Riflessioni sul giubileo

Da quando sono nato nel 1975, si sono svolti quattro anni santi giubilari e nei prossimi anni fino al 2034 ne sono previsti altri due.[1]

 

In questo articolo condurremo un breve esame della Scrittura per comprendere se l’anno giubilare, come viene praticato oggi, è conforme a quanto si legge nella Bibbia.

Successivamente, esamineremo la Bolla di indizione del primo giubileo svoltosi a Roma nel 1300.

Scopriremo poi che la celebrazione del giubileo in modo conforme alla Scrittura genera benefici incalcolabili.

Concluderemo proponendo le norme che è opportuno inserire nel diritto canonico per far sì che, d’ora in poi, l’anno giubilare sia vissuto in modo conforme all’insegnamento della Scrittura.

Come è noto, infatti, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

 

 

IL GIUBILEO NELLA SCRITTURA

Iniziamo dall’Antico testamento.

Nel libro del levitico, il capitolo 25 tratta del giubileo.[2]

Il testo in esame afferma che gli israeliti sono individui liberi perché il Signore li ha liberati dalla condizione di schiavitù in Egitto (“Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto, per darvi il paese di Cànaan” Levitico 25, 38).

Nella terra che il Signore assegna loro (“Quando entrerete nel Paese che io vi do” Levitico 25, 2), gli israeliti sono servitori del Signore (“Poiché essi sono miei servi, che io ho fatto uscire dal paese d’Egitto” Levitico 25, 42; il concetto è ribadito in Levitico 25, 55).

Inoltre, essi si trovano in quella terra “come forestieri e inquilini” presso il Signore il quale rimane l’unico proprietario della terra che egli assegna a ciascuno di loro (“perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini” Levitico 25, 23).

Dunque, poiché la libertà, la terra e la casa sono doni che Dio fa al popolo ebraico e i doni di Dio sono irrevocabili[3], al fine di evitare che coloro ai quali li assegna perdano i suoi doni in eterno, Dio istituisce l’anno giubilare ogni cinquant’anni (“Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia” Levitico 25, 10; “In quest’anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo” Levitico 25, 13; Levitico 25, 54 “Se non è riscattato in alcuno di quei modi, se ne andrà libero l’anno del giubileo: lui con i suoi figli.”).

Riassumendo, il testo in esame istituisce un giubileo di natura materiale, economica, che riguarda la restituzione della libertà agli individui caduti in schiavitù e la restituzione della terra e della casa agli originari assegnatari.

 

Nel Nuovo testamento, Gesù riprende l’insegnamento vetero-testamentario sul giubileo.

Non possiamo dimenticare, infatti, che l’insegnamento di Gesù non si pone in contrapposizione con la Legge e con i profeti, ma ne costituisce il pieno compimento.[4]

Il vangelo espone che Gesù, tornato a Nazareth ed entrato di sabato in sinagoga, si alzò per leggere.

Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia e dopo avere letto il passo di Isaia capitolo 61, versetti 1-2a, disse: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”.[5]

Sebbene il vangelo riporti il passo di Isaia letto da Gesù in una forma non identica rispetto al medesimo passo presente nel libro del profeta Isaia[6], il contenuto salvifico dei due brani biblici è lo stesso.

Gesù è colui che è stato inviato “per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”.

 

Per capire quale lieto messaggio Gesù ha portato ai poveri, proseguiamo nella lettura del vangelo secondo Luca: è Gesù stesso che dice: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.”.[7]

 

Per comprendere chi siano i prigionieri che Gesù è venuto a liberare, leggiamo la lettera ai romani e ci accorgiamo che i fedeli erano prigionieri del peccato ma, con la vita nuova in Cristo risorto, sono morti al peccato “per servire nel regime nuovo dello Spirito”.[8]

 

Per sapere a quali ciechi Gesù fa riferimento, leggiamo il vangelo secondo Matteo.

Qui troviamo che, ai discepoli che gli comunicano che i farisei si sono scandalizzati nell’udire le sue parole, Gesù risponde: “Ogni pianta che non è stata piantata dal mio Padre celeste sarà sradicata. Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!”.[9]

Per comprendere, poi, quale vista Gesù è venuto a proclamare ai questi ciechi, continuiamo a leggere lo stesso vangelo.

Dal versetto 13 al versetto 36 del capitolo 23, Gesù definisce ciechi per ben cinque volte gli scribi e i farisei che applicano in modo letterale la Legge ebraica, persino oltre quanto in essa è prescritto, ma senza l’adesione del loro cuore a Dio e senza compiere le opere di giustizia, di compassione e di fede.[10] 

Per quanto riguarda gli oppressi e la libertà che Gesù dona loro, leggiamo il libro del profeta Isaia.

Esso ci dice che “L’imbroglione – iniqui sono i suoi imbrogli – macchina scelleratezze per rovinare gli oppressi con parole menzognere, anche quando il povero può provare il suo diritto.”[11], al contrario il Messia “ prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese”.[12]

 

Per quanto riguarda infine l’espressione “e predicare un anno di grazia del Signore” (vangelo secondo Luca capitolo 4, versetto 19), i commentatori la riconducono alle parole “a promulgare l’anno di misericordia del Signore” (libro del profeta Isaia capitolo 61, versetto 2a) e affermano che in questo modo Gesù afferma chiaramente la sua natura messianica.[13]

 

Dunque, al giubileo materiale ed economico del quale parla il libro del levitico, Gesù aggiunge il giubileo della liberazione e della grazia.

Non può esservi dubbio alcuno, quindi, nell’affermare che, secondo la Scrittura, l’anno giubilare ha al contempo due valenze:

  • una valenza materiale ed economica che riguarda la restituzione della libertà agli individui caduti in schiavitù e la restituzione della terra e della casa agli originari assegnatari;
  • e una valenza di grazia e di liberazione consistente nell’annunziare ai poveri un lieto messaggio, proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore.

 

 

IL GIUBILEO COME VIENE VISSUTO OGGI

Al contrario, l’anno giubilare che viviamo oggi è un periodo di tempo durante il quale il papa concede l’indulgenza plenaria ai fedeli che si recano a Roma, o nelle chiese giubilari della loro diocesi di appartenenza, e compiono delle particolari pratiche religiose.

Questo trae origine dalla tesi secondo la quale il peccato avrebbe due conseguenze: la colpa per l’azione o per l’omissione compiuta e la pena da subire per espiare agli occhi di Dio la colpa per i peccati commessi.

Con la riconciliazione-confessione verrebbe perdonata la colpa per i peccati commessi, ma rimarrebbe la pena da espiare al cospetto di Dio, in questa vita terrena o nella vita dopo la morte.

Durante l’anno giubilare, il fedele che compie le pratiche religiose prescritte otterrebbe la cancellazione della pena in parola.

La chiesa potrebbe concedere questa cancellazione della pena – chiamata indulgenza – attingendo al patrimonio dei meriti di Cristo e dei santi.

L’indulgenza sarebbe plenaria o parziale a seconda che essa copra la pena da espiare davanti a Dio per tutti i peccati commessi fino al momento della concessione della medesima indulgenza, oppure solo una parte della pena in parola.

Dispiace dover constatare che queste affermazioni non sono conformi alla Scrittura.

 

Infatti, i passi biblici che abbiamo esaminato nel paragrafo precedente non recano traccia di un anno giubilare finalizzato a condonare la pena da espiare agli occhi di Dio per i peccati commessi dopo che, tramite la riconciliazione-confessione, il fedele ha ottenuto il perdono della colpa per quei medesimi peccati.

Come abbiamo letto poc’anzi, la parola di Dio ha istituito l’anno giubilare con delle connotazioni del tutto diverse da questa.

Inoltre, dire che Dio perdona la colpa ma il penitente deve comunque espiare agli occhi di Dio la pena per i peccati commessi significa affermare che, a seguito della riconciliazione-confessione, l’atteggiamento di Dio nei confronti del penitente sarebbe questo: <<Io ti perdono, ma tu me la devi pagare lo stesso.>>.

È la Scrittura a smentire questo assunto.

Nell’Antico testamento, infatti, leggiamo che il perdono che Dio concede per i peccati non distingue tra la colpa perdonata e la pena ancora da espiare innanzi alla sua giustizia: “come dista l’oriente dall’occidente, così allontana da noi le nostre colpe.”[14] (salmo 103, versetto 12).

Nel Nuovo testamento, Gesù porta a compimento l’insegnamento vetero testamentario[15] e insegna che riconciliarsi con la persona offesa dopo il male commesso nei suoi confronti è necessario per poter continuare a rendere culto a Dio: “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.” (vangelo secondo Matteo, capitolo 5, versetti 23-24).

 

È necessario ora soffermarsi sulla differenza che c’è tra la presunta pena da espiare al cospetto di Dio, la quale rimarrebbe anche dopo il perdono da parte sua del peccato, e la reintegrazione dell’ordine violato.

Mentre la prima non esiste (salmo 103, versetto 12), la seconda è necessaria sia per restaurare il rapporto con gli altri, che è stato leso dal male commesso con il peccato, sia per proseguire nel culto da rendere a Dio (libro del levitico capitolo 5, versetti 20-26: sacrificio di riparazione per le colpe commesse contro il prossimo; libro dei numeri, capitolo 5, versetti 5-8: risarcimento del danno per le colpe commesse contro il prossimo; vangelo secondo Matteo capitolo 5, versetti 23-24: riconciliarsi con il fratello dopo la colpa commessa contro di lui).

Chi è veramente pentito del male commesso, infatti, non vede l’ora di restaurare il rapporto con gli altri per poter rientrare nella comunione di amore con questi ultimi e con Dio.

Poiché il peccato non ha unicamente conseguenze morali, ma anche materiali, la restaurazione della comunione con gli altri esige altresì l’assunzione della responsabilità legale per il male commesso, la restituzione del mal tolto e il risarcimento dei danni causati.

Al contrario, chi non desidera restaurare il rapporto con gli altri, leso dal male commesso, non è pentito e dunque il perdono non può operare in lui il reingresso nella comunione di amore con Dio e con gli altri rimanendo quindi senza alcun effetto, anche se fosse concesso.

 

Alla luce di questo inequivocabile insegnamento della Scrittura, viene da chiedersi su che cosa si fondi la configurazione dell’anno giubilare come un periodo utile per ottenere le indulgenze.

 

 

LA BOLLA DI INDIZIONE DEL PRIMO GIUBILEO A ROMA NEL 1300

Il primo anno giubilare svoltosi a Roma fu istituito da papa Bonifacio VIII con la Bolla Antiquorum habet del febbraio del 1300.[16]

Essa afferma che “C’è adesione degna di fede da parte di vecchi che a coloro, i quali accedono all’onoranda Basilica del principe degli Apostoli di Roma, sono concesse grandi missioni ed indulgenze dei peccati.”.

Per quanto riguarda la testimonianza di persone anziane della quale parla la Bolla in esame, una ricerca su internet dà conto del fatto che:

  • “memorie del cardinale Jacopo Caetani degli Stefaneschi nel documento De centesimo sive Jubileo anno liber parlano di un vecchio di 108 anni che, interrogato da Bonifacio, asserì che 100 anni prima, il 1º gennaio 1200, all’età di soli 7 anni, assieme al padre si sarebbe recato innanzi a Innocenzo III per ricevere l’“Indulgenza dei Cent’Anni”. Nonostante la testimonianza di questo centenario esista, non abbiamo fonti coeve a Innocenzo o più antiche che testimonino di quest’usanza (per la quale Innocenzo è l’unico papa menzionato), né di altre indulgenze simili.”.[17]

 

In breve, la Bolla in parola fonda la concessione delle indulgenze – e di conseguenza l’indizione del primo anno giubilare svoltosi a Roma nel 1300 – sul ricordo di una persona ultra-centenaria di avere beneficiato delle indulgenze durante la propria infanzia.

Se consideriamo che, al contrario, la Bibbia afferma che, quando Dio perdona, egli allontana da sé le nostre colpe “come dista l’oriente dall’occidente” (salmo 103, versetto 12) – e dunque, dopo la confessione-riconciliazione, non esiste alcuna pena da rimettere tramite le indulgenze – il contenuto della Bolla Antiquorum habet appare sorprendente.

Infatti, non solo essa ritiene preferibile la testimonianza di una persona anziana rispetto all’affermazione a essa contraria contenuta nella Bibbia (salmo 103, versetto 12), ma altresì usa questa testimonianza per fondare la pratica di vivere l’anno giubilare al fine di ottenere le indulgenze e dunque per un fine diverso da quelli esposti nei passi dell’Antico e del Nuovo testamento che abbiamo esaminato nel primo paragrafo di questo articolo.

 

Chi scrive non ignora la tesi secondo la quale l’indizione dell’anno del 1300 sarebbe stata dettata da motivazioni di tipo politico – affermare il potere temporale del papa – e di tipo economico consistenti nei guadagni ottenuti a seguito del massiccio afflusso di pellegrini che si recarono a Roma per l’evento in parola.[18]

Tuttavia, se questa affermazione fosse vera, essa renderebbe la vicenda ancora più grave.

Infatti, in quest’ultimo caso, la scelta di andare contro la parola di Dio non sarebbe stata colposa, ovvero frutto di un grave errore scritturistico, ma dolosa perché volutamente preordinata a ottenere potere e denaro.

 

Per completezza, va detto che le medesime considerazioni ora esposte sulle indulgenze durante l’anno giubilare che si svolge a Roma valgono per ogni altro evento nel quale si possono ottenere le indulgenze, a prescindere dalla sua durata e dal momento in cui è stato indetto.

