Due proposte per risolvere la questione di Cipro

In questo articolo offro due proposte per risolvere la questione di Cipro, una delle quali conduce alla riunificazione delle due comunità – greco-cipriota e turco-cipriota – presenti sull’isola e divise ormai dal 1974.

 

Premessa

 

Una delle conseguenze della guerra attualmente in corso in Ucraina è la forte diminuzione dei rifornimenti di gas da parte della Russia ai Paesi europei.[1]

Questo ha reso più appetibili i giacimenti di gas nel Mar Mediterraneo orientale, tra l’altro, attorno all’isola di Cipro.

Il pieno sfruttamento di questi giacimenti è ostacolato da rivendicazioni marittime della Turchia e da richieste di condivisione dei proventi del gas da parte dei turco-ciprioti.[2]

Queste affermazioni sono gli ultimi anelli di una catena di eventi che bisogna conoscere, almeno a grandi linee, prima di ragionare sulle possibili soluzioni.

Per questa ragione, nel paragrafo che segue offro al lettore una concisa esposizione della storia recente di Cipro.

Il lettore che già la conosce può andare al paragrafo 2 – Le tensioni nel mare attorno a Cipro.

 

 

1 – Le tensioni a Cipro sulla terra ferma – un riassunto degli eventi dal 1571 a oggi[3]

 

Durante le guerre turco – veneziane, nel 1571 Cipro divenne parte dell’impero ottomano.

La Convenzione di Cipro del 1878 attribuì alla Gran Bretagna il controllo amministrativo di Cipro in cambio del sostegno britannico agli ottomani durante il congresso di Berlino del medesimo anno.

Il 5 novembre 1914 la Gran Bretagna annetté Cipro come ritorsione contro la decisione ottomana di allearsi con gli imperi dell’Europa centrale nella prima guerra mondiale.

 

La lotta armata

All’inizio degli anni ’50 del ventesimo secolo, a Cipro si costituì l’Organizzazione Nazionale dei Combattenti Ciprioti (Ethniki Organosis Kyprion Agoniston – EOKA) e nel 1956 la sua componente politica: il Comitato politico della lotta cipriota (Politiki Epitropi Kypriakou Agona – PEKA).

Entrambe avevano l’obiettivo di indurre la Gran Bretagna a ritirarsi da Cipro per poi giungere all’unione – in greco antico ἕνωσις [hénōsis], in greco moderno ένωση [énosi] – di quest’ultima con la Grecia.

In contrapposizione all’Eoka, nel 1955 si costituì l’organizzazione Fronte del 9 settembre (in turco 9 Eylül Cephesi) e nel 1957 l’organizzazione Banda Nera (in turco Kara Çete).

Entrambe confluirono nel 1959 nel Movimento di Resistenza Turco (Türk Mukavemet Teşkilatı – TMT) – il cui obiettivo era quello di ottenere la divisione – in turco taksǐm [takˈsim] – di Cipro in due parti.

Tutte queste organizzazioni hanno usato la violenza e la minaccia come metodo di lotta politica e hanno ricevuto aiuti di vario genere dall’estero.

 

Gli Accordi di Zurigo e Londra, il Trattato di garanzia, la Costituzione di Cipro

L’11 febbraio 1959, durante la conferenza di Zurigo, i rappresentanti di Gran Bretagna, Grecia, Turchia, dei greco-ciprioti e dei turco-ciprioti firmarono tre documenti comunemente chiamati gli Accordi di Zurigo e Londra.

Si tratta di 26 punti e di un allegato nei quali viene dettagliata l’organizzazione politica e costituzionale di Cipro che poi servirono per la redazione della Costituzione cipriota.

Il 17 febbraio dello stesso anno il governo britannico espresse il suo consenso al trasferimento della sovranità su tutto il territorio cipriota al governo della Repubblica di Cipro, nel momento della futura indipendenza dell’isola, con la sola eccezione delle due basi militari di Akrotiri e Dhekelia destinate a rimanere territorio britannico con uno statuto particolare.

In attuazione di questi accordi, il 14 dicembre 1959 fu eletto l’arcivescovo Makarios III come presidente greco-cipriota della Repubblica di Cipro, il vicepresidente fu il dottor Fazıl Küçük turco-cipriota.

Il 16 agosto 1960 entrò in vigore la Costituzione di Cipro e, a Nicosia, i rappresentanti di Gran Bretagna, Grecia e Turchia firmarono il Trattato di garanzia.

Con questo documento, la Gran Bretagna ufficializzò l’indipendenza di Cipro che lo stesso giorno divenne una Repubblica presidenziale indipendente e di lì a poco anche un Paese membro del Commonwealth.

L’articolo IV del Trattato di garanzia recita:

“Articolo IV

In caso di violazione delle disposizioni del presente Trattato, la Grecia, la Turchia e il Regno Unito si impegnano a consultarsi in merito alle dichiarazioni o alle misure necessarie per garantire l’osservanza di tali disposizioni.

Qualora l’azione comune o concertata non risulti possibile, ciascuna delle tre Potenze garanti si riserva il diritto di agire al solo scopo di ristabilire lo stato di cose creato dal presente Trattato.”

 

Il fallimento del sistema bi-comunitario e l’intervento dell’ONU

Il sistema bi-comunitario istituito dalla Costituzione del 1960 esigeva una doppia maggioranza per tutte le decisioni importanti e attribuiva un diritto di veto al presidente e al vicepresidente.

Il vice presidente turco-cipriota usò frequentemente questo diritto per bloccare le decisioni della maggioranza greco-cipriota.

Il sistema si bloccò rapidamente e, nel novembre 1963, il presidente Makarios propose una modifica della Costituzione.

Il governo turco si oppose alla proposta di riforma e minacciò di esercitare il proprio diritto di intervento previsto dall’articolo IV del Trattato di garanzia del 1960.

I rappresentanti turco-ciprioti si ritirarono dal Parlamento, dall’Alta Corte e dalla Corte costituzionale.

Di conseguenza, la Costituzione di Cipro non poteva più essere applicata.

Vi furono scontri e violenze tra greco-ciprioti e turco-ciprioti.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite decise di intervenire e istituì la Forza di pace delle Nazioni Unite a Cipro (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus – UNFICYP) con la presenza di caschi blu sull’isola.

Alla data in cui scrivo questo articolo, la missione UNFICYP è ancora in corso.

 

Gli eventi del 1963-1964

Le violenze, tuttavia, proseguirono.

Tra il 21 e il 26 dicembre 1963, il conflitto ebbe come suo baricentro l’area suburbana di Nicosia, chiamata Omorphita.

Gli appelli per la pace lanciati dal presidente Makarios e dal vice presidente Küçük rimasero inascoltati.

La Turchia era prossima a invadere Cipro quando, il 5 giugno 1964, il presidente statunitense Lyndon Johnson affermò che gli USA erano contrari e dichiarò che non avrebbe aiutato la Turchia se la programmata invasione di Cipro avesse causato un conflitto con l’Unione Sovietica.

Un mese dopo, nel quadro di un piano approntato dal Segretario di Stato americano Dean Acheson, furono avviati negoziati tra Grecia e Turchia.

 

Le enclavi

Dopo i fatti del 1963-1964, la popolazione turco-cipriota cominciò a costituire delle enclavi sostenute direttamente dalla Turchia in varie aree dell’isola.

Queste erano osteggiate dalla Guardia nazionale cipriota che ostacolava i movimenti e l’accesso ai rifornimenti basilari dei turco-ciprioti.

Nel 1967, ripresero gli scontri tra greco-ciprioti e turco-ciprioti perché questi ultimi si adoperavano per avere una maggior libertà di movimento.

Anche questa volta, la Turchia minacciò di invadere Cipro affermando che mirava a proteggere la popolazione di cultura turca dalla possibile pulizia etnica greco-cipriota.

Per evitare questo, fu raggiunto un compromesso in base al quale alcune forze greche si sarebbero ritirate da Cipro, il leader dell’Eoka Georgios Grivas avrebbe dovuto abbandonare Cipro e il governo di Nicosia avrebbe dovuto garantire libertà di movimento e possibilità di rifornimento ai turco-ciprioti.

Le fonti che ho consultato non forniscono dettagli sull’attuazione di questo compromesso.

 

Il colpo di Stato del 1974

Nel 1971 venne costituita l’EOKA B con il medesimo obiettivo politico perseguito dall’Eoka.

Nella primavera del 1974, i servizi segreti greco-ciprioti scoprirono che l’Eoka B stava progettando un colpo di Stato ai danni del presidente Makarios con la complicità della Giunta militare greca.

Il 2 luglio 1974, il presidente Makarios scrisse una lettera aperta al presidente della giunta militare greca, generale Phaedon Gizikis.

Il 15 luglio 1974, intere sezioni della Guardia nazionale cipriota, guidate da ufficiali greci, rovesciarono il legittimo governo del presidente Makarios che riuscì a fuggire a Londra.

Nikos Sampson, ultra-nazionalista greco-cipriota, fu dichiarato presidente provvisorio del nuovo governo cipriota.

Il Segretario di Stato USA Henry Kissinger inviò Joseph Sisco per cercare di mediare.

La Turchia sottopose delle richieste alla Grecia attraverso il mediatore statunitense, ma queste furono respinte come inaccettabili intromissioni turche negli affari interni ciprioti.

 

Le due invasioni turche a Cipro

La Turchia chiese alla Gran Bretagna di effettuare un intervento congiunto a Cipro in base all’articolo IV del Trattato di garanzia del 1960.

Londra respinse la richiesta e non permise che venissero usate le sue basi militari sull’isola, ma comunicò alla Turchia che non si opponeva a un’azione unilaterale da parte di quest’ultima.

Il 20 luglio 1974 la Turchia invase Cipro.

Tre giorni più tardi, quando fu raggiunto un accordo di cessate il fuoco, le truppe turche avevano il controllo di un corridoio tra la zona del loro sbarco nei pressi di Kyrenia e la capitale Nicosia, pari a circa il 3% del territorio di Cipro.

Il 23 luglio 1974 la Giunta militare greca cadde, per lo più a causa degli eventi di Cipro.

I leader politici greci che erano in esilio iniziarono a tornare in patria.

Il 24 luglio 1974 Kōnstantinos Karamanlīs ritornò da Parigi, ricevette subito l’incarico di Primo ministro e si dichiarò contrario a un coinvolgimento bellico della Grecia.

Poco dopo, Nikos Sampson dovette abbandonare la presidenza di Cipro e Glafcos Clerides divenne il nuovo presidente.

Le trattative di pace a Ginevra non ottennero risultati apprezzabili e il 14 agosto del 1974 la Turchia invase nuovamente Cipro assumendo il controllo di circa il 40% del territorio.

Dal 1974 a oggi, la linea del cessate il fuoco, chiamata anche “Linea Verde”, separa le due comunità greca e turca a Cipro ed è presidiata dai caschi blu dell’ONU della missione UNFICYP.

 

Alcuni tra i fatti più importanti accaduti a Cipro dal 1975 a oggi

Il 13 febbraio 1975 la Turchia dichiarò le aree occupate della Repubblica di Cipro uno “Stato federato turco di Cipro” (in turco Kıbrıs Türk Federe Devleti).

Il 12 marzo 1975 questa dichiarazione fu condannata dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n. 367 del 1975.

Il 15 novembre 1983, dopo otto anni di negoziati falliti tra la comunità turco-cipriota e quella greco-cipriota, il Nord dichiarò la propria indipendenza con il nome di Repubblica Turca di Cipro del Nord (in turco Kuzey Kıbrıs Türk Cumhuriyeti – KKTC).

La Turchia riconobbe formalmente Cipro del Nord il giorno della dichiarazione di indipendenza.

Il 18 novembre 1983 anche questa dichiarazione fu condannata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione n. 541 del 1983 che la qualificò “legalmente invalida” e ne chiese il ritiro.

Con la risoluzione n. 550 dell’11 maggio 1984, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU condannò “tutte le azioni secessioniste, compreso il presunto scambio di ambasciatori tra la Turchia e la dirigenza turco-cipriota”, le dichiarò “illegali e non valide” e ne chiese “il ritiro immediato”.

La risoluzione in parola, ribadì “l’invito a tutti gli Stati a non riconoscere il presunto Stato della Repubblica Turca di Cipro del Nord costituita con atti secessionisti” e li invitò “a non agevolare o in alcun modo assistere la sopra detta entità secessionista”.

Alla fine degli anni 1990, il Parlamento della Repubblica autonoma del Naxçıvan, un’enclave autonoma dell’Azerbaigian, approvò una risoluzione che chiedeva all’Azerbaigian di riconoscere la Repubblica Turca di Cipro Nord, a cui però non fece seguito alcun passo formale da parte del governo azero.

 

La crisi dei missili a Cipro

Il 5 gennaio 1997, il ministro degli affari esteri della Repubblica di Cipro, Alekos Michaelides, annunciò ai mezzi di informazione che il governo aveva acquisito una capacità di difesa aerea sotto forma di missili di difesa aerea S-300 di fabbricazione russa con radar associati.

L’11 gennaio 1997, i mezzi di informazione riferirono che la Turchia aveva apertamente minacciato un attacco preventivo per impedire l’arrivo dei missili o una vera guerra a Cipro in risposta all’arrivo dei missili. Inoltre, la Turchia aveva minacciato un blocco di Cipro.

Nel dicembre 1998 il presidente della Repubblica di Cipro Glafcos Clerides decise che i sistemi missilistici S-300 sarebbero stati inviati in Grecia.

Nel 2007, i missili furono finalmente e irrevocabilmente venduti alla Grecia che li posizionò a Creta in cambio di articoli militari alternativi.

 

Tramite due referendum svoltisi il 24 aprile 2004, è stato chiesto alle comunità greco-cipriota e turco-cipriota di pronunciarsi sulla proposta dell’allora Segretario generale dell’Onu Kofi Annan per la costituzione della Repubblica di Cipro Unita (il Piano Annan).

La maggioranza della comunità turco-cipriota ha accolto la proposta, mentre la maggioranza della comunità greco-cipriota l’ha respinta.

 

Cipro del Nord adotta come moneta la lira turca e con la Turchia ha in vigore un accordo sulla previdenza sociale e un trattato sulla doppia imposizione fiscale.

Nel 2015 la Turchia ha completato il progetto Acqua della pace (in turco barış suyu): una conduttura sottomarina lunga più di cento chilometri che trasporta ogni anno a Cipro del Nord milioni di metri cubi di acqua per uso umano e irriguo provenienti dalla diga di Alakopru, sul fiume Anamur, che si trova nella regione di Mersin, sulla costa mediterranea della Turchia.

 

2 – Le tensioni nel mare attorno a Cipro[4]

Al pari della terra ferma, anche il mare attorno a Cipro è stato ed è tuttora il luogo di svolgimento di tensioni importanti.

 

Nelle acque al largo di Israele furono scoperti i giacimenti di gas Tamar nel gennaio 2009 e Leviathan nel dicembre 2010 (per entrambi l’operatore è la Chevron Corporation in società con alcune imprese israeliane).

 

A seguito di prospezioni petrolifere effettuate da parte della Repubblica di Cipro nelle acque territoriali greco-cipriote a sud dell’isola, il 21 settembre 2011 la Repubblica Turca di Cipro del Nord e la Turchia firmarono un accordo sulla delimitazione delle rispettive piattaforme continentali e sullo sfruttamento delle risorse minerarie nelle zone citate.

A questo scopo, il 23 settembre 2011 la nave turca Koka Piri Reis, di proprietà dell’Istituto di tecnologia e scienze marine dell’Università di Izmir, partì dal porto di Urla, nella provincia di Smirne, diretta verso il Mediterraneo orientale con l’incarico del governo turco di condurre un lavoro di ricerca.

Già in quei giorni, si palesava il rischio che la questione degli idrocarburi nel fondale marino attorno a Cipro avrebbe scavato un solco più profondo tra i greco-ciprioti e i turco-ciprioti e altresì tra la Turchia e l’Unione Europea.

 

Il 28 dicembre 2011 fu scoperto il giacimento di gas Afrodite al confine tra le acque economiche di Israele e quelle di Cipro, con la maggior parte del giacimento sul lato cipriota (operatore Chevron Corporation in partenariato con la anglo olandese Shell e l’israeliana NewMed Energy).

 

Il 30 agosto 2015, l’italiana Eni diede l’annuncio della scoperta di un giacimento di gas attraverso il pozzo Zohr 1X, nel blocco Shorouk, al largo delle coste mediterranee dell’Egitto.

Eni è l’operatore del blocco Shoruk con una quota del 50% in società con la russa Rosneft che ha il 30%, la britannica British Petroleum con il 10% e l’emiratina Mubadala Petroleum con il 10%.

 

L’8 febbraio 2018, l’italiana Eni diede l’annuncio della scoperta di un giacimento di gas attraverso il pozzo Calypso 1, nel blocco 6, al largo delle coste meridionali di Cipro.

Eni è l’operatore del blocco 6 con una quota del 50% in società con la francese TotalEnergies che ha il 50%.

 

Il 9 febbraio 2018, cinque unità della marina militare turca bloccarono la nave Saipem 12000 noleggiata dall’Eni e diretta verso il blocco 3 al largo delle coste orientali di Cipro per compiere attività di perforazione del fondale marino.

