoti[44] estratti a sorte[45] tra tutti i credenti validamente battezzati che hanno superato l’età media delle persone che fanno parte di quella diocesi e prendono parte alla sua vita.

§3. Nel caso in cui la diocesi non abbia anziani con le caratteristiche di cui al paragrafo 2 di questo canone, devono essere estratte a sorte delle persone con il maggior numero di queste caratteristiche tra tutti i credenti validamente battezzati che prendono parte alla vita della diocesi.

§4. Le parole “chiesa patriarcale” ovunque si trovino sono sostituite dalla parola “diocesi”.

§5. La parola “patriarca” ovunque si trovi è sostituita dalla parola “vescovo”.

§6. I poteri e le prerogative di ogni vescovo sono quelli del vescovo diocesano titolare di cattedra.

§7. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

 

 

Il titolo IV del Codice dei canoni delle chiese orientali è rinominato “Le Chiese particolari”

I Titoli V “De ecclesiis archiepiscopalibus maioribus”, VI “De ecclesiis metropolitanis ceterisque ecclesiis sui iuris”, VII “De eparchiis et de episcopis” e VIII “De exarchiis et de exarchis” del codice dei canoni delle chiese orientali sono abrogati.

Queste abrogazioni sono la conseguenza delle previsioni contenute nel nuovo canone 55 del codice dei canoni delle chiese orientali.

 

 

 

Le norme sulle prelature personali

I cannoni dal 294 al 297 del codice di diritto canonico[46]

Nel codice di diritto canonico, i canoni dal 294 al 297 sono abrogati.

Il testo del canone 294 è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 294 – §1. L’istituto della prelatura personale è abrogato.

§2. Tutte le prelature personali sono abolite.

§3. Ogni prelatura personale è convertita automaticamente in associazione di chierici.

§4. Entro il termine di due anni dalla entrata in vigore di questo canone, gli appartenenti alle abolite prelature personali possono associarsi in un modo diverso dall’associazione di chierici scegliendo tra gli istituti disciplinati dal diritto canonico.

 

 

 

Il romano pontefice

Canoni 331-335 del codice di diritto canonico[47]

Come si leggerà tra breve, il nuovo testo del canone 332 paragrafo 1 afferma che:

“Il vescovo di Roma è estratto a sorte tra i presbiteri incardinati nella diocesi di Roma che siano stati validamente ordinati.”.

Il motivo della previsione normativa dell’estrazione a sorte è dato dal fatto che, nella Bibbia, questo è il modo con il quale si rimette alla volontà di Dio la scelta da compiere.[48]

I canoni dal 331 al 335 del codice di diritto canonico sono abrogati e il loro testo è sostituito nel modo seguente:

 

CAPITOLO I – L’ORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA

Articolo 1 – Il vescovo di Roma, il Capo dello Stato Città del Vaticano e le conferenze episcopali

 

Can. 331 – §1. Come, per volontà del Signore, tutti gli apostoli costituiscono un solo collegio, similmente i vescovi costituiscono un solo collegio.

§2. Le parole “Sommo Pontefice” o “Romano Pontefice” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “vescovo di Roma” ad eccezione dei canoni dal 362 al 367 nei quali le parole “Romano Pontefice” sono sostituite con le parole “Capo dello Stato Città del Vaticano”.

§3. Le parole “Santa Sede” o “Sede Apostolica” ovunque si trovino sono sostitute con le parole “Stato Città del Vaticano”.

§4. Le parole “Nunzio apostolico” e “Legato pontificio” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “ambasciatore dello Stato Città del Vaticano”.

§5. Le prerogative e i poteri del vescovo di Roma sono quelli del vescovo diocesano titolare di cattedra.

§6. Il servizio in qualità di Capo dello Stato Città del Vaticano e qualsiasi mansione della carriera diplomatica dello Stato Città del Vaticano sono regolati dal diritto internazionale pubblico e sono incompatibili con il ministero episcopale, con il ministero presbiterale, con il ministero diaconale, con la vita laicale consacrata. La violazione di questo paragrafo è sanzionata con l’automatica riduzione allo stato laicale e con l’automatica scomunica entrambe non sanabili.

§7. Il servizio in qualità di Capo dello Stato Città del Vaticano è assunto da un laico eletto ogni cinque anni e rieleggibile una sola volta.

§8. È validamente eletto Capo dello Stato Città del Vaticano chi ottiene il maggior numero di voti e non meno della metà più uno dei voti di coloro che svolgono le funzioni di ambasciatore dello Stato Città del Vaticano.

 

Can. 332 – §1. Il vescovo di Roma è estratto a sorte[49] tra i presbiteri incardinati nella diocesi di Roma che siano stati validamente ordinati. A tale fine, i presbiteri di cui al periodo precedente sono unicamente i presbiteri validamente ordinati e che il giorno prima della cessazione dall’incarico del precedente vescovo diocesano titolare di cattedra in carica risultino incardinati nella diocesi della quale il futuro vescovo è destinato a essere il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica.

§2. Fatta la convocazione canonica, l’assemblea per l’estrazione a sorte del vescovo di Roma è validamente costituita con la presenza dei due terzi degli aventi diritto.

§3. La votazione è valida con il voto della metà più uno degli aventi diritto.

§4. Il soggetto che ottiene più voti e non meno della metà più uno dei voti sia proclamato vescovo di Roma.

§5. L’elezione legittima, l’accettazione libera e la consacrazione al ministero episcopale fanno ottenere all’eletto il ministero di vescovo di Roma.

§6. Se l’eletto che ha accettato non è vescovo, sia consacrato al ministero episcopale.

§7. Nel caso in cui il vescovo di Roma rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

§8. Quando la sede del vescovo di Roma sia vacante non si modifichi nulla, ma ci si attenga alle disposizioni delle leggi speciali emanate per questa circostanza.

§9. Le disposizioni di questo canone si applicano anche all’acquisizione del ministero episcopale da parte di ogni vescovo della Chiesa di Gesù Cristo.

 

Can. 333 – §1. La Chiesa latina è organizzata in conferenze episcopali.

§2. Il territorio di ciascuna conferenza episcopale corrisponde al territorio dello Stato nel quale essa si trova.

§3. La conferenza episcopale, così come ogni vescovo, non può agire o decidere in contrasto con la parola di Dio, con le delibere dei concilii ecumenici e con il diritto canonico.

 

Can. 334 – §1. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo il monsignorato, il cardinalato e ogni altro titolo onorifico sono aboliti.

§2. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero episcopale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§3. La consacrazione al ministero episcopale è conferita validamente solo e soltanto a coloro che devono essere vescovi diocesani titolari di cattedra.[50]

§4. Tutti coloro i quali, a partire dalla data di entrata in vigore di questo canone, hanno la consacrazione al ministero episcopale, ma non sono vescovi diocesani titolari di cattedra in carica o vescovi diocesani titolari di cattedra emeriti, sono automaticamente ridotti allo stato che avevano prima della consacrazione al ministero episcopale.

§5. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero presbiterale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§6. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero diaconale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§7. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutte le persone che conducono la vita laicale consacrata hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§8. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutte le persone che conducono la vita laicale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

 

Can. 335 – Ogni disposizione contraria ai canoni 331, 332, 333, 334 è abrogata.

 

 

 

Il collegio dei vescovi

Codice di diritto canonico canoni 336-341[51]

I canoni dal 336 al 341 del codice di diritto canonico sono abrogati.

Le loro disposizioni, infatti, o sono già presenti nel testo modificato di altri canoni (ad esempio: la definizione del collegio dei vescovi nel nuovo testo del canone 331, paragrafo 1, le norme sul concilio ecumenico nel nuovo testo del canone 338), o sono esplicazione della forma di governo monocratica della Chiesa (che abbiamo compreso non essere quella che si legge nella Scrittura).

 

 

 

Il sinodo dei vescovi

Codice di diritto canonico canoni 342-348[52]

I canoni dal 342 al 348 del codice di diritto canonico sono abrogati.

Le loro disposizioni, infatti, sono attuazione della forma di governo monocratica della Chiesa (che abbiamo compreso non essere quella che si legge nella Scrittura).

Inoltre, la nuova previsione dei motivi per i quali è convocato il concilio ecumenico rende superfluo prevedere e disciplinare l’istituto del sinodo dei vescovi (nuovo testo del canone 338, paragrafo 1).

 

 

 

I cardinali di santa romana Chiesa

Canoni 349-359 del codice di diritto canonico[53]

I canoni 349-359 del codice di diritto canonico sono abrogati.

L’abrogazione di tutti i titoli onorifici nella Chiesa – e tra di essi il cardinalato – rende inutili le norme sui cardinali (nuovo testo del canone 334, paragrafo 1).

Le norme in parola, poi, sono inutili alla luce della nuova disposizione per la quale il Capo dello Stato Città del Vaticano organizza e dirige le persone che collaborano con lui, nonché in considerazione della incompatibilità tra l’episcopato, il presbiterato, il diaconato, la vita laicale consacrata e la collaborazione con il Capo dello Stato Città del Vaticano (nuovo testo dei canoni 360 e 361).

 

 

La curia romana

I canoni 360 e 361 del Codice di diritto canonico[54]

Il capitolo IV al quale appartengono i canoni 360 e 361 è rinominato “Gli uffici dello Stato Città del Vaticano”.

I canoni 360 e 361 del codice di diritto canonico sono abrogati e il loro testo è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 360 – Il Capo dello Stato Città del Vaticano organizza e dirige le persone che collaborano con lui.

 

Can. 361 – §1. Il ministero episcopale, il ministero presbiterale, il ministero diaconale, la vita laicale consacrata sono incompatibili con l’essere collaboratore o collaboratrice del Capo dello Stato Città del Vaticano.

§2. Le uniche eccezioni al paragrafo 1 di questo canone sono l’invio di informative e petizioni e l’aiuto prestato in caso di calamità.

§3. La violazione di questo canone è sanzionata con l’automatica riduzione allo stato laicale e con l’automatica scomunica entrambe non sanabili.

 

 

 

I legati del romano pontefice

Codice diritto canonico, canoni 362-367[55]

I canoni dal 362 al 367 del codice di diritto canonico sono abrogati.

Le norme in parola sono inutili alla luce della nuova disposizione per la quale il Capo dello Stato Città del Vaticano organizza e dirige le persone che collaborano con lui (nuovo testo del canone 360), nonché in considerazione della previsione per la quale le parole “Nunzio apostolico” e “Legato pontificio” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “ambasciatore dello Stato Città del Vaticano” (nuovo testo del canone 331, paragrafo 4) e infine in base alla previsione per la quale qualsiasi mansione della carriera diplomatica dello Stato Città del Vaticano è regolata dal diritto internazionale pubblico (nuovo testo del canone 331, paragrafo 6).

 

 

 

La suprema autorità della Chiesa e il romano pontefice

Canoni 42-48 del codice dei canoni delle chiese orientali[56]

Come si leggerà tra breve, il nuovo testo del canone 45 paragrafo 1 afferma che:

“Il vescovo di Roma è estratto a sorte tra i presbiteri incardinati nella diocesi di Roma che siano stati validamente ordinati.”.

Il motivo della previsione normativa dell’estrazione a sorte è dato dal fatto che, nella Bibbia, questo è il modo con il quale si rimette alla volontà di Dio la scelta da compiere.

Si vedano a tale proposito i passi biblici citati nella nota numero 41.

I canoni dal 42 al 48 del codice dei canoni delle chiese orientali sono abrogati e il loro testo è sostituito nel modo seguente:

 

TITOLO III – L’ORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA

 

Can. 42 – Come, per volontà del Signore, tutti gli apostoli costituiscono un solo collegio, similmente i vescovi costituiscono un solo collegio.

 

Capitolo 1 – Il vescovo di Roma, il Capo dello Stato Città del Vaticano e le conferenze episcopali

Can. 43 – §1. Le parole “Sommo Pontefice” o “Romano Pontefice” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “vescovo di Roma”.

§2. Le parole “Santa Sede” o “Sede Apostolica” ovunque si trovino sono sostitute con le parole “Stato Città del Vaticano”.

§3. Le parole “Nunzio apostolico” e “Legato pontificio” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “ambasciatore dello Stato Città del Vaticano”.

§4. Le prerogative e i poteri del vescovo di Roma sono quelli del vescovo diocesano titolare di cattedra.

 

Can. 44 – §1. Il servizio in qualità di Capo dello Stato Città del Vaticano e qualsiasi mansione della carriera diplomatica dello Stato Città del Vaticano sono regolati dal diritto internazionale pubblico e sono incompatibili con il ministero episcopale, con il ministero presbiterale, con il ministero diaconale, con la vita laicale consacrata. La violazione di questo paragrafo è sanzionata con l’automatica riduzione allo stato laicale e con l’automatica scomunica entrambe non sanabili.

§2. Il servizio in qualità di Capo dello Stato Città del Vaticano è assunto da un laico eletto ogni cinque anni e rieleggibile una sola volta.

§3. È validamente eletto Capo dello Stato Città del Vaticano chi ottiene il maggior numero di voti e non meno della metà più uno dei voti di coloro che svolgono le funzioni di ambasciatore dello Stato Città del Vaticano.

 

Can. 45 – §1. Il vescovo di Roma è estratto a sorte[57] tra i presbiteri incardinati nella diocesi di Roma che siano stati validamente ordinati. A tale fine, i presbiteri di cui al periodo precedente sono unicamente i presbiteri validamente ordinati e che il giorno prima della cessazione dall’incarico del precedente vescovo diocesano titolare di cattedra in carica risultino incardinati nella diocesi della quale il futuro vescovo è destinato a essere il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica.

§2. Fatta la convocazione canonica, l’assemblea per l’estrazione a sorte del vescovo di Roma è validamente costituita con la presenza dei due terzi degli aventi diritto.