A titolo di esempio, posso citare l’anno giacobeo istituito da papa Callisto II nel 1122 che viene celebrato a partire dal 1126 e i molteplici eventi di Perdonanza istituiti nel corso dei secoli.

Contrariamente a quanto accade oggi, durante tutti questi eventi ogni fedele dovrebbe credere fermamente di ottenere il perdono dei peccati da Dio tramite la confessione-riconciliazione all’esito della quale – lo si ripete ancora una volta – Dio allontana da sé le nostre colpe “come dista l’oriente dall’occidente” (salmo 103, versetto 12), senza che ai suoi occhi residui alcuna pena da condonare tramite le indulgenze.

 

 

IL GIUBILEO COME DOVREBBE ESSERE CELEBRATO OGGI

Ora che abbiamo capito che, agli occhi di Dio, non esiste la pena da espiare come conseguenza della colpa per il peccato commesso ma unicamente la necessità di riconciliarsi con la persona offesa (salmo 103, versetto 12 e vangelo secondo Matteo, capitolo 5, versetti 23-24), non facciamo fatica a comprendere che non ha motivo di esistere la remissione di questa pena, vale a dire le indulgenze.

Di conseguenza, l’anno giubilare come viene celebrato oggi va abbandonato per tornare all’anno giubilare da celebrare secondo quanto afferma la parola di Dio.

Infatti, i gravi errori scritturistici e le motivazioni di essi – che, come abbiamo compreso, sono stati alla base della scelta di indire gli anni santi giubilari e gli altri eventi simili poc’anzi citati – non permettono ai credenti di vivere l’evento del giubileo come insegna la Bibbia.

 

Vivere il giubileo per ottenere le indulgenze è del tutto diverso dal vivere il giubileo per attuare le sue due valenze delle quali parla la Scrittura – materiale ed economica, da una parte, di grazia e di liberazione, dall’altra parte – delle quali abbiamo scritto nel primo paragrafo di questo articolo.

L’attuazione della valenza materiale ed economica del giubileo consiste nel compiere le scelte sociali e legali che l’Antico testamento espone nel venticinquesimo capitolo del libro del levitico.

L’attuazione della valenza di grazia e di liberazione dell’anno giubilare richiede un deciso impegno della pastorale per produrre, sia nei pastori di anime sia nel popolo di Dio, i cambiamenti dei quali parla Gesù Cristo nella sinagoga di Nazareth e che la parola di Dio esplicita nei passi che abbiamo riportato nel primo paragrafo di questo articolo.[19]

 

Se quest’ultima valenza non incontra obiezioni di fondo, più contestata appare l’attuazione della valenza materiale ed economica dell’anno giubilare perché si ritiene che essa contrasti con il diritto di proprietà e con la certezza delle transazioni commerciali.

Inoltre, va tenuto presente che il capitolo 25 del libro del levitico fonda la restituzione della terra e della casa sul fatto che Dio stesso dona questi beni al popolo ebraico quando lo fa entrare nella terra promessa.

Altri popoli hanno delle vicende costitutive diverse da questa.

Di conseguenza, il tentativo di attuare anche per questi ultimi la restituzione della terra e della casa della quale parla il libro del levitico incontrerebbe, tra gli altri, l’ostacolo del momento storico da scegliere come situazione base a partire dalla quale reintegrare la proprietà della terra e della casa a ogni anno giubilare.

 

In considerazione di queste difficoltà, è necessario pensare a delle modalità nuove attraverso le quali vivere l’insegnamento sempre attuale che ci offre la Scrittura quando parla della valenza materiale ed economica del giubileo.

 

Per vivere l’insegnamento in parola nei Paesi in via di sviluppo, penso cha sia utile dare attuazione alle proposte contenute nell’articolo “Cooperazione internazionale e geo-politica” che ho pubblicato nel 2019.[20]

In esso ho descritto un percorso chiaro con obiettivi certi per fare in modo che le persone che vivono in questi Paesi possano far crescere il proprio patrimonio di conoscenze e innovazioni, senza regalare loro del know-how sensibile per gli equilibri geo-politici.

Attuare questo percorso conduce al risultato di restituire la casa e la terra a interi popoli i quali, ancora oggi, non ne sono pienamente titolari, nemmeno all’interno del loro Paese.

Esattamente quello che l’Antico testamento afferma che va fatto, ogni cinquant’anni, all’interno del popolo ebraico.

I benefici derivanti dall’attuazione di questo percorso sono incalcolabili.

Milioni di individui che divengono titolari della loro casa e della loro terra sono non soltanto nuovi consumatori di beni e servizi, ma altresì soggetti ideatori e produttori di innovazioni e benessere per se stessi e per gli altri.

 

Il fine di restituire la casa e la terra non può essere disgiunto dall’ulteriore fine di restituire la libertà agli individui.

Questo obiettivo va attuato sia nei Paesi in via di sviluppo, sia nei Paesi sviluppati.

L’agire finalizzato a tale scopo può attingere senza esitazioni dall’insegnamento contenuto nella lettera enciclica Caritas in veritate del 29 giugno 2009.

I paragrafi dal 21 al 32, dal 42 al 51, dal 55 al 67 e dal 71 al 76 del documento in parola contengono proposte concrete necessarie a realizzare lo sviluppo umano integrale e liberante.

Ogni individuo sceglierà una di queste proposte e procederà a concretizzarla durante l’anno giubilare, da solo e/o nelle formazioni sociali dove svolge la sua esistenza.

Anche in questo caso, i benefici che deriveranno da questa scelta sono incalcolabili.

Infatti, lo sviluppo umano integrale delineato dalla Caritas in veritate non è solo più giusto, ma anche fonte di maggiore ricchezza per tutti.

 

 

Le difformità che sono state qui esposte e dimostrate tra l’insegnamento contenuto nella Scrittura e il modo odierno di celebrare l’anno giubilare devono essere corrette.

Come è noto, per i cristiani la Bibbia è la parola di Dio.

Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Qualsiasi tesi contraria all’insegnamento che la Bibbia offre sull’anno giubilare non può avere alcun valore per la vita dei fedeli.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

Per queste ragioni, è necessario tornare all’insegnamento della Bibbia e vivere l’anno giubilare secondo le due valenze che essa gli conferisce.

 

 

LE MODIFICHE DA APPORTARE

I passi biblici citati e le motivazioni esposte in questo articolo rendono necessario apportare le seguenti aggiunte alla normativa vigente nella Chiesa.

 

Codice di diritto canonico

Nel libro IV “La funzione di santificare della Chiesa”, parte III “I luoghi e i tempi sacri”, dopo il titolo II “I tempi sacri”, è aggiunto il titolo III “L’anno giubilare” con i seguenti canoni.

 

Codice dei canoni delle chiese orientali

Nel titolo XVI “Il culto divino e specialmente i sacramenti”, capitolo VIII “I sacramentali, i luoghi e i tempi sacri, il culto dei santi, il voto e il giuramento”, dopo l’Art. III “I giorni di festa e di penitenza”, è aggiunto l’Art. III-bis “L’anno giubilare” con i seguenti canoni.

 

Canone 1253-bis del codice di diritto canonico

Canone 883-bis del codice dei canoni delle chiese orientali

§1. Assieme alla Bibbia, la Chiesa afferma che, quando Dio perdona, egli allontana da sé le nostre colpe “come dista l’oriente dall’occidente”[21] e di conseguenza, dopo la confessione-riconciliazione, non esiste alcuna pena agli occhi di Dio da rimettere tramite le indulgenze.

§2. Queste ultime, quindi, sono in contrasto con la Scrittura e dunque ogni provvedimento, da chiunque emanato e di qualsiasi tipo esso sia, che istituisca, accordi, disciplini in qualsiasi modo indulgenze di qualunque genere e durata va considerato come se non ci fosse (“tamquam non esset”).

 

Canone 1253-ter del codice di diritto canonico

Canone 883-ter del codice dei canoni delle chiese orientali

§1. Conformemente all’insegnamento biblico, la Chiesa ribadisce la differenza che c’è tra la presunta pena da espiare al cospetto di Dio, la quale rimarrebbe anche dopo il perdono da parte sua del peccato, e la reintegrazione dell’ordine violato.

§2. Mentre la prima non esiste[22], la seconda è necessaria sia per restaurare il rapporto con gli altri, che è stato leso dal male commesso con il peccato, sia per proseguire nel culto da rendere a Dio.[23]

§3. Chi è veramente pentito del male commesso, infatti, non vede l’ora di restaurare il rapporto con gli altri per poter rientrare nella comunione di amore con questi ultimi e con Dio.

§4. Poiché il peccato non ha unicamente conseguenze morali, ma anche materiali, la restaurazione della comunione con gli altri esige altresì l’assunzione della responsabilità legale per il male commesso, la restituzione del mal tolto e il risarcimento dei danni causati.

§5. Al contrario, chi non desidera restaurare il rapporto con gli altri, leso dal male commesso, non è pentito e dunque il perdono non può operare in lui il reingresso nella comunione di amore con Dio e con gli altri rimanendo quindi senza alcun effetto, anche se fosse concesso.

 

Canone 1253-quater del codice di diritto canonico

Canone 883-quater del codice dei canoni delle chiese orientali

§1. Ammaestrata dalla parola del Signore, la Chiesa afferma che l’anno giubilare ha al contempo due valenze:

una valenza materiale ed economica che riguarda la restituzione della libertà agli individui caduti in schiavitù e la restituzione della terra e della casa agli originari assegnatari;[24]

e una valenza di grazia e di liberazione consistente nell’annunziare ai poveri un lieto messaggio, proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore.[25]

§2. Consapevole di questo insegnamento, la Chiesa universale celebra un anno giubilare ogni cinquanta anni: all’inizio di ogni secolo e al cinquantesimo anno di ogni secolo.

§3. L’attuazione della valenza di grazia e di liberazione dell’anno giubilare si realizza con un deciso impegno della pastorale per produrre, sia nei pastori di anime sia nel popolo di Dio, i cambiamenti dei quali parla Gesù Cristo nella sinagoga di Nazareth[26] e che la parola di Dio non manca di esplicitare.[27]

§4. L’attuazione della restituzione della casa e della terra durante l’anno giubilare si compie dando ai Paesi in via di sviluppo la possibilità di compiere un percorso chiaro con obiettivi certi per fare in modo che le persone che vivono in questi Paesi possano far crescere il proprio patrimonio di conoscenze e innovazioni, senza regalare loro del know-how sensibile per gli equilibri geo-politici.

§5. L’attuazione della restituzione della libertà durante l’anno giubilare si compie attingendo all’insegnamento contenuto nella lettera enciclica Caritas in veritate del 29 giugno 2009.

§6. Poiché i paragrafi dal 21 al 32, dal 42 al 51, dal 55 al 67 e dal 71 al 76 del documento in parola contengono proposte concrete necessarie a realizzare lo sviluppo umano integrale e liberante, ogni individuo scelga una di queste proposte e proceda a concretizzarla durante l’anno giubilare, da solo e/o nelle formazioni sociali dove svolge la sua esistenza.

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Anni santi giubilari svoltisi dal 1975 al 2021.

Giubileo ordinario del 1975 indetto da papa Paolo VI.

Giubileo straordinario del 1983 – 1984 indetto da papa Giovanni Paolo II per il 1950º anniversario della Redenzione.

Giubileo ordinario del 2000 indetto da papa Giovanni Paolo II.

Giubileo straordinario del 2015 – 2016 indetto da papa Francesco per il 50º anniversario della conclusione del concilio Vaticano II.

 

Anni santi giubilari in programma dal 2021 al 2034

Giubileo ordinario del 2025.

Giubileo straordinario del 2033 – 2034 per il 2000º anniversario della Redenzione.

 

Si vedano:

https://it.wikipedia.org/wiki/Giubileo_universale_della_Chiesa_cattolica

e

https://www.giubileo-2025.it/

 

 

 

[2] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

Tutte le citazioni del Catechismo della chiesa cattolica presenti in questo articolo sono prese da:

http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm

 

 

Libro del levitico, capitolo 25, versetti 1 – 55:

 

“[1] Il Signore disse ancora a Mosè sul monte Sinai:

[2] “Parla agli Israeliti e riferisci loro: Quando entrerete nel paese che io vi dò, la terra dovrà avere il suo sabato consacrato al Signore.

[3] Per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti;

[4] ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna.

[5] Non mieterai quello che nascerà spontaneamente dal seme caduto nella tua mietitura precedente e non vendemmierai l’uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di completo riposo per la terra.

[6] Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento a te, al tuo schiavo, alla tua schiava, al tuo bracciante e al forestiero che è presso di te;

[7] anche al tuo bestiame e agli animali che sono nel tuo paese servirà di nutrimento quanto essa produrrà.

[8] Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni.

[9] Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell’acclamazione; nel giorno dell’espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese.

[10] Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia.

[11] Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate.

[12] Poiché è il giubileo; esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.

[13] In quest’anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo.

[14] Quando vendete qualche cosa al vostro prossimo o quando acquistate qualche cosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello.

[15] Regolerai l’acquisto che farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l’ultimo giubileo: egli venderà a te in base agli anni di rendita.

[16] Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo, tanto più ribasserai il prezzo; perché egli ti vende la somma dei raccolti.

[17] Nessuno di voi danneggi il fratello, ma temete il vostro Dio, poiché io sono il Signore vostro Dio.
[18] Metterete in pratica le mie leggi e osserverete le mie prescrizioni, le adempirete e abiterete il paese tranquilli.