Quando la Saipem 12000 provò a dirigersi ugualmente verso il blocco 3, le unità della marina militare turca minacciarono di speronare la nave.

Il blocco si protrasse per circa due settimane fino a che, a causa dell’impossibilità di procedere con il proprio lavoro, la nave italiana fece rotta verso il porto cipriota di Limassol per rifornimenti e poi verso una nuova destinazione operativa.

Eni è l’operatore del blocco 3 con una quota dell’80% in società con la Korea Gas Corporation che ha il 20%.

 

Poiché Cipro del Nord rivendica la titolarità delle acque a est e a sud-est dell’isola di Cipro, la linea d’azione della Turchia è fare in modo che ogni nuova scoperta di gas nelle acque ora citate sia condivisa con la comunità turco-cipriota in attuazione della costituzione di Cipro del 1960.

A onor del vero, qualche commentatore, oltre a questa motivazione di politica estera, mette in luce altresì l’esigenza dell’economia turca di diminuire la propria dipendenza dalle importazioni di gas dalla Russia e la contraddizione che si rinviene tra la dichiarazione di indipendenza della Repubblica Turca di Cipro del Nord nel 1983 e la richiesta di quest’ultima di condividere i proventi dei giacimenti di gas situati nelle acque a est e a sud-est dell’isola di Cipro in attuazione della costituzione del 1960.

A tale scopo, se non si vuole adire il Tribunale internazionale del diritto del mare – organo indipendente delle Nazioni Unite stabilito ad Amburgo in sede giudiziale o come amabile compositore -, è opportuno raggiungere un’intesa come di recente è avvenuto per la zona di mare contesa tra Israele e Libano.

A ogni modo, il lettore scoprirà che le due problematiche economica e di rivendicazione di sovranità qui sopra accennate trovano la loro migliore soluzione nella seconda delle due soluzioni proposte al termine di questo articolo.

 

Il 19 febbraio 2018 fu dato l’annuncio che l’israeliana Delek Drilling, oggi NewMed Energy e la statunitense Noble Energy – che nell’ottobre del 2020 fu acquistata dalla Chevron Corporation – si erano accordate con l’egiziana Dolphinus Holding per vendere a quest’ultima 64 miliardi di metri cubi di gas nell’arco di dieci anni provenienti per metà dal giacimento Tamar e per metà dal giacimento Leviathan.

Il desiderio della Turchia di essere scelta in quella occasione come acquirente, anche allo scopo di divenire un centro di smistamento del gas nel Mediterraneo, non divenne realtà.

Tra i motivi della preferenza accordata all’Egitto vi furono la presenza sulla costa mediterranea egiziana di due impianti per la liquefazione del gas naturale a Idku e a Damietta e il fatto che, dai tempi dell’incidente con la Freedom Flottilla nel maggio del 2010, i rapporti di Israele con l’Egitto erano più distesi in confronto a quelli con la Turchia.

 

Il 19 settembre 2018, il sito internet di Bloomberg diede notizia che a Nicosia fu firmato un accordo tra la Repubblica di Cipro e l’Egitto affinché la prima potesse trasportare il gas del giacimento Afrodite verso gli impianti di liquefazione situati sulla costa mediterranea egiziana.

 

Il 28 febbraio 2019, la statunitense ExxonMobil diede l’annuncio della scoperta di un giacimento di gas attraverso il pozzo Glaucus 1, nel blocco 10, al largo delle coste meridionali di Cipro.

ExxonMobil è l’operatore del blocco 10 con una quota del 60% e la qatarina Qatar Petroleum International Upstream O.P.C. è partner con il 40%.

 

Il 1° agosto 2019 fu data la notizia che il governo della Repubblica di Cipro aveva dato alla francese TotalEnergies, in società con l’italiana Eni, la licenza di esplorazione del blocco 7 a largo delle sue coste meridionali.

Ai primi di ottobre dello stesso anno la nave turca Yavuz, scortata da unità della marina militare turca, arrivò nel blocco 7 per effettuare delle perforazioni.

Solo nell’ottobre del 2020 la nave Yavuz fece ritorno al porto turco di Tasucu dopo le rimostranze di molte Nazioni, tra le quali gli Stati Uniti d’America e la Germania, e le sanzioni dell’Unione Europea nei confronti della Turchia.

 

Il 22 agosto 2022, l’italiana Eni diede l’annuncio della scoperta di un giacimento di gas attraverso il pozzo Cronos 1, nel blocco 6, al largo delle coste meridionali di Cipro.

Come ho già scritto, Eni è l’operatore del blocco 6 con una quota del 50% in società con la francese TotalEnergies che ha il 50%.

 

La situazione delle esplorazioni sottomarine nelle acque a largo della Repubblica di Cipro sembra essere entrata in una fase di maggiore distensione a seguito della scoperta di un quantitativo complessivo di circa 540 miliardi di metri cubi di gas nel campo di Sakarya – situato nel Mar Nero a largo delle coste turche – nell’agosto del 2020 e nel giugno del 2021.

L’esplorazione delle acque del Mar Nero ha impegnato tre navi turche da perforazione (Yavuz, Fatih e Kanuni) per circa due anni.

Il giacimento dovrebbe entrare in produzione nel primo quarto del 2023 e potrebbe soddisfare il 30% della necessità di gas della Turchia.

Forse anche a causa di questo, il 9 agosto 2022 è stata data la notizia che la quarta nave da perforazione turca (Abdulhamid Han) opera nel Mediterraneo orientale a circa 28 miglia al largo della regione di Gazipasa, nella provincia costiera meridionale turca di Antalya.

 

3 – Due proposte per risolvere la questione di Cipro

I primi due paragrafi di questo articolo fanno comprendere chiaramente che vi sono molte Nazioni coinvolte negli aspetti geopolitici (paragrafo 1) e interessate ai profili economici (paragrafo 2) che scaturiscono dalla questione di Cipro.

Dunque, abbandonare le tensioni e la contrapposizione per orientare l’impegno verso una soluzione negoziata è utile non solo per i fini etici della giustizia e della pace, ma anche per evitare le perdite umane e materiali di un conflitto al quale prenderebbero parte molte Nazioni, in via diretta o in via mediata.

Come ho già scritto in un recente articolo[5], la situazione geopolitica nel Mare Mediterraneo e nelle sue vicinanze ha raggiunto livelli tali da destare preoccupazione.

Sciogliere il nodo della questione di Cipro contribuirebbe non poco a dare stabilità a una zona che ne ha assai bisogno.

Le incoraggianti previsioni economiche derivanti dalla prossima entrata in produzione del giacimento di gas nel campo di Sakarya, unitamente alla possibilità di nuove scoperte nel fondale delle acque a largo delle coste turche nel Mar Nero creano un contesto più sereno e dunque rendono le parti interessate potenzialmente più disposte a trovare una stabile soluzione alla questione di Cipro.

Per conseguire questo risultato, espongo qui di seguito due proposte.

La prima conquisterà la volontà di coloro che auspicano il riconoscimento internazionale della indipendenza e della sovranità di Cipro del Nord, la seconda sedurrà il desiderio di coloro che esigono una condivisione dei proventi dei giacimenti di gas nelle acque attorno a Cipro.

 

Prima proposta

Le parti riconoscono e accettano l’indipendenza e la sovranità di Cipro del Nord e l’accordo del 2011 tra Cipro del Nord e la Turchia per la definizione delle rispettive porzioni di mare territoriale e di zona economica esclusiva.

Per il resto, il mare territoriale e la zona economica esclusiva di Cipro del Nord sono definiti dal Tribunale internazionale del mare assiso come amabile compositore o, in caso di mancato accordo, dal medesimo Tribunale in sede giudiziale.

Il riconoscimento e l’accettazione ora detti, con le implicazioni di diritto del mare ora descritte, impediscono a Cipro del Nord qualsiasi rivendicazione di qualsivoglia natura sulle acque e sulle risorse di altri Stati.

Nel caso di controversia sulle risorse del sottosuolo marino che si estendono nelle acque di pertinenza di Cipro del Nord e di altri Stati, si procederà a un accordo tra le parti, oppure si farà ricorso al Tribunale internazionale del mare assiso come amabile compositore o, in caso di mancato accordo, al medesimo Tribunale in sede giudiziale.

Ogni questione che non attenga al diritto del mare è devoluta alla Corte internazionale di giustizia assisa come amabile compositore o, in caso di mancato accordo, alla medesima Corte in sede giudiziale.

Le parti accettano la giurisdizione e riconoscono le pronunce del Tribunale internazionale del mare e della Corte internazionale di giustizia.

 

Seconda proposta

Le parti di chiarano nullo e privo di valore ogni e qualsiasi atto, fatto, dichiarazione, documento, accordo che affermi e/o riconosca l’indipendenza di Cipro del Nord.

Le parti riconoscono e accettano la Repubblica di Cipro Unita secondo il Piano dell’ex Segretario generale dell’Onu Kofi Annan.

Le parti riconoscono e accettano l’accordo del 2011 tra Cipro del Nord e la Turchia per la definizione delle rispettive porzioni di mare territoriale e di zona economica esclusiva.

Per il resto, il mare territoriale e la zona economica esclusiva della Repubblica di Cipro Unita sono definiti dal Tribunale internazionale del mare assiso come amabile compositore o, in caso di mancato accordo, dal medesimo Tribunale in sede giudiziale.

Tutto questo comporta il ritiro delle forze armate turche dall’isola di Cipro, la partenza dei coloni turchi e dei coloni greci dall’isola di Cipro, il pagamento ai medesimi coloni di una somma di denaro stabilita dalla Corte internazionale di giustizia a carico della Repubblica di Cipro Unita, la partecipazione dei greco-ciprioti e dei turco-ciprioti ai proventi che derivano dalle risorse del sottosuolo marino della Repubblica di Cipro Unita.

Ogni questione che non attenga al diritto del mare viene devoluta alla Corte internazionale di giustizia assisa come amabile compositore o, in caso di mancato accordo, alla medesima Corte in sede giudiziale.

Le parti accettano la giurisdizione e riconoscono le pronunce del Tribunale internazionale del mare e della Corte internazionale di giustizia.

 

Auspico che questo mio contributo doni agli abitanti di Cipro la prosperità e la pace che essi desiderano.

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Prospettive economiche dell’OCSE, Rapporto intermedio, marzo 2022: La guerra in Ucraina: conseguenze economiche e sociali e implicazioni per le politiche pubbliche, in:

https://www.oecd-ilibrary.org/sites/a148fedd-it/index.html?itemId=/content/publication/a148fedd-it

 

Jamey Keaten, WTO: War in Ukraine to curb trade, economic growth this year, April 12, 2022, on:

https://apnews.com/article/russia-ukraine-covid-business-health-economy-7c642406faad9bc903744623588900fc

 

Mario Barbati, Le conseguenze economiche della guerra in Ucraina, 6 maggio 2022, in:

https://www.micromega.net/conseguenze-guerra-ucraina/

 

 

[2] Juliette Portala, Tassilo Hummel, TotalEnergies, Eni announce major Cyprus gas find, August 22, 2022, on:

https://www.reuters.com/business/energy/totalenergies-eni-announce-major-cyprus-gas-find-2022-08-22/

 

Cyprus offshore appraisal confirms Exxon gas find -energy ministry, March 21, 2022, on:

https://www.reuters.com/business/energy/cyprus-offshore-appraisal-confirms-exxon-gas-find-energy-ministry-2022-03-21/

 

Claire Mérilhou, Scoperta di gas a Cipro, 23 agosto 2022, in:

https://energynews.pro/it/scoperta-di-gas-a-cipro/

 

 

[3] United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP

ESTABLISHMENT OF UNFICYP, on:

https://unficyp.unmissions.org/establishment-unficyp

THE 1967 CRISIS, on:

https://unficyp.unmissions.org/1967-crisis

EVENTS IN THE SUMMER OF 1974, on:

https://unficyp.unmissions.org/events-summer-1974

TRIPARTITE CONFERENCE & GENEVA DECLARATION, on:

https://unficyp.unmissions.org/tripartite-conference-geneva-declaration

OPERATIONS SINCE 1974, on:

https://unficyp.unmissions.org/operations-1974

SUPERVISION OF THE CEASE-FIRE, on:

https://unficyp.unmissions.org/supervision-cease-fire

 

Resolution 367, on:

http://unscr.com/en/resolutions/367

 

Resolution 541, on:

http://unscr.com/en/resolutions/541

 

 

Hellenic Republic, Ministry of Foreign Affairs, The Cyprus Issue after the establishment of the Republic of Cyprus, on:

https://www.mfa.gr/en/the-cyprus-issue/relevant-documents/deep-historical-roots.html

 

Republic of Türkiye, Ministry of Foreign Affairs, Cyprus (Historical Overview), on:

https://www.mfa.gov.tr/cyprus-_historical-overview_.en.mfa

 

 

Cyprus profile – Timeline, on:

https://www.bbc.com/news/world-europe-17219505

 

1959: Makarios elected president of Cyprus, on:

http://news.bbc.co.uk/onthisday/hi/dates/stories/december/14/newsid_3747000/3747247.stm

 

Risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite relative a Cipro, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Risoluzioni_del_Consiglio_di_sicurezza_delle_Nazioni_Unite_relative_a_Cipro

 

Il testo integrale del Piano Annan per Cipro

THE COMPREHENSIVE SETTLEMENT OF THE CYPRUS PROBLEM, on:

http://www.zypern.cc/extras/annan-plan-for-cyprus-2004.pdf

 

République de Chypre, sur:

https://mjp.univ-perp.fr/constit/cy.htm

 

Accords de Zurich et de Londres, sur:

https://fr.wikipedia.org/wiki/Accords_de_Zurich_et_de_Londres

 

Traité de garantie, sur:

https://fr.wikipedia.org/wiki/Trait%C3%A9_de_garantie

 

Trattato di Garanzia (1960), in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_Garanzia_(1960)

 

Costituzione di Cipro, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_di_Cipro

 

Chypre Constitution du 16 août 1960., sur:

https://mjp.univ-perp.fr/constit/cy1960.htm

 

EOKA, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/EOKA

 

EOKA B, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/EOKA_B

 

Enōsis, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/En%C5%8Dsis

 

Referendum cipriota sull’enōsis del 1950, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_cipriota_sull%27en%C5%8Dsis_del_1950 

 

Piano Akritas, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Piano_Akritas

 

Enclavi greche cipriote, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Enclavi_greche_cipriote

 

Fronte del 9 settembre, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Fronte_del_9_settembre

 

Kara Çete, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Kara_%C3%87ete

 

Movimento di Resistenza Turco, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Movimento_di_Resistenza_Turco

 

Taksim, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Taksim

 

Taksim, on:

https://en.wikipedia.org/wiki/Taksim

 

Taksim (politics), on:

https://en.wikipedia.org/wiki/Taksim_(politics)

 

Enclavi turche cipriote, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Enclavi_turche_cipriote

 

Invasione turca di Cipro, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Invasione_turca_di_Cipro

 

Stato federato turco di Cipro, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Stato_federato_turco_di_Cipro

 

Cipro del Nord, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Cipro_del_Nord

 

Coloni turchi a Cipro del Nord, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Coloni_turchi_a_Cipro_del_Nord

 

Embargo contro Cipro del Nord, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Embargo_contro_Cipro_del_Nord

 

Economy of Northern Cyprus, on:

https://en.wikipedia.org/wiki/Economy_of_Northern_Cyprus

 

Turkey Individual – Foreign tax relief and tax treaties, on:

https://taxsummaries.pwc.com/turkey/individual/foreign-tax-relief-and-tax-treaties

 

Piano Annan, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Piano_Annan#:~:text=Il%20Piano%20Annan%2C%20dal%20nome,di%20un’unica%20repubblica%20federale.

 

Referendum cipriota sul Piano Annan del 2004, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_cipriota_sul_Piano_Annan_del_2004

 

Christos A. Neophytou, Barrister-At-Law,

Analysis of the UN Annan Plan Proposal For the settlement of the Cyprus question:, on:

http://unannanplan.agrino.org/

 

Crisi dei missili di Cipro, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_dei_missili_di_Cipro#cite_note-22

 

U.S. FAULTS CYPRUS DEAL FOR RUSSIAN MISSILES, January 7, 1997, on:

https://www.washingtonpost.com/archive/politics/1997/01/07/us-faults-cyprus-deal-for-russian-missiles/97d3c344-b608-4030-bf93-884beaf8eefe/

 

Tony Barber, Turkey hints at strike on Cypriot missiles, January 11, 1997, on:

https://www.independent.co.uk/news/world/turkey-hints-at-strike-on-cypriot-missiles-1282572.html

 

Cipro nord: ultimata conduttura acqua sottomarina da Turchia, in:

https://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/economia/2015/08/10/cipro-nord-ultimata-conduttura-acqua-sottomarina-da-turchia_0b9b4a65-9907-40f8-a7be-fefde9c62426.html

 

 

[4] Le percentuali e i nomi delle società attestati nelle fonti che ho consultato potrebbero essere diversi dalla realtà a causa del progredire degli affari.

