Gli organi di stampa danno notizia della proposta di ampliare il novero delle materie nelle quali l’esperimento della media-conciliazione è un requisito per la procedibilità della domanda in sede giudiziale civile.[1]
A oggi, la mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro della media-conciliazione è sanzionata con il fatto che il Giudice potrà trarne argomenti di prova nel successivo giudizio e con il pagamento di un importo di denaro pari a quello previsto per il contributo unificato.[2] [3]
Immaginate quale può essere l’efficacia deterrente di questa sanzione, ad esempio, nei confronti di una banca.
Un inasprimento della sanzione per la mancata partecipazione alla media-conciliazione obbligatoria non sarebbe utile per accrescerne il successo nella deflazione del numero delle cause civili pendenti.
Infatti, per vanificare il tutto sarebbe sufficiente che la parte meno diligente entrasse in mediazione per fare una proposta talmente abnorme da essere inaccettabile per la contro parte.
L’obbligo di riservatezza che la legge prevede per le dichiarazioni rese e per le informazioni acquisite in mediazione impedirebbe di dare qualsiasi rilievo giuridico a questo tipo di condotta.[4]
Dunque, come far sì che la media-conciliazione obbligatoria abbia un reale effetto deflattivo sul numero delle cause civili pendenti?
Penso che questo effetto possa ottenersi modificando l’articolo 5 del testo che disciplina la media-conciliazione obbligatoria[5] – il decreto legislativo 4 marzo 2010, numero 28 – secondo i seguenti punti:
- 1° qualora la media-conciliazione obbligatoria abbia esito negativo, la controversia può essere devoluta unicamente a un arbitrato amministrato che si svolge in base a un regolamento nel quale siano previsti fin dall’inizio, tra l’altro, la sua durata massima, il suo costo complessivo e la mancata percezione del compenso da parte degli arbitri se non pronunceranno il lodo entro la durata massima prestabilita;
- 2° possono essere arbitri nell’arbitrato di cui al 1° punto solamente dei professionisti del diritto che non siano dipendenti pubblici, a pena di nullità del lodo arbitrale e dei danni;
- 3° il lodo pronunciato ai sensi del 1° punto ha l’efficacia della sentenza di primo grado esecutiva;
- 4° l’appello contro il lodo pronunciato ai sensi del 1° punto è regolato dalle norme di cui al Libro IV, Titolo VIII, Capo V del codice di procedura civile (gli articoli 827-831) ed è devoluto al Tribunale ordinario in composizione monocratica;
- 5° il provvedimento che definisce il giudizio di appello di cui al 4° punto può essere impugnato unicamente in Cassazione secondo le norme di cui al Libro II, Titolo III, Capo III del codice di procedura civile (gli articoli 360-394).
La modifica di legge corrispondente al 1° punto è necessaria per ottemperare all’articolo 25, comma 1, della Costituzione che afferma: “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”.
La modifica di legge corrispondente al 2° punto è necessaria per ottemperare all’articolo 98, comma 1, della Costituzione che recita: “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”.
Le modifiche di legge contenute nei punti sopra elencati avranno un rilevante effetto deflattivo sul numero delle cause civili pendenti, perché incideranno sull’atteggiamento psicologico che la parte meno diligente ha nei confronti della media-conciliazione.
Oggi la parte meno diligente non ha un forte incentivo a trovare una soluzione alla lite in fase di media-conciliazione perché sa che l’esito negativo di quest’ultima porta alla instaurazione di un giudizio civile che giunge a una sentenza definitiva dopo molti anni.
Al contrario, con le modifiche di legge sopra elencate, la parte meno diligente avrà interesse a trovare una composizione della lite in sede di media-conciliazione perché saprà che l’esito negativo di quest’ultima porterà a un giudizio arbitrale che si concluderà in tempi brevi e con un lodo con il valore di una sentenza di primo grado esecutiva.