[19] La terra produrrà frutti, voi ne mangerete a sazietà e vi abiterete tranquilli.

[20] Se dite: Che mangeremo il settimo anno, se non semineremo e non raccoglieremo i nostri prodotti?,

[21] io disporrò in vostro favore un raccolto abbondante per il sesto anno ed esso vi darà frutti per tre anni.

[22] L’ottavo anno seminerete e consumerete il vecchio raccolto fino al nono anno; mangerete il raccolto vecchio finché venga il nuovo.

[23] Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini.

[24] Perciò, in tutto il paese che avrete in possesso, concederete il diritto di riscatto per quanto riguarda il suolo.

[25] Se il tuo fratello, divenuto povero, vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, cioè il suo parente più stretto, verrà e riscatterà ciò che il fratello ha venduto.

[26] Se uno non ha chi possa fare il riscatto, ma giunge a procurarsi da sé la somma necessaria al riscatto,

[27] conterà le annate passate dopo la vendita, restituirà al compratore il valore degli anni che ancora rimangono e rientrerà così in possesso del suo patrimonio.

[28] Ma se non trova da sé la somma sufficiente a rimborsarlo, ciò che ha venduto rimarrà in mano al compratore fino all’anno del giubileo; al giubileo il compratore uscirà e l’altro rientrerà in possesso del suo patrimonio.

[29] Se uno vende una casa abitabile in una città recinta di mura, ha diritto al riscatto fino allo scadere dell’anno dalla vendita; il suo diritto di riscatto durerà un anno intero.

[30] Ma se quella casa, posta in una città recinta di mura, non è riscattata prima dello scadere di un intero anno, rimarrà sempre proprietà del compratore e dei suoi discendenti; il compratore non sarà tenuto a uscire al giubileo.

[31] Però le case dei villaggi non attorniati da mura vanno considerate come parte dei fondi campestri; potranno essere riscattate e al giubileo il compratore dovrà uscire.

[32] Quanto alle città dei leviti e alle case che essi vi possederanno, i leviti avranno il diritto perenne di riscatto.

[33] Se chi riscatta è un levita, in occasione del giubileo il compratore uscirà dalla casa comprata nella città levitica, perché le case delle città levitiche sono loro proprietà, in mezzo agli Israeliti.

[34] Neppure campi situati nei dintorni delle città levitiche si potranno vendere, perché sono loro proprietà perenne.

[35] Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è privo di mezzi, aiutalo, come un forestiero e inquilino, perché possa vivere presso di te.

[36] Non prendere da lui interessi, né utili; ma temi il tuo Dio e fà vivere il tuo fratello presso di te.

[37] Non gli presterai il denaro a interesse, né gli darai il vitto a usura.

[38] Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto, per darvi il paese di Cànaan, per essere il vostro Dio.

[39] Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te, non farlo lavorare come schiavo;

[40] sia presso di te come un bracciante, come un inquilino. Ti servirà fino all’anno del giubileo;

[41] allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella proprietà dei suoi padri.

[42] Poiché essi sono miei servi, che io ho fatto uscire dal paese d’Egitto; non debbono essere venduti come si vendono gli schiavi.

[43] Non lo tratterai con asprezza, ma temerai il tuo Dio.
[44] Quanto allo schiavo e alla schiava, che avrai in proprietà, potrete prenderli dalle nazioni che vi circondano; da queste potrete comprare lo schiavo e la schiava.

[45] Potrete anche comprarne tra i figli degli stranieri, stabiliti presso di voi e tra le loro famiglie che sono presso di voi, tra i loro figli nati nel vostro paese; saranno vostra proprietà.

[46] Li potrete lasciare in eredità ai vostri figli dopo di voi, come loro proprietà; vi potrete servire sempre di loro come di schiavi; ma quanto ai vostri fratelli, gli Israeliti, ognuno nei riguardi dell’altro, non lo tratterai con asprezza.

[47] Se un forestiero stabilito presso di te diventa ricco e il tuo fratello si grava di debiti con lui e si vende al forestiero stabilito presso di te o a qualcuno della sua famiglia,

[48] dopo che si è venduto, ha il diritto di riscatto; lo potrà riscattare uno dei suoi fratelli

[49] o suo zio o il figlio di suo zio; lo potrà riscattare uno dei parenti dello stesso suo sangue o, se ha i mezzi di farlo, potrà riscattarsi da sé.

[50] Farà il calcolo con il suo compratore, dall’anno che gli si è venduto all’anno del giubileo; il prezzo da pagare sarà in proporzione del numero degli anni, valutando le sue giornate come quelle di un bracciante.

[51] Se vi sono ancora molti anni per arrivare al giubileo, pagherà il riscatto in ragione di questi anni e in proporzione del prezzo per il quale fu comprato;

[52] se rimangono pochi anni per arrivare al giubileo, farà il calcolo con il suo compratore e pagherà il prezzo del suo riscatto in ragione di quegli anni.

[53] Resterà presso di lui come un bracciante preso a servizio anno per anno; il padrone non dovrà trattarlo con asprezza sotto i suoi occhi.

[54] Se non è riscattato in alcuno di quei modi, se ne andrà libero l’anno del giubileo: lui con i suoi figli.

[55] Poiché gli Israeliti sono miei servi; miei servi, che ho fatto uscire dal paese d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio”.”

 

 

 

[3] Lettera ai Romani, capitolo 11, versetti 25-32:

 

“[25] Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti.

[26] Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto:
Da Sion uscirà il liberatore,
egli toglierà le empietà da Giacobbe.

[27] Sarà questa la mia alleanza con loro
quando distruggerò i loro peccati.

[28] Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri,

[29] perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!

[30] Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza,

[31] così anch’essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch’essi ottengano misericordia.

[32] Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!”

 

 

 

[4] Vangelo secondo Matteo, capitolo 5, versetto 17:

 

“[17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 3, versetti 13-15:

 

“[13] In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui.

[14] Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”.

[15] Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia“. Allora Giovanni acconsentì.”

 

 

 

Lettera ai romani, capitolo 3, versetti 27-31:

 

“[27] Dove sta dunque il vanto? Esso è stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede.

[28] Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge.

[29] Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche dei pagani? Certo, anche dei pagani!

[30] Poiché non c’è che un solo Dio, il quale giustificherà per la fede i circoncisi, e per mezzo della fede anche i non circoncisi.

[31] Togliamo dunque ogni valore alla legge mediante la fede? Nient’affatto, anzi confermiamo la legge.”

 

 

 

[5] Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti 14-21:

“[14] Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione.

[15] Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.

[16] Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.

[17] Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:

[18] Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi
,

[19] e predicare un anno di grazia del Signore.

[20] Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.

[21] Allora cominciò a dire: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi“.”

 

 

 

[6] Confronto libro del profeta Isaia – vangelo secondo Luca

 

Libro del profeta Isaia, capitolo 61, versetti 1-2a:

“[1] Lo spirito del Signore Dio è su di me
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,

[2] a promulgare l’anno di misericordia del Signore,”

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti 18-19:

 

“[18] Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,

[19] e predicare un anno di grazia del Signore.”

 

 

 

[7] Vangelo secondo Luca, capitolo 6, versetti 17-20:

 

“[17] Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

[18] che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.

[19] Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

[20] Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
Beati voi poveri,
perché vostro è il regno di Dio
.”

 

 

 

[8] Lettera ai romani, capitolo 7, versetti 1-6:

 

“[1] O forse ignorate, fratelli – parlo a gente esperta di legge – che la legge ha potere sull’uomo solo per il tempo in cui egli vive?

[2] La donna sposata, infatti, è legata dalla legge al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è libera dalla legge che la lega al marito.

[3] Essa sarà dunque chiamata adultera se, mentre vive il marito, passa a un altro uomo, ma se il marito muore, essa è libera dalla legge e non è più adultera se passa a un altro uomo.

[4] Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla legge, per appartenere ad un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio.

[5] Quando infatti eravamo nella carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte.

[6] Ora però siamo stati liberati dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello Spirito e non nel regime vecchio della lettera.”

 

 

 

[9] Vangelo secondo Matteo, capitolo 15, versetti 1-14:

 

“[1] In quel tempo vennero a Gesù da Gerusalemme alcuni farisei e alcuni scribi e gli dissero:

[2] “Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Poiché non si lavano le mani quando prendono cibo!”.

[3] Ed egli rispose loro: “Perché voi trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione?

[4] Dio ha detto:
Onora il padre e la madre
e inoltre:
Chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.

[5] Invece voi asserite: Chiunque dice al padre o alla madre: Ciò con cui ti dovrei aiutare è offerto a Dio,

[6] non è più tenuto a onorare suo padre o sua madre. Così avete annullato la parola di Dio in nome della vostra tradizione.

[7] Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo:

[8] Questo popolo mi onora con le labbra
ma il suo cuore è lontano da me.

[9] Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.

[10] Poi riunita la folla disse: “Ascoltate e intendete!

[11] Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo!”.

[12] Allora i discepoli gli si accostarono per dirgli: “Sai che i farisei si sono scandalizzati nel sentire queste parole?”.

[13] Ed egli rispose: “Ogni pianta che non è stata piantata dal mio Padre celeste sarà sradicata.

[14] Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!“.”

 

 

 

[10] Vangelo secondo Matteo, capitolo 23, versetti 13-36:

 

“[13] Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci

[14] ].

[15] Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.

[16] Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l’oro del tempio si è obbligati.

[17] Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l’oro o il tempio che rende sacro l’oro?

[18] E dite ancora: Se si giura per l’altare non vale, ma se si giura per l’offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.

[19] Ciechi! Che cosa è più grande, l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta?

[20] Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra;

[21] e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l’abita.

[22] E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.

[23] Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.

[24] Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!

[25] Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza.

[26] Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi netto!

[27] Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume.

[28] Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità.

[29] Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti,

[30] e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti;

[31] e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti.

[32] Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!

[33] Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?

[34] Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città;
[35] perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachìa, che avete ucciso tra il santuario e l’altare.

[36] In verità vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione.”

 

 

 

[11] Libro del profeta Isaia, capitolo 32, versetti 1-8:

 

“[1] Ecco, un re regnerà secondo giustizia
e i principi governeranno secondo il diritto.

[2] Ognuno sarà come un riparo contro il vento
e uno schermo dall’acquazzone,
come canali d’acqua in una steppa,
come l’ombra di una grande roccia su arida terra.

[3] Non si chiuderanno più gli occhi di chi vede
e gli orecchi di chi sente staranno attenti.

[4] Gli animi volubili si applicheranno a comprendere
e la lingua dei balbuzienti parlerà
spedita e con chiarezza.

[5] L’abietto non sarà chiamato più nobile
né l’imbroglione sarà detto gentiluomo,

[6] poiché l’abietto fa discorsi abietti
e il suo cuore trama iniquità,
per commettere empietà
e affermare errori intorno al Signore,
per lasciare vuoto lo stomaco dell’affamato
e far mancare la bevanda all’assetato.

[7] L’imbroglione – iniqui sono i suoi imbrogli –
macchina scelleratezze
per rovinare gli oppressi con parole menzognere,
anche quando il povero può provare il suo diritto
.

[8] Il nobile invece si propone cose nobili
e agisce sempre con nobiltà.”

 

 

 

[12] Libro del profeta Isaia, capitolo 11, versetti 1-5:

 

“[1] Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.

[2] Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e di intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.

[3] Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;

[4] ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese.
La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento;
con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio.

[5] Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia,
cintura dei suoi fianchi la fedeltà.”

 

 

 

[13] “Luca, invece, racconta che Gesù «si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me…!»(Lc 4,16-18; Is 61,1). In modo molto significativo, l’ultima espressione isaiana letta da Gesù recita: «predicare un anno di grazia del Signore»(Lc 4,19; Is 61,2), e subito dopo, il messaggio di Gesù consiste nel dichiarare che proprio “questa Scrittura” era adempiuta in quel giorno. L’espressione di Is 61,2 tradotta “anno di grazia” si rifà chiaramente alla legislazione del Libro del Levitico sull’anno giubilare (Lev 25,10-13). Era quindi un anno giubilare che Gesù proclamava a Nazaret.

È chiaro quindi che l’intenzione di Luca non è stata quella di dare precisazioni cronologiche. Qual’é stata allora? È stata – i commentatori sono concordi nel riconoscerlo – quella di conferire all’episodio un valore programmatico. Gesù a Nazaret definisce la propria missione messianica e la definisce come il compimento di una profezia che annunziava la predicazione di un anno giubilare. Tutto il ministero di Gesù va quindi capito in questa prospettiva.”

 

Albert Vanhoye, L’anno giubilare nel vangelo di Luca, in:

https://www.vatican.va/jubilee_2000/magazine/documents/ju_mag_01031997_p-22_it.html

 

 

[14] La traduzione che preferisco è quella di David Maria Turoldo tratta da:

Gianfranco Ravasi, David Maria Turoldo (a cura di), “I Salmi”, Milano, 1987.

Salmo 103, versetto 12:

“Quanto dista oriente da ovest, tanto getta lontano da sé tutti i nostri misfatti e rivolte”.

 

 

 

[15] Si veda la nota numero 4.