 

Tamar gas field, on:

https://en.wikipedia.org/wiki/Tamar_gas_field

 

Leviathan gas field, on:

https://en.wikipedia.org/wiki/Leviathan_gas_field

 

Israele a tutto gas, 3 agosto 2019, su:

https://www.geopolitica.info/israele-a-tutto-gas/

 

GAS: ATENE DEPLORA ACCORDO TURCHIA-RTCN PER RICERCHE IN MARE, 22 settembre 2011, in:

https://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/cipro/2011/09/22/visualizza_new.html_700215949.html

 

RV K. Piri Reis, on:

https://en.wikipedia.org/wiki/RV_K._Piri_Reis

 

Hugh Pope, Stepping on the Gas toward a Cyprus Partition, September 23, 2011, on:

https://www.crisisgroupblogs.org/stepping-on-the-gas-toward-a-cyprus-partition/

 

Federico de Renzi, Le ambizioni della Turchia fanno i conti con Cipro, 11 novembre 2011, in:

https://www.limesonline.com/rubrica/le-ambizioni-della-turchia-fanno-i-conti-con-cipro

 

Ecco chi deciderà le sorti del giacimento Afrodite, 3 maggio 2018, in:

https://energiaoltre.it/afrodite/

 

Eni scopre nell’offshore egiziano il più grande giacimento a gas mai rinvenuto nel Mar Mediterraneo, 30 agosto 2015, in:

https://www.eni.com/it-IT/media/comunicati-stampa/2015/08/eni-scopre-nelloffshore-egiziano-il-piu-grande-giacimento-a-gas-mai-rinvenuto-nel-mar-mediterraneo.html

 

Giandomenico Serrao, Perché l’avvio della produzione del giacimento Zohr è importante per Eni e non solo, 22 dicembre 2017, in:

https://www.agi.it/blog-italia/energia-e-sostenibilta/perch_lavvio_della_produzione_del_giacimento_zohr_importante_per_eni_e_non_solo-3304870/post/2017-12-22/

 

Zohr: il giacimento gigante nell’offshore dell’Egitto, in:

https://www.eni.com/it-IT/attivita/egitto-zohr.html#:~:text=Il%20giacimento%20%C3%A8%20considerato%20la,per%20questa%20tipologia%20di%20giacimento.

 

Eni annuncia una scoperta a Gas nell’Offshore di Cipro, 8 febbraio 2018, in:

https://www.eni.com/it-IT/media/comunicati-stampa/2018/02/eni-annuncia-una-scoperta-a-gas-nelloffshore-di-cipro.html

 

Sissi Bellomo, Eni, scoperta «promettente» a Cipro. E oggi firma contratti in Libano, 9 febbraio 2018, in:

https://www.ilsole24ore.com/art/eni-scoperta-promettente-cipro-e-oggi-firma-contratti-libano-AEV0FwwD

 

Marco Dell’Aguzzo, Gas, cosa cambia per l’Europa dopo l’accordo Israele-Libano, 12 ottobre 2022, in:

https://www.startmag.it/energia/israele-libano-accordo-confini-marittimi-gas/

 

Sissi Bellomo, Israele sceglie l’Egitto per esportare il gas del Bacino del Levante, 20 febbraio 2018, in:

https://www.ilsole24ore.com/art/israele-sceglie-l-egitto-esportare–gas-bacino-levante-AEldgj2D

 

Incidente della Freedom Flotilla, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_della_Freedom_Flotilla

 

Georgios Georgiou, Ahmed Feteha, Cyprus Pipeline Deal With Egypt Brings Gas Step Closer to Europe, September 19, 2018, on:

https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-09-19/cyprus-pipeline-deal-with-egypt-brings-gas-step-closer-to-europe

 

Sissi Bellomo, Chevron compra Noble e conquista l’accesso al gas del Mediterraneo Orientale, 21 luglio 2020, su:

https://www.ilsole24ore.com/art/chevron-compra-noble-e-conquista-l-accesso-gas-mediterraneo-orientale-ADLecPf

 

Sissi Bellomo, Dopo Israele anche Cipro si prepara a vendere gas all’Egitto, 22 febbraio 2018, in:

https://www.ilsole24ore.com/art/dopo-israele-anche-cipro-si-prepara-vendere-gas-all-egitto–AEfU563D

 

Jacopo Giliberto, La Turchia blocca nave italiana Saipem sul giacimento Eni a Cipro, 12 febbraio 2018, in:

https://www.ilsole24ore.com/art/la-turchia-blocca-nave-italiana-saipem-giacimento-eni-cipro-AEnG9gyD

 

Ecco perché la Turchia ha bloccato la nave Saipem 12000 di Eni, 12 febbraio 2018, in:

https://energiaoltre.it/turchja-saipem12000-eni-gas/

 

Eni rinuncia, la nave Saipem lascia le acque di Cipro, 23 febbraio 2018, in:

https://www.ilsole24ore.com/art/eni-rinuncia-nave-saipem-lascia-acque-cipro-AEHrA05D

 

Saipem 12000, dove è diretta (e cosa farà) la nave Eni. Tutte le ultime novità, 24 febbraio 2018, in:

https://energiaoltre.it/saipem12000-eni-nave/

 

ExxonMobil makes natural gas discovery offshore Cyprus, on:

https://corporate.exxonmobil.com/news/newsroom/news-releases/2019/0228_exxonmobil-makes-natural-gas-discovery-offshore-cyprus

 

Sissi Bellomo, Maxi scoperta di gas al largo di Cipro, minacce dalla Turchia, 1 marzo 2019, in:

https://www.ilsole24ore.com/art/maxi-scoperta-gas-largo-cipro-minacce-turchia-ABRULHZB

 

Graziella Giangiulio, CIPRO. ENI in bocca alla Turchia, 1 agosto 2019, in:

https://www.agcnews.eu/cipro-eni-in-bocca-alla-turchia/

 

Cipro: Turchia invia nave trivella in area licenza Eni-Total, 4 ottobre 2019, in:

https://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/cipro/2019/10/04/cipro-turchia-invia-nave-trivella-in-area-licenza-eni-total_1e81be81-b2e6-46fe-b286-d31b0500e291.html

 

Sissi Bellomo, Gas, la Turchia sfida Cipro in casa di Eni e Total, 8 ottobre 2019, in:

https://www.ilsole24ore.com/art/gas-turchia-sfida-cipro-casa-eni-e-total-ACjR5op

 

Nave da perforazione turca rientra da Cipro, 5 ottobre 2020, in:

https://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/politica/2020/10/05/nave-da-perforazione-turca-rientra-da-cipro_ce1b4c75-5ac1-413c-bc70-f80dc96d8331.html

 

Eni: importante scoperta di gas al largo di Cipro, 22 agosto 2022, in:

https://www.eni.com/it-IT/media/comunicati-stampa/2022/08/eni-importante-scoperta-gas-largo-cipro.html

 

Gas: Eni annuncia scoperta giacimento al largo di Cipro, 22 agosto 2022, in:

https://www.ansa.it/nuova_europa/it/notizie/rubriche/energia/2022/08/22/gas-eni-annuncia-scoperta-giacimento-al-largo-di-cipro_811a7d6d-e494-471b-a4c6-0f1f1fe9f2ab.html

 

Sakarya Gas Field Development, Black Sea, Turkey, October 26, 2021, on:

https://www.offshore-technology.com/projects/sakarya-gas-field-development-black-sea-turkey/  

 

Sibel Morrow, Türkiye will be ready to use Black Sea natural gas next March: Energy minister, August 11, 2022, on:

https://www.aa.com.tr/en/economy/turkiye-will-be-ready-to-use-black-sea-natural-gas-next-march-energy-minister/2658953

 

Turchia: la più avanzata nave da perforazione avvia l’attività di ricerca del gas nel Mediterraneo orientale, 9 agosto 2022, su:

https://www.agenzianova.com/news/turchia-la-piu-avanzata-nave-da-perforazione-avvia-lattivita-di-ricerca-del-gas-nel-mediterraneo-orientale/

 

Abele Carruezzo, La Turchia invia una nuova nave da trivellazione nel Mediterraneo, 10 agosto 2022, su:

https://www.ilnautilus.it/trasporti/2022-08-10/la-turchia-invia-una-nuova-nave-da-trivellazione-nel-mediterraneo_101289/

 

 

[5] Giorgio Cannella, Una proposta per la soluzione delle controversie tra Grecia e Turchia, 25 settembre 2022, in:

https://giorgiocannella.com/index.php/2022/09/25/una-proposta-per-la-soluzione-delle-controversie-tra-grecia-e-turchia/

 

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito http://www.giorgiocannella.com 

Una proposta per la soluzione delle controversie tra Grecia e Turchia

In questo articolo propongo delle soluzioni per risolvere la disputa nel Mare Egeo tra Grecia e Turchia e per delimitare le zone economiche esclusive greca e turca nel Mare Mediterraneo.

 

Gli ultimi fatti accaduti

Il 1° giugno 2022 è stata data la notizia che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato l’interruzione dei negoziati tra la Turchia e la Grecia.[1]

I colloqui erano ripresi dopo cinque anni di stallo e avevano a oggetto, tra l’altro, le opposte rivendicazioni nel Mare Egeo e la delimitazione delle rispettive zone economiche esclusive nel Mare Mediterraneo.

Il 3 settembre 2022 è stata resa nota la dichiarazione del presidente turco Erdogan che ha accusato la Grecia di “occupare le isole nel Mare Egeo che hanno uno status demilitarizzato”.[2]

 

I fattori critici

La tensione in corso ha raggiunto livelli idonei a destare preoccupazione.

Il 7 settembre 2022 è stata diffusa la dichiarazione di Catherine Colonna, ministra francese degli Affari Esteri, la quale ha espresso la sua vicinanza alla Grecia e a Cipro anche in caso di attacchi alla sovranità.[3]

Il 10 settembre 2022 le pagine Facebook Greek Gateway e Greek Reporter hanno dato risalto a una dichiarazione resa nel maggio del 2018 dall’allora principe di Galles, oggi sovrano britannico con il nome di re Carlo III, durante una visita ufficiale in Grecia.[4]

Egli, memore della nascita in Grecia di suo nonno il principe Andrea e di suo padre il principe Filippo, in quella occasione ebbe a dichiarare: “La Grecia è nel mio sangue”.

Quello che un orecchio non esperto potrebbe qualificare come un ricordo di famiglia in occasione di una visita ufficiale, ha ben altra importanza per coloro che conoscono il peso degli eventi personali nelle scelte che orientano la storia.

Infine, non va trascurato che la Francia e la Gran Bretagna hanno delle basi militari nella zona geografica potenzialmente interessata da un, da chi scrive, malaugurato e non voluto confronto militare tra Grecia e Turchia.[5]  [6]

 

Quanto sin qui esposto lascia presagire la concreta e attuale eventualità di un conflitto tra Grecia e Turchia che coinvolga anche altri Paesi.

 

Il contesto regionale

Il mondo, oggi, è una realtà interconnessa di cose e persone.

Pertanto, gli effetti provocati da una tensione regionale non si esplicano unicamente all’interno del territorio dei Paesi in conflitto.[7]

Al momento in cui scrivo, la regione del Mediterraneo orientale è gravemente destabilizzata.

Infatti, sul Mare Mediterraneo si affacciano già due guerre civili: quella in Libia e quella in Siria.[8]

Ciascuna di esse vede l’intervento militarmente attivo di altri Paesi, confinanti e non con quelli che sono il teatro dello scontro.

Il Libano versa in una situazione di grave debolezza economica e sociale.[9]

Dal 24 febbraio 2022, è in corso il conflitto tra Ucraina e Russia.[10]

Pochi giorni fa, nella regione del Caucaso, sono riprese ostilità tra Armenia e Azerbaigian alle quali ha fatto rapidamente seguito una tregua.[11]  

Le situazioni ora descritte vanno inquadrate in uno scenario caratterizzato da una pandemia globale di covid-19 coronavirus dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 2020, e tuttora in corso[12], e dalle conseguenze economiche del conflitto in Ucraina, tra le quali menziono l’inflazione in forte aumento, la cospicua diminuzione delle forniture di gas naturale dalla Russia, l’aumento dei prezzi dell’energia.[13]

In breve, la Turchia risulta attorniata da conflitti: a nord quello in Ucraina, a est quello tra Armenia e Azerbaigian, a sud quello in Siria, oltre alla grave situazione in Libano e alla guerra in Libia.

Si comprende bene, dunque, l’estrema gravità di un eventuale ulteriore conflitto nella medesima regione che coinvolga la Turchia contro la Grecia e Cipro, anche in questo caso con il probabile intervento di altri Stati.

Questo conflitto avrebbe luogo al centro dei conflitti già esistenti e ai quali ho accennato e contribuirebbe ad aggravare le criticità che li caratterizzano, sia a danno dei Paesi in essi già coinvolti, sia a danno dei Paesi vicini.

È urgente, quindi, mettere in campo una proposta che risolva le cause della tensione tra Grecia e Turchia tramite un assetto che soddisfi entrambe le parti.

 

Le opposte affermazioni.

Le opposte affermazioni della Grecia e della Turchia nel Mare Egeo e nel Mare Mediterraneo coinvolgono istituti diversi del diritto del mare.[14]

Non annoierò il lettore elencandole tutte perché esse sono oggetto del paragrafo “Le soluzioni proposte” qui appresso.

In estrema sintesi:

  • la Grecia desidera estendere la sua sovranità nel Mare Egeo dalle attuali 6 miglia marine attorno alle sue isole a 12 miglia marine, ma la Turchia si oppone affermando che questo trasformerebbe il Mare Egeo in un lago interno della Grecia;
  • la Turchia desidera ampliare la sua zona economica esclusiva nel Mare Mediterraneo annettendo una parte della zona economica esclusiva della Grecia e una parte della zona economica esclusiva cipriota, desiderio che non trova d’accordo i Paesi interessati.

 

Le soluzioni proposte

1 – La delimitazione del Mare Egeo

Se si desidera comporre i dissidi tra la Grecia e la Turchia nel Mare Egeo, è necessario innanzitutto delimitare chiaramente il Mare Egeo.

A tale scopo, si inizia tracciando una linea che parte dal punto più meridionale di Capo Malea nel territorio della Grecia continentale fino al punto più settentrionale della penisola di Korykos nel territorio isolano di Creta.

Si prosegue tracciando una linea da Capo Sidéros nel territorio isolano di Creta, si toccano il punto più meridionale dell’isola di Caso e il punto più meridionale dell’isola di Scarpanto e si arriva al punto più meridionale dell’isola di Rodi.

Si finisce tracciando una linea che parte dal punto più settentrionale dell’isola di Rodi fino al punto più meridionale della penisola di Bozburun nel territorio della Turchia continentale.

La parte di mare compresa tra queste linee e la linea di costa della Grecia continentale e della Turchia continentale è il mare Egeo.

 

2 – Acque territoriali, spazio aereo, isolette e scogli

Stabilita l’estensione del Mare Egeo, si può procedere alla soluzione della disputa su di esso nel modo seguente:

  • la Grecia e la Turchia conservano nel Mare Egeo le isole che già hanno;
  • le acque territoriali della Grecia nel Mare Egeo si estendono per 6 (sei) miglia marine dalla linea di costa della Grecia continentale e dalla linea di costa delle isole greche nel Mare Egeo;
  • lo spazio aereo greco nel Mare Egeo è quello sovrastante le acque territoriali della Grecia e il territorio delle isole greche;
  • le acque territoriali della Turchia nel Mare Egeo si estendono per 6 (sei) miglia marine dalla linea di costa della Turchia continentale e dalla linea di costa delle isole turche nel Mare Egeo;
  • lo spazio aereo turco nel Mare Egeo è quello sovrastante le acque territoriali della Turchia e il territorio delle isole turche;
  • nei punti in cui le dette porzioni di mare territoriale e/o di spazio aereo si sovrappongono si procede a fare arretrare i rispettivi confini fino al punto in cui essi combaciano;
  • in deroga a ogni altra norma vigente, le isolette e gli scogli nel Mare Egeo sono assegnati alla sovranità della Turchia solo se sono interamente compresi entro le acque territoriali turche delimitate ai sensi delle affermazioni precedenti.

 

3 – La piattaforma continentale e la zona economica esclusiva nel Mare Egeo

La piattaforma continentale e la zona economica esclusiva greche nel Mare Egeo hanno un’ampiezza di 200 (duecento) miglia marine calcolate, secondo la richiesta della Grecia, tenendo conto non solo della linea di costa della Grecia continentale ma anche della linea di costa delle isole greche nel Mare Egeo.

 

4 – La piattaforma continentale e la zona economica esclusiva nel Mare Mediterraneo

La Grecia:

  • rinuncia alla sua sovranità sull’isola di Kastellorizo e la cede alla Turchia;
  • riconosce le acque territoriali turche e lo spazio aereo turco per una estensione di 6 (sei) miglia marine attorno all’isola di Kastellorizo;
  • cede alla Turchia la parte di zona economica esclusiva greca che si trova a oriente della linea che congiunge il punto più meridionale della zona economica esclusiva attualmente turca ubicata tra Rodi e Kastellorizo e il punto identificato con la lettera D. Entrambi i punti sono visibili nella cartina geografica qui sotto.

 

Conflicting claims to the continental shelf and EEZ areas in the eastern Mediterranean. Blue: areas claimed by Greece and Cyprus; red: areas claimed by Turkey. Section labelled “A-B”: Claimed delimitation between Turkey and Libya as per November 2019 agreement. Section labelled “C-D”: Delimitation agreed between Greece and Egypt as per August 2020 agreement.
Credits image: https://en.wikipedia.org/wiki/Aegean_dispute

 

La Grecia e la Turchia riconoscono reciprocamente la sovranità di ciascuno dei loro Stati articolata nel modo appena detto e rinunciano a qualsiasi pretesa in contrasto con quanto appena detto.