§3. La votazione è valida con il voto della metà più uno degli aventi diritto.

§4. Il soggetto che ottiene più voti e non meno della metà più uno dei voti sia proclamato vescovo di Roma.

§5. L’elezione legittima, l’accettazione libera e la consacrazione al ministero episcopale fanno ottenere all’eletto il ministero di vescovo di Roma.

§6. Se l’eletto che ha accettato non è vescovo, sia consacrato al ministero episcopale.

§7. Nel caso in cui il vescovo di Roma rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

§8. Quando la sede del vescovo di Roma sia vacante non si modifichi nulla, ma ci si attenga alle disposizioni delle leggi speciali emanate per questa circostanza.

§9. Le disposizioni di questo canone si applicano anche all’acquisizione del ministero episcopale da parte di ogni vescovo della Chiesa di Gesù Cristo.

 

Can. 46 – §1. Le Chiese orientali sono organizzate in conferenze episcopali.

§2. Il territorio di ciascuna conferenza episcopale corrisponde al territorio dello Stato nel quale essa si trova.

§3. La conferenza episcopale, così come ogni vescovo, non può agire o decidere in contrasto con la parola di Dio, con le delibere dei concilii ecumenici e con il diritto canonico.

 

Can 47 – §1. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo il monsignorato, il cardinalato e ogni altro titolo onorifico sono aboliti.

§2. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero episcopale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§3. La consacrazione al ministero episcopale è conferita validamente solo e soltanto a coloro che devono essere vescovi diocesani titolari di cattedra.[58]

§4. Tutti coloro i quali, a partire dalla data di entrata in vigore di questo canone, hanno la consacrazione al ministero episcopale, ma non sono vescovi diocesani titolari di cattedra in carica o vescovi diocesani titolari di cattedra emeriti, sono automaticamente ridotti allo stato che avevano prima della consacrazione al ministero episcopale.

§5. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero presbiterale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§6. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero diaconale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§7. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutte le persone che conducono la vita laicale consacrata hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§8. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutte le persone che conducono la vita laicale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

 

Can. 48 – Ogni disposizione contraria ai canoni 43, 44, 45, 46, 47 è abrogata.

 

 

 

Il collegio dei vescovi

Codice dei canoni delle chiese orientali, canoni 49-54[59]

I canoni dal 49 al 54 del codice del codice dei canoni delle chiese orientali sono abrogati.

Le loro disposizioni, infatti, o sono già presenti nel testo modificato di altri canoni (ad esempio: la definizione del collegio dei vescovi nel nuovo testo del canone 42, le norme sul concilio ecumenico nel nuovo testo del canone 102), o sono esplicazione della forma di governo monocratica della Chiesa (che abbiamo compreso non essere quella che si legge nella Scrittura).

 

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

Tutte le citazioni del Catechismo della chiesa cattolica presenti in questo articolo sono prese da:

http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33:

 

“[1] Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: “Se non vi fate circoncidere secondo l’uso di Mosè, non potete esser salvi”.

[2] Poiché Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.

[3] Essi dunque, scortati per un tratto dalla comunità, attraversarono la Fenicia e la Samaria raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.

[4] Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro.

[5] Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè.

[6] Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.

[7] Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse:
“Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del vangelo e venissero alla fede.

[8] E Dio, che conosce i cuori, ha reso testimonianza in loro favore concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi;

[9] e non ha fatto nessuna discriminazione tra noi e loro, purificandone i cuori con la fede.

[10] Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare?

[11] Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro”.

[12] Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Barnaba e Paolo che riferivano quanti miracoli e prodigi Dio aveva compiuto tra i pagani per mezzo loro.

[13] Quand’essi ebbero finito di parlare, Giacomo aggiunse:

[14] “Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome.

[15] Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto:

[16] Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la
tenda di
Davide che era caduta; ne riparerò le rovine e la
rialzerò,

[17] perché anche gli altri uomini cerchino il Signore
e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio
nome,

[18] dice il Signore che fa queste cose da lui conosciute dall’eternità.

[19] Per questo io ritengo che non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani,

[20] ma solo si ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dalla impudicizia, dagli animali soffocati e dal sangue.

[21] Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe”.

[22] Allora gli apostoli, gli anziani e tutta la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba: Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande considerazione tra i fratelli.

[23] E consegnarono loro la seguente lettera: “Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!

[24] Abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi.

[25] Abbiamo perciò deciso tutti d’accordo di eleggere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Barnaba e Paolo,

[26] uomini che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo.

[27] Abbiamo mandato dunque Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi queste stesse cose a voce.

[28] Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie:

[29] astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a guardarvi da queste cose. State bene”.

[30] Essi allora, congedatisi, discesero ad Antiochia e riunita la comunità consegnarono la lettera.

[31] Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva.

[32] Giuda e Sila, essendo anch’essi profeti, parlarono molto per incoraggiare i fratelli e li fortificarono.

[33] Dopo un certo tempo furono congedati con auguri di pace dai fratelli, per tornare da quelli che li avevano inviati.”

 

 

[2] Vangelo secondo Matteo, capitolo 16, versetti 13-23:

 

“[13] Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”.

[14] Risposero: “Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”.

[15] Disse loro: “Voi chi dite che io sia?”.

[16] Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.

[17] E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.

[18] E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.

[19] A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.

[20] Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

[21] Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno.

[22] Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”.

[23] Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”.”

 

 

 

[3] Prima lettera ai Corinzi, capitolo 3, versetti 1-15:

 

“[1] Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come ad esseri carnali, come a neonati in Cristo.
[2] Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche ora lo siete;

[3] perché siete ancora carnali: dal momento che c’è tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana?

[4] Quando uno dice: “Io sono di Paolo”, e un altro: “Io sono di Apollo”, non vi dimostrate semplicemente uomini?

[5] Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso.

[6] Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere.

[7] Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere.

[8] Non c’è differenza tra chi pianta e chi irrìga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro.

[9] Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio.

[10] Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce.

[11] Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.

[12] E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia,

[13] l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno.

[14] Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa;

[15] ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco.”

 

 

 

[4] Atti degli apostoli, capitolo 12, versetto 17:

 

“[17] Egli allora, fatto segno con la mano di tacere, narrò come il Signore lo aveva tratto fuori del carcere, e aggiunse: “Riferite questo a Giacomo e ai fratelli“. Poi uscì e s’incamminò verso un altro luogo.”

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 21, versetti 17-19:

 

“[17] Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente.

[18] L’indomani Paolo fece visita a Giacomo insieme con noi: c’erano anche tutti gli anziani.

[19] Dopo aver rivolto loro il saluto, egli cominciò a esporre nei particolari quello che Dio aveva fatto tra i pagani per mezzo suo.”

 

 

 

Lettera ai Galati, capitolo 1, versetti 18-20:

 

“[18] In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni;

[19] degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore.

[20] In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco.”

 

 

 

Lettera ai Galati, capitolo 2, versetti 1-14:

 

“[1] Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Barnaba, portando con me anche Tito:

[2] vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano.

[3] Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere.

[4] E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi.

[5] Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda tra di voi.

[6] Da parte dunque delle persone più ragguardevoli – quali fossero allora non m’interessa, perché Dio non bada a persona alcuna – a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più.

[7] Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi –

[8] poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani –

[9] e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi.

[10] Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.

[11] Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto.

[12] Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi.

[13] E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia.

[14] Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: “Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?”

 

 

 

[5] Vangelo secondo Matteo, capitolo 16, versetto 19:

 

“[19] A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli“.”

 

 

 

[6] Vangelo secondo Matteo, capitolo 18, versetti 1.18:

 

“[1] In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”.

[18] In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.”

 

 

 

[7] Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti 19-23:

 

“[19] La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”.

[20] Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

[21] Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.

[22] Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo;

[23] a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi“.”

 

 

 

[8] Codice di diritto canonico,

canone 336:

 

“Can. 336 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 49,

 

Can. 49 – Collegium Episcoporum, cuius caput est Romanus Pontifex cuiusque membra sunt Episcopi vi sacramentalis ordinationis et hierarchica communione cum Collegii capite et membris et in quo corpus apostolicum continuo perseverat, una cum capite suo et numquam sine hoc capite subiectum quoque supremae et plenae potestatis in universam Ecclesiam exsistit.”

 

Il canone 49 in italiano:

 

Can. 49 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Romano Pontefice e le cui membra sono i Vescovi, in forza dell’ordinazione sacramentale e per la comunione gerarchica con il capo del Collegio e con le membra, e nel quale il corpo apostolico persevera continuamente assieme al suo capo e mai senza questo capo, è pure soggetto della suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

 

[9] GLI INCARICHI PASTORALI DEGLI APOSTOLI

Vangelo secondo Marco, capitolo 3, versetti 13-19:

 

“[13] Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui.

[14] Ne costituì Dodici che stessero con lui

[15] e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni.

[16] Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro;

[17] poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono;

[18] e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo

[19] e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.”

 

 

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 6, versetti 7-13:

 

“[7] Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.

[8] E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa;

[9] ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.

[10] E diceva loro: “Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.

[11] Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro”.

[12] E partiti, predicavano che la gente si convertisse,

[13] scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.”

 

 

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 14-20:

 

“[14] Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato.

[15] Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.

[16] Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.

[17] E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,

[18] prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.

[19] Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.

[20] Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 10, versetti 1-8:

 

“[1] Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità.

[2] I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello,

[3] Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo,

[4] Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì.

[5] Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti:
“Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;

[6] rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele.

[7] E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino.

[8] Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 16-20:

 

“[16] Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato.

[17] Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano.

[18] E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.

[19] Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,

[20] insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 1-6:

 

“[1] Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di curare le malattie.

[2] E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi.

[3] Disse loro: “Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno.

[4] In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino.

[5] Quanto a coloro che non vi accolgono, nell’uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi”.

[6] Allora essi partirono e giravano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 3, capitolo 1-16:

 

“[1] Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio.

[2] Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta “Bella” a chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio.

[3] Questi, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l’elemosina.

[4] Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: “Guarda verso di noi”.

[5] Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa.

[6] Ma Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!“.

[7] E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono

[8] e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio.

[9] Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio

[10] e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto.

[11] Mentr’egli si teneva accanto a Pietro e Giovanni, tutto il popolo fuor di sé per lo stupore accorse verso di loro al portico detto di Salomone.

[12] Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: “Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest’uomo?

[13] Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo;

[14] voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, avete chiesto che vi fosse graziato un assassino

[15] e avete ucciso l’autore della vita. Ma Dio l’ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni.

[16] Proprio per la fede riposta in lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede in lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 5, versetti 12-16:

 

“[12] Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone;
[13] degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.

[14] Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore

[15] fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.

[16] Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 5-8:

 

“[5] Filippo, sceso in una città della Samaria, cominciò a predicare loro il Cristo.

[6] E le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che egli compiva.

[7] Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati.

[8] E vi fu grande gioia in quella città.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 34-40:

 

“[34] E rivoltosi a Filippo l’eunuco disse: “Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?”.

[35] Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù.

[36] Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c’era acqua e l’eunuco disse: “Ecco qui c’è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?”.

[37] .

[38] Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò.

[39] Quando furono usciti dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.

[40] Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 32-35:

 

“[32] E avvenne che mentre Pietro andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che dimoravano a Lidda.

[33] Qui trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva su un lettuccio ed era paralitico.

[34] Pietro gli disse: “Enea, Gesù Cristo ti guarisce; alzati e rifatti il letto”. E subito si alzò.

[35] Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saròn e si convertirono al Signore.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 36-42:

 

“[36] A Giaffa c’era una discepola chiamata Tabità, nome che significa “Gazzella”, la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine.

[37] Proprio in quei giorni si ammalò e morì. La lavarono e la deposero in una stanza al piano superiore.

[38] E poiché Lidda era vicina a Giaffa i discepoli, udito che Pietro si trovava là, mandarono due uomini ad invitarlo: “Vieni subito da noi!”.

[39] E Pietro subito andò con loro. Appena arrivato lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro.

[40] Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi rivolto alla salma disse: “Tabità, alzati!“. Ed essa aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere.

[41] Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i credenti e le vedove, e la presentò loro viva.

[42] La cosa si riseppe in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti, 21-23:

 

“[21] Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi“.

[22] Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo;

[23] a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi“.”

 

 

 

[10] Codice di diritto canonico,

canone 369:

 

“Can. 369 – La diocesi è la porzione del popolo di Dio che viene affidata alla cura pastorale del Vescovo con la cooperazione del presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e da lui riunita nello Spirito Santo mediante il Vangelo e l’Eucaristia, costituisca una Chiesa particolare in cui è veramente presente e operante la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica.”

 

 

 

[11] GLI ANZIANI NELLA COMUNITÀ EBRAICA

 

Vangelo secondo Marco:

 

capitolo 8, versetto 31:

 

“[31] E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.”

 

capitolo 11, versetti 27-28:

 

“[27] Andarono di nuovo a Gerusalemme. E mentre egli si aggirava per il tempio, gli si avvicinarono i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero:
[28] “Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farlo?”.”

 

capitolo 14, versetti 43.53:

 

“[43] E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.”

“[53] Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi.”

 

capitolo 15, versetto 1:

 

“[1] Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo:

 

capitolo 21, versetto 23:

 

“[23] Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: “Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?”.

 

capitolo 26, versetti 3-4:

 

“[3] Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa,
[4] e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire.”

 

capitolo 26, versetti 47-48:

 

“[47] Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.
[48] Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: “Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!”.

 

capitolo 27, versetto 1:

 

“[1] Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.”

 

 

 

Vangelo di Luca:

 

capitolo 9, versetto 22:

 

“[22] “Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”.”

 

capitolo 20, versetti 1-2:

 

“[1] Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo:
[2] “Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t’ha dato quest’autorità”.”