 

 

 

[16] Papa Bonifacio VIII, Bolla Antiquorum habet

Il documento è consultabile su internet in varie lingue:

 

 

– testo latino con data 23 febbraio 1300, da Bullarium Romanum, volume 4, pagine 156-157, in: https://www.icar.beniculturali.it/biblio/pdf/bolTau/tomo_04/03_T04_123_180.pdf

Papa Bonifacio VIII Bolla Antiquorum habet

 

– testo latino non integrale con data 22 febbraio 1300, da Denzinger, Heinrich Joseph Dominicus (et. al.) Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, in: http://patristica.net/denzinger/enchiridion-symbolorum.html paragrafo 868 467

 

868 467 Antiquorum habet fida relatio, quod accedentibus ad honorabilem basilicam principis Apostolorum de Urbe concessae sunt magnae remissiones et indulgentiae peccatorum. Nos igitur … huiusmodi remissiones et indulgentias omnes et singulas ratas et gratas habentes, ipsas auctoritate Apostolica confirmamus et approbamus … Nos de omnipotentis Dei misericordia et eorundem Apostolorum eius meritis et auctoritate confisi, de fratrum Nostrorum consilio et Apostolicae plenitudine potestatis omnibus … ad basilicas ipsas accedentibus reverenter, vere paenitentibus et confessis . . . in huiusmodi praesenti et quolibet centesimo secuturo annis non solum plenam et largiorem, immo plenissimam omnium suorum concedemus et concedimus veniam peccatorum …”

 

 

– testo in inglese non integrale con data 22 febbraio 1300, da Denzinger, Heinrich Joseph Dominicus (et. al.) Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, in: http://patristica.net/denzinger/ paragrafo 467

 

“BONIFACE VIII 1294-1303

Indulgences *

[From the jubilee Bull “Antiquorum habet” Feb. 22, 1300]

467 A faithful report of the ancients holds that to those approaching the honorable Basilica of the Prince of the Apostles are granted great remissions of sins and indulgences. We….. confirm and by apostolic authority approve all such remissions and indulgences, holding them all and individually valid and pleasing . . . .”

 

 

– testo in francese non integrale con data 22 febbraio 1300, in: http://catho.org/9.php?d=bwk#c4g numero 868

 

868
Une relation digne de foi des anciens rapporte qu’à ceux qui se rendaient à la vénérable basilique des princes des apôtres de la Ville, étaient accordées de grandes rémissions et indulgences des péchés.
Nous donc… qui considérons toutes et chacune de ces rémissions et de ces indulgences comme légitimes et bienvenues, nous les confirmons et les approuvons en vertu de l’autorité apostolique…
Confiants en la miséricorde de Dieu tout-puissant et dans les mérites et l’autorité de ces mêmes apôtres, sur le conseil de nos frères et en vertu de la plénitude du pouvoir apostolique, à tous ceux qui… se rendent avec respect dans ces basiliques, qui ont vraiment fait pénitence et se sont confessés,… dans la présente année et dans chaque centième année qui suivra, nous concéderons et nous concédons un pardon non seulement large et plénier, mais le plus plénier, de tous leurs péchés.”

 

 

– testo in italiano con data 22 febbraio 1300, in: http://www.totustuustools.net/denzinger/b8antiqu.htm

 

22 febbraio 1300

 

Bonifacio Vescovo, servo dei servi di Dio, per la certezza dei presenti e la memoria dei futuri.

 

C’è adesione degna di fede da parte di vecchi che a coloro, i quali accedono all’onoranda Basilica del principe degli Apostoli di Roma, sono concesse grandi missioni ed indulgenze dei peccati.

 

Noi dunque, che secondo i doveri del nostro ufficio, ricerchiamo e procuriamo con viva soddisfazione il vantaggio dei singoli, ritenendo certe e da rispettarsi tutte queste indulgenze, queste stesse con 1’autorita apostolica confermiamo, approviamo, ed anche rinnoviamo con il patrocinio di questa scrittura. E pertanto, poiché‚ i Beatissimi apostoli Pietro e Paolo più sono onorati tanto devotamente le loro Basiliche saranno affollate dai fedeli e affinché‚ gli stessi si sentano sempre più rinfrancati con un’elargizione di doni spirituali, per questo, noi accordiamo, affidandoci alla misericordia di Dio Onnipotente ed ai meriti ed alla autorità dei medesimi Apostoli, col consiglio dei nostri fratelli e nella pienezza del potere apostolico, a tutti quelli che nel presente anno mille e trecento, cominciato da poco con la festa della Natività di nostro Signore Gesù Cristo, ed in qualunque altro centesimo anno seguente accederanno alle suddette Basiliche con riverenza e veramente pentiti e confessati, ed a quelli che veramente si pentiranno in questo presente centesimo anno ed in qualunque anno centesimo avvenire, non solo pieno ed assai largo, ma anzi assai pienissimo perdono dei loro peccati.

 

Stabiliamo che coloro i quali vogliano essere fatti partecipi di simile indulgenza da Noi concessa accedano alle suddette Basiliche, se saranno romani almeno per trenta giorni continui od intercalati ed almeno una volta al giorno; se poi saranno pellegrini o forestieri facciano allo stesso modo per quindici giorni. Ciascuno tanto più meriti e tanto più efficacemente consegna 1’indulgenza se le stesse Basiliche più ampiamente e devotamente frequenterà. A nessun uomo giammai sia lecito in firmare questo pubblico atto della conferma, approvazione, innovazione, concessione e costituzione nostra, né‚ gli sia lecito con temerario ordine contraddirvi. Se poi alcun avrà avuto la presunzione di ciò, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei Beati Pietro e Paolo Apostoli.

 

Dato in Roma, presso san Pietro il 22 febbraio, anno sesto del Nostro Pontificato.

 

 

 

[17] Cito da: https://it.wikipedia.org/wiki/Giubileo_universale_della_Chiesa_cattolica

 

 

 

[18] Paolo Farinella, Storia del Giubileo pubblicata a puntate sulla rivista Missioni Consolata da ottobre 2015 a dicembre 2016, capitolo 8 Il Giubileo snaturato, paragrafo L’invenzione del giubileo, pagine 46-47, in:

https://www.rivistamissioniconsolata.it/wp/wp-content/uploads/2017/01/Paolo-Farinella-Storia-del-Giubileo.pdf

 

“Il vero inventore del Giubileo nella storia della Chiesa fu Bonifacio VIII, anche se in un primo momento fu riluttante fino al punto di tentare di abolire le concessioni date dai predecessori Onorio a Francesco e Celestino V alla cattedrale di Collemaggio (L’Aquila), ma senza riuscirci. Egli si dovette rassegnare all’uso ormai invalso e, da fine politico, lo trasformò in strumento prezioso per affermare il suo potere sia sul piano interno della Chiesa, sia su quello prettamente politico internazionale.

 

Eletto il 24 dicembre 1294 e insediatosi il 23 gennaio del 1295 emanò subito una bolla pontificia con cui concesse l’indulgenza plenaria ai crociati che partivano, ai francescani che andavano in missione presso i Tartari, e a chiunque si fosse armato per combattere i Siciliani di Carlo d’Angiò e la famiglia dei Colonna che osavano mettere in discussione la legittimità della sua elezione. In cambio, si poteva commutare l’indulgenza con 300 libbre di tornesi (moneta d’argento, ufficiale nella Francia di Filippo IV il Bello e nella Sicilia dei d’Angiò).

 

Con la pubblicazione della bolla «Unam Sanctam», il papa affermò in modo solenne la superiorità del suo potere su quello di qualsiasi principe e imperatore in base al principio che lo spirituale è superiore al materiale. Uno degli strumenti usati a questo scopo, fu appunto il giubileo del 1300.

 

Avendo visto che il popolo romano, al compimento del secolo, spontaneamente si ammassava in san Pietro e nelle altre basiliche perché convinto che nell’anno «centesimo» (il 1300) vi fosse automaticamente la remissione dei peccati, Bonifacio VIII il 16 febbraio 1300 (quasi due mesi dopo l’inizio del nuovo secolo) indisse un giubileo con valore retroattivo, a partire dal 25 dicembre del 1299 ed esteso fino alla Pasqua successiva. La remissione fu concessa a tutti coloro che, pur avendone avuta l’intenzione, non erano potuti arrivare a Roma o erano morti lungo il viaggio. Per dare più importanza al documento, fece modificare la data d’indizione, portandola al 22 febbraio, ricorrenza della memoria della «Cattedra di san Pietro», sottolineando così l’autorità papale assoluta e indiscussa.

 

Per l’occasione il papa fece organizzare una processione che attraversò Roma con una fila interminabile di preti, vescovi e cardinali che lo precedevano. Il papa, assiso su un cavallo bianco, le cui briglie erano tenute da due chierici. Davanti a loro, due palafrenieri portavano su cuscino rosso, una spada e una tiara bipartita, simboli dell’unione del potere temporale e di quello spirituale. In questo modo il papa intendeva dire al mondo e specialmente a Filippo IV di Francia chi era il capo indiscusso. Il successo del Giubileo fu così grande che lo stesso Bonifacio VIII stabilì che ogni cento anni se ne celebrasse uno.

 

La questione delle indulgenze fu affrontata dal punto di vista teologico, attraverso una ricerca storica, arrivando alla conclusione che esse sono fondate sui meriti di Gesù Cristo, morto e risorto; questo tesoro prezioso, affidato all’amministrazione della Chiesa, è concesso dal papa, la massima autorità in terra. Vedremo nell’ultima puntata come papa Francesco ribalta questa concezione, non solo non parlando mai d’indulgenze nel senso tradizionale del termine, ma sempre di «indulgenza di Dio», mai di «Giubileo», ma di «Anno della Misericordia», concetti apparentemente simili, ma profondamente differenti dal punto di vista teologico.

 

Se Bonifacio VIII, quando, spinto dalla pietà popolare, si rese conto della forza del Giubileo, se ne servi come strumento politico nella geografia mondiale del potere del suo tempo, papa Francesco oggi afferma solo il primato di Dio e la sua natura di «Padre a perdere» che non si dà pace finché anche uno solo dei suoi figli resta fuori dal suo affetto e dal suo amore. Non si tratta di riscuotere «buoni» per la salvezza a buon mercato, ma favorire l’incontro con Dio attraverso l’unica via possibile che è la persona fisica di Gesù, venuto non solo a «fare l’esegeta del Padre» (Gv 1,18), ma anche a «cercare ciò che era perduto» (Lc 19,10) perché «questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,39).”

 

 

Federica D’Alfonso, Cinque curiosità storiche sul Giubileo, in:

https://www.fanpage.it/cultura/cinque-curiosita-storiche-sul-giubileo/

 

“Il primo Anno Santo fu indetto nel 1300 da Bonifacio VIII, il papa che viene inserito da Dante nel girone infernale dei simoniaci: in effetti, la tradizione storica vuole che motivazioni non del tutto spirituali, ma economiche, siano state la motivazione del primo Giubileo della storia. Nello spirito popolare del tempo l’anno 1300 venne vissuto come un’epoca di passaggio, e numerosi frati predicavano una rivoluzione spirituale che sarebbe avvenuta proprio il primo giorno dell’anno: numerosi pellegrini si riversarono così nella Basilica di San Pietro nella speranza di ottenere un’indulgenza straordinaria, e Bonifacio VIII, sfruttando lo spontaneo moto popolare, decise di stabilire l’Anno Santo, per confermare il proprio potere temporale e riaffermare l’autorità spirituale della Chiesa.”

 

 

Papa Bonifacio VIII, paragrafo 2.6 L’istituzione del Giubileo, in:

https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Bonifacio_VIII

 

“Il Giubileo ebbe un grande successo e l’afflusso di pellegrini a Roma fu enorme (il Villani parla di 300.000 pellegrini[37]). A parte la diffusa e sentita necessità di “indulgenza” in quel periodo (anche la partecipazione alle crociate offriva questo stesso beneficio), l’arrivo dei pellegrini a Roma da tutto il mondo, oltre a significare un notevole apporto di denaro, esaltava la magnificenza della Città Eterna e consolidava il primato e il prestigio del pontefice[39].

 

Secondo molti storici, il Giubileo rappresentò per il papa «una breve ma felice parentesi di pace»[40], che gli permise, tra l’altro, di rimpinguare le finanze pontificie. Il papa però non ricevette l’omaggio dei sovrani d’Europa e questo fu per lui motivo di grande delusione. Le assenze dei regnanti volevano in qualche modo significare che la sua aspirazione di riunire nelle sue mani sia il potere spirituale che quello temporale era probabilmente soltanto un’illusione.”

 

Note del testo ora citato

 

“37 C. Rendina, I papi, p. 510.

38 Claudio Rendina, La vita segreta dei Papi, Mondadori, Cap 17: “L’invenzione dell’Anno

     Santo”, p. 87.

39 Del grande afflusso di pellegrini parla anche Dante Alighieri:

     «Deh peregrini, che pensosi andate, / forse di cosa che non v’è presente, / venite voi da

     sì lontana gente, / com’a la vista voi ne dimostrate»

 

     (Dante Alighieri, Vita Nuova, XL, 24)

    

     «…/come i Roman per l’essercito molto, / l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno

     a passar la gente modo colto, / che dall’un lato tutti hanno la fronte / verso ‘l castello e

     vanno a Santo Pietro; / dall’altra sponda vanno verso il monte.»

 

     (DanteAlighieri, Divina commedia, Inferno, Canto XVIII, 28-33)

 

40 Vedi E. Duprè Thesèider, Bonifacio VIII, op. cit.”

 

 

[19] Si vedano i passi citati nella nota 5 e nelle note dalla 7 alla 12.

 

 

 

[20] https://giorgiocannella.com/index.php/2019/07/10/cooperazione-internazionale-geo-politica/

 

 

[21] Salmo 103, versetto 12.

 

 

[22] Salmo 103, versetto 12.

