Israele e Palestina: regolamento di confini

Molti contributi hanno finora trattato le cause e gli eventi della contrapposizione tra Israele e Palestina.

Pochi sono quelli che hanno offerto delle soluzioni.

In questo articolo descrivo sommariamente una possibile soluzione vantaggiosa sia per le parti in causa, sia per coloro che sono a esse vicine.

 

Un esempio è utile per comprendere quali sono i ruoli che le parti possono assumere.

Immaginate che io sia uno dei difensori della vostra squadra di calcio preferita.

Questo articolo passa la palla ai centrocampisti perché elaborino l’azione di gioco e a loro volta passino la palla agli attaccanti.

L’obiettivo è fare goal.

I centrocampisti sono gli staff di tutte le parti, gli attanti sono i rappresentanti delle parti in causa.

L’obiettivo è firmare e ratificare un trattato con il regolamento di confini tra Israele e Palestina.

 

Nel gennaio del 2020 gli Stati Uniti d’America hanno presentato il piano “Peace to prosperity”.

Il governo israeliano lo ha accolto, il governo palestinese no.[1]

Il piano in parola ha il pregio di rendere visibile a tutti qual è l’ultimo ostacolo che impedisce il conseguimento dell’obiettivo: il regolamento di confini tra Israele e Palestina.

 

Per fare questo, è necessaria l’azione di regolamento di confini.

Questa azione è presente sia nel diritto civile[2], sia nel diritto internazionale pubblico.[3]

Sono certo che, in tanti anni di contrapposizione, non sarà mancata l’opera di chi ha raccolto le prove utili a dimostrare dove passa il confine tra Israele e Palestina.

 

Quando parlo di prove, mi riferisco agli strumenti processuali per mezzo dei quali il giudice forma il suo convincimento circa la verità o meno dei fatti affermati dall’una o dall’altra parte.

Per questa ragione, è escluso dalla nozione di prova tutto quello che non è dimostrabile in giudizio come, ad esempio, la bontà, la generosità, l’altruismo, la fede e i loro contrari.

 

Le prove esplicano la loro efficacia probatoria all’interno di un procedimento per la risoluzione pacifica delle controversie.

 

Per le controversie internazionali, l’articolo 33 della Carta istitutiva dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (da qui in poi O.N.U.) contiene un elenco non esaustivo dei procedimenti di risoluzione pacifica di esse.[4]

I negoziati, le inchieste, i tentativi di mediazione e di conciliazione sono in questo elenco e nel tempo hanno condotto le parti all’ultimo ostacolo da superare: il regolamento dei loro confini.

 

Tra i mezzi elencati dall’articolo 33 in esame c’è l’arbitrato.

L’arbitrato, al pari del regolamento giudiziale, si conclude con una soluzione vincolante.

Tuttavia, come abbiamo accennato all’inizio, la durata pluridecennale della controversia tra Israele e Palestina ha spinto molti Stati a simpatizzare per l’una o per l’altra parte.

In altre parole, sarebbe difficile trovare un soggetto terzo che entrambi possano scegliere per condurre la procedura ed emettere il lodo arbitrale.

 

È giunto quindi il momento di adire un regolamento giudiziale.

Esso dovrà svolgersi in un tribunale internazionale, precostituito, permanente, che segua una procedura istituzionalizzata.

 

L’odierna assenza di un Tribunale internazionale per il Medio Oriente con questi requisiti fa sì che, per l’azione di regolamento di confini tra Israele e Palestina, sia necessario adire la Corte internazionale di giustizia.[5]

Nel diritto internazionale pubblico, infatti, l’organismo giudiziario facente parte di un’organizzazione internazionale ha una giurisdizione definita in relazione alle funzioni che il trattato istitutivo dell’organizzazione internazionale assegna a quest’ultima.

Poiché la Carta istitutiva dell’O.N.U. configura quest’ultima come un’organizzazione politica di livello mondiale, la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia avrà un’estensione mondiale.

 

La tesi secondo la quale la Corte in parola sarebbe deputata a conoscere solo le controversie giuridiche e non le controversie politiche non è idonea a negare la sua giurisdizione.

Per comprenderne il motivo, seguiamo questo ragionamento.

I soggetti muniti della personalità di diritto internazionale pubblico sono unicamente gli Stati e le organizzazioni internazionali alle quali gli Stati membri hanno attribuito la personalità giuridica in parola.[6]

I soggetti del diritto internazionale pubblico esprimono la loro volontà tramite atti adottati dai loro organi rappresentativi.