 

capitolo 22, versetti 52-54:

 

“[52] Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: “Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante?
[53] Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre”.
[54] Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.”

 

capitolo 22, versetti 66-69:

 

“[66] Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero:

[67] “Se tu sei il Cristo, diccelo”. Gesù rispose: “Anche se ve lo dico, non mi crederete;

[68] se vi interrogo, non mi risponderete.

[69] Ma da questo momento starà il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza di Dio”.

 

 

 

Atti degli apostoli,

 

capitolo 4, versetti 1-8.23:

 

“[1] Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei,
[2] irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti.
[3] Li arrestarono e li portarono in prigione fino al giorno dopo, dato che era ormai sera.
[4] Molti però di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila.
[5] Il giorno dopo si radunarono in Gerusalemme i capi, gli anziani e gli scribi,
[6] il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti.
[7] Fattili comparire davanti a loro, li interrogavano: “Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?”.

[8] Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: “Capi del popolo e anziani,

[23] Appena rimessi in libertà, andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani.”

 

capitolo 5, versetti 17-21:

 

“[17] Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore,
[18] e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica.
[19] Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse:
[20] “Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita”.
[21] Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.
Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d’Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione.”

 

capitolo 6, versetti 8-12:

 

“[8] Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo.
[9] Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei “liberti” comprendente anche i Cirenèi, gli Alessandrini e altri della Cilicia e dell’Asia, a disputare con Stefano,
[10] ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava.
[11] Perciò sobillarono alcuni che dissero: “Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”.
[12] E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio.”

 

 

 

[12] GLI ANZIANI NELLE COMUNITÀ CRISTIANE

Atti degli apostoli:

 

capitolo 14, versetti 21-23:

“[21] Dopo aver predicato il vangelo in quella città e fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiochia,
[22] rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio.

[23] Costituirono quindi per loro in ogni comunità alcuni anziani e dopo avere pregato e digiunato li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto.”

 

capitolo 16, versetti 16-17:

 

“[16] Paolo aveva deciso di passare al largo di Efeso per evitare di subire ritardi nella provincia d’Asia: gli premeva di essere a Gerusalemme, se possibile, per il giorno della Pentecoste.

[17] Da Milèto mandò a chiamare subito ad Efeso gli anziani della Chiesa.”

 

 

 

[13] GLI ANZIANI NELLA COMUNITÀ CRISTIANA DI GERUSALEMME

Atti degli apostoli:

 

capitolo 15, versetti 2, 4, 6, 22, 23:

 

“[2] Poiché Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
[3] Essi dunque, scortati per un tratto dalla comunità, attraversarono la Fenicia e la Samaria raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.
[4] Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro.
[5] Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè.
[6] Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.

[22] Allora gli apostoli, gli anziani e tutta la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba: Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande considerazione tra i fratelli.
[23] E consegnarono loro la seguente lettera: “Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!”

 

 

 

[14] Un riassunto della vita di sant’Ignazio di Antiochia è disponibile in: https://it.wikipedia.org/wiki/Ignazio_di_Antiochia

 

Un riassunto della questione filologica generata dalle diverse versioni che ci sono pervenute delle lettere a lui attribuite è disponibile in:  https://it.wikipedia.org/wiki/Lettere_di_Ignazio

 

 

 

[15] Decreto Presbyterorum ordinis,

numero 10,

cito da:

http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decree_19651207_presbyterorum-ordinis_it.html

(il sottolineato è mio)

 

“10. Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell’ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, « fino agli ultimi confini della terra » (At 1,8), dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli apostoli. Infatti il sacerdozio di Cristo, di cui i presbiteri sono resi realmente partecipi, si dirige necessariamente a tutti i popoli e a tutti i tempi, né può subire limite alcuno di stirpe, nazione o età, come già veniva prefigurato in modo arcano con Melchisedec (82). Ricordino quindi i presbiteri che a essi incombe la sollecitudine di tutte le Chiese. Pertanto, i presbiteri di quelle diocesi, che hanno maggior abbondanza di vocazioni si mostrino disposti ad esercitare volentieri il proprio ministero, previo il consenso o l’invito del proprio ordinario, in quelle regioni, missioni o attività che soffrano di scarsezza di clero.

Inoltre, le norme sull’incardinazione e l’escardinazione vanno riviste in modo che questo antichissimo istituto, pur rimanendo in vigore, sia però più rispondente ai bisogni pastorali di oggi. E lì dove ciò sia reso necessario da motivi apostolici, si faciliti non solo una distribuzione funzionale dei presbiteri, ma anche l’attuazione di peculiari iniziative pastorali in favore di diversi gruppi sociali in certe regioni o nazioni o addirittura continenti. A questo scopo potrà essere utile la creazione di seminari internazionali, peculiari diocesi o prelature personali, e altre istituzioni del genere, cui potranno essere ascritti o incardinati dei presbiteri per il bene di tutta la Chiesa, secondo norme da stabilirsi per ognuna di queste istituzioni, e rispettando sempre i diritti degli ordinari del luogo.

Comunque, per quanto è possibile, i presbiteri non devono essere mandati soli in una nuova regione, soprattutto quando non ne conoscono ancora bene la lingua e le usanze; è meglio che vadano a gruppi di almeno due o tre, come i discepoli del Signore (83), in modo da aiutarsi a vicenda. È parimenti necessario che ci si prenda cura della loro vita spirituale e della loro salute fisica e mentale; inoltre, nei limiti del possibile, è bene che si scelgano il luogo e le condizioni di lavoro che meglio si adattano alle possibilità personali di ciascuno di essi. D’altra parte, è altrettanto necessario che coloro i quali entrano in una nuova nazione cerchino di conoscere non solo la lingua del paese, ma anche gli speciali caratteri psico-sociologici di quel popolo al cui servizio essi umilmente desiderano mettersi, fondendosi con esso nel modo più pieno, così da seguire l’esempio dell’apostolo Paolo, il quale poté dire di sé: « Io infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servitore di tutti, per guadagnarne il più gran numero. Con i Giudei mi sono fatto Giudeo, per guadagnare i Giudei… » (1 Cor 9,19-20).”

 

 

 

[16] LE PRELATURE PERSONALI

Codice di diritto canonico,

canoni 294-297:

 

“Can. 294 – Al fine di promuovere un’adeguata distribuzione dei presbiteri o di attuare speciali opere pastorali o missionarie per le diverse regioni o per le diverse categorie sociali, la Sede Apostolica può erigere prelature personali formate da presbiteri e da diaconi del clero secolare, udite le Conferenze Episcopali interessate.

 

Can. 295 – §1. La prelatura personale è retta da statuti emanati dalla Sede Apostolica e ad essa viene preposto un Prelato come Ordinario proprio, il quale ha il diritto di erigere un seminario nazionale o internazionale, nonché di incardinare gli alunni e di promuoverli agli ordini con il titolo del servizio della prelatura.

§2. Il Prelato deve provvedere sia alla formazione spirituale di coloro che ha promosso con il predetto titolo, sia al loro decoroso sostentamento.

 

Can. 296 – I laici possono dedicarsi alle opere apostoliche di una prelatura personale mediante convenzioni stipulate con la prelatura stessa; il modo di tale organica cooperazione e i principali doveri e diritti con essa connessi siano determinati con precisione negli statuti.

 

Can. 297 – Parimenti gli statuti definiscano i rapporti della prelatura personale con gli Ordinari del luogo nelle cui Chiese particolari la prelatura stessa esercita o intende esercitare, previo consenso del Vescovo diocesano, le sue opere pastorali o missionarie.”

 

 

 

[17] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 357 e 391:

 

canone 357

Can. 357 – § 1. Quilibet clericus debet esse ut clericus ascriptus aut alicui eparchiae aut exarchiae aut instituto religioso aut societati vitae communis ad instar religiosorum aut instituto vel consociationi, quae ius clericos sibi ascribendi adepta sunt a Sede Apostolica vel intra fines territorii Ecclesiae, cui praeest, a Patriarcha de consensu Synodi permanentis.

§2. Quod de clericorum alicui eparchiae ascriptione et de dimissione ab ea statuitur, valet congrua. congruis referendo etiam de aliis supra dictis personis iuridicis necnon iure particulari ita ferente de ipsa Ecclesia patriarchali, nisi aliter iure expresse cautum est.”

 

canone 357 in italiano:

 

Can. 357 – § 1. Qualsiasi chierico deve essere ascritto come chierico a un’eparchia, o a un esarcato, o a un istituto religioso, o a una società di vita comune a guisa dei religiosi, oppure a un istituto o a un’associazione che abbia ottenuto dalla Sede Apostolica il diritto di ascriversi dei chierici oppure, entro i confini del territorio della Chiesa a cui presiede, dal Patriarca col consenso del Sinodo permanente.

§2. Ciò che è stabilito circa l’ascrizione dei chierici a un’eparchia e la dimissione da essa, vale anche, con i dovuti riferimenti, delle altre persone giuridiche sopra indicate, come pure, se così lo comporta il diritto particolare, della stessa Chiesa patriarcale, a meno che non sia stato espressamente disposto diversamente dal diritto.”

 

 

Canone 391:

 

Can. 391 – Integrum est clericis firmo can. 578, § 3 se cum aliis consociare ad fines consequendos statui clericali congruentes; competit autem Episcopo eparchiali de hac congruentia authentice iudicare.”

 

Canone 391 in italiano:

 

Can. 391 – E’ pieno diritto dei chierici, fermo restando il can. 578, § 3, di associarsi con altri per raggiungere dei fini convenienti allo stato clericale; giudicare autenticamente di questa convenienza, però, spetta al Vescovo eparchiale.”

 

 

 

[18] Decreto Ad gentes,

numero 20,

cito da:

http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decree_19651207_ad-gentes_it.html

(il sottolineato è mio)

 

“20. La Chiesa particolare, dovendo riprodurre il più perfettamente possibile la Chiesa universale, abbia la piena coscienza di essere inviata anche a coloro che non credono in Cristo e vivono nel suo stesso territorio, al fine di costituire, con la testimonianza di vita dei singoli fedeli e della comunità tutta, il segno che addita loro il Cristo (104).

È inoltre necessario il ministero della parola, perché il messaggio evangelico giunga a tutti. Il vescovo deve essere essenzialmente il messaggero di fede che porta nuovi discepoli a Cristo. Per rispondere bene a questo nobilissimo compito deve conoscere a fondo sia le condizioni del suo gregge, sia la concezione che di Dio hanno i suoi concittadini, tenendo conto esattamente anche dei mutamenti introdotti dalla cosiddetta urbanizzazione, dal fenomeno della emigrazione e dall’indifferentismo religioso.

I sacerdoti locali attendano con molto zelo all’opera di evangelizzazione nelle giovani Chiese, collaborando attivamente con i missionari di origine straniera, con i quali costituiscono un unico corpo sacerdotale riunito sotto l’autorità del vescovo: ciò non solo per pascere i propri fedeli e per celebrare il culto divino, ma anche per predicare il Vangelo a coloro che stanno fuori. Perciò dimostrino prontezza e, all’occasione, si offrano generosamente al proprio vescovo per iniziare l’attività missionaria nelle zone più lontane ed abbandonate della propria diocesi o anche di altre diocesi.

Dello stesso zelo siano animati i religiosi e le religiose, ed anche i laici verso i propri concittadini, specie quelli più poveri.

Le conferenze episcopali procurino che periodicamente si tengano corsi di aggiornamento biblico, teologico, spirituale e pastorale, allo scopo di consentire al clero, di fronte al variare incessante delle situazioni, di approfondire la conoscenza della teologia e dei metodi pastorali.

Quanto al resto, si osservino religiosamente tutte le disposizioni che questo Concilio ha emanato, specialmente quelle del decreto relativo al ministero ed alla vita sacerdotale.

Una Chiesa particolare, per poter realizzare la propria opera missionaria, ha bisogno di ministri adatti, che vanno preparati tempestivamente in maniera rispondente alle condizioni di ciascuna di esse. E poiché gli uomini tendono sempre più a riunirsi in gruppi, è sommamente conveniente che le conferenze episcopali concordino una comune linea di azione, in ordine al dialogo da stabilire con tali gruppi. Se però in certe regioni esistono dei gruppi di uomini, che sono distolti dall’abbracciare la fede cattolica dall’incapacità di adattarsi a quella forma particolare che la Chiesa ha assunto in mezzo a loro, è senz’altro desiderabile che si provveda ad una tale situazione con misure particolari (105) finché non si arrivi a riunire tutti i cristiani in un’unica comunità. Se poi la santa Sede dispone di missionari preparati a questo scopo, pensino i singoli vescovi a chiamarli nelle proprie diocesi o li accolgano ben volentieri, favorendo efficacemente le loro iniziative.

Perché questo zelo missionario fiorisca nei membri della loro patria, è altresì conveniente che le giovani Chiese partecipino quanto prima effettivamente alla missione universale della Chiesa, inviando anch’esse dei missionari a predicare il Vangelo dappertutto nel mondo, anche se soffrono di scarsezza di clero. La comunione con la Chiesa universale raggiungerà in un certo senso la sua perfezione solo quando anch’esse prenderanno parte attiva allo sforzo missionario diretto verso le altre nazioni.”