 

5 – Installazioni militari

In deroga a ogni altra norma vigente, la Grecia e la Turchia si riconoscono reciprocamente la possibilità di realizzare installazioni militari in modo che, considerata una installazione militare greca e una installazione militare turca, esse abbiano la stessa distanza dal più vicino tra i seguenti: il confine di Stato, il limite delle acque territoriali.

 

6 – Diritto di passaggio inoffensivo e diritto di passaggio in transito

La Grecia e la Turchia si danno reciproca garanzia:

  • del diritto di passaggio inoffensivo per tutte le navi – compresi i sottomarini e ciò che si muove in tutto o in parte sotto l’acqua -, militari e non militari, di ciascuno dei due Paesi nelle acque territoriali dell’Altro. Al fine di dare un’applicazione senza incertezze a quanto ora detto, il contenuto del diritto di passaggio inoffensivo è quello di cui al testo in lingua inglese degli articoli dal 17 al 32 compresi e dell’articolo 45 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare firmata il 10 dicembre 1982 in vigore al momento della firma dell’accordo tra Grecia e Turchia;
  • del diritto di passaggio in transito per tutte le navi – compresi i sottomarini e ciò che si muove in tutto o in parte sotto l’acqua -, militari e non militari, e per tutti gli aerei, militari e non militari, di ciascuno dei due Paesi nella zona economica esclusiva e nello spazio aereo a essa sovrastante dell’Altro. Al fine di dare un’applicazione senza incertezze a quanto ora detto, il contenuto del diritto di passaggio in transito è quello di cui al testo in lingua inglese degli articoli dal 37 al 44 compresi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare firmata il 10 dicembre 1982 in vigore al momento della firma dell’accordo tra Grecia e Turchia.

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Turkey’s Erdogan halts talks with Greece as tensions flare again, June 1, 2022, on:

https://www.reuters.com/world/middle-east/erdogan-says-turkey-will-no-longer-hold-bilateral-talks-with-greece-2022-06-01/

 

Ludovica Longo, Erdogan contro Atene: fine dei colloqui tra Turchia e Grecia, 1° giugno 2022, in:

https://it.euronews.com/2022/06/01/erdogan-contro-atene-fine-dei-colloqui-tra-turchia-e-grecia

 

 

[2] Erdogan accuses Greece of ‘occupying’ demilitarised islands, September 3, 2022, on:

https://www.reuters.com/world/europe/erdogan-accuses-greece-occupying-demilitarised-islands-2022-09-03/

 

Toni accesi tra Grecia e Turchia sulle isole dell’Egeo, diplomazie in campo, 7 settembre 2022, in:

https://it.euronews.com/2022/09/07/toni-accesi-tra-grecia-e-turchia-sulle-isole-dellegeo-diplomazie-in-campo

 

 

[3] Toni accesi tra Grecia e Turchia sulle isole dell’Egeo, diplomazie in campo, 7 settembre 2022, in:

https://it.euronews.com/2022/09/07/toni-accesi-tra-grecia-e-turchia-sulle-isole-dellegeo-diplomazie-in-campo

 

 

 

[4] Philip Chrysopoulos, ‘Greece is in my Blood’, says Prince Charles Ahead of Official Visit, May 8, 2018, on:

https://greekreporter.com/2018/05/08/greece-is-in-my-blood-says-prince-charles-ahead-of-official-visit/

 

Facebook, Greek Gateway, 10 settembre 2022

https://m.facebook.com/GreekGateway/photos/5839040612807148/

 

Facebook, Greek Reporter 10 settembre 2022

https://www.facebook.com/GreekReporter/videos/how-greek-is-king-charles/496977238430129/

 

 

[5] Per le basi militari della Francia a Cipro si vedano i seguenti.

 

Per la base navale di Mari, ora base navale Evangelos Florakis:

 

Minister: Cyprus working with France to expand naval base, May 16, 2019, in:

https://apnews.com/article/3d9374baacfa4fcd9beba5269bbba804

 

Naval News Staff, Cyprus Plans Mari Naval Base Expansion To Host French Navy Ships, May 23, 2019, on:

https://www.navalnews.com/naval-news/2019/05/cyprus-plans-mari-naval-base-expansion-to-host-french-navy-ships/

 

George Psyllides, Expansion of base for use of French navy a priority says minister, May 22, 2019, on:

https://cyprus-mail.com/2019/05/22/expansion-of-naval-base-for-french-navy-a-priority-says-minister/

 

Tom Kington, Rome, Lucy Fisher, Cyprus seeks French military help in snub to ‘distracted’ UK, May 17, 2019, on:

https://www.thetimes.co.uk/article/cyprus-seeks-french-military-help-in-snub-to-distracted-uk-xsfhx795q

 

Cyprus, France reportedly agree on use of naval base, May 16, 2019, on:

https://www.ekathimerini.com/news/240536/cyprus-france-reportedly-agree-on-use-of-naval-base/

   

Evangelos Florakis Naval Base, on:

https://en.wikipedia.org/wiki/Evangelos_Florakis_Naval_Base

 

 

Per la base aerea di Paphos si vedano:

 

French, Greek fighter jets land in Paphos, August 25, 2020, on:

https://www.financialmirror.com/2020/08/25/french-greek-fighter-jets-land-in-paphos/

 

Apostolis Tomaras, France testing Paphos National Guard air base, August 11, 2020, on:

https://knews.kathimerini.com.cy/en/comment/opinion/france-testing-paphos-national-guard-air-base

 

 

[6] Per le basi militari della Gran Bretagna a Cipro si vedano:

 

Andreas Stergiou (2015) The Exceptional Case of the British Military Bases on Cyprus, Middle Eastern Studies, 51:2, 285-300, DOI: http://10.1080/00263206.2014.947283

 

Akrotiri and Dhekelia, on:

https://en.wikipedia.org/wiki/Akrotiri_and_Dhekelia

 

British Forces Cyprus, on:

https://en.wikipedia.org/wiki/British_Forces_Cyprus

 

 

[7] Adele Ferrari, Le tre crisi infiammate dalla guerra in Ucraina, 15 maggio 2022, in:

https://it.insideover.com/guerra/le-tre-crisi-infiammate-dalla-guerra-in-ucraina.html

 

 

[8] Prima guerra civile in Libia, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Prima_guerra_civile_in_Libia

 

Seconda guerra civile in Libia, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Seconda_guerra_civile_in_Libia

 

Guerra civile siriana, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_siriana

 

 

[9] Timour Azhari, Maya Gebeily, Analysis: Political and banking deadlock may plunge Lebanon deeper into crisis, June 30, 2022, on:

https://www.reuters.com/world/middle-east/political-banking-deadlock-may-plunge-lebanon-deeper-into-crisis-2022-06-30/

 

Andrea Barolini, Libano, le banche al centro di una delle peggiori crisi al mondo, 16 agosto 2022, in:

https://valori.it/libano-banche-crisi/

 

Carmen Geha, Un altro anno da incubo per il Libano, 11 marzo 2022, in:

https://www.affarinternazionali.it/anno-incubo-libano/

 

 

[10] Crisi russo-ucraina, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_russo-ucraina

 

 

[11] Avet Demourian, Cease-fire holds between Armenia and Azerbaijan, September 15, 2022, on:

https://apnews.com/article/russia-ukraine-azerbaijan-baku-armenia-aad40c240d888645d8129deb4a550a4b

 

EXPLAINER: What’s behind the new Armenia-Azerbaijan fighting, September 14, 2022, on:

https://apnews.com/article/russia-ukraine-azerbaijan-armenia-government-and-politics-cd9d3093885a3e1e26a2a9e43dbcc8d6

 

Gabrielle Tétrault-Farber, Analysis: Why are Armenia and Azerbaijan fighting again, and why does it matter?, September 13, 2022, on:

https://www.reuters.com/world/asia-pacific/why-are-armenia-azerbaijan-fighting-again-why-does-it-matter-2022-09-13/

 

Armenia-Azerbaigian: escalation pericolosa, 13 settembre 2022, in:

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/armenia-azerbaigian-escalation-pericolosa-36135

 

 

[12] Pandemia di COVID-19, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Pandemia_di_COVID-19

 

 

[13] Prospettive economiche dell’OCSE, Rapporto intermedio, marzo 2022: La guerra in Ucraina: conseguenze economiche e sociali e implicazioni per le politiche pubbliche, in:

https://www.oecd-ilibrary.org/sites/a148fedd-it/index.html?itemId=/content/publication/a148fedd-it

 

Jamey Keaten, WTO: War in Ukraine to curb trade, economic growth this year, April 12, 2022, on:

https://apnews.com/article/russia-ukraine-covid-business-health-economy-7c642406faad9bc903744623588900fc

 

Mario Barbati, Le conseguenze economiche della guerra in Ucraina, 6 maggio 2022, in:

https://www.micromega.net/conseguenze-guerra-ucraina/

 

 

[14] IILSS – International Institute for Law of the Sea Studies, maritime boundaries between Greece and Turkey, May 25, 2021, on:

http://iilss.net/maritime-boundaries-between-greece-and-turkey/

 

Si veda anche Aegean dispute, on:

https://en.wikipedia.org/wiki/Aegean_dispute

 

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito http://www.giorgiocannella.com

La federazione dei gruppi etnici africani

Questo articolo parla della necessità di ridisegnare i confini interni del continente africano in modo che esso divenga una federazione dei gruppi etnici in esso presenti.

 

La questione da affrontare

 

Da diversi anni si assiste a un costante fenomeno di migrazione di persone dall’Africa all’Europa.[1]

 

In maggioranza, si tratta di persone giovani[2], in salute[3], in età lavorativa[4] e in cerca di un futuro migliore di quello che può offrirgli la loro realtà di provenienza[5].

 

L’intensità del fenomeno migratorio in parola è tale da causare vari problemi nei Paesi di transito e di destinazione finale, tra i quali: ordine pubblico[6], salute[7], decoro urbano[8], occupazione[9], convivenza[10].

 

 

Le azioni fin ora poste in essere mirano a facilitare l’integrazione dei nuovi arrivati nel Paese di destinazione[11], oppure a migliorare le condizioni di vita nei Paesi di loro provenienza[12].

 

Queste iniziative sono lodevoli, ma hanno il difetto di non affrontare la causa che si trova al fondamento del fenomeno migratorio in esame.

 

 

La causa del fenomeno migratorio

 

Per comprendere quale sia questa causa, è necessario ripassare la storia recente dell’Africa.

I fattori che hanno determinato il regolamento dei confini in Africa sono stati: l’interesse nazionale, l’intraprendenza individuale, l’arbitrio e le circostanze del momento.[13]

Nessun peso in questo processo è stato dato alla futura pacifica convivenza sociale delle popolazioni locali.[14]

Il risultato finale di tutto questo è che, ancora oggi, diversi gruppi etnici sono inclusi all’interno di un medesimo Stato africano e che il confine di due o più Stati africani divide il territorio di un medesimo gruppo etnico.[15]

 

 

Bisogna avere ben presente che la storia e la cultura del continente africano non possono essere giudicate in base alla storia e alla cultura di altri continenti.

Le peculiarità delle culture sociale e politica africane possono apparire non al passo con i tempi agli occhi di chi abitualmente risiede in un altro continente.

Questo, tuttavia, non autorizza a condurre la società e la politica africane in base a dei concetti provenienti da storie e culture estranee al contesto africano.

 

 

Tenendo a mente questo, bisogna dire che, salvo poche eccezioni, l’appartenenza sociale in Africa si basa sul gruppo etnico, NON sul concetto di Stato.[16]

Di conseguenza, la scelta di tracciare i confini degli Stati africani includendo diversi gruppi etnici all’interno del medesimo Stato o frazionando un medesimo gruppo etnico nel territorio di più Stati comporta inevitabilmente l’instabilità permanente degli Stati interessati.

 

Per arginare questa instabilità, si è fatto e si fa tuttora molto spesso ricorso all’uso della forza da parte del gruppo etnico dominante sugli altri gruppi etnici presenti all’interno dei confini dello Stato.

Questa è la causa all’origine del fenomeno migratorio dall’Africa verso altri Paesi, prevalentemente europei.[17]

Le conseguenze sono molteplici.

Tra esse vi sono la debolezza dei fattori costitutivi della democrazia negli Stati africani e la povertà.

 

Le soluzioni poste in campo oggi

 

Chiarita la causa del fenomeno migratorio in esame, riusciamo a comprendere bene perché esso non possa essere posto sotto controllo facilitando l’integrazione dei nuovi arrivati nel Paese di destinazione, oppure migliorando le condizioni di vita nei Paesi di loro provenienza.

Queste azioni, infatti, mirano a promuovere l’integrazione in Europa, oppure ad accrescere i fattori costitutivi della democrazia e contrastare la povertà in Africa.

Queste ora elencate, tuttavia, non sono la causa al fondamento del fenomeno migratorio in atto.

In altre parole, le azioni fino a oggi poste in essere per porre sotto controllo il fenomeno migratorio dall’Africa all’Europa sono eticamente lodevoli, ma idonee al loro scopo perché non si indirizzano verso la causa di esso.

 

 

Altre possibili soluzioni

 

1 – Accoglienza generalizzata

 

Alcuni propongono di affrontare il fenomeno migratorio in atto dall’Africa all’Europa con una accoglienza generalizzata: aprire i porti e le frontiere, stabilire corridoi di accesso sicuri in Europa.

A prescindere dalle scelte di ciascuno in materia di religione, per valutare questa proposta, bisogna tenere presente che un essere umano non ha solo una parte immateriale, ma ha anche un corpo.

Il corpo umano ha bisogno di cibo, bevande, vestiti, un lavoro, una dimora e, in caso di malattia, dei medicinali.

Per quanto a mia conoscenza, nessuno a oggi ha dato la prova di poter fornire tutto questo in Europa a tutte le persone del continente africano che la proposta in esame vorrebbe accogliere.

Del pari, non conosco alcuna motivazione la quale, in caso di attuazione della proposta in esame, sia in grado di evitare la così detta “guerra tra poveri”.

Mi riferisco a una motivazione che sia in grado di giustificare l’assegnazione di tutto quanto ho detto poc’anzi (cibo, bevande, vestiti, lavoro, dimora, medicinali) a delle persone in stato di bisogno provenienti dall’estero e non in primo luogo ai cittadini che si trovano in stato di bisogno.

 

2 – Chiusura delle frontiere

 

Altri propongono l’esatto contrario: la chiusura delle frontiere terrestri, marittime e aeree.

 

La pressione migratoria in atto, i costi organizzativi ed economici per attuare questa proposta e infine le necessità dell’economia e della demografia dei Paesi europei rendono poco praticabile questa strada sul lungo periodo.

 

3 – Accoglienza programmata

 

La via di mezzo tra queste due proposte è la più promettente: dare ingresso a un numero di persone corrispondenti alle necessità del sistema produttivo di ogni Paese europeo, oltre a una quota di persone con un permesso di soggiorno di un anno – non rinnovabile – durante il quale essi possono darsi da fare per avviare una nuova esistenza secondo le loro capacità e competenze.

 

 

Qualunque sia la vostra opinione, nessuna di queste prime tre proposte affronta la causa che abbiamo visto essere al fondamento del fenomeno migratorio dall’Africa in Europa.

 

4 – La federazione dei gruppi etnici africani

 

Per affrontare la causa in parola propongo una soluzione nuova: ridisegnare i confini interni del continente africano in modo che esso divenga una federazione dei gruppi etnici in esso presenti.

Propongo che la federazione abbia competenze esclusive in materia di politica estera, difesa, moneta e commercio con l’esterno del continente e che le rimanenti competenze siano esercitate dai singoli gruppi etnici nel loro territorio.

 

L’attuazione di questa proposta produrrebbe molteplici benefici.

Sparirebbe l’instabilità data dalla presenza di vari gruppi etnici all’interno del medesimo Stato o causata dal frazionamento di un gruppo etnico all’interno di più Stati, perché non ci sarebbero più gli attuali Stati africani, ma una federazione dei gruppi etnici dotata delle competenze che ho poc’anzi elencato.

I gruppi etnici nomadi eserciterebbero le loro competenze nel territorio nel quale essi si trovano durante il loro migrare.

Le dispute di confine tra gruppi etnici verrebbero mediate e composte dalla federazione.

Le pressioni sui governi dei Paesi africani perché aggiudichino le loro risorse a un acquirente piuttosto che a un altro scomparirebbero – e con esse scomparirebbe anche il neo colonialismo – perché la federazione dei gruppi etnici aggiudicherebbe le risorse tramite un’asta pubblica che ha luogo via internet in inglese.

I proventi dell’asta andrebbero per due terzi al gruppo etnico nel cui territorio le risorse si trovano, mentre il restante un terzo sarebbe assegnato alla federazione.

 

 

Il risultato complessivo sarebbe la liberazione del continente africano dalla causa delle sue piaghe e la possibilità per esso di camminare autonomamente assieme al resto del mondo.