Questi ultimi sono composti da individui che agiscono in base ai loro convincimenti in politica estera.

Per questo, nella realtà, ogni controversia internazionale possiede congiuntamente caratteri giuridici e politici.

Ecco perché la distinzione tra controversia giuridica e controversia politica è priva di significato pratico.

In conclusione, nel diritto internazionale pubblico tutte le controversie richiedono l’applicazione delle norme del diritto in parola e sono sottoponibili alla giurisdizione delle Corti e dei Tribunali che giudicano in base ad esso.

 

Un proverbio italiano dice che il diavolo è nei dettagli.

Per questo motivo, sono necessarie alcune precisazioni.

 

Sulla ottemperanza alla sentenza

La sentenza della Corte internazionale di giustizia è definitiva, inappellabile e vincolante per le parti della controversia.

Lo Statuto della Corte prevede i casi di disputa sul significato o sulla portata della sentenza, nonché il caso di revisione della stessa.[7]

Poiché accade che una o più parti in causa giustifichino la mancata ottemperanza alla sentenza con la presunta invalidità della stessa e questo dà luogo a una nuova controversia presso la medesima Corte, è necessario che il contenuto della sentenza sia trasfuso in un trattato di diritto internazionale pubblico.

In questo modo, il regolamento di confini disposto dalla Corte porterà alla definitiva e inconfutabile esistenza di due Stati sovrani.

 

Sull’intervento di uno Stato terzo in giudizio

Lo Statuto della Corte internazionale di giustizia disciplina il possibile intervento di uno Stato terzo nel giudizio.

È bene sottolineare che l’ammissibilità di questo intervento è collegata alla rigorosa dimostrazione, da parte dello Stato terzo, dell’interesse di natura legale che ha e che può essere leso dalla decisione della controversia.[8]

 

Sulla sorte delle persone detenute

La contrapposizione pluridecennale tra Israele e Palestina ha condotto alla detenzione di persone.

È comprensibile che sentimenti di umana vicinanza portino una o entrambe le parti a voler regolare anche questo aspetto oltre ai loro confini.

Non conosco una tensione armata tra due popoli protrattasi per quasi ottant’anni che non abbia provocato vittime.

Non ha senso, quindi, porre fine alla contrapposizione tra Israele e Palestina continuando a detenere le persone di entrambi i popoli che si sono adoperate per l’una o per l’altra parte.

Per questi motivi, il regolamento dei confini deve accompagnarsi alla concomitante e vicendevole restituzione di tutte le persone che si sono adoperate per l’una o per l’altra parte.

 

Auguro a Israele e alla Palestina un futuro in cui questo articolo verrà letto solo per ricordare il loro passato.

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Il contributo di Inside Over: https://it.insideover.com/schede/politica/che-cose-il-piano-di-pace-di-trump-e-che-cosa-prevede.html

 

Il contributo di Le Monde diplomatique: https://www.monde-diplomatique.fr/2020/03/GRESH/61539

 

[2] Codice civile della Repubblica italiana, Regio Decreto 16 marzo 1942, numero 262.

Art. 950. (Azione di regolamento di confini).

Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente.

Ogni mezzo di prova è ammesso.

In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali.

 

[3] Statuto della Corte internazionale di giustizia,

Capitolo II Competenza della Corte,

Articolo 36,

testo autentico in lingua inglese in:

https://www.icj-cij.org/en/statute#CHAPTER_II

Article 36

  1. The jurisdiction of the Court comprises all cases which the parties refer to it and all matters specially provided for in the Charter of the United Nations or in treaties and conventions in force.
  2. The states parties to the present Statute may at any time declare that they recognize as compulsory ipso facto and without special agreement, in relation to any other state accepting the same obligation, the jurisdiction of the Court in all legal disputes concerning:
  3. the interpretation of a treaty;
  4. any question of international law;

 

  1. the existence of any fact which, if established, would constitute a breach of an international obligation;

 

  1. the nature or extent of the reparation to be made for the breach of an international obligation.
  2. The declarations referred to above may be made unconditionally or on condition of reciprocity on the part of several or certain states, or for a certain time.
  3. Such declarations shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations, who shall transmit copies thereof to the parties to the Statute and to the Registrar of the Court.
  4. Declarations made under Article 36 of the Statute of the Permanent Court of International Justice and which are still in force shall be deemed, as between the parties to the present Statute, to be acceptances of the compulsory jurisdiction of the International Court of Justice for the period which they still have to run and in accordance with their terms.
  5. In the event of a dispute as to whether the Court has jurisdiction, the matter shall be settled by the decision of the Court.