In conclusione, l’art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, numero 28, va modificato nel modo seguente (le modifiche sono in grassetto):
“1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti previsti dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 187-ter del Codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, per le materie ivi regolate. Qualora la media-conciliazione obbligatoria abbia esito negativo, la controversia può essere devoluta unicamente a un arbitrato amministrato che si svolge in base a un regolamento nel quale siano previsti fin dall’inizio, tra l’altro, la sua durata massima, il suo costo complessivo e la mancata percezione del compenso da parte degli arbitri se non pronunceranno il lodo entro la durata massima prestabilita. Nell’arbitrato di cui al periodo precedente, possono essere arbitri solamente dei professionisti del diritto che non siano dipendenti pubblici, a pena di nullità del lodo arbitrale e dei danni. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda in sede arbitrale. A decorrere dall’anno 2018, il Ministro della giustizia riferisce annualmente alle Camere sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall’applicazione delle disposizioni del presente comma. L’improcedibilità deve essere eccepita da una o più parti o rilevata d’ufficio da uno o più componenti del collegio arbitrale, a pena di decadenza, non oltre il giorno di inizio del procedimento arbitrale. Qualora venga rilevato che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, il collegio arbitrale fissa il prosieguo dell’arbitrato dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il collegio arbitrale provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il periodo di tempo dal giorno in cui è stata rilevata l’improcedibilità per mancato esperimento della mediazione, o è stata rilevata la pendenza di quest’ultima, fino alla data fissata per il prosieguo dell’arbitrato non si conta nella durata massima del procedimento arbitrale. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.
2. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il collegio arbitrale, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda in sede arbitrale. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima della chiusura della istruzione probatoria nel procedimento arbitrale. Il collegio arbitrale fissa la data del prosieguo dell’arbitrato dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il periodo di tempo dal giorno in cui è stato disposto l’esperimento del procedimento di mediazione fino alla data fissata per il prosieguo dell’arbitrato viene contato nella durata massima del procedimento arbitrale.
2-bis. Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda in sede arbitrale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo o senza un rinvio per il prosieguo della mediazione.
3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda in sede arbitrale. Il lodo pronunciato ai sensi del comma 1-bis ha l’efficacia della sentenza di primo grado esecutiva. L’appello contro il lodo pronunciato ai sensi del comma 1-bis è regolato dalle norme di cui al Libro IV, Titolo VIII, Capo V del codice di procedura civile ed è devoluto al Tribunale ordinario in composizione monocratica. Il provvedimento che definisce il giudizio di appello di cui al periodo precedente può essere impugnato unicamente in Cassazione secondo le norme di cui al Libro II, Titolo III, Capo III del codice di procedura civile.
4. I commi 1-bis e 2 non si applicano:
a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile;
c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile;
d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
f) nei procedimenti in camera di consiglio;
g) nell’azione civile esercitata nel processo penale;
5. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis, dal comma 2 e dal comma 3 e salvo quanto disposto dal comma 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il collegio arbitrale, su eccezione di una o più parti o d’ufficio, a pena di decadenza, non oltre il giorno di inizio del procedimento arbitrale assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa, la data per il prosieguo dell’arbitrato dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il collegio arbitrale fissa la data per il prosieguo dell’arbitrato quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. Il periodo di tempo dal giorno in cui è stato rilevato il mancato esperimento della mediazione, o è stata rilevata la pendenza di quest’ultima, fino alla data fissata per il prosieguo dell’arbitrato non si conta nella durata massima del procedimento arbitrale. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto.
6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo.”
Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.
NOTE A PIE’ DI PAGINA
[1] Ermes Antonucci, Salvare la giustizia con le mediazioni. Appunti per Cartabia, Il Foglio, 17 marzo 2021, in:
“Occorre evitare il disastro, dunque, soprattutto se si considera che già da anni ormai l’Italia è fanalino di coda delle classifiche internazionali sull’efficienza della giustizia civile. I fondi previsti dal Recovery Plan rappresentano un’opportunità unica per rilanciare il settore e per Cartabia una delle priorità sarà costituita dal rafforzamento delle misure alternative di risoluzione delle controversie, come mediazione, negoziazione e conciliazione: “E’ un dato di esperienza consolidata che le forme alternative di risoluzione producano effetti virtuosi sull’amministrazione della giustizia. Tutt’altro che alternative, queste forme rivestono un ruolo di complementarietà e di coesistenza”, ha dichiarato Cartabia.”.