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Fabio Colombo, Quanti sono gli immigrati in Italia e in Europa, 10 ottobre 2020, in:

https://www.lenius.it/quanti-sono-gli-immigrati-in-italia-e-in-europa/

 

Rotte di migranti nel Mediterraneo, in: https://it.wikipedia.org/wiki/Rotte_di_migranti_nel_Mediterraneo

 

Diaspora africana, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Diaspora_africana#Europa

 

Si veda anche Rotte africane dei migranti, in: https://it.wikipedia.org/wiki/Rotte_africane_dei_migranti

 

Si veda anche Le grandi migrazioni? Sono all’interno dell’Africa, in:

https://www.truenumbers.it/migrazioni-in-africa/

 

 

[2] Quanti anni hanno gli immigrati extracomunitari in Italia, in: https://www.truenumbers.it/immigrati-extracomunitari-eta/

 

 

[3] Istituto Superiore di Sanità, Dall’Oms Europa un rapporto sulla salute delle popolazioni rifugiate e migranti, 7 febbraio 2019, in:

https://www.epicentro.iss.it/migranti/salute-rifugiati-migranti-oms-2019

 

“Migranti e rifugiati godono di buona salute ma possono essere esposti a vari rischi durante il viaggio o il soggiorno nei Paesi di destinazione a causa delle condizioni di vita, dei cambiamenti nel loro stile di vita e nell’alimentazione, e dello stress.”

 

 

World Health Organization, Regional Office for Europe, Collection and integration of data on refugee and migrant health in the WHO European Region: policy brief (2021), 2021, in:

https://www.euro.who.int/en/health-topics/health-determinants/migration-and-health/publications/2021/collection-and-integration-of-data-on-refugee-and-migrant-health-in-the-who-european-region-policy-brief-2021

 

World Health Organization, Regional Office for Europe, Collection and integration of data on refugee and migrant health in the WHO European Region. Technical Guidance, 2020, in:

https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/337694/9789289055369-eng.pdf

 

World Health Organization, Regional Office for Europe, Migrant health data collection – leaving no one behind, 18 dicembre 2020, video, in:

https://www.youtube.com/watch?v=druQZUxoVwA

 

 

[4] Gli immigrati lavorano lo 0,8% in più degli italiani, in:

https://www.truenumbers.it/lavoro-stranieri/

 

“tra i grandi Paesi europei l’Italia è l’unico nel quale gli stranieri mostrano un tasso di occupazione superiore rispetto ai nativi”

 

 

[5] Angelo Ferrari, I veri motivi che spingono la gente a fuggire dall’Africa verso l’Europa, 15 maggio 2019, in:

https://www.agi.it/estero/migranti_sbarchi_poverta-5485413/news/2019-05-15/

“Non si scappa solo dalla povertà, ma dalle attese deluse. Aiutare a casa loro vuol dire costruire opportunità, non dare palliativi

Spesso non sono i più poveri, anzi. Di solito sono giovani che non riescono a soddisfare le aspirazioni che animano ogni giovane del mondo: studiare, trovare un lavoro, avere condizioni economiche e servizi adeguati alle esigenze normali di un essere umano.”

 

 

Roxanna Azimy, Migrazione Dall’Africa All’Europa: Fatti E Finzione, 12 gennaio 2020, in:

https://euro-babble.eu/it/2020/01/12/migracion-africana-a-europa-hechos-y-ficcion/

 

“Un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), Scaling Fences: Voices of Irregular African Migrants to Europe, getta luce sulle principali ragioni per cui i migranti lasciano l’Africa per l’Europa.

Il rapporto ha intervistato 1970 migranti provenienti da 39 paesi africani in 13 nazioni europee, che hanno tutti segnalato di essere arrivati in Europa con mezzi irregolari e non per motivi legati all’asilo o alla protezione.”

 

 

United Nations Development Programme, Scaling Fences, October 21st, 2019, in: https://www.undp.org/content/undp/en/home/librarypage/democratic-governance/ScalingFences.html

 

“The Scaling Fences: Voices of Irregular African Migrants to Europe report presents the results of an extensive study exploring the perspectives and experiences of 1970 individuals who migrated through irregular routes from Africa to Europe, originating from 39 African countries.

 

Its aim is to contribute to a better understanding of the relationship between migration and development. The Scaling Fences report is the second major review of contemporary development issues affecting Africa to be published by UNDP’s Regional Bureau for Africa.

 

Highlights

  • 58% of respondents were either earning (49%) or in school (9%) at the time of their departure. For a majority of those earning, income appears to have been competitive in the national context.
  • For 66% of respondents earning, or the prospect of earning, was not a factor that constrained the decision to migrate.
  • 62% of respondents felt they had been treated unfairly by their governments, with many pointing to ethnicity and political views as reasons for perception of unfair treatment.
  • 77% felt that their voice was unheard or that their country’s political system provided no opportunity through which to exert influence on government.
  • 41% of respondents said ‘nothing’ would have changed their decision to migrate to Europe Average earnings in Europe far outstrip average earnings in Africa, even in real terms.
  • 67% of those who did not want to stay permanently in Europe said their communities would be happy if they returned, compared to 41% of those who did want to live permanently in Europe.”

 

 

United Nations Development Programme, Regional Bureau for Africa, The Scaling Fences: Voices of Irregular African Migrants to Europe, 2019.

Full document download in .pdf format from:

https://www.undp.org/content/dam/rba/docs/Reports/UNDP-Scaling-Fences-EN-2019.pdf

 

 

[6] Franco Pesaresi, Gli stranieri delinquono di più?, 10 ottobre 2019, in:

https://welforum.it/il-tasso-di-criminalita-degli-stranieri/

 

Riccardo Saporiti, Immigrati e reati, la correlazione che c’è. E che non c’è, 8 novembre 2018, in:

https://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/11/08/immigrati-e-reati-la-correlazione-che-ce-e-che-non-ce/

 

Quanto delinquono gli stranieri: i dati delle denunce, in:

https://www.truenumbers.it/reati-degli-immigrati/

 

In Europa ci sono 2,1 milioni di persone espulse, in:

https://www.truenumbers.it/espulsioni-di-immigrati-clandestini/ 

 

 

[7] Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale – Regione Lazio, Salute degli immigrati e delle popolazioni vulnerabili, in:

https://www.deplazio.net/it/immigrati

 

 

[8] Redazione Voce di Strada, Capaccio, decoro urbano e integrazione: migranti volontari in città, 27 maggio 2020, in:

http://vocedistrada.it/articoli-2/attualita/capaccio-decoro-urbano-ed-integrazione-migranti-volontari-in-citta/

 

Redazione Gazzetta di Napoli, Manifesto della comunità di immigrati per il decoro urbano al Vasto, 31 maggio 2018, in:

https://www.gazzettadinapoli.it/notizie/manifesto-della-comunita-di-immigrati-per-il-decoro-urbano-al-vasto/

 

A.N.C.I. – Associazione Nazionale Comuni Italiani, Immigrazione – Progetto ‘Perugia In’, Cicchi: “Impegno collettivo per inclusione e decoro urbano, 16 maggio 2017, in:

http://www.anci.it/immigrazione-progetto-perugia-in-cicchi-impegno-collettivo-per-inclusione-e-decoro-urbano/

 

PRESSENZA – Agenzia Stampa Internazionale, Parma – Redazione Italia, Parma: i migranti protagonisti del decoro urbano, 28 febbraio 2017, in:

https://www.pressenza.com/it/2017/02/parma-migranti-protagonisti-del-decoro-urbano/

 

 

[9] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali della Repubblica italiana, Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, X rapporto annuale. Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia, luglio 2020, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/studi-e-statistiche/Documents/Decimo%20Rapporto%20Annuale%20-%20Gli%20stranieri%20nel%20mercato%20del%20lavoro%20in%20Italia%202020/X-Rapporto-Annuale-stranieri-nel-mercato-del-lavoro-in-Italia.pdf

 

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali della Repubblica italiana, Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, IX rapporto annuale. Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia. Sintesi delle principali evidenze e Prospettiva internazionale, 2019, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/studi-e-statistiche/Documents/Nono%20Rapporto%20Annuale%20-%20Gli%20stranieri%20nel%20mercato%20del%20lavoro%20in%20Italia%202019/Sintesi-IX-Rapporto-ita-e-ing.pdf

 

 

[10] Alfredo Agustoni, Alfredo Alietti, Migrazioni, politiche urbane e abitative: dalla dimensione europea alla dimensione locale Rapporto 2010, Milano, 2011, in:

http://www.integrazionemigranti.gov.it/archiviodocumenti/Documents/Politiche%20urbane%20e%20abitative.pdf

 

Umberto Melotti, Immigrazione e conflitti urbani in Europa Migration and urban conflicts in Europe, Quaderni di sociologia, 43/2007, pagg. 115-139, in:

https://journals.openedition.org/qds/957

 

 

[11] A.S.G.I. – Associazione sugli Studi Giuridici sull’Immigrazione, L’esternalizzazione delle frontiere e della gestione dei migranti: politiche migratorie dell’Unione Europea ed effetti giuridici, dicembre 2019, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2020/01/2020_1_Documento-Asgi-esternalizzazione.pdf

 

Ministero dell’Interno della Repubblica italiana, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Piano nazionale d’integrazione dei titolari di protezione internazionale, 26 settembre 2017, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/piano-nazionale-integrazione.pdf

 

Ministero dell’Interno della Repubblica italiana, Le iniziative di buona accoglienza e integrazione dei migranti in Italia. Modelli, strumenti e azioni, 31 maggio 2017, documento completo in formato .pdf, in:

http://www.prefettura.it/FILES/AllegatiPag/1142/Rapporto_annuale_Buone_Pratiche_di_Accoglienza_Italia_31_maggio_2017.pdf

 

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca della Repubblica italiana, Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, febbraio 2014, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.miur.gov.it/documents/20182/2223566/linee_guida_integrazione_alunni_stranieri.pdf/5e41fc48-3c68-2a17-ae75-1b5da6a55667?t=1564667201890

 

 

[12] Cooperazione internazionale per lo sviluppo. Documento triennale di programmazione e di indirizzo 2019-2021, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2020/09/documento_triennale_2019-2021_-_rev.pdf

 

Cooperazione internazionale per lo sviluppo. Documento triennale di programmazione e di indirizzo 2016-2018, documento completo in formato .pdf, in:

https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2017/03/doc_triennale_2016-2018_-_finale_approvato.pdf

 

 

[13] Massimo Iacopi, Come sono nate le frontiere africane, 2 giugno 2015, in:

http://www.storiain.net/storia/come-sono-nate-le-frontiere-africane/

 

La nozione di “frontiera” è di per sé stessa estranea all’Africa. Gli Stati che gli esploratori ed i colonizzatori europei hanno incontrato erano, in effetti, organismi politici elementari, formati attorno a un nucleo etnico più potente che manteneva sotto la sua autorità e forza i gruppi vicini. Per tale motivo la loro estensione territoriale variava in funzione dei rapporti di forza del momento. Capaci di estendersi molto rapidamente sotto la spinta di un profeta conquistatore o di un abile capo guerriero, essi molto spesso avevano una esistenza effimera. Tra l’altro, non esistevano nell’Africa tradizionale limiti fissati da trattati, stabiliti da cippi di frontiera e riportati sulle carte. La “frontiera” africana risulta, in questo caso, un elemento in eterno movimento.

Le suddivisioni territoriali avvenute in questo periodo sono, in primo luogo, il risultato di decisioni assunte dalle cancellerie europee che, solo raramente, hanno tenuto conto delle realtà locali e che altrettanto in poco conto hanno tenuto il parere di militari, amministratori o missionari impegnati sul campo. I governi interessati sono stati spesso guidati da esigenze di politica interna o di prestigio nazionale, dalla preoccupazione di non lasciare la via aperta a concorrenti giudicati troppo pericolosi o anche dalla necessità di attribuire a un concorrente “compensazioni” stimate legittime.

In certi casi si arriva persino allo scambio di territori o “diritti”, in funzione di interessi del momento.

In altre circostanze, è la preoccupazione di un accesso al mare che guida i delimitatori di frontiere

I trattati “indigeni”, conclusi con i capi o con i “capetti” locali da parte di esploratori intraprendenti, hanno anche loro determinato, a volte, i limiti delle future colonie.

Il dinamismo e lo spirito di iniziativa di qualche europeo bastavano spesso a garantire alla potenza che rappresentavano il controllo di immensi territori.

Le frontiere coloniali non avevano in tal modo nulla di definitivo: erano soggette a variazioni e revisioni, a concessioni reciproche fra le potenze interessate. I popoli non costituivano oggetto dell’interesse dei diplomatici, che decidevano della loro sorte, dividendosi sulle carte la “torta” africana.
Sono sempre state le potenze europee a fissare le regole del gioco, ognuna pensando a promuovere i propri interessi nazionali.

È in queste condizioni che nel novembre 1884 viene convocata la Conferenza di Berlino, al fine di regolare ufficialmente di «le condizioni più favorevoli per lo sviluppo del commercio e della civilizzazione in determinate regioni dell’Africa». L’atto finale del 26 febbraio 1885, che conclude i lavori della Conferenza, stabilisce un codice internazionale che sovraintende alla spartizione del continente nero. 

Era ritenuto lecito anche che uno Stato civilizzato, che occupasse un punto della costa, avesse diritto al suo interno.

Questi diversi episodi evidenziano chiaramente il carattere, arbitrario o dettato dalle circostanze, della spartizione territoriale avvenuta in Africa durante la formazione dei diversi imperi coloniali. Tali frontiere, nate per effetto del caso o dei rapporti di forze del momento, saranno poi moltiplicate da suddivisioni amministrative o militari altrettanto arbitrarie, che verranno poi ereditate dai giovani Stati africani nati dalla decolonizzazione.”

 

 

[14] Massimo Iacopi, Come sono nate le frontiere africane, 2 giugno 2015, in:

http://www.storiain.net/storia/come-sono-nate-le-frontiere-africane/

 

“Questa concezione di “nazione” – i cui limiti e le cui contraddizioni si sono viste nell’Europa centrale e balcanica all’indomani della Prima guerra mondiale – sta manifestando i suoi effetti ancora oggi in tutto il continente africano.”

 

 

[15] Massimo Iacopi, Come sono nate le frontiere africane, 2 giugno 2015, in:

http://www.storiain.net/storia/come-sono-nate-le-frontiere-africane/

 

“Partendo da una concezione territoriale di nazione ispirata ai modelli europei e, più in particolare, al modello giacobino francese, verranno così riunite in uno stesso contesto politico etnie o popoli differenti, spesso separati dalla loro lunga storia precoloniale.”

 

 

[16] Categoria:Gruppi etnici in Africa per stato, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Gruppi_etnici_in_Africa_per_stato

 

 

[17] Valentina Furlanetto, Perché i migranti scappano da casa loro, Il Sole 24 Ore, 8 settembre 2019, in:

https://www.ilsole24ore.com/art/perche-migranti-scappano-casa-loro-ACPcrai

 

“Se ci facessimo queste domande scopriremmo che dai paesi in cui convivono pacificamente gruppi etnici e religiosi diversi (come in Sierra Leone) dove c’è un’economia vivace e governi stabili e poco corrotti (come in Bostwana) e nessuna crisi idrica o ambientale (come in Rwanda) nessuno vuole andarsene.”

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito https://giorgiocannella.com/

 

Israele e Palestina: regolamento di confini

Molti contributi hanno finora trattato le cause e gli eventi della contrapposizione tra Israele e Palestina.

Pochi sono quelli che hanno offerto delle soluzioni.

In questo articolo descrivo sommariamente una possibile soluzione vantaggiosa sia per le parti in causa, sia per coloro che sono a esse vicine.

 

Un esempio è utile per comprendere quali sono i ruoli che le parti possono assumere.

Immaginate che io sia uno dei difensori della vostra squadra di calcio preferita.

Questo articolo passa la palla ai centrocampisti perché elaborino l’azione di gioco e a loro volta passino la palla agli attaccanti.

L’obiettivo è fare goal.

I centrocampisti sono gli staff di tutte le parti, gli attanti sono i rappresentanti delle parti in causa.

L’obiettivo è firmare e ratificare un trattato con il regolamento di confini tra Israele e Palestina.

 

Nel gennaio del 2020 gli Stati Uniti d’America hanno presentato il piano “Peace to prosperity”.

Il governo israeliano lo ha accolto, il governo palestinese no.[1]

Il piano in parola ha il pregio di rendere visibile a tutti qual è l’ultimo ostacolo che impedisce il conseguimento dell’obiettivo: il regolamento di confini tra Israele e Palestina.

 

Per fare questo, è necessaria l’azione di regolamento di confini.

Questa azione è presente sia nel diritto civile[2], sia nel diritto internazionale pubblico.[3]

Sono certo che, in tanti anni di contrapposizione, non sarà mancata l’opera di chi ha raccolto le prove utili a dimostrare dove passa il confine tra Israele e Palestina.

 

Quando parlo di prove, mi riferisco agli strumenti processuali per mezzo dei quali il giudice forma il suo convincimento circa la verità o meno dei fatti affermati dall’una o dall’altra parte.

Per questa ragione, è escluso dalla nozione di prova tutto quello che non è dimostrabile in giudizio come, ad esempio, la bontà, la generosità, l’altruismo, la fede e i loro contrari.

 

Le prove esplicano la loro efficacia probatoria all’interno di un procedimento per la risoluzione pacifica delle controversie.