 

(il sottolineato è mio)

 

[4] Carta istitutiva dell’Organizzazione delle Nazioni Unite,

capitolo VI Soluzione pacifica delle controversie,

articolo 33,

testo autentico in lingua inglese in:

https://www.un.org/en/sections/un-charter/chapter-vi/index.html

Article 33

  1. The parties to any dispute, the continuance of which is likely to endanger the maintenance of international peace and security, shall, first of all, seek a solution by negotiation, enquiry, mediation, conciliation, arbitration, judicial settlement, resort to regional agencies or arrangements, or other peaceful means of their own choice.
  2. The Security Council shall, when it deems necessary, call upon the parties to settle their dispute by such means.

 

[5] Corte Internazionale di Giustizia sito internet ufficiale: https://www.icj-cij.org/en

 

[6] Sulla questione se l’individuo e i gruppi di cui esso faccia parte possano essere considerati titolari della soggettività di diritto internazionale pubblico rinvio al mio contributo “Individui e soggettività di diritto internazionale pubblico: facciamo chiarezza”.

L’articolo è pubblicato sulla rivista on-line Vaglio Magazine n. 2 del 27 novembre 2019:

https://www.vagliomagazine.it/individui-e-soggettivita-di-diritto-internazionale-pubblico-facciamo-chiarezza/

e sul mio sito internet:

https://giorgiocannella.com/index.php/2019/12/05/soggettivita-di-diritto-internazionale-pubblico/

 

[7] Statuto della Corte internazionale di giustizia,

Capitolo III Procedura,

Articoli 59, 60 e 61,

testo autentico in lingua inglese in:

https://www.icj-cij.org/en/statute#CHAPTER_III

Article 59

The decision of the Court has no binding force except between the parties and in respect of that particular case.

Article 60

The judgment is final and without appeal. In the event of dispute as to the meaning or scope of the judgment, the Court shall construe it upon the request of any party.

Article 61

  1. An application for revision of a judgment may be made only when it is based upon the discovery of some fact of such a nature as to be a decisive factor, which fact was, when the judgment was given, unknown to the Court and also to the party claiming revision, always provided that such ignorance was not due to negligence.
  2. The proceedings for revision shall be opened by a judgment of the Court expressly recording the existence of the new fact, recognizing that it has such a character as to lay the case open to revision, and declaring the application admissible on this ground.
  3. The Court may require previous compliance with the terms of the judgment before it admits proceedings in revision.
  4. The application for revision must be made at latest within six months of the discovery of the new fact.
  5. No application for revision may be made after the lapse of ten years from the date of the judgment.

 

[8] Statuto della Corte internazionale di giustizia,

Capitolo III Procedura,

Articolo 62,

testo autentico in lingua inglese in:

https://www.icj-cij.org/en/statute#CHAPTER_III

Article 62

  1. Should a state consider that it has an interest of a legal nature which may be affected by the decision in the case, it may submit a request to the Court to be permitted to intervene.

2 It shall be for the Court to decide upon this request.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

L’UNIONE EUROPEA E LA TESI DELLA “DELEGA DI SOVRANITÀ”

Più volte ho ascoltato la tesi secondo la quale l’Unione Europea beneficerebbe di una “delega di sovranità” da parte dei suoi Stati membri.

Questa affermazione non può essere condivisa !

 

I SOGGETTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO

I soggetti di diritto internazionale pubblico sono di due tipi: gli Stati e le organizzazioni internazionali alle quali le parti contraenti – munite della personalità giuridica di diritto internazionale pubblico – hanno attribuito quest’ultima all’organizzazione che hanno costituito[1].

Per l’esistenza di uno Stato sono necessari i seguenti requisiti: un territorio, un popolo, la sovranità territoriale.

Solo dopo il possesso di tutti e tre i citati requisiti sarà possibile il riconoscimento del nuovo Stato da parte di altri Stati già riconosciuti[2].