Liana Milella, Il piano della ministra Cartabia: “Accelerare i tempi della giustizia senza dividersi in Parlamento”, la Repubblica, 15 marzo 2021, in:
“Per la giustizia civile Cartabia propone un ricorso più massiccio agli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie, la mediazione, la negoziazione, la conciliazione che, come dimostra l’esempio di altri Paesi, “producono effetti virtuosi di alleggerimento dell’amministrazione della giustizia”.
Giuseppe Pipitone, Cartabia: “Non vanificare il lavoro svolto dal precedente governo. Ci sono lacune sulle attività di lobbying e sul conflitto d’interessi”, il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2021, in:
“Il tema della durata dei procedimenti è fondamentale non solo sul fronte penale ma soprattutto su quello civile: in questo senso Cartabia ha lanciato una sorta di allarme. “Le soluzioni negoziali si renderanno tanto più necessarie nel contesto attuale in cui gli effetti economici della pandemia stanno determinando grandi squilibri: la giustizia preventiva e consensuale rappresenterà una strada necessaria per la possibile esplosione del contezioso, quando cesseranno gli effetti dei provvedimenti che bloccano sfratti e licenzimenti. Occorre prepararsi per tempo”, ha avvertito la ministra che si è detta favorevole a misure alternative di risoluzione delle controversie, come mediazione, negoziazione e conciliazione: “Strumenti dotati di un grande potezianale, in particolare nel nostro ordinamento. E’ un dato di esperienza consolidata che le forme alternative di risoluzione producano effetti virtuosi sull’ammstrazione della giustizia. Tutt’altro che alternative, queste forme rivestono un ruolo di complementarietà e di coesistenza”. Secondo Cartabia “è tempo di ripensare il rapporto tra processo davanti al giudice e strumenti di mediazione, offrendo anche la giudice la possibilità di incoraggiare misure alternative, attraverso musure premiali”.”
[2] “Il contributo unificato è un tributo che deve pagare colui che intraprende una causa civile, amministrativa o di lavoro, se non è in possesso dei requisiti che gli consentono di accedere al gratuito patrocinio.”. Cito da:
[3] Decreto Legislativo 4 marzo 2010, numero 28, articolo 8 “Procedimento”, comma 4-bis:
“4-bis. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.”
[4] Decreto Legislativo 4 marzo 2010, numero 28, articolo 9 “Dovere di riservatezza”:
“1. Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo.
- Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti.”
[5] Il testo attualmente in vigore dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, numero 28, è il seguente (cito dal sito www.normattiva.it):
“Art. 5
Condizione di procedibilita’ e rapporti con il processo
- Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una
controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione,
successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato,
affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla
circolazione di veicoli e natanti, da responsabilita’ medica e da
diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di
pubblicita’, contratti assicurativi, bancari e finanziari, e’ tenuto
preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del
presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal
decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento
istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle
leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo
1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie
ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione e’
condizione di procedibilita’ della domanda giudiziale.
L’improcedibilita’ deve essere eccepita dal convenuto, a pena di
decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima
udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione e’ gia’ iniziata, ma
non si e’ conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del
termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la
mediazione non e’ stata esperita, assegnando contestualmente alle
parti il termine di quindici giorni per la presentazione della
domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni
previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di
cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive
modificazioni. (3)
1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una
controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione,
successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato,
affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da
responsabilita’ medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo
della stampa o con altro mezzo di pubblicita’, contratti
assicurativi, bancari e finanziari, e’ tenuto, assistito
dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di
mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti
previsti dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, e dai
rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito
in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1°
settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni,((ovvero il
procedimento istituito in attuazione dell’articolo 187-ter del Codice
delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre
2005, n. 209,)) per le materie ivi regolate. L’esperimento del
procedimento di mediazione e’ condizione di procedibilita’ della
domanda giudiziale. A decorrere dall’anno 2018, il Ministro della
giustizia riferisce annualmente alle Camere sugli effetti prodotti e
sui risultati conseguiti dall’applicazione delle disposizioni del
presente comma. L’improcedibilita’ deve essere eccepita dal
convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non
oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione e’
gia’ iniziata, ma non si e’ conclusa, fissa la successiva udienza
dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo
provvede quando la mediazione non e’ stata esperita, assegnando
contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la
presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si
applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del
codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n.