 

 

[23] Libro del levitico capitolo 5, versetti 20-26.

Libro dei numeri, capitolo 5, versetti 5-8.

Vangelo secondo Matteo capitolo 5, versetti 23-24.

 

 

[24] Libro del levitico, capitolo 25, versetti 1-55.

 

 

[25] Libro del profeta Isaia, capitolo 61, versetti 1-2a.

Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti 14-21.

 

 

[26] Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti 14-21.

 

 

[27] Vangelo secondo Luca, capitolo 6, versetto 20.

Lettera ai romani, capitolo 7, versetti 4-6.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 15, versetti 1-14.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 23, versetti 13-36.

Libro del profeta Isaia, capitolo 32, versetto 7.

Libro del profeta Isaia, capitolo 11, versetto 4.

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito https://giorgiocannella.com/

 

Riflessioni sul digiuno e sulla penitenza

Ogni anno vengono pubblicati molti sussidi per aiutare i cristiani a vivere il periodo della quaresima.[1]

Pochi pongono mente al fatto che la prima preghiera comunitaria che viene recitata durante il periodo della quaresima contiene delle indicazioni utili per vivere bene il digiuno quaresimale.

Mi riferisco alla prima preghiera della Liturgia delle ore del primo giorno della quaresima: l’Ufficio delle letture del mercoledì delle ceneri.

In essa, dopo l’invitatorio con il suo salmo, l’inno e tre brani presi dal libro dei salmi, vi sono due letture: un brano preso dal libro del profeta Isaia e un brano preso dalla Lettera ai corinzi di san Clemente I papa.

 

Condurremo un breve esame a partire dalla prima delle due letture ora dette per verificare se il digiuno quaresimale e di altri periodi dell’anno, come viene praticato oggi e come è disciplinato nel diritto canonico, è conforme a quanto si legge nella Bibbia.

Successivamente, faremo lo stesso partendo da un passo della Bibbia che parla della penitenza.

Concluderemo proponendo le modifiche necessarie per far sì che la disciplina del digiuno e della penitenza contenuta nel diritto canonico sia conforme all’insegnamento della Scrittura.

Come è noto, infatti, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

 

 

 

IL DIGIUNO CHE È GRADITO A DIO

Come abbiamo detto poc’anzi, nell’Ufficio delle letture del mercoledì delle ceneri si legge un brano tratto dal libro del profeta Isaia.

Si tratta del capitolo 58, versetti 1-12, “Il digiuno che è gradito a Dio”.[2]

Il testo in esame afferma chiaramente che il digiuno gradito a Dio non è il digiuno dai cibi e dalle bevande, ma il digiuno dall’odio, dall’ingiustizia e dallo sfruttamento, per praticare le opere di carità e la giustizia.

 

Nel Nuovo testamento Gesù arricchisce l’insegnamento vetero-testamentario sul digiuno con la sua parola e il suo esempio di vita.

Non possiamo dimenticare, infatti, che l’insegnamento di Gesù non si pone in contrapposizione con la Legge e con i profeti, ma ne costituisce il pieno compimento.[3]

Ebbene, in tutto il Nuovo testamento Gesù non impone alcuna pratica di digiuno o di astinenza, ma digiuna o dice che bisogna digiunare in tre occasioni.

In primo luogo, Gesù[4] digiuna per prepararsi alla missione che Dio padre gli assegna, come Mosè[5] ed Elia[6] si sono astenuti dal cibo per prepararsi all’incontro con Dio.

Poi Gesù afferma che i suoi discepoli digiuneranno quando egli sarà loro tolto.[7]

Infine, Gesù dice che il digiuno e la preghiera servono per cacciare dei demoni di una razza particolare.[8]

Non vi può essere esitazione dunque nell’affermare che, secondo la Scrittura:

  • il digiuno gradito a Dio non è il digiuno dai cibi e dalle bevande, ma il digiuno dall’odio, dall’ingiustizia e dallo sfruttamento, per praticare le opere di carità e la giustizia;
  • nessuna pratica di digiuno o di astinenza viene imposta da Gesù;
  • secondo l’insegnamento di Gesù, il cristiano digiuna quando deve prepararsi a intraprendere la missione che Dio gli assegna, nel periodo dalle ore 15.00 del venerdì santo[9] all’aurora della domenica di Pasqua[10] e quando deve cacciare demoni di una razza particolare.

 

Al contrario, il diritto canonico e gli atti pastorali delle autorità della Chiesa prevedono una pratica generalizzata dell’astinenza dalle carni e del digiuno da compiere durante vari giorni dell’anno.

Il canone 1251 del codice di diritto canonico, infatti, recita:

  • “Si osservi l’astinenza dalle carni o da altro cibo, secondo le disposizioni della Conferenza Episcopale, in tutti e singoli i venerdì dell’anno, eccetto che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità; l’astinenza e il digiuno, invece, il mercoledì delle Ceneri e il venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo.”.

 

Il canone 1252 del medesimo codice, poi, prevede il limite minimo di età a partire dal quale devono essere osservati l’astinenza e il digiuno sanciti nel canone 1251:

  • “Alla legge dell’astinenza sono tenuti coloro che hanno compiuto il 14° anno di età; alla legge del digiuno, invece, tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato. Tuttavia i pastori d’anime e i genitori si adoperino perché anche coloro che non sono tenuti alla legge del digiuno e dell’astinenza a motivo della minore età, siano formati al genuino senso della penitenza.”

 

Un’opportunità per rendere la pratica del digiuno conforme all’insegnamento contenuto nel passo del libro del profeta Isaia che abbiamo poc’anzi citato è contenuta nelle affermazioni secondo le quali il digiuno dai cibi e dalle bevande può essere sostituito da esercizi di preghiera e opere di carità.

Mi riferisco al canone 1253 del codice di diritto canonico secondo il quale:

  • “La Conferenza Episcopale può determinare ulteriormente l’osservanza del digiuno e dell’astinenza, come pure sostituirvi, in tutto o in parte, altre forme di penitenza, soprattutto opere di carità ed esercizi di pietà.”.

 

Penso altresì alla costituzione apostolica Paenitemini di papa Paolo VI[11] del 17 febbraio 1966 nella quale, anche se viene ribadito il digiuno dai cibi e dalle bevande, si legge che:

  • “Perciò la Chiesa, conservando – là dove più opportunamente potrà essere mantenuta – la consuetudine (osservata per tanti seco li con norme canoniche) di esercitare la penitenza anche mediante l’astinenza dalle carni e il digiuno, pensa di convalidare con sue prescrizioni anche gli altri modi di far penitenza, là dove alle Conferenze Episcopali sembrerà opportuno sostituire l’osservanza della astinenza dalla carne e del digiuno con esercizi di preghiera ed opere di carità.”.

 

Purtroppo, non ho trovato un’identica opportunità nella nota pastorale dell’episcopato italiano Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza pubblicata il 21 ottobre 1994 sul Notiziario della conferenza episcopale italiana.[12]

In quest’ultimo documento, infatti, si afferma più volte che il digiuno e l’astinenza possono essere accompagnati – ma non sostituiti – da esercizi di preghiera e opere di carità.

 

 

 

LA PENITENZA CHE È GRADITA A DIO

Passiamo ora a esaminare la penitenza.

Anche in questo caso, partiamo dalla Scrittura.

Nell’Antico testamento, il libro del profeta Gioele chiarisce qual’è la penitenza gradita a Dio: quella con la quale ci si lacera il cuore e non le vesti.[13]

Anche in questo caso, l’insegnamento di Gesù porta a compimento la Legge e i profeti esplicitando le tre componenti della penitenza – l’elemosina, la preghiera, il digiuno – e chiarendo quale sia il modo di compierle quando si fa penitenza[14]:

  • fare l’elemosina senza vantarsi di quello che si è fatto;
  • pregare individualmente nella propria stanza;[15]
  • digiunare senza darlo a vedere.

 

È bene ricordare che la penitenza non è la contropartita da pagare per poter essere giustificati dalla redenzione operata da Cristo.

La Scrittura, infatti, afferma chiaramente che la giustificazione in parola è gratuita.[16]

Dopo secoli di incomprensioni su questo tema, la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, firmata da cattolici e luterani ad Augusta, in Germania, il 31 ottobre 1999, ha riconosciuto che “noi, in quanto peccatori, dobbiamo la nostra vita nuova soltanto alla misericordia di Dio che perdona e che fa nuove tutte le cose,  misericordia  che  noi  possiamo  ricevere  soltanto  come  dono  nella fede, ma che non possiamo meritare mai e in nessun modo”.[17]

A questo punto, il lettore si potrebbe domandare perché la Bibbia parli della penitenza se al contempo afferma che la giustificazione, che è frutto della redenzione operata da Cristo, è gratuita.

In altre parole, a che cosa serve la penitenza?

La Scrittura ci instrada verso la risposta a questa domanda dicendo che il credente:

  • deve trasformarsi rinnovando la sua mente “per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”[18] e per “rivestire l’uomo nuovo”[19];
  • deve inoltre gettare via le opere delle tenebre per rivestire le armi della luce[20], l’“armatura di Dio”, la “corazza della giustizia”, “lo zelo”, “lo scudo della fede” e “l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio”[21].

 

Il credente, dunque, si lacera il cuore e compie le altre opere della penitenza delle quali parla la Scrittura al fine di ritornare al Signore suo Dio, come si legge nel libro del profeta Gioele.[22]

In questo modo, egli riscopre ogni giorno l’amore infinito che Dio ha per lui.

Con la consapevolezza di questo amore, il credente potrà compiere con gioia le azioni necessarie per rinnovare la sua mente e rivestire l’uomo nuovo.

La compresenza di questi due profili – giustificazione gratuita frutto della redenzione e costante necessità di rinnovare la mente e rivestire l’uomo nuovo anche tramite la penitenza – è chiaramente esposta nella Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione del 31 ottobre 1999.[23]

Il diritto canonico oggi vigente non esprime affatto la ricchezza di questo insegnamento biblico sulla penitenza.

Infatti, i canoni 1249 e 1250 recitano:

  • “Can. 1249 – Per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo; ma perché tutti siano tra loro uniti da una comune osservanza della penitenza, vengono stabiliti dei giorni penitenziali in cui i fedeli attendano in modo speciale alla preghiera, facciano opere di pietà e di carità, sacrifichino se stessi compiendo più fedelmente i propri doveri e soprattutto osservando il digiuno e l’astinenza a norma dei canoni che seguono.
  • 1250 – Sono giorni e tempi di penitenza nella Chiesa universale, tutti i venerdì dell’anno e il tempo di quaresima.”

 

Lo stesso va detto del codice dei canoni delle chiese orientali che dedica alla penitenza il canone 882 con il seguente testo:

  • 882 – Nei giorni di penitenza i fedeli cristiani hanno l’obbligo di osservare il digiuno o l’astinenza nel modo stabilito dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.”

 

 

Le difformità che sono state evidenziate tra l’insegnamento contenuto nella Scrittura e il diritto canonico devono essere corrette.

Per i cristiani, infatti, la Bibbia è la parola di Dio.

Come ho già scritto in altri articoli, Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Qualsiasi tesi contraria all’insegnamento che la Bibbia offre sul digiuno e sulla penitenza non può avere alcun valore per la vita dei fedeli.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

LE MODIFICHE DA APPORTARE

I passi biblici citati e le motivazioni esposte in questo articolo rendono necessario apportare le seguenti modifiche al fine di rendere la normativa vigente nella Chiesa conforme alla Scrittura.

 

Codice di diritto canonico, canoni 1249-1251.

I canoni dal 1249 al 1251 sono modificati come segue:

Can. 1249 – §1. Seguendo l’insegnamento dell’Antico testamento, la Chiesa insegna che la penitenza gradita a Dio è quella con la quale il credente si lacera il cuore, non le vesti, al fine di ritornare al Signore suo Dio.[24]

§2. In questo modo, il credente riscopre ogni giorno l’amore infinito che Dio ha per lui. Con la consapevolezza di questo amore, egli potrà compiere con gioia le azioni necessarie per rinnovare la sua mente e rivestire l’uomo nuovo.[25]

 

Can. 1250 §1. Consapevole che Gesù divino maestro non è venuto ad abolire la Legge e i profeti ma a darvi pieno compimento[26], la Chiesa afferma che le tre componenti della penitenza sono l’elemosina, la preghiera e il digiuno.[27]

§2. L’elemosina si pratica senza vantarsi di quello che si è fatto.

§3. La preghiera della penitenza si effettua individualmente nella propria stanza.

§4. Il digiuno si pratica senza darlo a vedere.

 

Can. 1251 – Seguendo l’insegnamento dell’Antico testamento, la Chiesa insegna che il digiuno gradito a Dio non è il digiuno dai cibi e dalle bevande, ma il digiuno dall’odio, dall’ingiustizia e dallo sfruttamento, per praticare le opere di carità e la giustizia.[28]

 

Can. 1252 – Fondandosi sulla parola e sull’esempio di vita del Figlio di Dio fatto uomo, la Chiesa afferma che nessuna pratica di digiuno o di astinenza viene imposta da Gesù, ma che il cristiano digiuna quando deve prepararsi a intraprendere la missione che Dio gli assegna[29], nel periodo dalle ore 15.00 del venerdì santo all’aurora della domenica di Pasqua[30] e quando deve cacciare demoni di una razza particolare[31].

 

Can. 1253 – Ogni disposizione contraria ai canoni 1249, 1250, 1251, 1252 è abrogata.

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali, canone 882.