 

LA DIFFERENZA TRA GLI STATI E LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Va sottolineato che le organizzazioni internazionali hanno sì la personalità giuridica di diritto internazionale pubblico – al pari degli Stati – ma, a differenza di questi ultimi, hanno una capacità di agire più limitata[3].

Infatti, poiché non possiedono un territorio e un popolo, non possono avere neanche la sovranità territoriale e, dunque, non sono destinatarie di tutte le norme relative all’esercizio di quest’ultima.

In sintesi, le organizzazioni internazionali possono:

  • concludere trattati internazionali,
  • godere del diritto di legazione attivo e passivo,
  • avere l’immunità dalla giurisdizione dello Stato territoriale ospitante,
  • chiedere la riparazione agli Stati per i danni causati al patrimonio e/o al personale dell’organizzazione,

inoltre, i loro funzionari possono beneficiare delle immunità diplomatiche.

 

LA SOVRANITÀ TERRITORIALE

La sovranità territoriale è “il diritto di esercitare in maniera esclusiva il potere di governo sulla propria comunità territoriale, cioè sugli individui e sui beni ad essi appartenenti che si trovano sul suo territorio.[4] [5] [6].

La sovranità territoriale, quindi, non è un concetto frazionabile.

Uno Stato, per essere tale, deve avere la sovranità territoriale: tutta la sovranità territoriale, non una parte della sovranità territoriale !

Se uno Stato fosse parzialmente sovrano sul proprio territorio, questo significherebbe che la rimanente parte di sovranità territoriale sarebbe esercitata da uno o più soggetti ulteriori e diversi dallo Stato.

In altre parole, lo Stato non sarebbe pienamente sovrano sul suo territorio e dunque non potrebbe essere riconosciuto come Stato per la mancanza di uno dei requisiti a tal fine necessari: per l’appunto, la sovranità territoriale.

 

L’IPOTESI DELLA DELEGA DI SOVRANITÀ TERRITORIALE

Proprio perché la sovranità territoriale non è un concetto frazionabile, la delega della stessa a un altro soggetto comporta l’estinzione dello Stato delegante a beneficio, o dello Stato delegato, o dell’organizzazione internazionale delegata la quale, per tale via, acquisirebbe un territorio, un popolo e la sovranità territoriale e potrebbe quindi essere riconosciuta come Stato.

Anche nell’eventualità da ultimo descritta[7], tuttavia, la delega di sovranità territoriale non potrebbe essere parziale, ma solo totale.

Ribadisco ancora una volta che uno Stato, per essere tale, deve possedere integralmente la sovranità sul suo territorio.

 

LE DELEGHE DELLE QUALI AD OGGI BENEFICIA L’UNIONE EUROPEA

L’Unione Europea potrebbe beneficiare di una delega di sovranità territoriale solo e soltanto se gli organi competenti dello Stato delegante, o degli Stati deleganti, deliberassero la delega della loro sovranità territoriale – tutta intera – a beneficio dell’Unione Europea e la conseguente estinzione dello Stato o degli Stati in esame.

Un esempio in tal senso si è avuto il 23 agosto 1990 quando la Volkskammer[8] ha deliberato l’incorporazione della Repubblica Democratica Tedesca[9] nella Repubblica Federale Tedesca[10] a decorrere dal successivo 03 ottobre 1990 e l’estinzione della Repubblica Democratica Tedesca come soggetto di diritto internazionale pubblico.

Alla data in cui scrivo questo contributo[11], non mi risulta che gli organi competenti di uno o più degli Stati membri dell’Unione Europea abbiano effettuato questa deliberazione a favore dell’Unione Europea.

Di conseguenza, alla stessa data, l’Unione Europea non possiede alcuna “delega di sovranità” da parte dei suoi Stati membri, ma beneficia di alcune deleghe di esercizio di determinate competenze le quali sono e rimangono prerogative degli Stati sovrani suoi membri.

 

L’UNIONE EUROPEA NON È UNO STATO

Da quanto ho esposto fin ora deriva che, alla data in cui scrivo questo contributo[12], l’Unione Europea non è uno Stato.

Essa, infatti, non ha un territorio, un popolo e una sovranità territoriale propri, perché essi appartengono agli Stati sovrani suoi membri i quali, lo ripeto, non mi risulta che abbiano deliberato la loro estinzione come soggetti di diritto internazionale pubblico, al pari di quanto fece la ex Germania Est nel 1990.