 

Per le controversie internazionali, l’articolo 33 della Carta istitutiva dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (da qui in poi O.N.U.) contiene un elenco non esaustivo dei procedimenti di risoluzione pacifica di esse.[4]

I negoziati, le inchieste, i tentativi di mediazione e di conciliazione sono in questo elenco e nel tempo hanno condotto le parti all’ultimo ostacolo da superare: il regolamento dei loro confini.

 

Tra i mezzi elencati dall’articolo 33 in esame c’è l’arbitrato.

L’arbitrato, al pari del regolamento giudiziale, si conclude con una soluzione vincolante.

Tuttavia, come abbiamo accennato all’inizio, la durata pluridecennale della controversia tra Israele e Palestina ha spinto molti Stati a simpatizzare per l’una o per l’altra parte.

In altre parole, sarebbe difficile trovare un soggetto terzo che entrambi possano scegliere per condurre la procedura ed emettere il lodo arbitrale.

 

È giunto quindi il momento di adire un regolamento giudiziale.

Esso dovrà svolgersi in un tribunale internazionale, precostituito, permanente, che segua una procedura istituzionalizzata.

 

L’odierna assenza di un Tribunale internazionale per il Medio Oriente con questi requisiti fa sì che, per l’azione di regolamento di confini tra Israele e Palestina, sia necessario adire la Corte internazionale di giustizia.[5]

Nel diritto internazionale pubblico, infatti, l’organismo giudiziario facente parte di un’organizzazione internazionale ha una giurisdizione definita in relazione alle funzioni che il trattato istitutivo dell’organizzazione internazionale assegna a quest’ultima.

Poiché la Carta istitutiva dell’O.N.U. configura quest’ultima come un’organizzazione politica di livello mondiale, la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia avrà un’estensione mondiale.

 

La tesi secondo la quale la Corte in parola sarebbe deputata a conoscere solo le controversie giuridiche e non le controversie politiche non è idonea a negare la sua giurisdizione.

Per comprenderne il motivo, seguiamo questo ragionamento.

I soggetti muniti della personalità di diritto internazionale pubblico sono unicamente gli Stati e le organizzazioni internazionali alle quali gli Stati membri hanno attribuito la personalità giuridica in parola.[6]

I soggetti del diritto internazionale pubblico esprimono la loro volontà tramite atti adottati dai loro organi rappresentativi.

Questi ultimi sono composti da individui che agiscono in base ai loro convincimenti in politica estera.

Per questo, nella realtà, ogni controversia internazionale possiede congiuntamente caratteri giuridici e politici.

Ecco perché la distinzione tra controversia giuridica e controversia politica è priva di significato pratico.

In conclusione, nel diritto internazionale pubblico tutte le controversie richiedono l’applicazione delle norme del diritto in parola e sono sottoponibili alla giurisdizione delle Corti e dei Tribunali che giudicano in base ad esso.

 

Un proverbio italiano dice che il diavolo è nei dettagli.

Per questo motivo, sono necessarie alcune precisazioni.

 

Sulla ottemperanza alla sentenza

La sentenza della Corte internazionale di giustizia è definitiva, inappellabile e vincolante per le parti della controversia.

Lo Statuto della Corte prevede i casi di disputa sul significato o sulla portata della sentenza, nonché il caso di revisione della stessa.[7]

Poiché accade che una o più parti in causa giustifichino la mancata ottemperanza alla sentenza con la presunta invalidità della stessa e questo dà luogo a una nuova controversia presso la medesima Corte, è necessario che il contenuto della sentenza sia trasfuso in un trattato di diritto internazionale pubblico.

In questo modo, il regolamento di confini disposto dalla Corte porterà alla definitiva e inconfutabile esistenza di due Stati sovrani.

 

Sull’intervento di uno Stato terzo in giudizio

Lo Statuto della Corte internazionale di giustizia disciplina il possibile intervento di uno Stato terzo nel giudizio.

È bene sottolineare che l’ammissibilità di questo intervento è collegata alla rigorosa dimostrazione, da parte dello Stato terzo, dell’interesse di natura legale che ha e che può essere leso dalla decisione della controversia.[8]

 

Sulla sorte delle persone detenute

La contrapposizione pluridecennale tra Israele e Palestina ha condotto alla detenzione di persone.

È comprensibile che sentimenti di umana vicinanza portino una o entrambe le parti a voler regolare anche questo aspetto oltre ai loro confini.

Non conosco una tensione armata tra due popoli protrattasi per quasi ottant’anni che non abbia provocato vittime.

Non ha senso, quindi, porre fine alla contrapposizione tra Israele e Palestina continuando a detenere le persone di entrambi i popoli che si sono adoperate per l’una o per l’altra parte.

Per questi motivi, il regolamento dei confini deve accompagnarsi alla concomitante e vicendevole restituzione di tutte le persone che si sono adoperate per l’una o per l’altra parte.

 

Auguro a Israele e alla Palestina un futuro in cui questo articolo verrà letto solo per ricordare il loro passato.

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Il contributo di Inside Over: https://it.insideover.com/schede/politica/che-cose-il-piano-di-pace-di-trump-e-che-cosa-prevede.html

 

Il contributo di Le Monde diplomatique: https://www.monde-diplomatique.fr/2020/03/GRESH/61539

 

[2] Codice civile della Repubblica italiana, Regio Decreto 16 marzo 1942, numero 262.

Art. 950. (Azione di regolamento di confini).

Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente.

Ogni mezzo di prova è ammesso.

In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali.

 

[3] Statuto della Corte internazionale di giustizia,

Capitolo II Competenza della Corte,

Articolo 36,

testo autentico in lingua inglese in:

https://www.icj-cij.org/en/statute#CHAPTER_II

Article 36

  1. The jurisdiction of the Court comprises all cases which the parties refer to it and all matters specially provided for in the Charter of the United Nations or in treaties and conventions in force.
  2. The states parties to the present Statute may at any time declare that they recognize as compulsory ipso facto and without special agreement, in relation to any other state accepting the same obligation, the jurisdiction of the Court in all legal disputes concerning:
  3. the interpretation of a treaty;
  4. any question of international law;

 

  1. the existence of any fact which, if established, would constitute a breach of an international obligation;

 

  1. the nature or extent of the reparation to be made for the breach of an international obligation.
  2. The declarations referred to above may be made unconditionally or on condition of reciprocity on the part of several or certain states, or for a certain time.
  3. Such declarations shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations, who shall transmit copies thereof to the parties to the Statute and to the Registrar of the Court.
  4. Declarations made under Article 36 of the Statute of the Permanent Court of International Justice and which are still in force shall be deemed, as between the parties to the present Statute, to be acceptances of the compulsory jurisdiction of the International Court of Justice for the period which they still have to run and in accordance with their terms.
  5. In the event of a dispute as to whether the Court has jurisdiction, the matter shall be settled by the decision of the Court.

 

(il sottolineato è mio)

 

[4] Carta istitutiva dell’Organizzazione delle Nazioni Unite,

capitolo VI Soluzione pacifica delle controversie,

articolo 33,

testo autentico in lingua inglese in:

https://www.un.org/en/sections/un-charter/chapter-vi/index.html

Article 33

  1. The parties to any dispute, the continuance of which is likely to endanger the maintenance of international peace and security, shall, first of all, seek a solution by negotiation, enquiry, mediation, conciliation, arbitration, judicial settlement, resort to regional agencies or arrangements, or other peaceful means of their own choice.
  2. The Security Council shall, when it deems necessary, call upon the parties to settle their dispute by such means.

 

[5] Corte Internazionale di Giustizia sito internet ufficiale: https://www.icj-cij.org/en

 

[6] Sulla questione se l’individuo e i gruppi di cui esso faccia parte possano essere considerati titolari della soggettività di diritto internazionale pubblico rinvio al mio contributo “Individui e soggettività di diritto internazionale pubblico: facciamo chiarezza”.

L’articolo è pubblicato sulla rivista on-line Vaglio Magazine n. 2 del 27 novembre 2019:

https://www.vagliomagazine.it/individui-e-soggettivita-di-diritto-internazionale-pubblico-facciamo-chiarezza/

e sul mio sito internet:

https://giorgiocannella.com/index.php/2019/12/05/soggettivita-di-diritto-internazionale-pubblico/

 

[7] Statuto della Corte internazionale di giustizia,

Capitolo III Procedura,

Articoli 59, 60 e 61,

testo autentico in lingua inglese in:

https://www.icj-cij.org/en/statute#CHAPTER_III

Article 59

The decision of the Court has no binding force except between the parties and in respect of that particular case.

Article 60

The judgment is final and without appeal. In the event of dispute as to the meaning or scope of the judgment, the Court shall construe it upon the request of any party.

Article 61

  1. An application for revision of a judgment may be made only when it is based upon the discovery of some fact of such a nature as to be a decisive factor, which fact was, when the judgment was given, unknown to the Court and also to the party claiming revision, always provided that such ignorance was not due to negligence.
  2. The proceedings for revision shall be opened by a judgment of the Court expressly recording the existence of the new fact, recognizing that it has such a character as to lay the case open to revision, and declaring the application admissible on this ground.
  3. The Court may require previous compliance with the terms of the judgment before it admits proceedings in revision.
  4. The application for revision must be made at latest within six months of the discovery of the new fact.
  5. No application for revision may be made after the lapse of ten years from the date of the judgment.

 

[8] Statuto della Corte internazionale di giustizia,

Capitolo III Procedura,

Articolo 62,

testo autentico in lingua inglese in:

https://www.icj-cij.org/en/statute#CHAPTER_III

Article 62

  1. Should a state consider that it has an interest of a legal nature which may be affected by the decision in the case, it may submit a request to the Court to be permitted to intervene.

2 It shall be for the Court to decide upon this request.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

Individui e soggettività di diritto internazionale pubblico: facciamo chiarezza.

[1]  Il fatto che la Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce diritti e obblighi in capo a individui, popoli e organizzazioni della società civile (organizzazioni non governative, associazioni, sindacati, etc.) può forse comportare che essi abbiano la soggettività di diritto internazionale pubblico?

 

Questa affermazione riguarda il tema se l’individuo e i gruppi di cui esso faccia parte possano essere considerati titolari della soggettività di diritto internazionale pubblico.

Assieme alla dottrina quasi unanime, anche io rispondo no.

Ecco qui appresso i motivi.

 

In estrema sintesi, la soggettività di diritto internazionale pubblico discende dal possesso di quattro requisiti:

  • un territorio,
  • un popolo,
  • la sovranità,
  • il riconoscimento.

Gli individui – da soli o nelle associazioni alle quali partecipano – non possono avere la soggettività di diritto internazionale pubblico perché, proprio in quanto individui, non hanno i primi tre requisiti ora esposti, e dunque non possono ottenere il quarto requisito: il riconoscimento.

 

A oggi, gli individui, da soli o nelle associazioni alle quali partecipano:

  • sono oggetto di tutela da parte di alcune norme di diritto internazionale pubblico (i diritti umani individuali e quelli collettivi);
  • sono legittimati da alcuni atti di diritto internazionale pubblico ad avere la legittimazione processuale attiva e passiva in alcuni Tribunali internazionali;
  • hanno uno spazio a essi dedicato in alcuni consessi internazionali per poter esercitare il diritto alla libera manifestazione del pensiero, quasi sempre a nome di un gruppo di individui.

 

Riguardo quest’ultimo punto, si pensi al famoso intervento tenuto da Greta Thunberg alla Conferenza internazionale sul clima svoltasi a Katowice in Polonia nel dicembre del 2018.

 

Il fatto che la signorina Thunberg abbia avuto la possibilità di esercitare il diritto alla libera manifestazione del pensiero in un consesso internazionale non le attribuisce la soggettività di diritto internazionale pubblico come sopra specificata.

Questo perché il territorio, il popolo e la sovranità su Katowice appartengono alla Repubblica polacca e non a Greta Thunberg.

 

Faccio un ultimo esempio in materia di diritti umani.

 

Io e la Repubblica italiana abbiamo entrambi la facoltà di presentare un ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo (articoli 46 e 47 dello Statuto della Corte citata).

Questo però non significa che io abbia la soggettività di diritto internazionale pubblico.

Infatti, a differenza della Repubblica italiana, io non ho un territorio, un popolo e una sovranità.

 

In conclusione, nel diritto internazionale pubblico, l’essere titolari di diritti e obblighi non coincide necessariamente con il possesso della soggettività di diritto internazionale pubblico.

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista on-line Vaglio Magazine n. 2 del 27 novembre 2019. L’articolo è visionabile al seguente collegamento:

https://www.vagliomagazine.it/individui-e-soggettivita-di-diritto-internazionale-pubblico-facciamo-chiarezza/

L’articolo in formato .pdf è disponibile a questo indirizzo internet:    

https://vagliomagazine.it/pdf/vagliomagazine_02_cannella.pdf

 

Le note sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com 

LE ARMI NUCLEARI: UN DANNO E UN RISCHIO

Internet riporta la notizia che diverse Nazioni hanno dichiarato di voler rinnovare e potenziare il loro arsenale nucleare[1].

Penso che le armi nucleari siano tatticamente inutili per i seguenti motivi.

Non possono essere usate contro un Paese che non possiede armi nucleari, perché la Nazione che le usasse sarebbe accusata di vigliaccheria e distruggerebbe la propria reputazione internazionale.

Non possono essere usate per conquistare un territorio o una risorsa specifica[2], perché renderebbero il territorio o la risorsa inutilizzabile per moti anni a causa del livello di radioattività causato dall’esplosione nucleare.

Non possono essere usate contro un Paese che possiede armi nucleari, perché la rappresaglia atomica che seguirebbe ucciderebbe un numero incalcolabile di individui, renderebbe vaste zone del pianeta Terra inabitabili per molti anni a causa della radioattività provocata dalle esplosioni nucleari e deprimerebbe l’economia mondiale trasformandola in un’economia di pura sussistenza per i sopravvissuti all’olocausto nucleare.

 

Non va dimenticato, inoltre, che le armi atomiche richiedono enormi investimenti economici non solo per la loro progettazione e costruzione, ma anche per la loro continua manutenzione e custodia.

 

Le armi atomiche, infine, costituiscono un pericolo per la sicurezza nazionale.

Infatti, se per la Nazione che le detiene esse sono tatticamente inutili ed economicamente dispendiosissime, vi è senza dubbio una categoria di soggetti per la quale le armi atomiche sono oltremodo utili: i terroristi.

Questi ultimi sono attirati dalle armi atomiche come le api sono attirate dal miele.

I terroristi non devono affrontare la spesa per la progettazione e la costruzione delle armi atomiche, perché desiderano impadronirsi di armi già fabbricate e funzionanti.

I terroristi non affrontano nemmeno la spesa per la manutenzione e la custodia delle armi atomiche, perché vogliono usarle entro un breve lasso di tempo da quando se ne sono impadroniti.

I terroristi, infine, non temono ritorsioni, perché quasi sempre desiderano porre fine alla loro vita con l’attentato che compiono.

 

Propongo dunque la seguente soluzione.

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica[3] adotta una risoluzione contenente sia l’elenco con il costo di fabbricazione di ogni arma nucleare, sia il suo impegno a pagare i tre quarti di questo costo per ogni cessione alla stessa Agenzia di una o più armi nucleari.

Ogni Nazione che detiene armi nucleari stipula un accordo con l’Agenzia in parola nel quale viene definito un calendario per la consegna di tutte le armi nucleari in suo possesso perché vengano smantellate.

 

Ipotizziamo gli scenari peggiori che sono già stati oggetto di numerosi film: le armi nucleari che esplodono su delle grandi città[4], o che distruggono intere Nazioni[5], o il pianeta Terra quasi del tutto inabitabile per la radioattività causata dalle esplosioni nucleari[6].

Non desidereremmo tutti quanti tornare indietro nel tempo per attuare la soluzione che ho descritto poc’anzi?

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Paolo Valentino, “Armi nucleari di nuova generazione. L’atomica che verrà”, Il Corriere della Sera, 13 giugno 2017, in:

https://www.corriere.it/esteri/17_giugno_14/03-esteri-documentoccorriere-web-sezioni-2e7fcbcc-506c-11e7-a437-ba458a65274a.shtml?refresh_ce-cp

Stati Uniti d’America, Nuclear Posture Review February 2018, in:

https://www.defense.gov/News/SpecialReports/2018NuclearPostureReview.aspx

Nuclear Posture Review February 2018, rapporto finale in formato .pdf in:

https://media.defense.gov/2018/Feb/02/2001872886/-1/-1/1/2018-NUCLEAR-POSTURE-REVIEW-FINAL-REPORT.PDF

Franco Iacch, “Russia, dopo 13 anni di test entra in servizio il missile balistico Bulava”, Il Giornale, 29 giugno 2018, in:

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/russia-13-anni-test-missile-balistico-bulava-entra-servizio-1546700.html

[2] miniere, zone industriali, zone commerciali, centri di ricerca, snodi di vie di comunicazione, etc.

[3] International Atomic Energy Agency (I.A.E.A.) https://www.iaea.org/

“L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (detta anche AIEA o in inglese International Atomic Energy Agency – IAEA) è un’agenzia autonoma fondata il 29 luglio 1957, con lo scopo di promuovere l’utilizzo pacifico dell’energia nucleare e di impedirne l’utilizzo per scopi militari. Per il suo impegno l’agenzia ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 2005, insieme al suo direttore Mohamed ElBaradei.”