Il canone 882 del codice dei canoni delle chiese orientali è modificato nel modo seguente:

Can. 882 – §1. Seguendo l’insegnamento dell’Antico testamento, la Chiesa insegna che la penitenza gradita a Dio è quella con la quale il credente si lacera il cuore, non le vesti, al fine di ritornare al Signore suo Dio.[32]

§2. In questo modo, il credente riscopre ogni giorno l’amore infinito che Dio ha per lui. Con la consapevolezza di questo amore, egli potrà compiere con gioia le azioni necessarie per rinnovare la sua mente e rivestire l’uomo nuovo.[33]

 

Can. 882-bis – §1. Consapevole che Gesù divino maestro non è venuto ad abolire la Legge e i profeti ma a darvi pieno compimento[34], la Chiesa afferma che le tre componenti della penitenza sono l’elemosina, la preghiera e il digiuno.[35]

§2. L’elemosina si pratica senza vantarsi di quello che si è fatto.

§3. La preghiera della penitenza si effettua individualmente nella propria stanza.

§4. Il digiuno si pratica senza darlo a vedere.

 

Can. 882-ter – Seguendo l’insegnamento dell’Antico testamento, la Chiesa insegna che il digiuno gradito a Dio non è il digiuno dai cibi e dalle bevande, ma il digiuno dall’odio, dall’ingiustizia e dallo sfruttamento, per praticare le opere di carità e la giustizia.[36]

 

Can. 882-quater – Fondandosi sulla parola e sull’esempio di vita del Figlio di Dio fatto uomo, la Chiesa afferma che nessuna pratica di digiuno o di astinenza viene imposta da Gesù, ma che il cristiano digiuna quando deve prepararsi a intraprendere la missione che Dio gli assegna[37], nel periodo dalle ore 15.00 del venerdì santo all’aurora della domenica di Pasqua[38] e quando deve cacciare demoni di una razza particolare[39].

 

Can. 882-quinquies – Ogni disposizione contraria ai canoni 882, 882-bis, 882-ter, 882-quater è abrogata.

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Qui appresso cito alcuni dei molti sussidi pubblicati in occasione della quaresima 2021.

“Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2021” in:

https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/lent/documents/papa-francesco_20201111_messaggio-quaresima2021.html

 

Monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano “Celebriamo una Pasqua nuova. Il Mistero della Pasqua del Signore Lettera per il tempo di Quaresima e il Tempo di Pasqua” in:

https://www.chiesadimilano.it/documento/celebriamo-una-pasqua-nuova-il-mistero-della-pasqua-del-signore-368471.html

 

Monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli “Per raccogliere i dettagli della vita… Messaggio per la Quaresima 2021” in:

https://www.chiesadinapoli.it/wd-doc-ufficiali/per-raccogliere-i-dettagli-della-vita/

 

 

 

[2] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

Tutte le citazioni del Catechismo della chiesa cattolica presenti in questo articolo sono prese da:

http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm

 

 

 

Libro del profeta Isaia, capitolo 58, versetti 1-12:

 

“[1] Grida a squarciagola, non aver riguardo;
come una tromba alza la voce;
dichiara al mio popolo i suoi delitti,
alla casa di Giacobbe i suoi peccati.

[2] Mi ricercano ogni giorno,
bramano di conoscere le mie vie,
come un popolo che pratichi la giustizia
e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio;
mi chiedono giudizi giusti,
bramano la vicinanza di Dio:

[3] “Perché digiunare, se tu non lo vedi,
mortificarci, se tu non lo sai?”.
Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari,
angariate tutti i vostri operai.

[4] Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi
e colpendo con pugni iniqui.
Non digiunate più come fate oggi,
così da fare udire in alto il vostro chiasso.

[5] È forse come questo il digiuno che bramo,
il giorno in cui l’uomo si mortifica?

Piegare come un giunco il proprio capo,
usare sacco e cenere per letto,
forse questo vorresti chiamare digiuno
e giorno gradito al Signore?

[6] Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique,
togliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?

[7] Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?

[8] Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.

[9] Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà;
implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,

[10] se offrirai il pane all’affamato,
se sazierai chi è digiuno,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio.

[11] Ti guiderà sempre il Signore,
ti sazierà in terreni aridi,
rinvigorirà le tue ossa;
sarai come un giardino irrigato
e come una sorgente
le cui acque non inaridiscono.

[12] La tua gente riedificherà le antiche rovine,
ricostruirai le fondamenta di epoche lontane.
Ti chiameranno riparatore di brecce,
restauratore di case in rovina per abitarvi.”

 

 

 

[3] Vangelo secondo Matteo, capitolo 5, versetto 17:

 

“[17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 3, versetti 13-15:

 

“[13] In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui.

[14] Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”.

[15] Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia“. Allora Giovanni acconsentì.”

 

 

 

Lettera ai romani, capitolo 3, versetti 27-31:

 

“[27] Dove sta dunque il vanto? Esso è stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede.

[28] Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge.

[29] Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche dei pagani? Certo, anche dei pagani!

[30] Poiché non c’è che un solo Dio, il quale giustificherà per la fede i circoncisi, e per mezzo della fede anche i non circoncisi.

[31] Togliamo dunque ogni valore alla legge mediante la fede? Nient’affatto, anzi confermiamo la legge.”

 

 

 

[4] Il digiuno di Gesù

Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetti 9-13:

 

“[9] In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.

[10] E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba.

[11] E si sentì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”.

[12] Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto

[13] e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 4, versetti 1-11:

 

“[1] Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo.

[2] E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.

[3] Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: “Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane”.

[4] Ma egli rispose: “Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

[5] Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio

[6] e gli disse: “Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,
ed essi ti sorreggeranno con le loro mani,
perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede”.
[7] Gesù gli rispose: “Sta scritto anche:
Non tentare il Signore Dio tuo”.

[8] Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:
[9] “Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai”.

[10] Ma Gesù gli rispose: “Vattene, satana! Sta scritto:
Adora il Signore Dio tuo
e a lui solo rendi culto”.

[11] Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.”

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti 1-13:

 

“[1] Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto

[2] dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.

[3] Allora il diavolo gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane”.

[4] Gesù gli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo”.

[5] Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse:

[6] “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio.

[7] Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo”.

[8] Gesù gli rispose: “Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai”.

[9] Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù;

[10] sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordine per te,
perché essi ti custodiscano;

[11] e anche:
essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra”.

[12] Gesù gli rispose: “È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo”.

[13] Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.”

 

 

 

 

[5] Il digiuno di Mosè

Libro dell’esodo, capitolo 34, versetto 27-35:

 

“[27] Il Signore disse a Mosè: “Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un’alleanza con te e con Israele”.

[28] Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiar pane e senza bere acqua. Il Signore scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole.

[29] Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui.

[30] Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui.

[31] Mosè allora li chiamò e Aronne, con tutti i capi della comunità, andò da lui. Mosè parlò a loro.

[32] Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai.

[33] Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso.

[34] Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato.

[35] Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando fosse di nuovo entrato a parlare con lui.”

 

 

 

[6] Il digiuno di Elia

Primo libro dei re, capitolo 19, versetti 1-10:

 

“[1] Acab riferì a Gezabele ciò che Elia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i profeti.

[2] Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: “Gli dei mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest’ora non avrò reso te come uno di quelli”.

[3] Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersabea di Giuda. Là fece sostare il suo ragazzo.

[4] Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”.

[5] Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: “Alzati e mangia!”.

[6] Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi.

[7] Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”.

[8] Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.

[9] Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: “Che fai qui, Elia?”.

[10] Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita”.”

 

 

 

[7] Il digiuno dei discepoli di Gesù

Vangelo secondo Marco, capitolo 2, versetti 18-20:

 

“[18] Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: “Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”.

[19] Gesù disse loro: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare.

[20] Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno.”

 

 

 

[8] Il digiuno necessario per cacciare dei demoni di una razza particolare

Vangelo secondo Matteo, capitolo 17, versetti 14-21:

 

“[14] Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo

[15] che, gettatosi in ginocchio, gli disse: “Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell’acqua;

[16] l’ho già portato dai tuoi discepoli, ma non hanno potuto guarirlo”.

[17] E Gesù rispose: “O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatemelo qui”.

[18] E Gesù gli parlò minacciosamente, e il demonio uscì da lui e da quel momento il ragazzo fu guarito.

[19] Allora i discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero: “Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?“.

[20] Ed egli rispose: “Per la vostra poca fede. In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile.

[21] Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno]”.”

 

 

 

[9] L’ora della morte di Gesù in croce: le tre del pomeriggio.

Vangelo secondo Marco, capitolo 15, versetti 33-37:

 

“[33] Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio.

[34] Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

[35] Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: “Ecco, chiama Elia!”.

[36] Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce”.

[37] Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.”

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 27, versetti 45-50:

 

“[45] Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.

[46] Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.

[47] Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Costui chiama Elia”.

[48] E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere.

[49] Gli altri dicevano: “Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!”.

[50] E Gesù, emesso un alto grido, spirò.”

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 23, versetti 44-46:

 

“[44] Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio.

[45] Il velo del tempio si squarciò nel mezzo.

[46] Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo spirò.”

 

 

 

[10] Il momento della risurrezione di Gesù: l’aurora del primo giorno dopo il sabato.

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 1-8:

 

“[1] Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù.

[2] Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole.

[3] Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?”.

[4] Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande.

[5] Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura.

[6] Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto.

[7] Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”.

[8] Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.”

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 1-8:

 

“[1] Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro.

[2] Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa.

[3] Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve.

[4] Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite.

[5] Ma l’angelo disse alle donne: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso.

[6] Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto.

[7] Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto”.

[8] Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annunzio ai suoi discepoli.”

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 24, versetti 1-10:

 

“[1] Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato.

[2] Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro;

[3] ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù.

[4] Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti.

[5] Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?

[6] Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea,

[7] dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno”.

[8] Ed esse si ricordarono delle sue parole.

[9] E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri.

[10] Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli.”

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti 1-2:

 

“[1] Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.

[2] Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”.”

 

 

 

[11] Costituzione apostolica Paenitemini di papa Paolo VI del 17 febbraio 1966, in:

https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/apost_constitutions/documents/hf_p-vi_apc_19660217_paenitemini.html

 

 

 

[12] Nota pastorale dell’episcopato italiano Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza, pubblicata il 21 ottobre 1994 sul Notiziario della conferenza episcopale italiana, in:

http://banchedati.chiesacattolica.it/documenti/2012/10/00015968_il_senso_cristiano_del_digiuno_e_dell_ast.html

 

 

 

[13] La penitenza gradita a Dio

Libro del profeta Gioele, capitolo 2, versetto 13:

 

“[13] Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore vostro Dio,
perchè egli è misericordioso e benigno,
tardo all’ira e ricco di benevolenza
e si impietosisce riguardo alla sventura.”

 

 

 

[14] L’insegnamento di Gesù sulle tre componenti della penitenza: l’elemosina, la preghiera, il digiuno.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 6, versetti 1-18:

 

“[1] Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.

[2] Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.

[3] Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,

[4] perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

[5] Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.

[6] Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

[7] Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole.

[8] Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.

[9] Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;

[10] venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.

[11] Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

[12] e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,

[13] e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
[14] Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi;

[15] ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.

[16] E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.

[17] Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto,

[18] perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.”

 

 

 

[15] Si tenga presente che qui si sta parlando della preghiera durante la penitenza e non della preghiera della comunità dei credenti.

 

 

 

[16] Lettera ai romani, capitolo 3, versetti 19-26:

“[19] Ora, noi sappiamo che tutto ciò che dice la legge lo dice per quelli che sono sotto la legge, perché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio.

[20] Infatti in virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giustificato davanti a lui, perché per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato.

[21] Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti;

[22] giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c’è distinzione:

[23] tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio,

[24] ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù.

[25] Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati,

[26] nel tempo della divina pazienza. Egli manifesta la sua giustizia nel tempo presente, per essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù.”

 

 

 

[17] Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, 31 ottobre 1999, paragrafi 15-17 e 38-39:

 

“15. Insieme  crediamo  che  la  giustificazione  è  opera  di  Dio  uno  e  trino. 

Il Padre ha inviato il Figlio nel mondo per la salvezza dei peccatori.

L’incarnazione, la morte e la resurrezione di Cristo sono il fondamento

e  il  presupposto  della  giustificazione.  Pertanto,  la  giustificazione  si-

gnifica che Cristo stesso è la nostra giustizia, alla quale partecipiamo,

secondo la volontà del Padre, per mezzo dello Spirito Santo. Insieme

confessiamo che non in base ai nostri meriti, ma soltanto per mezzo

della grazia, e nella fede nell’opera salvifica di Cristo, noi siamo accettati

da Dio e riceviamo lo Spirito Santo, il quale rinnova i nostri cuori, ci

abilita e ci chiama a compiere le buone opere.11 ”

 

Nota presente nel testo citato

 

“11 Cfr. Tutti sotto uno stesso Cristo, n. 14, EO 1/1405ss.”

 

 

“16. Tutti gli uomini sono chiamati da Dio alla salvezza in Cristo. Soltanto

per  mezzo  di  lui  noi  siamo  giustificati  dal  momento  che  riceviamo 

questa salvezza nella fede. La fede stessa è anch’essa dono di Dio

per mezzo dello Spirito Santo che agisce, per il tramite della Parola

e dei Sacramenti, nella comunità dei credenti, guidandoli verso quel

rinnovamento della vita che Dio porta a compimento nella vita eterna.