 

 

 

[19] Decreto Ad gentes,

numero 27,

cito da:

http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decree_19651207_ad-gentes_it.html

(il sottolineato è mio)

 

“27. Tutto questo, benché sia indispensabile a chiunque viene inviato alle genti, in realtà molto difficilmente può essere realizzato dai singoli. Appunto perché l’opera missionaria stessa, come conferma l’esperienza, non può essere compiuta dai singoli individui, una vocazione comune li ha riuniti in istituti dove, mettendo insieme le loro forze, possono ricevere una formazione adeguata, per eseguire quell’opera a nome della Chiesa e dietro comando dell’autorità gerarchica. Per molti secoli tali istituti han portato il peso del giorno e del calore, sia che al lavoro missionario si dedicassero totalmente, sia che vi si dedicassero soltanto in parte. Spesso la santa Sede affidò loro dei territori immensi da evangelizzare, nei quali seppero riunire, per il Signore, un nuovo popolo, cioè una Chiesa locale gerarchicamente unita ai propri pastori. A queste Chiese appunto, che han fondato con il loro sudore o piuttosto con il loro sangue, essi presteranno servizio con il proprio zelo e la propria esperienza in una collaborazione fraterna, sia che esercitino la cura delle anime, sia che svolgano funzioni speciali in vista del bene comune.

Talvolta si assumeranno dei compiti più urgenti in tutto l’ambito di una determinata regione: ad esempio, l’evangelizzazione di certe categorie o di popoli che, per ragioni particolari, non hanno forse ricevuto ancora il messaggio evangelico, o ad esso han fatto finora resistenza (140). In caso di necessità, essi devono esser pronti a formare e ad aiutare con la loro esperienza coloro che si consacrano all’attività missionaria solo temporaneamente. Per tutte queste ragioni, ed anche perché molti sono ancora i popoli da condurre a Cristo, questi istituti restano assolutamente necessari.”

 

Nota presente nel testo ora citato

 

“(140) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sul Ministero e la Vita dei Presbiteri, Presbyterorum Ordinis, n. 10, dove si tratta delle Diocesi e delle Prelature personali e di altri argomenti analoghi [pag. 801ss].”

 

 

 

[20] Motu proprio Ecclesiae sanctae,

numero 4,

cito da:

http://www.vatican.va/content/paul-vi/it/motu_proprio/documents/hf_p-vi_motu-proprio_19660806_ecclesiae-sanctae.html

(il sottolineato è mio)

 

“4. Inoltre, per favorire speciali iniziative pastorali o missionarie in favore di certe regioni o di gruppi sociali, che abbisognano di speciale aiuto, possono fruttuosamente essere erette dalla Sede Apostolica delle Prelature composte di presbiteri del clero secolare, in possesso di una particolare formazione, dotate di propri statuti e sotto la direzione di un proprio Prelato.
Sarà compito di questo Prelato fondare e dirigere Seminari nazionali o internazionali, per una opportuna formazione degli alunni. Tale Prelato avrà il diritto di incardinare quegli alunni e di promuoverli agli Ordini col titolo di servizio della Prelatura.
Il Prelato deve interessarsi della vita spirituale di coloro che ha promosso col titolo predetto e di perfezionare continuamente la loro peculiare formazione, in vista dello speciale ministero, con opportuni accordi con gli Ordinari dei luoghi in cui questi sacerdoti sono mandati. Così pure deve provvedere loro un dignitoso sostentamento, assicurato mediante gli stessi accordi, o con beni propri della Prelatura o con altri opportuni aiuti. Similmente dovrà interessarsi di coloro che per malferma salute o per altre cause sono costretti ad abbandonare il loro ministero.
Nulla impedisce che dei laici, sia celibi sia coniugati, mediante convenzioni con la Prelatura, offrano la loro abilità professionale a servizio delle opere e delle iniziative di essa.
Tali Prelature non siano erette se non dopo aver ascoltato le Conferenze Episcopali del territorio in cui esse prestano la loro opera. Nel loro servizio le Prelature si premurino di rispettare i diritti degli Ordinari del luogo e abbiano continue e strette relazioni con le stesse Conferenze Episcopali.”

 

 

 

[21] Costituzione apostolica Regimini ecclesiae universae,

numero 49,

cito da:

http://www.vatican.va/content/paul-vi/it/apost_constitutions/documents/hf_p-vi_apc_19670815_regimini-ecclesiae-universae.html

(il sottolineato è mio)

 

“49. § 1. Alla Congregazione per i Vescovi spetta, nei luoghi e per le persone non soggette alla Congregazione per le Chiese Orientali o alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, costituire nuove diocesi, province, regioni; dividere, unire, sottoporre a revisione quelle già costituite, sia su proposta delle Conferenze Episcopali interessate (14), sia dopo aver semplicemente sentito il loro parere, se il caso lo richiede; erigere Vicariati Castrensi e, dopo aver chiesto il parere delle Conferenze Episcopali del territorio, Prelature per favorire particolari iniziative pastorali a vantaggio di certe regioni o di gruppi sociali bisognosi di speciale aiuto (15); inoltre tratta le questioni che riguardano la nomina dei Vescovi, degli Amministratori Apostolici, dei Coadiutori e degli Ausiliari dei Vescovi, dei Vicari Castrensi e degli altri Vicari e Prelati che godono di giurisdizione personale.
§ 2. Ogni volta che si deve trattare con i Governi Civili per la erezione, divisione, provvisione di diocesi, gli atti vengono presi in considerazione dal S. Consiglio per gli affari Pubblici della Chiesa (16), salvo una particolare condizione per qualche Stato (17); ma in ambedue i casi i Dicasteri per i Vescovi e per gli affari Pubblici della Chiesa procedono di comune accordo, presentando regolarmente l’affare all’Assemblea mista dei Cardinali, dopo la reciproca comunicazione degli atti; resta sempre immutata la norma di definire concordemente le modalità secondo cui debbano essere trattati i problemi di tal genere, che nell’ambito della loro competenza vengono presi in considerazione da più Dicasteri della Curia Romana.
§ 3. In tutti i casi, poi, spetta alla Congregazione per i Vescovi, emanare il decreto di erezione, di divisione, di provvisione delle diocesi.
§ 4. È compito della medesima Congregazione informarsi su tutto ciò che riguarda i Vescovi, in riferimento sia alle persone che agli uffici e all’azione pastorale; parimenti provvedere ai medesimi quando lasciano l’ufficio loro affidato (18). Perciò essa si interessa di ciò che ha attinenza con lo stato delle diocesi e con le mense episcopali; riceve ed esamina quanto i Vescovi hanno riferito per iscritto circa la situazione ed il progresso delle diocesi; di comune accordo con i Dicasteri interessati, indice visite apostoliche e prende in esame quelle già terminate, trasmettendo in ambedue i casi ai singoli Dicasteri quelle informazioni che li riguardano in modo specifico.
§ 5. Considera inoltre quanto riguarda i Primati e i Metropoliti, cura quanto riguarda la concessione dei sacri pallii, prepara i temi da trattarsi nei Concistori.”

 

Note presenti nel testo ora citato.

 

“(14) CONC. VATIC. II, Decr. Christus Dominus, nn. 22-24; 39-40: AAS 58 (1966), pp.683 ss; 694

(15Ibid., n. 42; CONC. VATIC. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 10: AAS 58 (1966), p. 1007; Motu Proprio Ecclesiae Sanctae del 6 agosto 1966, I, 4: AAS 58 (1966), p. 760

(16) C.I.C, can. 255

(17) Cf Pio XI, Lettera del 5 luglio 1925; cf anche Rescritto ex Audientia SS.mi, 7 marzo 1930, per l’Italia

(18) CONC. VATIC. II, Decr. Christus Dominus, n. 21: AAS 58 (1966), p. 683”

 

 

 

[22] ASSOCIAZIONE DI CHIERICI

Codice di diritto canonico,

canone 278:

 

“Can. 278 – §1. È diritto dei chierici secolari associarsi con altri in vista di finalità confacenti allo stato clericale.

§2. I chierici secolari diano importanza soprattutto alle associazioni le quali, avendo gli statuti autorizzati dall’autorità competente, mediante una regola di vita adatta e convenientemente approvata e mediante l’aiuto fraterno, stimolano alla santità nell’esercizio del ministero e favoriscono l’unità dei chierici fra di loro e con il proprio Vescovo.

§3. I chierici si astengano dal fondare o partecipare ad associazioni il cui fine o la cui attività non sono compatibili con gli obblighi propri dello stato clericale, oppure possono ostacolare il diligente compimento dell’incarico loro affidato dalla competente autorità ecclesiastica.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 357 e 391:

 

canone 357

Can. 357 – § 1. Quilibet clericus debet esse ut clericus ascriptus aut alicui eparchiae aut exarchiae aut instituto religioso aut societati vitae communis ad instar religiosorum aut instituto vel consociationi, quae ius clericos sibi ascribendi adepta sunt a Sede Apostolica vel intra fines territorii Ecclesiae, cui praeest, a Patriarcha de consensu Synodi permanentis.

§2. Quod de clericorum alicui eparchiae ascriptione et de dimissione ab ea statuitur, valet congrua. congruis referendo etiam de aliis supra dictis personis iuridicis necnon iure particulari ita ferente de ipsa Ecclesia patriarchali, nisi aliter iure expresse cautum est.”

 

canone 357 in italiano:

 

Can. 357 – § 1. Qualsiasi chierico deve essere ascritto come chierico a un’eparchia, o a un esarcato, o a un istituto religioso, o a una società di vita comune a guisa dei religiosi, oppure a un istituto o a un’associazione che abbia ottenuto dalla Sede Apostolica il diritto di ascriversi dei chierici oppure, entro i confini del territorio della Chiesa a cui presiede, dal Patriarca col consenso del Sinodo permanente.

§2. Ciò che è stabilito circa l’ascrizione dei chierici a un’eparchia e la dimissione da essa, vale anche, con i dovuti riferimenti, delle altre persone giuridiche sopra indicate, come pure, se così lo comporta il diritto particolare, della stessa Chiesa patriarcale, a meno che non sia stato espressamente disposto diversamente dal diritto.”

 

 

Canone 391:

 

Can. 391 – Integrum est clericis firmo can. 578, § 3 se cum aliis consociare ad fines consequendos statui clericali congruentes; competit autem Episcopo eparchiali de hac congruentia authentice iudicare.”

 

Canone 391 in italiano:

 

Can. 391 – E’ pieno diritto dei chierici, fermo restando il can. 578, § 3, di associarsi con altri per raggiungere dei fini convenienti allo stato clericale; giudicare autenticamente di questa convenienza, però, spetta al Vescovo eparchiale.”

 

 

 

[23] GLI ISTITUTI SECOLARI

Codice di diritto canonico,

canoni 710-730:

 

“Can. 710 – L’istituto secolare è un istituto di vita consacrata in cui i fedeli, vivendo nel mondo, tendono alla perfezione della carità e si impegnano per la santificazione del mondo, soprattutto operando all’interno di esso.

Can. 711 – Un membro di istituto secolare, in forza della consacrazione, non cambia la propria condizione canonica, clericale o laicale, che gli è propria nel popolo di Dio, salve le disposizioni del diritto che riguardano gli istituti di vita consacrata.

Can. 712 – Ferme restando le disposizioni dei cann. 598-601, le costituzioni stabiliscano i vincoli sacri con cui vengono assunti nell’istituto i consigli evangelici e definiscano gli obblighi che essi comportano, salva sempre però, nello stile di vita, la secolarità propria dell’istituto.

Can. 713 – §1. I membri di tali istituti esprimono e realizzano la propria consacrazione nell’attività apostolica e a modo di fermento si sforzano di permeare ogni realtà di spirito evangelico per consolidare e far crescere il Corpo di Cristo.

§2. I membri laici, nel mondo e dal’interno di esso, partecipano della funzione evangelizzatrice della Chiesa sia mediante la testimonianza di vita cristiana e di fedeltà alla propria consacrazione, sia attraverso l’aiuto che dànno perché le realtà temporali siano ordinate secondo Dio e il mondo sia vivificato dalla forza del Vangelo. Essi offrono inoltre la propria collaborazione per il servizio della comunità ecclesiale, secondo lo stile di vita secolare loro proprio.

§3. I membri chierici, attraverso la testimonianza della vita consacrata, soprattutto nel presbiterio, sono di aiuto ai confratelli con una peculiare carità apostolica e in mezzo al popolo di Dio realizzano la santificazione del mondo con il proprio ministero sacro.

Can. 714 – I membri degli istituti secolari conducano la propria vita nelle situazioni ordinarie del mondo, soli, o ciascuno nella propria famiglia, oppure in gruppi di vita fraterna a norma delle costituzioni.

Can. 715 – §1. I membri chierici incardinati in una diocesi dipendono dal Vescovo diocesano, salvo quanto riguarda la vita consacrata nel proprio istituto.

§2. Quelli invece che a norma del can. 266, §3vengono incardinati nell’istituto, se sono destinati alle opere proprie dell’istituto o a funzioni di governo all’interno di esso, dipendono dal Vescovo allo stesso modo dei religiosi.

Can. 716 – §1. Tutti i membri partecipino attivamente alla vita dell’istituto secondo il diritto proprio.

§2. I membri di uno stesso istituto conservino la comunione tra loro curando con sollecitudine l’unità dello spirito e una vera fraternità.

Can. 717 – §1. Le costituzioni definiscano la forma di governo propria dell’istituto, la durata in carica dei Moderatori e il modo della loro designazione.

§2. Nessuno sia designato come Moderatore supremo se non è stato incorporato nell’istituto in modo definitivo.

§3. Coloro che sono preposti al governo dell’istituto abbiano cura che sia conservata l’unità dello spirito e che sia promossa l’attiva partecipazione dei membri.

Can. 718 – L’amministrazione dei beni dell’istituto, che deve esprimere e favorire la povertà evangelica, è regolata dalle norme del Libro V, I beni temporali della Chiesa, nonché dal diritto proprio dell’istituto. Il diritto proprio deve parimenti definire gli obblighi, specialmente di carattere economico, dell’istituto verso i membri che ad esso prestano la propria attività.

Can. 719 – §1. Per rispondere fedelmente alla propria vocazione e perché la loro azione apostolica scaturisca dalla stessa unione con Cristo, i membri siano assidui all’orazione, attendano convenientemente alla lettura delle sacre Scritture, osservino i tempi di ritiro annuale e compiano le altre pratiche spirituali secondo il diritto proprio.