 

LA SOGGEZIONE DELL’UNIONE EUROPEA AL DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO

Il fatto che l’Unione Europea benefici di alcune deleghe di esercizio di competenze che sono e rimangono prerogative degli Stati sovrani suoi membri fa sì che essa sia soggetta al diritto internazionale pubblico.

Se l’esercizio di una determinata competenza statale è soggetto al rispetto delle regole del diritto internazionale pubblico quando la competenza in esame viene esercitata in prima persona dallo Stato sovrano che ne è titolare, non si vede perché l’esercizio della stessa competenza dovrebbe essere svincolato dal rispetto delle regole del diritto internazionale pubblico quando l’esercizio della competenza è delegato all’Unione Europea da parte dello Stato sovrano che ne rimane titolare.

Se l’Unione Europea potesse esercitare delle competenze statali al di fuori del rispetto delle regole del diritto internazionale pubblico, questo diverrebbe uno stratagemma per violare il diritto in parola e, dunque, per mettere a rischio la pacifica convivenza internazionale.

In altre parole, l’Unione Europea – o un suo Stato membro attraverso di essa – potrebbe esercitare una competenza statale violando impunemente il diritto internazionale pubblico.

In questa evenienza, l’applicazione del diritto internazionale pubblico sarebbe assai problematica.

Infatti, a fronte dell’eccezione dello Stato delegante che potrebbe affermare che la competenza statale è stata esercitata dall’Unione Europea, farebbe eco l’obiezione di quest’ultima di non essere soggetta al diritto internazionale pubblico e, dunque, non punibile in base ad esso.

Nell’esercizio di competenze delle quali gli Stati deleganti sono e rimangono titolari, l’Unione Europea non può essere esentata dal rispetto del diritto internazionale pubblico, perché essa non può essere un soggetto legibus solutus – sciolto dalle leggi.

La tutela della pacifica convivenza internazionale, infatti, non può ammettere l’esistenza di un soggetto il quale, nell’esercizio di alcune competenze statali, sia abilitato a violare il diritto internazionale pubblico.

Alla medesima conclusione della soggezione dell’Unione Europea al diritto internazionale pubblico si deve giungere anche nell’ipotesi in cui uno o più Stati decidessero di delegare la loro sovranità territoriale – tutta intera – a beneficio dell’Unione Europea e di estinguersi come soggetti di diritto internazionale pubblico.

Anche in questo caso, l’Unione Europea, divenuta titolare in prima persona di competenze statali, dovrebbe esercitare le stesse nel rispetto del diritto internazionale pubblico al fine di garantire la pacifica convivenza internazionale.

 

Definire con precisione l’attuale capacità di agire dell’Unione Europea è indispensabile per comprendere il ruolo degli Stati membri al suo interno e, di conseguenza, per programmare qualsiasi intervento di riforma della stessa Unione Europea.

 

Vi ringrazio per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Per la personalità di diritto internazionale pubblico delle organizzazioni internazionali si vedano:

  • Corte Internazionale di Giustizia, parere consultivo dell’11 aprile 1949, Reparation for Injuries Suffered in the Service of the United Nations, così detto “caso Bernadotte”, in:

http://www.icj-cij.org/docket/index.php?p1=3&p2=4&k=41&case=4&code=isun&p3=4 dove si legge che la Carta istitutiva dell’O.N.U. “non si è limitata a fare dell’ONU semplicemente un centro dove si indirizzano gli sforzi delle Nazioni per un fine comune che essa ha definito. La Carta infatti ha dato all’organizzazione degli organi ai quali ha assegnato dei fini propri. Ha definito la posizione degli Stati membri nei confronti dell’organizzazione stessa, vincolandoli a dare piena assistenza a tutte le azioni intraprese dall’organizzazione (…), concedendo alla stessa una capacità giuridica, privilegi e immunità sul territorio di ciascuno degli Stati membri, prevedendo la facoltà per l’organizzazione di concludere accordi con gli Stati stessi”. Cito il testo in italiano da: Diritto Internazionale Pubblico, VI edizione, 2004, pagina 66;

  • Corte Internazionale di Giustizia, parere consultivo del 20 dicembre 1980, Interpretation of the Agreement of 25 March 1951 between the WHO and Egypt, in:

http://www.icj-cij.org/docket/index.php?p1=3&p2=4&k=6c&case=65&code=whomes&p3=4 .