 

17. Condividiamo anche la convinzione che il messaggio della giustificazione

ci orienta in modo particolare verso il centro stesso della testimonianza

che il Nuovo Testamento dà dell’azione salvifica di Dio in Cristo : essa

ci dice che noi, in quanto peccatori, dobbiamo la nostra vita nuova

soltanto alla misericordia di Dio che perdona e che fa nuove tutte le

cose,  misericordia  che  noi  possiamo  ricevere  soltanto  come  dono 

nella fede, ma che non possiamo meritare mai e in nessun modo.”

 

in:

http://www.christianunity.va/content/unitacristiani/it/dialoghi/sezione-occidentale/luterani/dialogo/documenti-di-dialogo/1999-dichiarazione-congiunta-sulla-dottrina-della-giustificazion/20th-anniversary-edition.html

 

 

 

[18] Lettera ai romani, capitolo 12, versetti 1-2:

 

“[1] Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.

[2] Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.”

 

 

 

[19] Lettera agli efesini, capitolo 4, versetti 17-32:

 

“[17] Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente,

[18] accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio a causa dell’ignoranza che è in loro, e per la durezza del loro cuore.

[19] Diventati così insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza, commettendo ogni sorta di impurità con avidità insaziabile.

[20] Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo,

[21] se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù,

[22] per la quale dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici

[23] e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente

[24] e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera.

[25] Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri.

[26] Nell’ira, non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira,

[27] e non date occasione al diavolo.

[28] Chi è avvezzo a rubare non rubi più, anzi si dia da fare lavorando onestamente con le proprie mani, per farne parte a chi si trova in necessità.

[29] Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano.

[30] E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione.

[31] Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità.

[32] Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.”

 

 

 

[20] Lettera ai romani, capitolo 13, versetti 12-14:

 

“[12] La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.

[13] Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie.

[14] Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri.”

 

 

 

[21] Lettera agli efesini, capitolo 6, versetti 10-17:

 

“[10] Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza.

[11] Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo.

[12] La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.

[13] Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove.

[14] State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia,

[15] e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace.

[16] Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno;

[17] prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.”

 

 

 

[22] Si veda il testo citato nella nota 13.

 

 

 

[23] Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, 31 ottobre 1999, paragrafi 28. 38-39:

 

“28. Insieme confessiamo che nel battesimo lo Spirito Santo unisce l’uomo

a Cristo, lo giustifica e effettivamente lo rinnova. E tuttavia il giustificato,

durante tutta la sua vita, non può mai fare a meno della grazia incon-

dizionatamente giustificante di Dio. Inoltre l’uomo non è svincolato dal

dominio che esercita su di lui il peccato e che lo stringe nelle sue spire

(cfr. Rm 6, 12-14), né egli può esimersi dal combattimento di tutta una

vita contro l’opposizione a Dio che proviene dalla concupiscenza egoistica

del vecchio Adamo (cfr. Gal 5, 16 ; Rm 7, 7.10). Anche il giustificato deve

chiedere ogni giorno perdono a Dio, così come si fa nel Padre nostro

(Mt 6, 12 ; 1 Gv 1, 9) ; egli è continuamente chiamato alla conversione

e alla penitenza e continuamente gli viene concesso il perdono.

 

 

38. Secondo la concezione cattolica, le buone opere, compiute per mezzo

della grazia e dell’azione dello Spirito Santo, contribuiscono ad una cre-

scita nella grazia, di modo che la giustizia ricevuta da Dio è preservata

e la comunione con Cristo approfondita. Quando i cattolici affermano

il «carattere meritorio» delle buone opere, essi intendono con ciò che,

secondo la testimonianza biblica, a queste opere è promesso un salario

in cielo. La loro intenzione è di sottolineare la responsabilità dell’uomo

nei confronti delle sue azioni, senza contestare con ciò il carattere di

dono delle buone opere, e tanto meno negare che la giustificazione

stessa resta un dono immeritato della grazia.

 

39. Anche nei luterani si riscontra il concetto di una preservazione della grazia

e  di  una  crescita  nella  grazia  e  nella  fede.  Anzi,  essi  sottolineano  che 

la giustizia in quanto accettazione da parte di Dio e partecipazione alla

giustizia di Cristo, è sempre perfetta. Al tempo stesso affermano che i suoi

effetti possono crescere nella vita cristiana. Considerando le buone opere

del cristiano come «frutti» e «segni» della giustificazione e non «meriti»

che gli sono propri, essi comprendono, allo stesso modo, conformemente

al Nuovo Testamento, la vita eterna come «salario» immeritato nel senso

del compimento della promessa di Dio ai credenti (cfr. Fonti del cap. 4.7).”

 

in:

http://www.christianunity.va/content/unitacristiani/it/dialoghi/sezione-occidentale/luterani/dialogo/documenti-di-dialogo/1999-dichiarazione-congiunta-sulla-dottrina-della-giustificazion/20th-anniversary-edition.html

 

 

 

[24] Libro del profeta Gioele, capitolo 2, versetto 13.

 

 

 

[25] Lettera ai romani, capitolo 12, versetti 1-2.

Lettera agli efesini, capitolo 4, versetti 17-32.

Lettera ai romani, capitolo 13, versetti 12-14.

Lettera agli efesini, capitolo 6, versetti 10-17.

 

 

 

[26] Vangelo secondo Matteo, capitolo 3, versetti 13-15; capitolo 5, versetto 17.

Lettera ai romani, capitolo 3, versetti 27-31.

 

 

 

[27] Vangelo secondo Matteo, capitolo 6, versetti 1-18.

 

 

 

[28] Libro del profeta Isaia, capitolo 58, versetti 1-12.

 

 

 

[29] Il digiuno di Gesù

Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetti 9-13.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 4, versetti 1-11.

Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti 1-13.

 

Il digiuno di Mosè

Libro dell’esodo, capitolo 34, versetto 27-35.

 

Il digiuno di Elia

Primo libro dei re, capitolo 19, versetti 1-10.

 

 

 

[30] Vangelo secondo Marco, capitolo 2, versetti 18-20.

Vangelo secondo Marco, capitolo 15, versetti 33-37.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 27, versetti 45-50.

Vangelo secondo Luca, capitolo 23, versetti 44-46.

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 1-8.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 1-8.

Vangelo secondo Luca, capitolo 24, versetti 1-10.

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti 1-2.

 

 

 

[31] Vangelo secondo Matteo, capitolo 17, versetti 14-21.

 

 

 

[32] Libro del profeta Gioele, capitolo 2, versetto 13.

 

 

 

[33] Lettera ai romani, capitolo 12, versetti 1-2.

Lettera agli efesini, capitolo 4, versetti 17-32.

Lettera ai romani, capitolo 13, versetti 12-14.

Lettera agli efesini, capitolo 6, versetti 10-17.

 

 

 

[34] Vangelo secondo Matteo, capitolo 3, versetti 13-15; capitolo 5, versetto 17.

Lettera ai romani, capitolo 3, versetti 27-31.

 

 

 

[35] Vangelo secondo Matteo, capitolo 6, versetti 1-18.

 

 

 

[36] Libro del profeta Isaia, capitolo 58, versetti 1-12.

 

 

 

[37] Il digiuno di Gesù

Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetti 9-13.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 4, versetti 1-11.

Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti 1-13.

 

Il digiuno di Mosè

Libro dell’esodo, capitolo 34, versetto 27-35.

 

Il digiuno di Elia

Primo libro dei re, capitolo 19, versetti 1-10.

 

 

 

[38] Vangelo secondo Marco, capitolo 2, versetti 18-20.

Vangelo secondo Marco, capitolo 15, versetti 33-37.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 27, versetti 45-50.

Vangelo secondo Luca, capitolo 23, versetti 44-46.

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 1-8.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 1-8.

Vangelo secondo Luca, capitolo 24, versetti 1-10.

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti 1-2.

 

 

 

[39] Vangelo secondo Matteo, capitolo 17, versetti 14-21.

 

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito https://giorgiocannella.com/

 

Riflessioni sui consigli evangelici

Il diritto canonico afferma in più punti che i consigli evangelici sono la castità, la povertà e l’obbedienza.[1]

Lo scopo di questo articolo è verificare se nel Nuovo Testamento vi siano realmente i consigli in parola.

Se la ricerca darà esito negativo, sarà necessario modificare il diritto canonico al fine di renderlo conforme a quanto si legge nella Bibbia.

Come è noto, infatti, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

 

LA CASTITÀ

Nell’articolo “Riflessioni sul celibato”[2] ho citato i passi biblici in base ai quali l’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità consacrata non è imposto alle persone che hanno il sacerdozio ministeriale e nemmeno alle altre categorie di fedeli.

Al contrario, la Scrittura esige che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia e che il candidato al presbiterato sia sposato una sola volta con figli credenti.

Per quanto riguarda coloro che fanno vita laicale consacrata, la Scrittura lascia la condizione relazionale di queste persone alla scelta che Dio fa di chiamarle prima o dopo che si siano sposate e abbiano avuto dei figli.

Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla castità come consiglio evangelico non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[3]

 

LA POVERTÀ

In passato si è molto discusso se Gesù Cristo fosse povero e se la Chiesa debba essere povera.

Per rispondere a queste domande, è sufficiente leggere cosa dice la Scrittura in proposito.

 

Per quanto riguarda Gesù, tutti e quattro i vangeli affermano che, dopo averlo crocifisso, i soldati divisero le sue vesti in parti tirando a sorte quale parte doveva toccare a ciascuno di essi.[4]

Ricordo molto bene che per molti anni in chiesa, ogni volta che si leggeva la passione di Gesù Cristo secondo Giovanni, il testo aveva alcune parole in più rispetto a quelle che si leggono oggi.

Dopo le parole “Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo” vi erano anche le parole “di grande valore”.

A prescindere dal fatto che le parole “di grande valore” siano nel testo del vangelo secondo Giovanni oppure no, resta il dato di fatto che i soldati non avrebbero avuto alcun interesse a fare in parti le vesti di Gesù e tirare a sorte tra loro per assegnarsele se queste vesti fossero state in condizioni deprecabili o senza alcun valore.

 

Inoltre, il vangelo secondo Giovanni afferma che Gesù e i dodici apostoli avevano una cassa comune.[5]

Il testo afferma anche che il cassiere era Giuda Iscariota e che si metteva in tasca i soldi della comunità, ma questo non cambia il dato di fatto: nella comunità di Gesù e degli apostoli c’era detenzione e maneggio di denaro.

Né avrebbe potuto essere altrimenti per fare fronte alle necessità di una comunità di più persone.

 

Infine, il vangelo secondo Luca dice che, con Gesù e i dodici apostoli, vi erano anche molte donne “che li assistevano con i loro beni”.[6]

 

In conclusione, i vangeli affermano chiaramente che Gesù Cristo non era povero e che non gli mancava alcunché.

 

A questa conclusione, non è utile opporre le parole di Gesù “il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” per argomentare che Gesù fosse povero.[7]

Gesù Cristo non aveva un posto dove posare il capo non perché fosse senza casa[8], ma perché era un predicatore itinerante e dimorava di volta in volta in luoghi diversi.

Ne parlano gli stessi passi dei due vangeli dai quali sono tratte le parole che abbiamo citato poc’anzi nella nota 6: nel vangelo secondo Matteo, capitolo 8, versetto 18, si legge “ordinò di passare all’altra riva” e nel vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetto 56, si legge “mentre andavano per la strada”.

Ne parlano molti altri passi di tutti e quattro i vangeli.[9]

Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla povertà come consiglio evangelico non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[10]

 

Per quanto riguarda il comportamento che un fedele deve avere con il denaro e con le ricchezze è sufficiente leggere la Scrittura.

Nell’Antico Testamento, nel salmo 62 leggiamo: “alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore”.[11]

Nel Nuovo Testamento, Gesù stesso riprende questo insegnamento nella parabola del ricco stolto.[12]

In essa, Gesù porta a compimento la Legge e i profeti[13] e, all’insegnamento sul distacco del cuore dalla ricchezza, aggiunge quello di accumulare tesori davanti a Dio.

Sono queste le coordinate che ogni credente deve assumere nel suo rapporto con il denaro e con i beni.

Queste stesse coordinate il diritto canonico dovrà sancire per la vita di tutti i credenti cristiani.

 

L’OBBEDIENZA

Nel Nuovo Testamento molti passi affermano che Gesù Cristo era obbediente alla volontà di Dio Padre.

Il passo più conosciuto è quello della Lettera ai filippesi nel quale si afferma che Gesù “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.[14]

Numerosi altri passi affermano lo stesso.[15]

L’obbedienza alla volontà di Dio Padre è quindi un dato inconfutabile della vita di Gesù Cristo.

 

GLI ALTRI CONSIGLI EVANGELICI

Ci domandiamo ora se l’obbedienza sia l’unico consiglio evangelico.

La risposta è no.

Non si può prendere a modello Gesù Cristo per la vita dei credenti solo per uno o alcuni profili della sua vita e non per tutti gli altri.

In altre parole, non si può fare la scelta selettiva – quella che in inglese si chiama “cherry-picking” – con i profili della vita di Cristo.

È necessario individuare il complesso dei profili della vita da Gesù Cristo.

 

Partiamo dal testo dalla Lettera ai filippesi, capitolo 2, versetti 5-8.[16]

Il testo inizia dicendo “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”.

Da questo abbiamo la conferma che il diritto canonico deve disciplinare la vita dei credenti in aderenza al complesso della vita di Gesù Cristo e non solo ad alcuni profili di essa.

I versetti 6, 7 e 8 del passo in esame descrivono in modo preciso la scelta di servizio compiuta da Gesù Cristo con cinque verbi in successione: “assumendo…divenendo…apparso…umiliò…facendosi”.