Cito da: https://it.wikipedia.org/wiki/Agenzia_internazionale_per_l%27energia_atomica

[4] A prova di errore (Fail-Safe), 1964, diretto da Sidney Lumet.

https://it.wikipedia.org/wiki/A_prova_di_errore_(film_1964)

[5] Il giorno dopo (The Day After), 1983, diretto da Nicholas Meyer.

https://it.wikipedia.org/wiki/The_Day_After_-_Il_giorno_dopo

[6] L’ultima spiaggia (On the Beach), 1959, diretto da Stanley Kramer.

https://it.wikipedia.org/wiki/L%27ultima_spiaggia_(film_1959)

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

BUONI UFFICI PER LE AUTORITÀ CINESI E IL FALUN GONG

Pochi giorni fa[1], ho visto un gruppo di persone che praticavano il Falun Gong per la strada.

Alcuni di loro distribuivano un pieghevole con alcune informazioni su questa pratica[2].

Vi era anche un cartello che auspicava la fine dei problemi giudiziari e sociali che coloro che praticano il Falun Gong hanno in Cina.

 

Con questo articolo intendo fare un regalo a decine di milioni di persone: la mia proposta per risolvere le incomprensioni esistenti tra le Autorità cinesi e i praticati del Falun Gong.

L’unico scopo di questo articolo è contribuire alla pace sociale; non vi sono altri fini al di fuori di questo.

 

Nel diritto internazionale pubblico, questo tipo di intervento viene definito “buoni uffici”[3].

Essi consistono nell’intervento di un terzo – ad esempio: uno Stato, un individuo, un’organizzazione internazionale – per ottenere l’avvio o la ripresa dei negoziati tra le parti.

I buoni uffici non sono sottoposti ad alcuna formalità, all’infuori dell’accettazione delle parti.

 

Il pieghevole del quale ho parlato all’inizio di questo articolo afferma che, fino al 1999, la pratica del Falun Gong sarebbe stata sostenuta dal Governo cinese, ma, nel luglio di quell’anno, alcuni alti esponenti del Partito comunista cinese avrebbero iniziato a osteggiarla.

La motivazione sarebbe dovuta al fatto che il Falun Gong avrebbe raggiunto i cento milioni di praticanti in Cina e questo numero così elevato verrebbe visto come un possibile problema di ordine pubblico.

In altre parole, le tensioni esistenti non sarebbero dovute ai contenuti della pratica del Falun Gong, ma alla necessità di gestire i fenomeni di massa in un paese come la Cina che ha superato il miliardo e duecento milioni di abitanti.

 

Ritengo che il problema che ho descritto si possa risolvere nel modo seguente[4].

I praticanti del Falun Gong potrebbero continuare a praticare la loro disciplina all’interno della “Sezione sport” istituita nei Municipi di ogni Comune dove essi si radunano, ad esempio: Comune di Pechino, Municipio 3, Sezione sport; Comune di Shanghai, Municipio 5, Sezione sport, et cetera.

L’attuazione pratica di questa soluzione consisterebbe in una iscrizione gratuita nell’elenco della “Sezione sport”, a richiesta della persona interessata, in qualità di “praticante il Falun Gong”.

Per l’iscrizione sarebbe necessario fornire solo le generalità: nome, cognome, luogo e data di nascita.

La cancellazione dall’elenco avverrebbe con le stesse modalità.

Le autorità cinesi potrebbero partecipare – senza impedimenti, ma con discrezione – alle sessioni di Falun Gong per verificare con i loro occhi che gli esercizi di questa pratica non rappresentano un pericolo per la pacifica convivenza sociale.

I praticanti del Falun Gong, dal canto loro, non verrebbero costretti a prendere la tessera del Partito comunista cinese.

I vantaggi di questa proposta sono evidenti.

Le autorità cinesi otterrebbero la serenità di sapere che un fenomeno di massa come il Falun Gong si svolge all’interno delle strutture amministrative comunali e non rappresenta un pericolo per l’ordine pubblico, mentre i praticanti del Falun Gong potrebbero effettuare i loro esercizi senza timori e senza l’obbligo di prendere la tessera di un partito politico.

Questa ritrovata concordia porterebbe alla messa in libertà di tutti i praticanti del Falun Gong affinché possano nuovamente contribuire al progresso materiale e spirituale della Cina.

 

Auguro alla Cina e al popolo cinese un futuro ricco di ogni bene.

Vi ringrazio per il vostro tempo.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Venerdì 14 ottobre 2016.

[2] Il pieghevole afferma che Falun Gong è un modo con cui viene chiamata la pratica del Falun Dafa.

[3] Si vedano, ad esempio:

[4] Non voglio appropriarmi delle buone idee degli altri e, pertanto, dichiaro che l’intuizione, dalla quale in seguito ho sviluppato questa mia proposta, mi è stata offerta dal mio istruttore di tai chi chuan.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo contributo sul sito www.giorgiocannella.com .

L’UNIONE EUROPEA E LA TESI DELLA “DELEGA DI SOVRANITÀ”

Più volte ho ascoltato la tesi secondo la quale l’Unione Europea beneficerebbe di una “delega di sovranità” da parte dei suoi Stati membri.

Questa affermazione non può essere condivisa !

 

I SOGGETTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO

I soggetti di diritto internazionale pubblico sono di due tipi: gli Stati e le organizzazioni internazionali alle quali le parti contraenti – munite della personalità giuridica di diritto internazionale pubblico – hanno attribuito quest’ultima all’organizzazione che hanno costituito[1].

Per l’esistenza di uno Stato sono necessari i seguenti requisiti: un territorio, un popolo, la sovranità territoriale.

Solo dopo il possesso di tutti e tre i citati requisiti sarà possibile il riconoscimento del nuovo Stato da parte di altri Stati già riconosciuti[2].

 

LA DIFFERENZA TRA GLI STATI E LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Va sottolineato che le organizzazioni internazionali hanno sì la personalità giuridica di diritto internazionale pubblico – al pari degli Stati – ma, a differenza di questi ultimi, hanno una capacità di agire più limitata[3].

Infatti, poiché non possiedono un territorio e un popolo, non possono avere neanche la sovranità territoriale e, dunque, non sono destinatarie di tutte le norme relative all’esercizio di quest’ultima.

In sintesi, le organizzazioni internazionali possono:

  • concludere trattati internazionali,
  • godere del diritto di legazione attivo e passivo,
  • avere l’immunità dalla giurisdizione dello Stato territoriale ospitante,
  • chiedere la riparazione agli Stati per i danni causati al patrimonio e/o al personale dell’organizzazione,

inoltre, i loro funzionari possono beneficiare delle immunità diplomatiche.

 

LA SOVRANITÀ TERRITORIALE

La sovranità territoriale è “il diritto di esercitare in maniera esclusiva il potere di governo sulla propria comunità territoriale, cioè sugli individui e sui beni ad essi appartenenti che si trovano sul suo territorio.[4] [5] [6].

La sovranità territoriale, quindi, non è un concetto frazionabile.

Uno Stato, per essere tale, deve avere la sovranità territoriale: tutta la sovranità territoriale, non una parte della sovranità territoriale !

Se uno Stato fosse parzialmente sovrano sul proprio territorio, questo significherebbe che la rimanente parte di sovranità territoriale sarebbe esercitata da uno o più soggetti ulteriori e diversi dallo Stato.

In altre parole, lo Stato non sarebbe pienamente sovrano sul suo territorio e dunque non potrebbe essere riconosciuto come Stato per la mancanza di uno dei requisiti a tal fine necessari: per l’appunto, la sovranità territoriale.

 

L’IPOTESI DELLA DELEGA DI SOVRANITÀ TERRITORIALE

Proprio perché la sovranità territoriale non è un concetto frazionabile, la delega della stessa a un altro soggetto comporta l’estinzione dello Stato delegante a beneficio, o dello Stato delegato, o dell’organizzazione internazionale delegata la quale, per tale via, acquisirebbe un territorio, un popolo e la sovranità territoriale e potrebbe quindi essere riconosciuta come Stato.

Anche nell’eventualità da ultimo descritta[7], tuttavia, la delega di sovranità territoriale non potrebbe essere parziale, ma solo totale.

Ribadisco ancora una volta che uno Stato, per essere tale, deve possedere integralmente la sovranità sul suo territorio.

 

LE DELEGHE DELLE QUALI AD OGGI BENEFICIA L’UNIONE EUROPEA

L’Unione Europea potrebbe beneficiare di una delega di sovranità territoriale solo e soltanto se gli organi competenti dello Stato delegante, o degli Stati deleganti, deliberassero la delega della loro sovranità territoriale – tutta intera – a beneficio dell’Unione Europea e la conseguente estinzione dello Stato o degli Stati in esame.

Un esempio in tal senso si è avuto il 23 agosto 1990 quando la Volkskammer[8] ha deliberato l’incorporazione della Repubblica Democratica Tedesca[9] nella Repubblica Federale Tedesca[10] a decorrere dal successivo 03 ottobre 1990 e l’estinzione della Repubblica Democratica Tedesca come soggetto di diritto internazionale pubblico.

Alla data in cui scrivo questo contributo[11], non mi risulta che gli organi competenti di uno o più degli Stati membri dell’Unione Europea abbiano effettuato questa deliberazione a favore dell’Unione Europea.

Di conseguenza, alla stessa data, l’Unione Europea non possiede alcuna “delega di sovranità” da parte dei suoi Stati membri, ma beneficia di alcune deleghe di esercizio di determinate competenze le quali sono e rimangono prerogative degli Stati sovrani suoi membri.

 

L’UNIONE EUROPEA NON È UNO STATO

Da quanto ho esposto fin ora deriva che, alla data in cui scrivo questo contributo[12], l’Unione Europea non è uno Stato.

Essa, infatti, non ha un territorio, un popolo e una sovranità territoriale propri, perché essi appartengono agli Stati sovrani suoi membri i quali, lo ripeto, non mi risulta che abbiano deliberato la loro estinzione come soggetti di diritto internazionale pubblico, al pari di quanto fece la ex Germania Est nel 1990.

 

LA SOGGEZIONE DELL’UNIONE EUROPEA AL DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO

Il fatto che l’Unione Europea benefici di alcune deleghe di esercizio di competenze che sono e rimangono prerogative degli Stati sovrani suoi membri fa sì che essa sia soggetta al diritto internazionale pubblico.

Se l’esercizio di una determinata competenza statale è soggetto al rispetto delle regole del diritto internazionale pubblico quando la competenza in esame viene esercitata in prima persona dallo Stato sovrano che ne è titolare, non si vede perché l’esercizio della stessa competenza dovrebbe essere svincolato dal rispetto delle regole del diritto internazionale pubblico quando l’esercizio della competenza è delegato all’Unione Europea da parte dello Stato sovrano che ne rimane titolare.

Se l’Unione Europea potesse esercitare delle competenze statali al di fuori del rispetto delle regole del diritto internazionale pubblico, questo diverrebbe uno stratagemma per violare il diritto in parola e, dunque, per mettere a rischio la pacifica convivenza internazionale.

In altre parole, l’Unione Europea – o un suo Stato membro attraverso di essa – potrebbe esercitare una competenza statale violando impunemente il diritto internazionale pubblico.

In questa evenienza, l’applicazione del diritto internazionale pubblico sarebbe assai problematica.

Infatti, a fronte dell’eccezione dello Stato delegante che potrebbe affermare che la competenza statale è stata esercitata dall’Unione Europea, farebbe eco l’obiezione di quest’ultima di non essere soggetta al diritto internazionale pubblico e, dunque, non punibile in base ad esso.

Nell’esercizio di competenze delle quali gli Stati deleganti sono e rimangono titolari, l’Unione Europea non può essere esentata dal rispetto del diritto internazionale pubblico, perché essa non può essere un soggetto legibus solutus – sciolto dalle leggi.

La tutela della pacifica convivenza internazionale, infatti, non può ammettere l’esistenza di un soggetto il quale, nell’esercizio di alcune competenze statali, sia abilitato a violare il diritto internazionale pubblico.

Alla medesima conclusione della soggezione dell’Unione Europea al diritto internazionale pubblico si deve giungere anche nell’ipotesi in cui uno o più Stati decidessero di delegare la loro sovranità territoriale – tutta intera – a beneficio dell’Unione Europea e di estinguersi come soggetti di diritto internazionale pubblico.

Anche in questo caso, l’Unione Europea, divenuta titolare in prima persona di competenze statali, dovrebbe esercitare le stesse nel rispetto del diritto internazionale pubblico al fine di garantire la pacifica convivenza internazionale.

 

Definire con precisione l’attuale capacità di agire dell’Unione Europea è indispensabile per comprendere il ruolo degli Stati membri al suo interno e, di conseguenza, per programmare qualsiasi intervento di riforma della stessa Unione Europea.

 

Vi ringrazio per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Per la personalità di diritto internazionale pubblico delle organizzazioni internazionali si vedano:

  • Corte Internazionale di Giustizia, parere consultivo dell’11 aprile 1949, Reparation for Injuries Suffered in the Service of the United Nations, così detto “caso Bernadotte”, in:

http://www.icj-cij.org/docket/index.php?p1=3&p2=4&k=41&case=4&code=isun&p3=4 dove si legge che la Carta istitutiva dell’O.N.U. “non si è limitata a fare dell’ONU semplicemente un centro dove si indirizzano gli sforzi delle Nazioni per un fine comune che essa ha definito. La Carta infatti ha dato all’organizzazione degli organi ai quali ha assegnato dei fini propri. Ha definito la posizione degli Stati membri nei confronti dell’organizzazione stessa, vincolandoli a dare piena assistenza a tutte le azioni intraprese dall’organizzazione (…), concedendo alla stessa una capacità giuridica, privilegi e immunità sul territorio di ciascuno degli Stati membri, prevedendo la facoltà per l’organizzazione di concludere accordi con gli Stati stessi”. Cito il testo in italiano da: Diritto Internazionale Pubblico, VI edizione, 2004, pagina 66;

  • Corte Internazionale di Giustizia, parere consultivo del 20 dicembre 1980, Interpretation of the Agreement of 25 March 1951 between the WHO and Egypt, in:

http://www.icj-cij.org/docket/index.php?p1=3&p2=4&k=6c&case=65&code=whomes&p3=4 .

[2] Ritengo ammissibile il riconoscimento in parola anche da parte delle organizzazioni internazionali che siano munite della personalità giuridica di diritto internazionale pubblico e il cui statuto preveda la possibilità di effettuare questo tipo di riconoscimento.

[3] Per l’affermazione secondo la quale la personalità di diritto internazionale pubblico delle organizzazioni internazionali è più limitata rispetto a   quella di cui godono gli Stati, si veda:

  • Corte Internazionale di Giustizia, parere consultivo dell’11 aprile 1949, Reparation for Injuries Suffered in the Service of the United Nations, così detto caso Bernadotte, citato nella nota 1, la quale afferma che:

in un sistema giuridico i soggetti non sono necessariamente identici quanto alla loro natura e all’estensione dei loro diritti”. Cito il testo in italiano da Diritto Internazionale Pubblico, VI edizione, 2004, pagina 67;

  • Corte Internazionale di Giustizia, parere consultivo dell’08 luglio 1996, Legality of the Threat or Use of Nuclear Weapons, in:

http://www.icj-cij.org/docket/index.php?p1=3&p2=4&k=e1&case=95&code=unan&p3=4 dove si legge:

le organizzazioni internazionali sono dei soggetti di diritto internazionale che non godono di competenze generali alla maniera degli Stati. Le organizzazioni internazionali sono rette dal “principio di specialità”, sono cioè state dotate dagli Stati che le creano di competenze di attribuzione i cui limiti dipendono dagli interessi comuni la cui promozione rappresenta la missione affidata dagli Stati stessi alla singola organizzazione”. Cito il testo in italiano da: Diritto Internazionale Pubblico, VI edizione, 2004, pagina 67.

[4] Diritto Internazionale Pubblico, VI edizione, 2004, pagina 35; il sottolineato è mio.

[5] BENEDETTO CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, 2002, pagina 191, definisce la sovranità territoriale come il “diritto ad esercitare in modo esclusivo ed indisturbato il potere di governo”. Il sottolineato è mio.

[6] L’Enciclopedia Treccani, alla voce “sovranità”, in: http://www.treccani.it/enciclopedia/sovranita/ afferma che:

“… Inoltre, il termine s. viene in rilievo nell’espressione s. territoriale, con la quale si intende indicare la competenza esclusiva dello Stato in rapporto al proprio territorio e alle risorse naturali ivi contenute (cosiddetto principio della s. permanente dello Stato sulle proprie risorse naturali, uno dei cardini del nuovo ordine economico internazionale propugnato dai paesi in via di sviluppo a partire dagli anni 1970), nonché il potere di imperio dello Stato su tutte le persone fisiche e giuridiche che si trovino in tale ambito territoriale; si parla invece di s. personale per indicare il potere di imperio dello Stato sugli individui che gli appartengono per cittadinanza ovunque essi siano, anche all’estero o su spazi sottratti alla giurisdizione statale (un esempio di s. personale è quella esercitata dallo Stato sull’equipaggio di una nave in alto mare).