§2. La celebrazione dell’Eucaristia, in quanto possibile quotidiana, sia la sorgente e la forza di tutta la loro vita consacrata.

§3. Si accostino liberamente e con frequenza al sacramento della penitenza.

§4. Siano liberi di ricevere la necessaria direzione della coscienza e di richiedere consigli in materia, se lo desiderano, anche ai propri Moderatori.

Can. 720 – Il diritto di ammettere nell’istituto per il periodo di prova oppure per assumere i vincoli sacri, sia temporanei sia perpetui o definitivi, compete ai Moderatori maggiori con il loro consiglio, a norma delle costituzioni.

Can. 721 – §1. È ammesso invalidamente al periodo di prova iniziale:

1) chi non ha ancora raggiunto la maggiore età;

2) chi è legato attualmente con vincolo sacro ad un istituto di vita consacrata o è incorporato in una società di vita apostolica;

3) il coniuge durante il matrimonio.

§2. Le costituzioni possono stabilire altri impedimenti anche per la validità dell’ammissione, o porre condizioni.

§3. Per essere accettati si richiede inoltre la maturità necessaria a condurre in modo conveniente la vita propria dell’istituto.

Can. 722 – §1. La prova iniziale sia ordinata a far sì che i candidati prendano più chiara coscienza della loro vocazione divina e di quella specifica dell’istituto e ne sperimentino lo spirito e il genere di vita.

§2. I candidati siano debitamente formati a condurre una vita secondo i consigli evangelici e istruiti a trasformarla integralmente in apostolato, adottando quelle forme di evangelizzazione che meglio rispondano al fine, allo spirito e all’indole dell’istituto.

§3. Le costituzioni devono definire il metodo e la durata di tale prova, non inferiore a due anni, che precede il primo impegno con vincoli sacri nell’istituto.

Can. 723 – §1. Compiuto il tempo della prova iniziale il candidato che viene giudicato idoneo assuma i tre consigli evangelici, confermati dal vincolo sacro, oppure lasci l’istituto.

§2. Questa prima incorporazione, non inferiore a cinque anni, sia temporanea a norma delle costituzioni.

§3. Trascorso tale periodo di tempo, il membro giudicato idoneo sia ammesso all’incorporazione perpetua oppure a quella definitiva, cioè con vincoli temporanei da rinnovarsi sempre alla scadenza.

§4. L’incorporazione definitiva è equiparata a quella perpetua, in ordine a determinati effetti giuridici, che devono essere stabiliti nelle costituzioni.

Can. 724 – §1. Dopo il primo impegno con vincoli sacri, la formazione deve essere continuata costantemente a norma delle costituzioni.

§2. I membri devono essere preparati di pari passo tanto nelle scienze umane quanto in quelle divine; i Moderatori dell’istituto sentano seriamente la responsabilità della loro continua formazione spirituale.

Can. 725 – L’istituto può associare a sé, con qualche vincolo determinato dalle costituzioni, altri fedeli che si impegnino a tendere alla perfezione evangelica secondo lo spirito dell’istituto e a partecipare della sua stessa missione.

Can. 726 – §1. Trascorso il periodo dell’incorporazione temporanea il membro può liberamente lasciare l’istituto, o per giusta causa può essere escluso dalla rinnovazione dei vincoli sacri da parte del Moderatore maggiore, udito il suo consiglio.

§2. Il membro di incorporazione temporanea che lo richieda spontaneamente, per grave causa può ottenere dal Moderatore supremo, con il consenso del suo consiglio, l’indulto di lasciare l’istituto.

Can. 727 – §1. Se un membro incorporato con vincolo perpetuo vuole lasciare l’istituto, dopo avere seriamente ponderato la cosa davanti al Signore deve chiederne l’indulto, per mezzo del Moderatore supremo, alla Sede Apostolica se l’istituto è di diritto pontificio; altrimenti anche al Vescovo diocesano, secondo quanto è definito dalle costituzioni.

§2. Trattandosi di sacerdote incardinato nell’istituto si osservi il disposto del can. 693.

Can. 728 – Con la legittima concessione dell’indulto di lasciare l’istituto cessano tutti i vincoli, e insieme i diritti e gli obblighi derivanti dall’incorporazione.

Can. 729n – La dimissione di un membro dall’istituto avviene a norma dei cann. 694 § 1, 1 e 2 e 695. Le costituzioni definiscano anche altre cause di dimissione, purché siano proporzionatamente gravi, esterne, imputabili e comprovate giuridicamente, e si osservi inoltre la procedura stabilita nei cann. 697-700. Al membro dimesso si applica il disposto del can. 701.

Can. 730 – Per il passaggio di un membro di istituto secolare ad un altro istituto secolare si osservino le disposizioni dei cann. 684, §§124 e 685; invece per il passaggio invece ad un istituto religioso o ad una società di vita apostolica, o da questi ad un istituto secolare, si richiede la licenza della Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si deve attenere.

(n: Indica che il testo corrisponde alla nuova versione o a un nuovo paragrafo)

Cf: Lettera Apostolica in forma di “Motu proprio” Communis vita, con la quale vengono mutate alcune norme del codice di diritto canonico (19 marzo 2019)

 

 

 

[24] SOCIETA’ DI VITA APOSTOLICA

Codice di diritto canonico,

canoni 731-746:

 

“Can. 731 – §1. Agli istituti di vita consacrata si aggiungono le società di vita apostolica i cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante l’osservanza delle costituzioni.

§2. Fra queste vi sono società i cui membri assumono i consigli evangelici con qualche vincolo definito dalle costituzioni.

Can. 732 – Quanto è stabilito nei cann. 578597 e 606 si applica anche alle società di vita apostolica, tuttavia nel rispetto della natura di ciascuna di esse; alle società di cui nel can. 731, §2, si applicano anche i cann. 598602.

Can. 733 – §1. Una casa viene eretta e una comunità locale viene costituita dall’autorità competente della società previo consenso scritto del Vescovo diocesano, il quale deve essere anche consultato quando si tratta della soppressione di queste.

§2. Il consenso per l’erezione di una casa comporta il diritto di avere almeno un oratorio, nel quale sia celebrata e custodita la santissima Eucaristia.

Can. 734 – Il governo della società è definito dalle costituzioni, osservati, secondo la natura delle singole società, i cann. 617633.

Can. 735 – §1. L’ammissione dei membri, il periodo di prova, l’incorporazione e la formazione vengono determinati dal diritto proprio di ogni società.

§2. Per l’ammissione nella società si osservino le condizioni stabilite nei cann. 642-645.

§3. Il diritto proprio deve determinare la ratioper la prova e per la formazione, in consonanza con gli scopi e l’indole della società, particolarmente in campo dottrinale, spirituale, apostolico, cosicché i membri, riconoscendo la vocazione divina, siano convenientemente preparati alla missione e alla vita della società.

Can. 736 – §1. Nelle società clericali i chierici sono incardinati nella società stessa, a meno che le costituzioni non dicano altrimenti.

§2. Per quanto riguarda il «piano degli studi» e la recezione degli ordini, si seguano le norme previste per i chierici secolari, fermo restando tuttavia il §1.

Can. 737 – L’incorporazione comporta da parte dei membri gli obblighi e i diritti definiti nelle costituzioni, da parte della società l’impegno di guidare i membri a realizzare la propria vocazione secondo le costituzioni.

Can. 738 – §1. Tutti i membri sono soggetti ai propri Moderatori a norma delle costituzioni in ciò che riguarda la vita interna e la disciplina della società.

§2. Sono soggetti inoltre al Vescovo diocesano in ciò che riguarda il culto pubblico, la cura delle anime e le altre attività apostoliche, attesi i cann. 679-683.

§3. Le relazioni tra il membro incardinato nella diocesi e il proprio Vescovo sono definite dalle costituzioni o da particolari convenzioni.

Can. 739 – I membri, oltre agli obblighi che secondo le costituzioni li toccano in quanto tali, sono tenuti agli obblighi comuni ai chierici, a meno che non risulti altrimenti dalla natura delle cose o dal contesto.

Can. 740 – I membri devono abitare nella casa o nella comunità legittimamente costituita e osservare la vita in comune a norma del diritto proprio; da questo sono pure regolate le assenze dalla casa o dalla comunità.

Can. 741 – §1. Le società e, se non è detto altrimenti nelle costituzioni, le loro parti e le case, sono persone giuridiche e in quanto tali hanno la capacità di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali a norma delle disposizioni del Libro V, I beni temporali della Chiesa, dei cann. 636638 e 639, nonché del diritto proprio.

§2. Anche i membri, a norma del diritto proprio, hanno la capacità di acquistare, possedere e amministrare beni temporali e di disporne, ma tutto ciò che loro proviene in considerazione della società è acquisito per la società.

Can. 742 – L’uscita e la dimissione di un membro non ancora incorporati in modo definitivo sono regolate dalle costituzioni di ciascuna società.

Can. 743 – Un membro incorporato definitivamente può ottenere dal Moderatore supremo, con il consenso del suo consiglio l’indulto di lasciare la società, con la cessazione dei diritti e degli obblighi derivanti dall’incorporazione, fermo restando il disposto del can. 693, a meno che tale concessione non sia a norma delle costituzioni riservata alla Santa Sede.

Can. 744 – §1. È parimenti riservato al Moderatore supremo, con il consenso del suo consiglio, di concedere a un membro incorporato definitivamente la licenza di passare ad un’altra società di vita apostolica, venendo frattanto sospesi i diritti e gli obblighi della propria società, fermo restando tuttavia il diritto di potervi ritornare prima dell’incorporazione definitiva nella nuova società.

§2. Per il passaggio ad un istituto di vita consacrata, o da questo ad una società di vita apostolica, si richiede la licenza della Santa Sede, alle cui disposizioni ci si deve attenere.

Can. 745 – Il Moderatore supremo con il consenso del proprio consiglio può concedere a un membro incorporato in modo definitivo l’indulto di vivere fuori della società, tuttavia non oltre tre anni, rimanendo sospesi i diritti e gli obblighi incompatibili con la sua nuova condizione; questi però rimane sotto la cura dei Moderatori. Se si tratta di un chierico, si richiede inoltre il consenso dell’Ordinario del luogo in cui deve dimorare, rimanendo anche sotto la sua cura e dipendenza.

Can. 746 – Per la dimissione di un membro definitivamente incorporato si osservino, con gli opportuni adattamenti, i cann. 694-704.”

 

 

 

[25] Codice di diritto canonico,

canone 210:

“Can. 210 – Tutti i fedeli, secondo la propria condizione, devono dedicare le proprie energie al fine di condurre una vita santa e di promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione.”

 

 

 

[26] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 13:

Can. 13 – Omnes christifideles secundum suam cuiusque condicionem ad sanctam vitam ducendam atque ad Ecclesiae incrementum eiusque iugem sanctificationem promovendam vires suas conferre debent.”

 

Canone 13 in italiano:

Can. 13 – Tutti i fedeli cristiani devono dedicare le proprie energie, ciascuno secondo la sua condizione, per condurre una vita santa e inoltre per promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione.”

 

 

 

[27] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33.

 

Note presenti nel testo ora citato

 

“(104) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 25: AAS 57 (1965), p. 29 [pag. 191ss].

 

(105) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sul Ministero e la Vita dei Presbiteri Presbyterorum Ordinis, n. 10, dove per rendere più facili le opere pastorali particolari per le diverse classi sociali si prevede la costituzione di Prelature personali, in quanto il corretto esercizio dell’apostolato lo avrà richiesto [pag. 801ss].”

 

 

 

capitolo 16, versetti 1-4:

 

“[1] Paolo si recò a Derbe e a Listra. C’era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco;
[2] egli era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio.
[3] Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere per riguardo ai Giudei che si trovavano in quelle regioni; tutti infatti sapevano che suo padre era greco.
[4] Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero.”

 

capitolo 21, versetti 17-19:

 

“[17] Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente.
[18] L’indomani Paolo fece visita a Giacomo insieme con noi: c’erano anche tutti gli anziani.
[19] Dopo aver rivolto loro il saluto, egli cominciò a esporre nei particolari quello che Dio aveva fatto tra i pagani per mezzo suo.”

 

 

 

[28] Codice di diritto canonico,

canoni 338, 339 e 443:

 

“Can. 338 – §1. Spetta unicamente al Romano Pontefice convocare il Concilio Ecumenico, presiederlo personalmente o mediante altri, come pure trasferire il Concilio stesso, sospenderlo o scioglierlo e approvarne i decreti.

§2. Spetta al Romano Pontefice determinare le questioni da trattare nel Concilio e stabilire il regolamento da osservare in esso; i Padri del Concilio, alle questioni proposte dal Romano Pontefice, possono aggiungerne altre, che devono essere approvate dallo stesso Romano Pontefice.

 

 

Can. 339 – §1. Tutti e soli i Vescovi che sono membri del Collegio dei Vescovi hanno il diritto e il dovere di partecipare al Concilio Ecumenico con voto deliberativo.

§2. Alcuni altri inoltre, che non sono insigniti della dignità episcopale, possono essere chiamati al Concilio Ecumenico dall’autorità suprema della Chiesa, alla quale spetta determinare il loro ruolo nel Concilio.

 

 

Can. 443 – §1. Devono essere convocati ai concili particolari e in essi hanno diritto al voto deliberativo:

1) i Vescovi diocesani;

2) i Vescovi coadiutori e ausiliari;

3) gli altri Vescovi titolari che esercitano nel territorio uno speciale incarico, loro affidato dalla Sede Apostolica o dalla Conferenza Episcopale.