206, e successive modificazioni.(4) (6) ((8))
- Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto
dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello,
valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il
comportamento delle parti, puo’ disporre l’esperimento del
procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del
procedimento di mediazione e’ condizione di procedibilita’ della
domanda giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui
al periodo precedente e’ adottato prima dell’udienza di precisazione
delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non e’ prevista, prima
della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza
dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la
mediazione non e’ gia’ stata avviata, assegna contestualmente alle
parti il termine di quindici giorni per la presentazione della
domanda di mediazione.(4)
2-bis. Quando l’esperimento del procedimento di mediazione e’
condizione di procedibilita’ della domanda giudiziale la condizione
si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si
conclude senza l’accordo.(4)
- Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la
concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, ne’ la
trascrizione della domanda giudiziale.
- I commi 1-bis e 2 non si applicano:
- a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino
alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della
provvisoria esecuzione;
- b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al
mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura
civile;
- c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini
della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice
di procedura civile;
- d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei
provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di
procedura civile;
- e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione
relativi all’esecuzione forzata;
- f) nei procedimenti in camera di consiglio;
- g) nell’azione civile esercitata nel processo penale; (4)
- Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto
dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto
costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o
conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o
l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa,
assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione
della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la
scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il
giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione
o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La
domanda e’ presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola,
se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro
organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui
all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare,
successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo,
l’individuazione di un diverso organismo iscritto.(4)
- Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di
mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda
giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce
altresi’ la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce
la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine
di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo
11 presso la segreteria dell’organismo.
————-
AGGIORNAMENTO (3)
La Corte Costituzionale, con sentenza 24 ottobre 2012 – 6 dicembre
2012, n. 272 (in G.U. 1a s.s. 12/12/2012, n. 49), ha dichiarato
“l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 5, comma 1, del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’articolo 60
della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione
finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e
commerciali)”.
Ha inoltre dichiarato “in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27
della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimita’
costituzionale: […] b) dell’art. 5, comma 2, primo periodo, del
detto decreto legislativo, limitatamente alle parole «Fermo quanto
previsto dal comma 1 e», c) dell’art. 5, comma 4, del detto decreto
legislativo, limitatamente alle parole «I commi 1 e»; d) dell’art. 5,
comma 5 del detto decreto legislativo, limitatamente alle parole
«Fermo quanto previsto dal comma 1 e»”.
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AGGIORNAMENTO (4)
Il D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla
- 9 agosto 2013, n. 98 ha disposto (con l’art. 84, comma 2) che ” Le
disposizioni di cui al comma 1 si applicano decorsi trenta giorni
dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto.”
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AGGIORNAMENTO (6)
Il D.Lgs. 6 agosto 2015, n. 130 ha disposto (con l’art. 2, comma 1)
che “Le disposizioni del presente decreto, concernenti l’attuazione
del regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo alla risoluzione delle
controversie online dei consumatori, si applicano a decorrere dal 9
gennaio 2016″.
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AGGIORNAMENTO (8)
Il D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 68 ha disposto (con l’art. 4, comma 7)
che “Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto
legislativo trovano applicazione dal 1° ottobre 2018, conformemente a
quanto previsto dalla direttiva (UE) 2018/411 del Parlamento europeo
e del Consiglio, che modifica la direttiva (UE) 2016/97 per quanto
riguarda la data di applicazione delle misure di recepimento degli
Stati membri”.”
Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito https://giorgiocannella.com/