La s. dello Stato, entrando in contatto con ordinamenti più vasti (quale in primo luogo quello internazionale), incontra dei limiti al proprio esclusivo esercizio (si pensi, per es., alle norme consuetudinarie relative al trattamento degli stranieri e degli agenti diplomatici stranieri, o ai principi in materia di divieto di inquinamento transfrontaliero). Lo Stato può inoltre acconsentire a delle limitazioni della propria s. per effetto dell’adesione a organizzazioni internazionali dotate di poteri e funzioni tali da configurare una interferenza esterna, talora assai penetrante, nella potestà dello Stato stesso. A questo riguardo, occorre sottolineare che, nella Costituzione italiana, tale ipotesi è espressamente contemplata nella norma dell’art. 11: «L’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di s. necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». …”. Il sottolineato è mio.

[7] Vale a dire: la delega della sovranità territoriale di uno Stato a beneficio di un’organizzazione internazionale, con conseguente estinzione dello Stato delegante.

[8] La Camera del Popolo: il legislatore unicamerale della Repubblica Democratica Tedesca dal 1958 al 1990.

[9] La ex Germania Est.

[10] Chiamata Germania Ovest fino al 1990 per distinguerla dalla ex Germania Est.

[11] 22 maggio 2016.

[12] 22 maggio 2016.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo contributo sul sito www.giorgiocannella.com .

UNA PROPOSTA PER LA SOLUZIONE DELLA CRISI IN UCRAINA

Sono rimasto favorevolmente impressionato dall’articolo di Pierre de Charentenay, s.j., “Ucraina: possibili soluzioni del conflitto[1].

Le vicende storiche, la cultura, la lingua e la visione politica delle due parti – occidentale e orientale – dell’Ucraina, come descritte nell’articolo che ho appena citato, non appaiono conciliabili.

L’articolo in parola mette chiaramente in luce che non si tratta di diverse sfumature culturali all’interno di un medesimo popolo, ma di due popoli con caratteristiche diverse.

La dissoluzione della Cecoslovacchia e la successiva costituzione, dal 01 gennaio 1993, della Repubblica Ceca e della Repubblica Slovacca mi insegnano che è meglio lasciarsi da buoni amici, piuttosto che addivenire a una guerra.

Di conseguenza, ritengo preferibile creare due Repubbliche indipendenti: una a est e l’altra a ovest del fiume Dniepr.

Ciascuna delle due nuove realtà potrebbe finalmente perseguire in pace la propria visione del futuro.

In particolare:

  • la realtà a ovest potrebbe iniziare il procedimento di graduale adeguamento della sua struttura economica per poter giungere al traguardo dell’ingresso nell’Unione Europea;
  • la realtà a est potrebbe riflettere sul ruolo economico che intende assumere in un contesto di libero scambio con i propri partner commerciali orientali (Russia e Repubbliche ex-sovietiche).

 

Posso ipotizzare un gesto di distensione da parte della Russia la quale, in considerazione di quanto ho ora descritto, formalizzi, con un atto di diritto internazionale pubblico, la cessione della penisola della Crimea alla neonata realtà a est del fiume Dniepr.

La Russia è il Paese più esteso del mondo e ha in abbondanza ogni tipo di risorsa del sottosuolo.

La cessione della Crimea non comporterebbe per un Paese ricco e potente come la Russia un tracollo finanziario.

Al contrario, con questo atto la Russia acquisterebbe prestigio in campo internazionale e nuove opportunità d’affari in campo commerciale.

Infatti, da un lato, porrebbe fine a tutte le polemiche sorte a proposito delle ultime vicende riguardanti la Crimea e darebbe una prova inoppugnabile di rifiutare ogni logica espansionistica.

Dall’altro lato, acquisterebbe la possibilità di stipulare tutti i contratti di fornitura di beni e di servizi necessari alla neonata realtà a est del fiume Dniepr e di acquistare da essa i prodotti agricoli e dell’industria meccanica che quest’ultima è in grado di offrire.

 

Non è necessario che io mi dilunghi a spiegare i benefici umanitari e sociali che deriverebbero dalla cessazione del conflitto in corso nelle province orientali dell’Ucraina, perché il valore incommensurabile del bene della pace è noto a chiunque.

 

Anche la realtà a ovest del fiume Dniepr avrebbe cospicui vantaggi da questa soluzione.

Tra essi, posso ipotizzare:

  • gli investimenti stranieri nel proprio tessuto economico;
  • la creazione delle infrastrutture necessarie e dei nuovi posti di lavoro che esse genereranno;
  • un maggiore gettito fiscale.

Tutto questo a patto di tenere sempre presente che la strada da percorrere è quella di assorbire il meglio che il mondo occidentale può offrire per la crescita della qualità della vita di un Paese e non certo quella di essere una colonia culturale e commerciale dell’Occidente.

Ci sarà senz’altro una fase iniziale nella quale le nuove realtà economiche, sorte nell’area a ovest del fiume Dniepr, saranno caratterizzate da un costo del lavoro più basso rispetto al resto dell’Europa, ma i proventi che esse genereranno andranno tassati nel luogo in cui essi vengono prodotti.

In altre parole, non si deve cedere alla tentazione di attirare gli investimenti stranieri con la promessa di non tassare direttamente sul posto gli utili che da essi deriveranno.

La critica di chi afferma che, in questo modo, investire nella neonata realtà a ovest del fiume Dniepr non sarà vantaggioso può essere superata deliberando un piano di investimenti pubblici in infrastrutture perennemente produttive[2].

Infatti, il gettito fiscale che deriverà dalle nuove realtà commerciali impiantate nella realtà a ovest del fiume Dniepr dovrà essere impiegato dallo Stato per edificare le infrastrutture pubbliche necessarie al raggiungimento del traguardo dell’ingresso in Europa.

Voglio essere molto chiaro su questo punto.

La tentazione di rimanere per sempre un’area di produzione a basso costo per l’Occidente o peggio ancora di diventare un paradiso fiscale per i capitali dell’Occidente non produrrà un benessere diffuso tra la popolazione, ma un benessere concentrato nelle mani di pochi.

Le conseguenze di questa scelta saranno: squilibri economici, tensioni sociali e, da ultimo, la tentazione di tornare al passato.

 

Io non sono un diplomatico di carriera.

Per questa ragione, quanto ho scritto non è impegnativo per alcuna istituzione.

Questo contributo è una mia opinione personale che vi offro alla luce del principio della libera manifestazione del pensiero[3] [4] [5].

 

Auguro all’Ucraina di oggi e di domani un futuro ricco, sereno e felice.

Vi ringrazio per la vostra attenzione.

 

AGGIORNAMENTI

Il 24 febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin ha dato avvio a una operazione militare speciale in Ucraina finalizzata a proteggere il Donbass e smilitarizzare il Paese senza occuparlo.[6]

 

Il 19 maggio 2022, è stata data la notizia di un piano di pace per l’Ucraina elaborato dal Ministero per gli affari esteri e la cooperazione internazionale della Repubblica italiana.[7]

 

In estrema sintesi, il piano in parola è articolato in quattro fasi:

  • il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina,
  • una conferenza di pace sul futuro status internazionale dell’Ucraina,
  • un accordo bilaterale tra Russia e Ucraina sulle questioni territoriali oggetto di contesa,
  • un accordo multilaterale avente a oggetto un nuovo assetto tra Russia e Stati europei.

 

Nell’attesa che i vertici delle Nazioni interessate si pronuncino sul piano qui sopra tratteggiato, la prima impressione che ho avuto leggendo l’articolo citato in nota 7 è che il piano in esame descriva una procedura da seguire, ma non offra delle soluzioni concrete alle questioni controverse.

 

Il testo dell’articolo, infatti, non contiene alcun accenno di risposta alle seguenti domande:

  • a chi appartiene la Crimea, alla Russia o all’Ucraina?, e per quali ragioni?,
  • a chi appartiene il Donbass, alla Russia o all’Ucraina?, e per quali ragioni?,
  • a quale realtà deve aderire l’Ucraina, alla Comunità degli Stati Indipendenti[8] o all’Unione Europea[9]?, e per quali ragioni?,
  • l’Ucraina deve entrare a far parte della Nato[10] oppure no?, e per quali ragioni?

 

Nel momento in cui scrivo questo aggiornamento (23 maggio 2022) le ostilità sono ancora in corso.[11]

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] La Civiltà Cattolica, quaderno numero 3938 del 19 luglio 2014, pagine 146-157, anno 2014, volume III.

L’articolo è stato pubblicato anche su internet all’indirizzo

https://www.laciviltacattolica.it/articolo/ucraina-possibili-soluzioni-del-conflitto/

dove è disponibile altresì il file audio per poterlo ascoltare.

 

Chi vuole espandere la sua conoscenza della storia dell’Ucraina a partire all’incirca dall’anno 1000 dopo Cristo, può leggere l’articolo di Jérôme Gautheret, Des princes de Kiev à l’indépendence, mille ans d’identité ukrainienne, Le Monde, 26 febbraio 2014, pubblicato su internet all’indirizzo:

https://www.lemonde.fr/europe/article/2014/02/26/ukraine-la-memoire-eclatee_4373502_3214.html

 

[2] Con l’espressione “infrastrutture perennemente produttive” intendo le seguenti:

  • scuola efficiente;
  • collegamento scuola – università;
  • università efficiente;
  • collegamento università – mondo del lavoro;
  • mercato del lavoro efficiente;
  • ricerca scientifica;
  • innovazione tecnologica;
  • brevetti;
  • settori di punta;
  • pubblica amministrazione digitale;
  • infrastrutture (porti, aeroporti, strade, scuole, ospedali, reti telematiche, etc.).

 

[3]Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.” articolo 21, comma 1, della Costituzione della Repubblica Italiana, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 27 dicembre 1947, numero 298, ed entrata in vigore il 01 gennaio 1948, in:

http://www.normattiva.it/ricerca/avanzata/aggiornamenti , nella riga “Denominazione Atto” cliccare sulla freccia in basso e poi su “COSTITUZIONE”.

 

[4]Freedom of expression 1. Everyone has the right to freedom of expression. This right shall include freedom to hold opinions and to receive and impart information and ideas without interference by public authority and regardless of frontiers. This Article shall not prevent States from requiring the licensing of broadcasting, television or cinema enterprises. 2. The exercise of these freedoms, since it carries with it duties and responsibilities, may be subject to such formalities, conditions, restrictions or penalties as are prescribed by law and are necessary in a democratic society, in the interests of national security, territorial integrity or public safety, for the prevention of disorder or crime, for the protection of health or morals, for the protection of the reputation or rights of others, for preventing the disclosure of information received in confidence, or for maintaining the authority and impartiality of the judiciary.” article 10, European Convention on Human Rights, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 04 agosto 1955, numero 848, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 24 settembre 1955, numero 221.

Il testo qui citato è disponibile in: http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ENG.pdf .

La legge italiana con l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione è disponibile in:

http://www.normattiva.it/ricerca/semplice indicando il numero e l’anno dell’atto desiderato nelle apposite caselle.

 

[5]Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.” articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani approvata e proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

Il testo qui citato è disponibile sul sito internet dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani in:

http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Pages/Language.aspx?LangID=itn .

Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.” articolo 29, comma 2, della Dichiarazione universale dei diritti umani approvata e proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

 

[6] “Putin ha annunciato l’operazione militare in Ucraina, affermando di dover proteggere il Donbass.

Il presidente della Russia ha esortato le forze di Kiev a consegnare le armi e “andare a casa”, assicurando che i piani di Mosca non includono l’occupazione dell’Ucraina ma smilitalizzare il Paese con una operazione speciale.”

 

Cito da Cristoforo Spinella, Ucraina, Putin annuncia l’operazione militare e chiede la resa delle forze di Kiev nel Donbass, 24 febbraio 2022, in:

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2022/02/23/ucraina-putin-biden-sanzioni-donbass_48f3ad4a-18d1-45ba-899b-5a2389ef8e3b.html

 

[7] “Dunque, questi i dettagli della proposta diplomatica consegnata ieri dal ministro [Luigi Di Maio, Ministro per gli affari esteri e la cooperazione internazionale della Repubblica italiana] a Guterres [António Guterres, Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite] durante la missione al Palazzo di Vetro e anticipata a grandi linee ai diplomatici dei ministeri degli Esteri del G7 e del Quint (Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia) dai tecnici che seguono il dossier, in particolare il segretario generale della Farnesina, Ettore Sequi, e il direttore degli affari politici, Pasquale Ferrara.”

 

Cito da Tommaso Ciriaco, La pace in 4 tappe. Sul tavolo dell’Onu arriva il piano del governo italiano, 19 maggio 2022, in:

https://www.repubblica.it/politica/2022/05/19/news/piano_pace_governo_italiano_4_tappe-350167027/

 

[8] “La Comunità degli Stati Indipendenti (in russo Содружество Независимых Государств, СНГ?, traslitterato Sodružestvo Nezavisimych Gosudarstv) o CSI è un’organizzazione internazionale composta da nove delle quindici ex repubbliche sovietiche, cui si aggiunge il Turkmenistan come membro associato.[1][2]

 

La sede della CSI è a Minsk, capitale della Bielorussia.

La Comunità degli Stati Indipendenti nacque formalmente l’8 dicembre 1991 con la firma dell’Accordo di Belaveža, sottoscritto dai Capi di Stato di Bielorussia, Russia e Ucraina in una dacia nella foresta di Białowieża (circa 50 chilometri a nord di Brėst). L’accordo entrò formalmente in vigore il 12 dicembre successivo, in seguito alla ratifica dei tre Stati. L’annuncio dell’accordo, a cui furono invitati anche le altre repubbliche nate dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, sancì di fatto la fine stessa dell’URSS.

Nel 2014, in seguito alla crisi della Crimea ed al conflitto nell’Ucraina orientale, il Parlamento ucraino ha discusso vari disegni di legge per il ritiro dalla CSI, senza mai però formalizzare il ritiro completo. Nel 2015 è stato annunciato il ritiro del rappresentante permanente dell’Ucraina, ma è stato confermato che la partecipazione sarebbe stata decisa di volta in volta, «in base all’argomento»[5][6]. Il ritiro ufficiale dell’Ucraina è infine giunto il 19 maggio 2018[7][8][9].

 

Al contrario, in Asia centrale i cinque ex Stati sovietici (Kazakhstan, Kirghizistan, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) dove Mosca tradizionalmente gode di grande influenza politica ed economica, erano rimasti nell’orbita del Cremlino; eppure, «quando, il 2 e il 24 marzo, l’Assemblea generale dell’Onu ha messo ai voti le risoluzioni che condannavano l’“operazione militare speciale” russa, nessuno dei cinque si è schierato con Mosca: hanno votato per astenersi o non hanno votato affatto»[10].”

 

NOTE del testo ora citato

 

  1. “^ (RU) Государства – участники СНГ, su cis.minsk.by. URL consultato il 13 ottobre 2017 (archiviato dall’url originale l’8 maggio 2014).

  1. ^ (EN) Ukraine to analyze expediency of taking part in CIS projects, su unian.info, 19 agosto 2008. URL consultato il 13 ottobre 2017.

  1. ^ Unian info, Poroshenko signs decree on final termination of Ukraine’s participation in CIS statutory bodies
  2. ^ Kyiv Post, Ukraine withdraws all envoys from CIS bodies
  3. ^ Agenzia Nova, Ucraina: presidente Poroshenko firma decreto per cessazione partecipazione a organismi coordinamento Csi
  4. ^ Rosalba Castelletti, La rivolta degli “Stan”: i Paesi satellite di Mosca si schierano con Kiev, La Repubblica, 22 aprile 2022.”

 

Cito da Comunità degli Stati Indipendenti, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Comunit%C3%A0_degli_Stati_Indipendenti

 

[9] “L’Unione europea,[13] abbreviata in UE o, erroneamente, Ue (pronuncia /ˈue/),[14] è un’unione politica ed economica[15] a carattere sovranazionale, che comprende 27 Stati membri.”

 

NOTE del testo ora citato

   “13. ^ Unione europea, su europa.eu, 2 settembre 2019.

  1. ^ Luciano Canepari, UE, in Il DiPI – Dizionario di pronuncia italiana, Zanichelli, 2009, ISBN 978-88-08-10511-0.
  2. ^ L’UE in sintesi, su europa.eu.”

 

Cito da Unione europea, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Unione_europea

 

[10] “L’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (in inglese: North Atlantic Treaty Organization, in sigla NATO, in francese: Organisation du Traité de l’Atlantique Nord, in sigla OTAN) è un’organizzazione internazionale per la collaborazione nel settore della difesa.

 

Il trattato istitutivo della NATO, il Patto Atlantico, fu firmato a Washington il 4 aprile 1949, ed entrò in vigore il 24 agosto dello stesso anno. Attualmente, fanno parte della NATO 30 Stati del mondo. Ha sede a Bruxelles: il nuovo quartier generale è stato inaugurato nel 2017, mentre il trasloco dalla vecchia sede è stato completato nel 2018.”

 

Cito da NATO, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/NATO

 

[11] Cfr. Live guerra in Ucraina, la cronaca minuto per minuto: giorno 89, 23 maggio 2022, in:

https://www.rainews.it/maratona/2022/05/live-guerra-in-ucraina-la-cronaca-minuto-per-minuto-giorno-89-e00e6e2d-2bc3-4125-a728-9bc555c090f3.html

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com