 

§2. Possono essere chiamati ai concili particolari gli altri Vescovi titolari, anche emeriti, che si trovano nel territorio; essi poi hanno diritto al voto deliberativo.

 

§3. Ai concili particolari devono essere chiamati con voto solamente consultivo:

1) i Vicari generali e i Vicari episcopali di tutte le Chiese particolari del territorio;

2) i Superiori maggiori degli istituti e delle società di vita apostolica, in numero da determinare, sia per gli uomini sia per le donne, dalla Conferenza Episcopale o dai Vescovi della provincia, eletti rispettivamente da tutti i Superiori maggiori degli istituti e delle società che hanno sede nel territorio;

3) i rettori delle università ecclesiastiche e cattoliche, nonché i decani delle facoltà di teologia e di diritto canonico, che hanno sede nel territorio;

4) alcuni rettori dei seminari maggiori, in numero da determinarsi come al n. 2, eletti dai rettori dei seminari situati nel territorio.

 

§4. Ai concili particolari possono essere chiamati, con voto solamente consultivo, anche presbiteri e altri fedeli, in modo però che il loro numero non superi la metà di coloro di cui ai §§1-3.

 

§5. Ai concili provinciali siano invitati inoltre i capitoli cattedrali, come pure il consiglio presbiterale e il consiglio pastorale di ciascuna Chiesa particolare, in modo che ognuno di essi invii due suoi membri designati collegialmente; essi però hanno voto solamente consultivo.

 

§6. Ai concili particolari possono essere invitati come ospiti anche altri, se ciò risulta opportuno a giudizio della Conferenza Episcopale, per quanto riguarda il concilio plenario, o a giudizio del Metropolita insieme con i Vescovi suffraganei, per quanto riguarda il concilio provinciale.”

 

 

 

[29] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-6.

 

 

 

[30] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 7-33.

 

 

 

[31] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-6.

 

 

 

[32] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 7-33.

 

 

 

[33] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 102:

 

Can. 102 – § 1. Ad Synodum Episcoporum Ecclesiae patriarchalis vocari debent omnes et soli Episcopi ordinati eiusdem Ecclesiae ubicumque constituti exclusis eis, de quibus in can. 953, § 1, vel eis, qui poenis canonicis, de quibus in cann. 1433 et 1434, puniti sunt.

§2. Quod attinet ad Episcopos eparchiales extra fines territorii Ecclesiae patriarchalis constitutos et ad Episcopos titulares, ius particulare eorum suffragium deliberativum coartare potest firmis vero canonibus de electione Patriarchae, Episcoporum et candidatorum ad offcia, de quibus in can. 149.

§3. Pro certis negotiis expediendis a Patriarcha ad normam iuris particularis vel de consensu Synodi permanentis alii invitari possunt praesertim Hierarchae non Episcopi ac periti ad suas opiniones Episcopis in Synodo congregatis manifestandas firmo can. 66, § 2.”

 

Il canone 102 in italiano:

 

Can. 102 – § 1. Al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale devono essere convocati tutti e soli i Vescovi ordinati della stessa Chiesa ovunque costituiti, esclusi quelli di cui nel Tit. IV – Le Chiese patriarcali Tit. IV – Le Chiese patriarcali can. 953, § 1, o che sono puniti con pene canoniche di cui nei cann. 1433 e 1434.

§2. Per quanto riguarda i Vescovi eparchiali costituiti fuori dai confini del territorio della Chiesa patriarcale e i Vescovi titolari, il diritto particolare può limitare il loro voto deliberativo, fermi restando però i canoni sulla elezione del Patriarca, dei Vescovi e dei candidati agli uffici di cui nel can. 149.

§3. Per la trattazione di determinati affari possono essere invitate dal Patriarca, a norma del diritto particolare o col consenso del Sinodo permanente, altre persone, specialmente Gerarchi non Vescovi ed esperti, al fine di esprimere le loro opinioni ai Vescovi riuniti nel Sinodo, fermo restando il can. 66, § 2.”

 

 

 

[33] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 108:

 

Can. 108 – § 1. Patriarchae est Synodum Episcoporum Ecclesiae patriarchalis aperire necnon de eiusdem Synodi consensu transferre, prorogare, suspendere et dissolvere.

§2. Patriarchae quoque est praeauditis Synodi Episcoporum Ecclesiae patriarchalis membris ordinem servandum in quaestionibus examinandis praeparare atque approbationi Synodi initio sessionum subicere.

§3. Synodo Episcoporum Ecclesiae patriarchalis durante singuli Episcopi propositis quaestionibus possunt alias addere, si saltem tertia pars membrorum, quae Synodo intersunt, consentit.”

 

Il canone 108 in italiano:

 

Can. 108 – § 1. E’ compito del Patriarca aprire il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, come pure col consenso dello stesso Sinodo trasferirlo, prorogarlo, sospenderlo o scioglierlo.

§2. E’ compito del Patriarca, dopo aver ascoltato i membri del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, anche preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del Sinodo all’inizio delle sessioni.

§3. Durante il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale i singoli Vescovi possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al Sinodo.”

 

 

 

 

[34] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-6.

 

 

 

[35] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 7-33.

 

 

 

[36] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-6.

 

 

 

[37] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 7-33.

 

 

 

[38] Codice di diritto canonico,

canone 368:

 

“Can. 368 – Le Chiese particolari, nelle quali e dalle quali sussiste la sola e unica Chiesa cattolica, sono innanzitutto le diocesi, alle quali, se non consta altro, vengono assimilate la prelatura territoriale e l’abbazia territoriale, il vicariato apostolico e la prefettura apostolica e altresì l’amministrazione apostolica eretta stabilmente.”

 

 

 

[39] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33.

 

 

 

[40] Gli anziani nella comunità ebraica

Vangelo secondo Marco, capitolo 8, versetto 31; capitolo 11, versetti 27-28; capitolo 14, versetti 43.53; capitolo 15, versetto 1.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 21, versetto 23; capitolo 26, versetti 3-4.47-48; capitolo 27, versetto 1.

Vangelo di Luca, capitolo 9, versetto 22; capitolo 20, versetti 1-2; capitolo 22, versetti 52-54.66-69.

Atti degli apostoli, capitolo 4, versetti 1-8.23; capitolo 5, versetti 17-21; capitolo 6, versetti 8-12.

 

Gli anziani nelle comunità cristiane

Atti degli apostoli, capitolo 14, versetti 21-23; capitolo 16, versetti 16-17.

 

Gli anziani nella comunità cristiana di Gerusalemme

Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 2, 4, 6, 22, 23.

 

 

 

[41] Libro del levitico, capitolo 16, versetti 1 -10.

Libro dei numeri, capitolo 26, versetti 52 – 56.

Libro di Giosuè, capitolo 7, versetti 10 -26.

Primo libro di Samuele, capitolo 10, versetti 17 – 24.

Libro di Giona, capitolo 1, versetti 1 -7.

Atti degli apostoli, capitolo 1, versetti 15 – 26.

 

 

 

[42] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 55:

 

Can. 55 – Secundum antiquissimam Ecclesiae traditionem iam a primis Conciliis Oecumenicis agnitam viget in Ecclesia institutio patriarchalis; quare singulari honore prosequendi sunt Ecclesiarum orientalium Patriarchae, qui suae quisque Ecclesiae patriarchali tamquam pater et caput praesunt.”

 

Il canone 55 in italiano:

 

Can. 55 – Secondo l’antichissima tradizione della Chiesa, riconosciuta già dai primi Concili Ecumenici, nella Chiesa vige l’istituzione patriarcale; perciò i Patriarchi delle Chiese orientali, che presiedono ciascuno la sua Chiesa patriarcale come padre e capo, devono essere trattati con singolare onore.”

 

 

 

[43] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33.

 

 

 

[44] Gli anziani nella comunità ebraica

Vangelo secondo Marco, capitolo 8, versetto 31; capitolo 11, versetti 27-28; capitolo 14, versetti 43.53; capitolo 15, versetto 1.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 21, versetto 23; capitolo 26, versetti 3-4.47-48; capitolo 27, versetto 1.

Vangelo di Luca, capitolo 9, versetto 22; capitolo 20, versetti 1-2; capitolo 22, versetti 52-54.66-69.

Atti degli apostoli, capitolo 4, versetti 1-8.23; capitolo 5, versetti 17-21; capitolo 6, versetti 8-12.

 

Gli anziani nelle comunità cristiane

Atti degli apostoli, capitolo 14, versetti 21-23; capitolo 16, versetti 16-17.

 

Gli anziani nella comunità cristiana di Gerusalemme

Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 2, 4, 6, 22, 23.

 

 

 

[45] Libro del levitico, capitolo 16, versetti 1 -10.

Libro dei numeri, capitolo 26, versetti 52 – 56.

Libro di Giosuè, capitolo 7, versetti 10 -26.

Primo libro di Samuele, capitolo 10, versetti 17 – 24.

Libro di Giona, capitolo 1, versetti 1 -7.

Atti degli apostoli, capitolo 1, versetti 15 – 26.

 

 

 

[46] Si veda la nota numero 16.

 

 

 

[47] Codice di diritto canonico,

canoni 331-335:

 

“Can. 331 – Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.

Can. 332 – §1. Il Romano Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l’elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l’eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell’accettazione. Che se l’eletto fosse privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo.

§2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

Can. 333 – §1. Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro cura.

§2. Il Romano Pontefice, nell’adempimento dell’ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio.

§3.  Contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice non si dà appello né ricorso.

Can. 334 – Nell’esercizio del suo ufficio il Romano Pontefice è assistito dai Vescovi, che possono cooperare con lui in diversi modi, uno dei quali è il sinodo dei Vescovi. Inoltre gli sono di aiuto i Padri Cardinali e altre persone, come pure diverse istituzioni, secondo le necessità dei tempi; tutte queste persone e istituzioni adempiono in suo nome e per sua autorità l’incarico loro affidato per il bene di tutte le Chiese, secondo le norme determinate dal diritto.

Can. 335 – Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze.”

 

 

 

[48] Si vedano i passi biblici citati nella nota 41.

 

 

 

[49] Libro del levitico, capitolo 16, versetti 1 -10.

Libro dei numeri, capitolo 26, versetti 52 – 56.

Libro di Giosuè, capitolo 7, versetti 10 -26.

Primo libro di Samuele, capitolo 10, versetti 17 – 24.

Libro di Giona, capitolo 1, versetti 1 -7.

Atti degli apostoli, capitolo 1, versetti 15 – 26.

 

[50] Gli incarichi pastorali degli apostoli

Vangelo secondo Marco, capitolo 3, versetti 13-19.

Vangelo secondo Marco, capitolo 6, versetti 7-13.

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 14-20.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 10, versetti 1-8.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 16-20.

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 1-6.

Atti degli apostoli, capitolo 3, capitolo 1-16.

Atti degli apostoli, capitolo 5, versetti 12-16.

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 5-8.

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 34-40.

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 32-35.

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 36-42.

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti, 21-23.

 

 

 

[51] Codice di diritto canonico,

canoni 336-341:

 

“Can. 336 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.

Can. 337 – §1. Il Collegio dei Vescovi esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale nel Concilio Ecumenico.

§2. Esercita la medesima potestà mediante l’azione congiunta dei Vescovi sparsi nel mondo, se essa come tale è indetta o liberamente recepita dal Romano Pontefice, così che si realizzi un vero atto collegiale.

§3. Spetta al Romano Pontefice, secondo le necessità della Chiesa, scegliere e promuovere i modi con cui il Collegio dei Vescovi può esercitare collegialmente il suo ufficio per la Chiesa universale.

Can. 338 – §1. Spetta unicamente al Romano Pontefice convocare il Concilio Ecumenico, presiederlo personalmente o mediante altri, come pure trasferire il Concilio stesso, sospenderlo o scioglierlo e approvarne i decreti.

§2. Spetta al Romano Pontefice determinare le questioni da trattare nel Concilio e stabilire il regolamento da osservare in esso; i Padri del Concilio, alle questioni proposte dal Romano Pontefice, possono aggiungerne altre, che devono essere approvate dallo stesso Romano Pontefice.

Can. 339 – §1. Tutti e soli i Vescovi che sono membri del Collegio dei Vescovi hanno il diritto e il dovere di partecipare al Concilio Ecumenico con voto deliberativo.

§2. Alcuni altri inoltre, che non sono insigniti della dignità episcopale, possono essere chiamati al Concilio Ecumenico dall’autorità suprema della Chiesa, alla quale spetta determinare il loro ruolo nel Concilio.

Can. 340 – Nel caso che la Sede Apostolica divenga vacante durante la celebrazione del Concilio, questo viene interrotto per il diritto stesso, finché il nuovo Sommo Pontefice non abbia ordinato di proseguirlo o non l’abbia sciolto.

Can. 341 – §1.  I decreti del Concilio Ecumenico non hanno forza obbligante se non siano stati approvati dal Romano Pontefice insieme con i Padri del Concilio, da lui confermati e per suo comando promulgati.

§2. Perché abbiano forza obbligante devono avere la stessa conferma e promulgazione i decreti che emana il Collegio dei Vescovi quando pone un’azione propriamente collegiale secondo una modalità diversa, indetta dal Romano Pontefice o da lui deliberatamente recepita.”

 

 

 

[52] Codice di diritto canonico,

canoni 342-348:

 

“Can. 342 – Il sinodo dei Vescovi è un’assemblea di Vescovi i quali, scelti dalle diverse regioni dell’orbe, si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi, e per prestare aiuto con i loro consigli al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l’attività della Chiesa nel mondo.

Can. 343 – Spetta al sinodo dei Vescovi discutere sulle questioni da trattare ed esprimere propri voti, non però dirimerle ed emanare decreti su di esse, a meno che in casi determinati il Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del sinodo, non gli abbia concesso potestà deliberativa.

