Modifica dell’articolo 3 del Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150

Un’ordinanza del Tribunale di Torino del 21 gennaio 2015 afferma che il ricorso ex art. 702-bis c.p.c. va dichiarato inammissibile tutte le volte in cui il cliente-resistente contesti l’an della pretesa creditoria vantata dall’avvocato-ricorrente.

 

L’art. 34, c. 16, del D. Lgs. 150/2011 ha abrogato gli articoli 29 e 30 della legge 794/1942 e ha sostituito l’art. 28 della stessa legge come segue:

  • Per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l’avvocato, dopo la decisione della causa o l’estinzione della procura, se non intende seguire il procedimento di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile, procede ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.”.

 

L’art. 14 del D. Lgs. 150/2011 recita:

  • Le controversie previste dall’articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l’opposizione proposta a norma dell’articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.
  • È competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale.
  • Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.
  • L’ordinanza che definisce il giudizio non e’ appellabile.”.

 

In base alla normativa vigente, questo conduce a un caso di denegata giustizia.

Spiego questa affermazione con due esempi.

 

PRIMA SITUAZIONE: DECRETO INGIUNTIVO

Un avvocato chiede e ottiene un decreto ingiuntivo per il pagamento della propria prestazione professionale nei confronti del suo cliente.

Il cliente vuole contestare l’an della pretesa creditoria dell’avvocato sostenendo, ad esempio, che quest’ultimo ha già percepito alcuni compensi dal cliente dei quali non ha tenuto conto, oppure che l’avvocato ha agito in giudizio senza produrre adeguata documentazione a sostegno della domanda e per questo motivo il cliente è stato condannato alle spese processuali.

In quale rito giudiziale il cliente potrà svolgere la propria contestazione ora descritta ?

 

Non nell’opposizione al decreto ingiuntivo ex art. 645 c.p.c., perché, in questo caso, essa è regolata dal rito sommario di cognizione ex art. 14, c. 1, del D. Lgs. 150/2011 e l’ordinanza del Tribunale di Torino del 21 gennaio 2015 giustamente afferma che il rito sommario di cognizione non è compatibile con l’indagine di merito sull’an della pretesa creditoria.

 

Non a seguito della conversione del rito sommario – in cui viene trattata questa opposizione al decreto ingiuntivo in base all’art. 14 citato – in rito ordinario, perché la conversione in parola è proibita dall’art. 3, c. 1, del D. Lgs.150/2011 che recita:

  • Nelle controversie disciplinate dal Capo III, non si applicano i commi secondo e terzo dell’articolo 702-ter del codice di procedura civile.

 

Non nell’ambito di un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., perché essa verrebbe necessariamente incardinata dopo che il decreto ingiuntivo è divenuto non impugnabile ed esecutivo e, dunque, non potrebbe intaccare la pretesa creditoria in esso contenuta.

 

Infine, l’ipotesi di un autonomo giudizio di accertamento della non debenza della somma non è praticabile perché, come è noto, la mancata opposizione al decreto ingiuntivo nelle forme e nei modi previsti dalla legge lo rende non più impugnabile e apre la strada all’apposizione sullo stesso della formula esecutiva.

 

CONCLUSIONE: DENEGATA GIUSTIZIA

Il cliente, quindi, si troverebbe di fronte all’impossibilità di far valere la sua contestazione dell’an della pretesa creditoria azionata dall’avvocato con un decreto ingiuntivo.

Questo rappresenterebbe un caso di denegata giustizia rilevante, sia per l’art. 111 della Costituzione della Repubblica italiana, sia per l’articolo 6 “Diritto a un equo processo” della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.

 

SECONDA SITUAZIONE: ART. 702-BIS C.P.C.

Un identico problema di denegata giustizia si verificherebbe nel caso in cui l’avvocato proponga un ricorso ex art. 702-bis c.p.c. per la liquidazione della propria prestazione professionale.

Infatti, in base all’ordinanza del Tribunale di Torino già citata, la costituzione in giudizio del cliente che contesti l’an della pretesa creditoria dell’avvocato conduce alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Di conseguenza, visto l’art. 28 della legge 794/1942, all’avvocato non resterebbe che chiedere e ottenere un decreto ingiuntivo contro il suo cliente.

Le conseguenze e l’esito finale sarebbero quelle che abbiamo illustrato nella prima situazione.

 

FORZATURA DEL DATO NORMATIVO

La proposta di modifica che trovate in fondo al testo si rivela ancor più urgente se consideriamo le recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione nelle quali, con una evidente forzatura del procedimento sommario di cognizione come delineato dal legislatore, si afferma che:

  • Le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato nei confronti del proprio cliente previste dall’articolo 28 della l. n. 794 del 1942 – come risultante all’esito delle modifiche apportategli dall’art. 34 del d.lgs. n. 150 del 2011 e dell’abrogazione degli artt. 29 e 30 della medesima legge – devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 del menzionato d.lgs. n. 150, anche ove la domanda riguardi l’”an” della pretesa, senza possibilità, per il giudice adito, di trasformare il rito sommario in ordinario, ovvero di dichiarare l’inammissibilità della domanda.” (Cass., sez. VI civile, sent. 08.03.2017, n. 5843, che cita al suo interno il precedente costituito da Cass., sez. VI civile, 29.02.2016, n. 4002; conforme Cass., sez. II civile, 17.05.2017, n. 12411; il sottolineato è mio).

L’ordinanza del Tribunale di Torino del 21 gennaio 2015 menzionata all’inizio e che allego in fondo al testo cita le sentenze della stessa Cassazione e della Corte Costituzionale che ostano a questa forzatura del dato normativo.

 

PROPOSTA

Per questi motivi, propongo di modificare il comma 1 dell’articolo 3 del Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150, aggiungendo le seguenti parole:

“Questa norma non si applica alle controversie previste dall’articolo 14 di questo decreto.”.

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

Trib. Torino – ord. 21.01.2015

Cass. sent. n. 5843 del 2017

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com