[2] Ritengo ammissibile il riconoscimento in parola anche da parte delle organizzazioni internazionali che siano munite della personalità giuridica di diritto internazionale pubblico e il cui statuto preveda la possibilità di effettuare questo tipo di riconoscimento.

[3] Per l’affermazione secondo la quale la personalità di diritto internazionale pubblico delle organizzazioni internazionali è più limitata rispetto a   quella di cui godono gli Stati, si veda:

  • Corte Internazionale di Giustizia, parere consultivo dell’11 aprile 1949, Reparation for Injuries Suffered in the Service of the United Nations, così detto caso Bernadotte, citato nella nota 1, la quale afferma che:

in un sistema giuridico i soggetti non sono necessariamente identici quanto alla loro natura e all’estensione dei loro diritti”. Cito il testo in italiano da Diritto Internazionale Pubblico, VI edizione, 2004, pagina 67;

  • Corte Internazionale di Giustizia, parere consultivo dell’08 luglio 1996, Legality of the Threat or Use of Nuclear Weapons, in:

http://www.icj-cij.org/docket/index.php?p1=3&p2=4&k=e1&case=95&code=unan&p3=4 dove si legge:

le organizzazioni internazionali sono dei soggetti di diritto internazionale che non godono di competenze generali alla maniera degli Stati. Le organizzazioni internazionali sono rette dal “principio di specialità”, sono cioè state dotate dagli Stati che le creano di competenze di attribuzione i cui limiti dipendono dagli interessi comuni la cui promozione rappresenta la missione affidata dagli Stati stessi alla singola organizzazione”. Cito il testo in italiano da: Diritto Internazionale Pubblico, VI edizione, 2004, pagina 67.

[4] Diritto Internazionale Pubblico, VI edizione, 2004, pagina 35; il sottolineato è mio.

[5] BENEDETTO CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, 2002, pagina 191, definisce la sovranità territoriale come il “diritto ad esercitare in modo esclusivo ed indisturbato il potere di governo”. Il sottolineato è mio.

[6] L’Enciclopedia Treccani, alla voce “sovranità”, in: http://www.treccani.it/enciclopedia/sovranita/ afferma che:

“… Inoltre, il termine s. viene in rilievo nell’espressione s. territoriale, con la quale si intende indicare la competenza esclusiva dello Stato in rapporto al proprio territorio e alle risorse naturali ivi contenute (cosiddetto principio della s. permanente dello Stato sulle proprie risorse naturali, uno dei cardini del nuovo ordine economico internazionale propugnato dai paesi in via di sviluppo a partire dagli anni 1970), nonché il potere di imperio dello Stato su tutte le persone fisiche e giuridiche che si trovino in tale ambito territoriale; si parla invece di s. personale per indicare il potere di imperio dello Stato sugli individui che gli appartengono per cittadinanza ovunque essi siano, anche all’estero o su spazi sottratti alla giurisdizione statale (un esempio di s. personale è quella esercitata dallo Stato sull’equipaggio di una nave in alto mare).

La s. dello Stato, entrando in contatto con ordinamenti più vasti (quale in primo luogo quello internazionale), incontra dei limiti al proprio esclusivo esercizio (si pensi, per es., alle norme consuetudinarie relative al trattamento degli stranieri e degli agenti diplomatici stranieri, o ai principi in materia di divieto di inquinamento transfrontaliero). Lo Stato può inoltre acconsentire a delle limitazioni della propria s. per effetto dell’adesione a organizzazioni internazionali dotate di poteri e funzioni tali da configurare una interferenza esterna, talora assai penetrante, nella potestà dello Stato stesso. A questo riguardo, occorre sottolineare che, nella Costituzione italiana, tale ipotesi è espressamente contemplata nella norma dell’art. 11: «L’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di s. necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». …”. Il sottolineato è mio.

[7] Vale a dire: la delega della sovranità territoriale di uno Stato a beneficio di un’organizzazione internazionale, con conseguente estinzione dello Stato delegante.

[8] La Camera del Popolo: il legislatore unicamerale della Repubblica Democratica Tedesca dal 1958 al 1990.

[9] La ex Germania Est.

[10] Chiamata Germania Ovest fino al 1990 per distinguerla dalla ex Germania Est.

[11] 22 maggio 2016.

[12] 22 maggio 2016.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo contributo sul sito www.giorgiocannella.com .