Can. 344 – Il sinodo dei Vescovi è direttamente sottoposto all’autorità del Romano Pontefice, al quale spetta propriamente:

1) convocare il sinodo ogni qualvolta lo ritenga opportuno e designare il luogo in cui tenere le assemblee;

2) ratificare l’elezione dei membri che, a norma del diritto peculiare, devono essere eletti, e altresì designare e nominare gli altri membri;

3) stabilire in tempo opportuno, a norma del diritto peculiare, prima della celebrazione del sinodo, gli argomenti delle questioni da trattare;

4) definire l’ordine dei lavori;

5) presiedere il sinodo personalmente o per mezzo di altri;

6) concludere, trasferire, sospendere e sciogliere il sinodo.

Can. 345 – Il sinodo dei Vescovi può riunirsi in assemblea generale, in cui cioè vengono trattati argomenti che riguardano direttamente il bene della Chiesa universale: tale assemblea è ordinaria o straordinaria; oppure può anche riunirsi in assemblea speciale, in cui cioè vengono trattate questioni  che riguardano direttamente una o più regioni determinate.

Can. 346 – §1. Il sinodo dei Vescovi che si riunisce in assemblea generale ordinaria è composto di membri, la maggioranza dei quali Vescovi che vengono eletti per le singole assemblee delle Conferenze Episcopali, secondo le modalità determinate dal diritto peculiare del sinodo; altri vengono deputati in forza del medesimo diritto, altri sono nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad essi si aggiungono alcuni membri di istituti religiosi clericali, eletti a norma del medesimo diritto peculiare.

  • 2. Il sinodo dei Vescovi, riunito in assemblea generale straordinaria per trattare affari che richiedono una soluzione sollecita, è composto di membri, la maggioranza dei quali Vescovi, deputati dal diritto peculiare del sinodo in ragione dell’ufficio svolto; altri poi nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad essi si aggiungono alcuni membri di istituti religiosi clericali eletti a norma del medesimo diritto.
  • 3. Il sinodo dei Vescovi che si riunisce in assemblea speciale è composto di membri scelti soprattutto da quelle regioni per le quali il sinodo viene convocato, a norma del diritto peculiare da cui è retto il sinodo.

Can. 347 – §1. Quando l’assemblea del sinodo dei Vescovi viene conclusa dal Romano Pontefice, cessa l’incarico affidato nel sinodo stesso ai Vescovi e agli altri membri.

  • 2. Se la Sede Apostolica diviene vacante dopo la convocazione del sinodo o durante la sua celebrazione, per il diritto stesso è sospesa l’assemblea del sinodo, come pure l’incarico assegnato in esso ai membri, finché il nuovo Pontefice non abbia deciso o il suo scioglimento o la sua continuazione.

Can. 348 – §1. Il sinodo dei Vescovi ha una segreteria generale permanente presieduta dal Segretario generale, nominato dal Romano Pontefice, al quale è d’aiuto il consiglio di segreteria composto di Vescovi, alcuni dei quali vengono eletti, a norma del diritto peculiare, dallo stesso sinodo dei Vescovi, altri nominati dal Romano Pontefice; l’incarico di tutti costoro però cessa quando inizia la nuova assemblea generale.

  • 2. Vengono inoltre costituiti per ogni assemblea del sinodo dei Vescovi uno o più segretari speciali, nominati dal Romano Pontefice, i quali rimangono nell’ufficio loro affidato solo fino al termine dell’assemblea del sinodo.”

 

 

 

[53] Codice di diritto canonico,

canoni 349-359:

 

“Can. 349 – I Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all’elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare; inoltre i Cardinali assistono il Romano Pontefice sia agendo collegialmente quando sono convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale.

Can. 350 – §1. Il Collegio dei Cardinali è distinto in tre ordini: l’ordine episcopale, cui appartengono i Cardinali ai quali il Romano Pontefice assegna il titolo di una Chiesa suburbicaria e inoltre i Patriarchi Orientali che sono stati annoverati nel Collegio dei Cardinali; l’ordine presbiterale e l’ordine diaconale.

  • 2. A ciascun Cardinale dell’ordine presbiterale e diaconale viene assegnato dal Romano Pontefice un titolo o una diaconia nell’Urbe.
  • 3. I Patriarchi Orientali assunti nel Collegio dei Cardinali, hanno come titolo la propria sede patriarcale.
  • 4. Il Cardinale Decano ha come titolo la diocesi di Ostia insieme all’altra Chiesa che aveva come titolo precedente.
  • 5. Mediante opzione fatta nel Concistoro e approvata dal Sommo Pontefice i Cardinali dell’ordine presbiterale, nel rispetto della priorità di ordine e di promozione, possono passare ad un altro titolo e i Cardinali dell’ordine diaconale ad un’altra diaconia e, se sono rimasti per un intero decennio nell’ordine diaconale, possono passare anche all’ordine presbiterale.
  • 6. Il Cardinale che passa per opzione dall’ordine diaconale all’ordine presbiterale, ottiene la precedenza su tutti i Cardinali presbiteri che sono stati assunti al cardinalato dopo di lui.

Can. 351 – §1. Ad essere promossi Cardinali vengono scelti liberamente dal Romano Pontefice uomini che siano costituiti almeno nell’ordine del presbiterato, in modo eminente distinti per dottrina, costumi, pietà e prudenza nel disbrigo degli affari; coloro che già non siano Vescovi, devono ricevere la consacrazione episcopale.

  • 2. I Cardinali vengono creati con un decreto del Romano Pontefice, che viene reso pubblico davanti al Collegio dei Cardinali; dal momento della pubblicazione essi sono vincolati dai doveri e godono dei diritti definiti dalla legge.
  • 3. Colui che è promosso alla dignità cardinalizia, se il Romano Pontefice ne ha annunciato la creazione, riservandosi però il nome in pectore, durante questo tempo non è tenuto ad alcun dovere e non gode di alcun diritto proprio dei Cardinali; tuttavia dopo che il suo nome è stato reso pubblico dal Romano Pontefice, è tenuto a tali doveri e fruisce di tali diritti; ma gode del diritto di precedenza dal giorno della riserva in pectore.

Can. 352 – §1. Presiede il Collegio dei Cardinali il Decano e, se impedito, ne fa le veci il Sottodecano; il Decano, o il Sottodecano, non ha nessuna potestà di governo sugli altri Cardinali, ma è considerato primus inter pares.

  • 2. Quando l’ufficio di Decano diviene vacante, i Cardinali insigniti del titolo di una Chiesa suburbicaria, e solo essi, con la presidenza del Sottodecano, se è presente, oppure del più anziano tra di loro, eleggano al proprio interno chi debba diventare il Decano del Collegio; comunichino il suo nome al Romano Pontefice, al quale spetta approvare l’eletto.
  • 3. Nello stesso modo previsto al §2, sotto la presidenza del Decano, viene eletto il Sottodecano; spetta al Romano Pontefice approvare anche l’elezione del Sottodecano.
  • 4. Il Decano e il Sottodecano, se ancora non lo hanno, acquisiscano il domicilio nell’Urbe.

Can. 353 – §1. I Cardinali prestano principalmente aiuto con attività collegiale al Supremo Pastore della Chiesa nei Concistori, nei quali si riuniscono per ordine del Romano Pontefice e sotto la sua presidenza; i Concistori possono essere ordinari o straordinari.

  • 2. Nel Concistoro ordinario vengono convocati tutti i Cardinali, almeno quelli che si trovano nell’Urbe, per essere consultati su qualche questione grave, che tuttavia si verifica più comunemente, o per compiere determinati atti della massima solennità.
  • 3. Nel Concistoro straordinario, che si celebra quando lo suggeriscono peculiari necessità della Chiesa o la trattazione di questioni particolarmente gravi, vengono convocati tutti i Cardinali.
  • 4. Solo il Concistoro ordinario in cui si celebrino particolari solennità può essere pubblico, in cui cioè, oltre ai Cardinali, vengono ammessi i Prelati, i legati delle società civili ed altri che vi sono invitati.

Can. 354 – I Padri Cardinali preposti ai dicasteri e agli altri organismi permanenti della Curia Romana e della Città del Vaticano, che abbiano compiuto il settantacinquesimo anno di età, sono invitati a presentare al Romano Pontefice la rinuncia all’ufficio, ed egli provvederà, dopo aver valutato tutte le circostanze.

Can. 355 – §1. Spetta al Cardinale Decano ordinare Vescovo il Romano Pontefice eletto, qualora non fosse ordinato; se il Decano è impedito, tale diritto spetta al Sottodecano, e se anche quest’ultimo è impedito, al Cardinale più anziano dell’ordine episcopale.

  • 2. Il Cardinale Proto-diacono annuncia al popolo il nome del Sommo Pontefice neo-eletto; inoltre impone il pallio ai Metropoliti o lo consegna ai loro procuratori, in nome del Romano Pontefice.

Can. 356 – I Cardinali sono tenuti all’obbligo di collaborare assiduamente col Romano Pontefice; perciò i Cardinali che ricoprono qualsiasi ufficio nella Curia, se non sono Vescovi diocesani, sono tenuti all’obbligo di risiedere nell’Urbe; i Cardinali che hanno la cura di una diocesi come Vescovi diocesani, si rechino a Roma ogni volta che sono convocati dal Romano Pontefice.

Can. 357 – §1. I Cardinali ai quali è stata assegnata in titolo una Chiesa suburbicaria o una chiesa nell’Urbe, dopo che ne hanno preso possesso, promuovano il bene di tali diocesi e chiese mediante il consiglio e il patrocinio, pur senza avere su di esse alcuna potestà di governo, e per nessuna ragione interferiscano in ciò che riguarda l’amministrazione dei beni, la disciplina o il servizio delle chiese.

  • 2. I Cardinali che si trovano fuori dell’Urbe e fuori della propria diocesi, sono esenti dalla potestà di governo del Vescovo della diocesi in cui dimorano in tutto ciò che riguarda la propria persona.

Can. 358 – Al Cardinale al quale il Romano Pontefice dia l’incarico di rappresentano in qualche solenne celebrazione o in qualche assemblea di persone, come Legato a latere, cioè come suo alter ego, come pure al Cardinale al quale venga affidato di compiere un determinato incarico pastorale come suo inviato speciale, compete solo quanto gli è demandato dal Romano Pontefice.

Can. 359 – Mentre la Sede Apostolica è vacante, il sacro Collegio dei Cardinali ha nella Chiesa solamente quella potestà che gli è conferita nella legge peculiare.”

 

 

 

[54] Codice di diritto canonico,

canoni 360 e 361:

 

“Can. 360 – La Curia Romana, mediante la quale il Sommo Pontefice è solito trattare le questioni della Chiesa universale, e che in suo nome e con la sua autorità adempie alla propria funzione per il bene e a servizio delle Chiese, è composta dalla Segreteria di Stato o Papale, dal Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, dalle Congregazioni, dai Tribunali, e da altri Organismi; la loro costituzione e competenza vengono definite da una legge peculiare.

 

Can. 361 – Col nome di Sede Apostolica o Santa Sede si intendono nel codice non solo il Romano Pontefice, ma anche, se non risulta diversamente dalla natura della questione o dal contesto, la Segreteria di Stato, il Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa e gli altri Organismi della Curia Romana.”

 

 

 

[55] Codice di diritto canonico,

canoni 362-367:

 

“Can. 362 – Il Romano Pontefice ha il diritto nativo e indipendente di nominare e inviare suoi Legati sia presso le Chiese particolari nelle diverse nazioni o regioni, sia presso gli Stati e le Autorità pubbliche, come pure di trasferirli e richiamarli, nel rispetto però delle norme del diritto internazionale per quanto riguarda l’invio e la revoca dei Legati accreditati presso i Governi.

Can. 363 – §1. Ai Legati del Romano Pontefice è affidato l’ufficio di rappresentare stabilmente lo stesso Romano Pontefice presso le Chiese particolari o anche presso gli Stati e le Autorità pubbliche cui sono stati inviati.

  • 2. Rappresentano la Sede Apostolica anche coloro che sono incaricati di una Missione pontificia come Delegati od Osservatori presso i Consigli internazionali o presso le Conferenze e i Congressi.

Can. 364 – Il compito principale del Legato pontificio è quello di rendere sempre più saldi ed efficaci i vincoli di unità che intercorrono tra la Sede Apostolica e le Chiese particolari. Spetta perciò al Legato pontificio nell’ambito della sua circoscrizione:

1) informare la Sede Apostolica sulle condizioni in cui versano le Chiese particolari, nonché su tutto ciò che tocca la vita stessa della Chiesa e il bene delle anime;

2) assistere i Vescovi con l’azione e il consiglio, senza pregiudizio per l’esercizio della loro potestà legittima;

3) favorire relazioni frequenti con la Conferenza Episcopale, fornendo ad essa tutto l’aiuto possibile;

4) per quanto riguarda la nomina dei Vescovi, comunicare o proporre i nomi dei candidati alla Sede Apostolica, nonché istruire il processo informativo sui promovendi, secondo le norme date dalla Sede Apostolica;

5) adoperarsi per promuovere tutto ciò che riguarda la pace, il progresso e la cooperazione tra i popoli;

6) cooperare con i Vescovi per favorire opportuni scambi fra la Chiesa cattolica e le altre Chiese o comunità ecclesiali, anzi anche con le religioni non cristiane;

7) in azione congiunta con i Vescovi, difendere di fronte ai governanti degli Stati tutto ciò che riguarda la missione della Chiesa e della Sede Apostolica;

8) esercitare inoltre le facoltà e adempiere gli altri mandati affidatigli dalla Sede Apostolica.

Can. 365 – §1. È inoltre compito peculiare del Legato pontificio che esercita contemporaneamente una legazione presso gli Stati secondo le norme del diritto internazionale:

1) promuovere e sostenere le relazioni fra la Sede Apostolica e le Autorità dello Stato;

2) affrontare le questioni che riguardano i rapporti fra Chiesa e Stato; trattare in modo particolare la stipulazione e l’attuazione dei concordati e delle altre convenzioni similari.

  • 2. Nella trattazione delle questioni di cui al §1, a seconda che lo suggeriscano le circostanze, il Legato pontificio non ometta di richiedere il parere e il consiglio dei Vescovi della circoscrizione ecclesiastica e li informi sull’andamento dei lavori.

Can. 366 – Atteso il carattere peculiare dell’ufficio di Legato:

1) la sede della Legazione pontificia è esente dalla potestà di governo dell’Ordinario del luogo, a meno che non si tratti della celebrazione di matrimoni;

2) il Legato pontificio, avvertiti, per quanto è possibile, gli Ordinari del luogo, può compiere celebrazioni liturgiche, anche pontificali, in tutte le chiese della sua legazione.

Can. 367 – L’ufficio di Legato pontificio non cessa quando diviene vacante la Sede Apostolica, a meno che non venga stabilito diversamente nella lettera pontificia; cessa invece quando scade il mandato, con l’intimazione della revoca, con la rinuncia accettata dal Romano Pontefice.”

 

 

 

[56] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 42-48:

 

“TITULUS III DE SUPREMA ECCLESIAE AUCTORITATE

Can. 42 – Sicut statuente Domino sanctus Petrus et ceteri Apostoli unum Collegium constituunt, pari ratione Romanus Pontifex, successor Petri, et Episcopi, successores Apostolorum, inter se coniunguntur.

 

CAPUT I DE ROMANO PONTIFICE

Can. 43 – Ecclesiae Romanae Episcopus, in quo permanet munus a Domino singulariter Petro, primo Apostolorum, concessum et successoribus eius transmittendum, Collegii Episcoporum est caput, Vicarius Christi atque universae Ecclesiae his in terris Pastor, qui ideo vi muneris sui suprema, plena, immediata et universali in Ecclesia gaudet potestate ordinaria, quam semper libere exercere potest.
 
Can. 44 – § 1. Supremam et plenam in Ecclesia potestatem Romanus Pontifex obtinet legitima electione ab ipso acceptata una cum ordinatione episcopali; quare eandem potestatem obtinet a momento acceptationis electus ad summum pontificatum, qui episcopali charactere insignitus est; si vero charactere episcopali electus caret, statim ordinetur Episcopus.

  • 2. Si contingit, ut Romanus Pontifex muneri suo renuntiet, ad validitatem requiritur, ut renuntiatio libere fiat et rite manifestetur, non vero, ut a quopiam acceptetur.

    Can. 45 – § 1. Romanus Pontifex vi sui muneris non modo in universam Ecclesiam potestate gaudet, sed et super omnes eparchias earumque coetus potestatis ordinariae obtinet principatum, quo quidem simul roboratur atque vindicatur potestas propria, ordinaria et immediata, quam in eparchiam suae curae commissam Episcopi habent.

  • 2. Romanus Pontifex in munere supremi universae Ecclesiae Pastoris explendo communione cum ceteris Episcopis immo et universa Ecclesia semper est coniunctus; ipsi ius tamen est determinare secundum necessitates Ecclesiae modum sive personalem sive collegialem huius muneris exercendi.
  • 3. Contra sententiam vel decretum Romani Pontificis non datur appellatio neque recursus.

    Can. 46 – § 1. In eius munere exercendo Romano Pontifici praesto sunt Episcopi, qui eidem cooperatricem operam dare possunt variis rationibus, inter quas est Synodus Episcoporum; auxilio praeterea ei sunt Patres Cardinales, Curia Romana, Legati pontificii necnon aliae personae itemque varia secundum necessitates temporum instituta; quae personae omnes et instituta nomine et auctoritate eiusdem munus sibi commissum explent in bonum omnium Ecclesiarum secundum normas ab ipso Romano Pontifice statutas.

  • 2. Patriarcharum ceterorumque Hierarcharum, qui Ecclesiis sui iuris praesunt, participatio in Synodo Episcoporum regitur normis specialibus ab ipso Romano Pontifice statutis.

Can. 47 – Sede Romana vacante aut prorsus impedita nihil innovetur in universae Ecclesiae regimine; serventur autem leges speciales pro eisdem adiunctis latae.
 
Can. 48 – Nomine Sedis Apostolicae vel Sanctae Sedis in hoc Codice veniunt non solum Romanus Pontifex, sed etiam, nisi aliter iure cavetur vel ex natura rei constat, Dicasteria aliaque Curiae Romanae instituta.”

 

 

I canoni 42-48 in italiano:

 

“TITOLO III LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

Can. 42 – Come, per volontà del Signore, san Pietro e tutti gli altri Apostoli costituiscono un solo Collegio, similmente il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono tra di loro congiunti.

 

CAPITOLO I IL ROMANO PONTEFICE

Can. 43 – Il Vescovo della Chiesa di Roma, nel quale permane la funzione concessa dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e da trasmettere ai suoi successori, è il capo del Collegio dei Vescovi, il Vicario di Cristo e il Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza della sua funzione, ha la potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa, che può sempre esercitare liberamente.

 

Can. 44 – § 1. Il Romano Pontefice ottiene la suprema e piena potestà nella Chiesa con la legittima elezione da lui accettata, insieme con l’ordinazione episcopale; perciò l’eletto al sommo pontificato, che sia insignito del carattere episcopale, ottiene la stessa potestà dal momento dell’accettazione; se invece l’eletto è privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo.

  • 2. Se capita che il Romano Pontefice rinunci alla sua funzione, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e sia debitamente manifestata; non si richiede invece che sia accettata da qualcuno.

 

Can. 45 – § 1. Il Romano Pontefice, in forza della sua funzione, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma possiede anche la principalità della potestà ordinaria su tutte le eparchie e i loro raggruppamenti; con essa però viene insieme rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sull’eparchia affidata alle loro cure.

  • 2. Il Romano Pontefice, nell’adempiere la funzione di supremo Pastore della Chiesa universale, è sempre congiunto in comunione con tutti gli altri Vescovi e anzi con la Chiesa universale; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare questa funzione.
  • 3. Contro una sentenza o un decreto del Romano Pontefice non si dà né appello né ricorso.

 

Can. 46 – § 1. Nell’esercitare la sua funzione, il Romano Pontefice è assistito dai Vescovi che gli possono dare una collaborazione in varie maniere tra le quali vi è il Sinodo dei Vescovi; gli sono inoltre di aiuto i Padri Cardinali, la Curia Romana, i Legati pontifici, come pure altre persone e anche varie istituzioni secondo le necessità dei tempi; tutte queste persone e istituzioni adempiono l’incarico loro affidato in nome e con l’autorità dello stesso, per il bene di tutte le Chiese secondo le norme stabilite dal Romano Pontefice stesso.

  • 2. La partecipazione dei Patriarchi e di tutti gli altri Gerarchi, che presiedono le Chiese sui iuris, nel Sinodo dei Vescovi è regolata da norme speciali stabilite dallo stesso Romano Pontefice.

 

Can. 47 – Mentre la Sede Romana è vacante o totalmente impedita non si innovi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per quelle circostanze.

 

Can. 48 – Con il nome di Sede Apostolica o di Santa Sede, in questo Codice, si intende non solo il Romano Pontefice, ma anche, se non è disposto diversamente dal diritto o non consta dalla natura delle cose, i Dicasteri e le altre istituzioni della Curia Romana.”

 

 

 

[57] Libro del levitico, capitolo 16, versetti 1 -10.

Libro dei numeri, capitolo 26, versetti 52 – 56.

Libro di Giosuè, capitolo 7, versetti 10 -26.

Primo libro di Samuele, capitolo 10, versetti 17 – 24.

Libro di Giona, capitolo 1, versetti 1 -7.

Atti degli apostoli, capitolo 1, versetti 15 – 26.

 

 

 

[58] Gli incarichi pastorali degli apostoli

Vangelo secondo Marco, capitolo 3, versetti 13-19.

Vangelo secondo Marco, capitolo 6, versetti 7-13.

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 14-20.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 10, versetti 1-8.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 16-20.

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 1-6.

Atti degli apostoli, capitolo 3, capitolo 1-16.

Atti degli apostoli, capitolo 5, versetti 12-16.

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 5-8.

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 34-40.

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 32-35.

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 36-42.

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti, 21-23.

 

 

 

[59] Codice dei canoni delle chiese orientali,

 

Can. 49 – Collegium Episcoporum, cuius caput est Romanus Pontifex cuiusque membra sunt Episcopi vi sacramentalis ordinationis et hierarchica communione cum Collegii capite et membris et in quo corpus apostolicum continuo perseverat, una cum capite suo et numquam sine hoc capite subiectum quoque supremae et plenae potestatis in universam Ecclesiam exsistit.
 
Can. 50 – § 1. Potestatem in universam Ecclesiam Collegium Episcoporum sollemni modo exercet in Concilio Oecumenico.

  • 2. Eandem potestatem Collegium Episcoporum exercet per unitam Episcoporum in mundo dispersorum actionem, quae ut talis a Romano Pontifice est indicta aut libere recepta ita, ut verus actus collegialis effciatur.
  • 3. Romani Pontificis est secundum necessitates Ecclesiae seligere et promovere modos, quibus Collegium Episcoporum munus suum in universam Ecclesiam collegialiter exercet.

    Can. 51 – § 1. Solius Romani Pontificis est Concilium Oecumenicum convocare, eidem per se vel per alios praeesse, item Concilium transferre, suspendere vel dissolvere eiusque decreta confirmare.

  • 2. Eiusdem Romani Pontificis est res in Concilio Oecumenico tractandas determinare atque ordinem in eodem Concilio servandum constituere; propositis a Romano Pontifice quaestionibus Patres Concilii Oecumenici alias addere possunt ab eodem Romano Pontifice approbandas.

Can. 52 – § 1. Ius et obligatio est omnibus et solis Episcopis, qui membra sunt Collegii Episcoporum, ut Concilio Oecumenico cum suffragio deliberativo intersint.

  • 2. Ad Concilium Oecumenicum insuper aliquot, qui episcopali dignitate non sunt insigniti, vocari possunt a suprema Ecclesiae auctoritate, cuius est eorum partes in Concilio determinare.

    Can. 53 – Si contingit, ut Sedes Apostolica durante Concilii Oecumenici celebratione vacet, ipso iure hoc intermittitur, donec novus Romanus Pontifex Concilium Oecumenicum continuari iusserit aut dissolverit.
     
    Can. 54 – § 1. Concilii Oecumenici decreta vim obligandi non habent, nisi una cum Concilii Patribus a Romano Pontifice approbata ab eodem sunt confirmata et eiusdem iussu promulgata.

  • 2. Hac confirmatione et promulgatione, vim obligandi ut habeant, etiam egent decreta, quae fert Collegium Episcoporum, cum actionem proprie collegialem ponit secundum alium a Romano Pontifice indictum vel libere receptum modum.”

 

 

I canoni 49-54 in italiano:

 

Can. 49 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Romano Pontefice e le cui membra sono i Vescovi, in forza dell’ordinazione sacramentale e per la comunione gerarchica con il capo del Collegio e con le membra, e nel quale il corpo apostolico persevera continuamente assieme al suo capo e mai senza questo capo, è pure soggetto della suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.

Can. 50 – § 1. Il Collegio dei Vescovi esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale nel Concilio Ecumenico.

  • 2. Il Collegio dei Vescovi esercita la medesima potestà mediante l’azione unita dei Vescovi dispersi nel mondo, se essa è indetta come tale, oppure liberamente recepita dal Romano Pontefice, in modo da diventare un vero atto collegiale.
  • 3. Spetta al Romano Pontefice, secondo le necessità della Chiesa, scegliere e promuovere i modi con cui il Collegio dei Vescovi esercita collegialmente la sua funzione sulla Chiesa universale.

Can. 51 – § 1. Spetta solamente al Romano Pontefice convocare il Concilio Ecumenico, presiederlo personalmente o per mezzo di altri, come pure trasferire il Concilio, sospenderlo o scioglierlo e confermarne i decreti.

  • 2. Spetta allo stesso Romano Pontefice determinare le cose da trattare nel Concilio Ecumenico e stabilire il regolamento da osservare nello stesso Concilio; i Padri del Concilio Ecumenico possono aggiungere, alle questioni proposte dal Romano Pontefice, delle altre da approvare dallo stesso Romano Pontefice.

Can. 52 – § 1. Hanno diritto e dovere di partecipare con voto deliberativo al Concilio Ecumenico tutti e soli i Vescovi che sono membri del Collegio dei Vescovi.

  • 2. Anche altri che non sono insigniti della dignità episcopale possono inoltre essere chiamati al Concilio Ecumenico dalla suprema autorità della Chiesa, alla quale spetta determinarne il ruolo nel Concilio.

Can. 53 – Se capita che la Sede Apostolica diventi vacante durante la celebrazione del Concilio Ecumenico, questo viene sospeso dal diritto stesso, finché il nuovo Romano Pontefice non ordini di proseguirlo oppure lo sciolga.

Can. 54 – § 1. I decreti del Concilio Ecumenico non hanno forza obbligante se non sono stati approvati, assieme ai Padri del Concilio, dal Romano Pontefice, da lui confermati e per comando dello stesso promulgati.

  • 2. Hanno bisogno di questa conferma e promulgazione, per aver forza obbligante, anche i decreti che emana il Collegio dei Vescovi quando pone un’azione propriamente collegiale secondo un altro modo indetto o recepito liberamente dal Romano Pontefice.”

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com