Ciascuno di questi verbi descrive un profilo della vita di Gesù Cristo che il diritto canonico dovrà sancire per la disciplina della vita di tutti i credenti.

Primo: “assumendo la condizione di servo”.

Gesù Cristo è servo perché svolge il servizio che Dio padre gli ha assegnato.

Secondo: “e divenendo simile agli uomini”.

Gesù Cristo svolge il suo servizio assimilandosi all’intera umanità.

Terzo: “apparso in forma umana”.

Gesù Cristo svolge il suo servizio vivendo la vita umana.

Quarto: “umiliò se stesso”.

Gesù Cristo svolge il suo servizio anche con l’umiliazione.

Quinto: “facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.

Il servizio di Gesù Cristo giunge alla morte infamante dei malfattori.

 

Queste stesse scelte il diritto canonico deve affermare come consigli evangelici per la vita di tutti i credenti cristiani: ogni credente deve svolgere il servizio che Dio gli assegna, assimilandosi all’intera umanità, vivendo la vita umana, anche attraverso la negazione di se stesso e la negazione infamante della sua vita.

A completamento di tutto questo, vanno aggiunte le parole di Gesù “Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.[17]

Questo serve a ricordare al credente non solo che il peso della coerenza ai consigli evangelici può essere portato solo con l’aiuto della grazia di Dio, ma altresì che quest’ultima rende leggero il peso in parola.

 

LE NORME DA MODIFICARE

I passi della Bibbia citati e le argomentazioni esposte in questo articolo conducono alla necessità di modificare alcuni canoni del diritto canonico al fine di renderli conformi alla Scrittura.

 

 

Sui doveri dei fedeli

Il canone 211 del codice di diritto canonico[18] e il canone 14 del codice dei canoni delle chiese orientali[19]

Il canone 211 del codice di diritto canonico e il canone 14 del codice delle chiese orientali vanno modificati nel modo seguente:

§1. Tutti i fedeli cristiani hanno il diritto e il dovere di impegnarsi perché il messaggio divino della salvezza giunga sempre più a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutto il mondo.

§2. Al tal fine ogni fedele cristiano testimonia la sua adesione a Gesù Cristo risorto seguendo i consigli evangelici, vale a dire: svolgendo il servizio che Dio gli assegna sull’esempio di Gesù obbediente alla volontà del Padre[20], assimilandosi all’intera umanità, vivendo la vita umana, anche attraverso la negazione di se stesso e la negazione infamante della sua vita[21].

§3. Nel vivere i consigli evangelici ogni credente ricorda le parole di Gesù Cristo “Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”[22] per essere consapevole che il peso della coerenza ai consigli evangelici può essere portato solo con l’aiuto della grazia di Dio e che quest’ultima rende leggero il peso in parola.

§4. Ogni fedele vive il suo rapporto con il denaro e con i beni secondo l’insegnamento della Scrittura che afferma “alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore”[23] e prescrive di accumulare tesori davanti a Dio[24].

§5. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla povertà e/o sulla castità come consigli evangelici non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

Tutte le citazioni del Catechismo della chiesa cattolica presenti in questo articolo sono prese da:

http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm

 

 

 

[2] https://giorgiocannella.com/index.php/2020/06/01/riflessioni-sul-celibato/

 

 

 

[3] Il testo di questo articolo pubblicato il 2 giugno 2020 conteneva le parole: “In conclusione, la castità non è un consiglio evangelico.”.

Il 29 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla castità come consiglio evangelico non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).”

La contrarietà di qualsiasi affermazione alla parola di Dio, infatti, non necessita di un atto di abrogazione, ma rende l’affermazione stessa inesistente.

Questo perché – lo ripeto ancora una volta – Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se il Nuovo Testamento afferma più volte e inequivocabilmente che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia, che il candidato al presbiterato sia sposato una sola volta, con figli credenti e infine che la condizione relazionale di ogni persona chiamata alla vita laicale consacrata è lasciata alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

 

[4] Vangelo secondo Marco, capitolo 15, versetti 22-24:

 

“[22] Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio,

[23] e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

[24] Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere.”

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 27, versetti 33-36:

 

“[33] Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,

[34] gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.

[35] Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte.

[36] E sedutisi, gli facevano la guardia.”

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 23, versetti 33-34:

 

“[33] Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra.

[34] Gesù diceva: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”.
Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte.”

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 19, versetti 23-24:

 

“[23] I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo.

[24] Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:
Si son divise tra loro le mie vesti
e sulla mia tunica han gettato la sorte.
E i soldati fecero proprio così.”

 

 

 

[5] Vangelo secondo Giovanni, capitolo 12, versetti 1-8:

 

“[1] Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti.

[2] Equi gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.

[3] Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento.

[4] Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse:

[5] “Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?“.

[6] Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.

[7] Gesù allora disse: “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.

[8] I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me”.”

 

 

 

[6] Vangelo secondo Luca, capitolo 8, versetti 1-3:

 

“[1] In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.

[2] C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni,

[3] Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.”

 

 

 

[7] Vangelo secondo Matteo, capitolo 8, versetti 18-23:

 

“[18] Vedendo Gesù una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all’altra riva.

[19] Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: “Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai”.

[20] Gli rispose Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo“.

[21] E un altro dei discepoli gli disse: “Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre”.

[22] Ma Gesù gli rispose: “Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti”.

[23] Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono.”

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 57-62:

 

“[57] Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”.

[58] Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo“.

[59] A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose: “Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre”.

[60] Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annunzia il regno di Dio”.

[61] Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”.

[62] Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”.”

 

 

 

[8] L’ABITAZIONE DI GESÙ CRISTO

Vangelo secondo Matteo, capitolo 4, versetti 12-13:

 

“[12] Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea

[13] e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 1, versetti 35-39:

 

“[35] Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli

[36] e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”.

[37] E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.

[38] Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cercate?”. Gli risposero: “Rabbì (che significa maestro), dove abiti?”.

[39] Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.”

 

 

 

[9] GESÙ CRISTO PREDICATORE ITINERANTE

Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetto 45:

 

“[45] Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.”

 

 

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 6, versetto 56:

 

“[56] E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano.”

 

 

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 11, versetti 15-21:

 

“[15] Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe

[16] e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio.

[17] Ed insegnava loro dicendo: “Non sta forse scritto:
La mia casa sarà chiamata
casa di preghiera per tutte le genti?
Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!”.

[18] L’udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento.

[19] Quando venne la sera uscirono dalla città.

[20] La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici.

[21] Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: “Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 9, versetti 1-2:

 

“[1] Salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città.

[2] Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 9, versetti 35-38:

 

“[35] Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità.

[36] Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.

[37] Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi!

[38] Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 11, versetti 20-24:

 

“[20] Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite:

[21] “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere.

[22] Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.

[23] E tu, Cafarnao,
sarai forse innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi precipiterai!
Perché, se in Sòdoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe!

[24] Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 21, versetti 10-22:

 

“[10] Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: “Chi è costui?”.

[11] E la folla rispondeva: “Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea”.

[12] Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe

[13] e disse loro: “La Scrittura dice:
La mia casa sarà chiamata casa di preghiera
ma voi ne fate una spelonca di ladri”.

[14] Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guarì.

[15] Ma i sommi sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che faceva e i fanciulli che acclamavano nel tempio: “Osanna al figlio di Davide”, si sdegnarono

[16] e gli dissero: “Non senti quello che dicono?”. Gesù rispose loro: “Sì, non avete mai letto:
Dalla bocca dei bambini e dei lattanti
ti sei procurata una lode?”.

[17] E, lasciatili, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.

[18] La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame.

[19] Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: “Non nasca mai più frutto da te”. E subito quel fico si seccò.

[20] Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: “Come mai il fico si è seccato immediatamente?”.

[21] Rispose Gesù: “In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà.

[22] E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti 16-44:

 

“[16] Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.

[17] Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:

[18] Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,

[19] e predicare un anno di grazia del Signore.

[20] Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.

[21] Allora cominciò a dire: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”.

[22] Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: “Non è il figlio di Giuseppe?”.

[23] Ma egli rispose: “Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!”.

[24] Poi aggiunse: “Nessun profeta è bene accetto in patria.

[25] Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;

[26] ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.

[27] C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro”.

[28] All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;

[29] si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.

[30] Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

[31] Poi discese a Cafarnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente.
[32] Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.

[33] Nella sinagoga c’era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte:

[34] “Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!”.

[35] Gesù gli intimò: “Taci, esci da costui!”. E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.

[36] Tutti furono presi da paura e si dicevano l’un l’altro: “Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?”.

[37] E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

[38] Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei.

[39] Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli.

[40] Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.

[41] Da molti uscivano demòni gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!”. Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.

[42] Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.

[43] Egli però disse: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato“.

[44] E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 7, versetti 11-17:

 

“[11] In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.

[12] Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei.

[13] Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!”.

[14] E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Giovinetto, dico a te, alzati!”.

[15] Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre.

[16] Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”.

[17] La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 8, versetti 1-3:

 

“[1] In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.

[2] C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni,

[3] Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 10-11:

 

“[10] Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò verso una città chiamata Betsàida.

[11] Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 10, versetti 1-2:

 

“[1] Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

[2] Diceva loro: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 13, versetto 22:

 

“[22] Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 19, versetti 1-3:

 

“[1] Entrato in Gerico, attraversava la città.

[2] Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,

[3] cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 19, versetti 41-45:

 

“[41] Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:

[42] “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.

[43] Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;

[44] abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”.

[45] Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 4, versetti 1-6:

 

“[1] Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni

[2] – sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,

[3] lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.

[4] Doveva perciò attraversare la Samaria.

[5] Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:

[6] qui c’era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 10, versetti 39-42:

 

“[39] Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.

[40] Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò.

[41] Molti andarono da lui e dicevano: “Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero”.

[42] E in quel luogo molti credettero in lui.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 11, versetti 49-57:

 

“[49] Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: “Voi non capite nulla

[50] e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera”.

[51] Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione

[52] e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.

[53] Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

[54] Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Efraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.

[55] Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.

[56] Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: “Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?”.

[57] Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo.”

 

 

 

[10] Il testo di questo articolo pubblicato il 2 giugno 2020 conteneva le parole: “In conclusione, la povertà non è un consiglio evangelico.”.

Il 29 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sulla povertà come consiglio evangelico non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).”.

La contrarietà di qualsiasi affermazione alla parola di Dio, infatti, non necessita di un atto di abrogazione, ma rende l’affermazione stessa inesistente.

Questo perché – lo ripeto ancora una volta – Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se la Bibbia afferma più volte e inequivocabilmente che Gesù Cristo non era povero e non gli mancava alcunché, che la ricchezza può anche abbondare ma non bisogna attaccarvi il cuore e infine che bisogna accumulare tesori davanti a Dio, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

 

[11] Libro dei salmi, salmo 62:

 

“[1] Al maestro del coro. Su “Iduthun”. Salmo. Di Davide.

[2] Solo in Dio riposa l’anima mia;
da lui la mia salvezza.

[3] Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.

[4] Fino a quando vi scaglierete contro un uomo,
per abbatterlo tutti insieme,
come muro cadente,
come recinto che crolla?

[5] Tramano solo di precipitarlo dall’alto,
si compiacciono della menzogna.
Con la bocca benedicono,
e maledicono nel loro cuore.

[6] Solo in Dio riposa l’anima mia,
da lui la mia speranza.

[7] Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.

[8] In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.

[9] Confida sempre in lui, o popolo,
davanti a lui effondi il tuo cuore,
nostro rifugio è Dio.

[10] Sì, sono un soffio i figli di Adamo,
una menzogna tutti gli uomini,
insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio.

[11] Non confidate nella violenza,
non illudetevi della rapina;
alla ricchezza, anche se abbonda,
non attaccate il cuore
.

[12] Una parola ha detto Dio,
due ne ho udite:
il potere appartiene a Dio,
tua, Signore, è la grazia;

[13] secondo le sue opere
tu ripaghi ogni uomo.”

 

 

 

[12] LA PARABOLA DEL RICCO STOLTO

Vangelo secondo Luca, capitolo 12, versetti 16-21:

 

“[16] Disse poi una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto.

[17] Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?

[18] E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.

[19] Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.

[20] Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?

[21] Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio“.”

 

 

 

[13] GESÙ CRISTO COMPIMENTO DELLA LEGGE E DEI PROFETI

Vangelo secondo Matteo, capitolo 5, versetto 17:

 

“[17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 3, versetti 13-15:

 

“[13] In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui.

[14] Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”.

[15] Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia“. Allora Giovanni acconsentì.”

 

 

 

Lettera ai romani, capitolo 3, versetti 27-31:

 

“[27] Dove sta dunque il vanto? Esso è stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede.

[28] Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge.

[29] Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche dei pagani? Certo, anche dei pagani!

[30] Poiché non c’è che un solo Dio, il quale giustificherà per la fede i circoncisi, e per mezzo della fede anche i non circoncisi.

[31] Togliamo dunque ogni valore alla legge mediante la fede? Nient’affatto, anzi confermiamo la legge.”

 

 

 

[14] GESÙ CRISTO SERVO OBBEDIENTE

Lettera ai filippesi, capitolo 2, versetti 1-11:

 

“[1] Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione,

[2] rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti.

[3] Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso,

[4] senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.

[5] Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,

[6] il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;

[7] ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana,

[8] umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

[9] Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome;

[10] perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra;

[11] e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.”

 

 

 

[15] L’OBBEDIENZA DI GESÙ CRISTO

Vangelo secondo Matteo, capitolo 26, versetti 36-46:

 

“[36] Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: “Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare”.

[37] E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.

[38] Disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me”.

[39] E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!”.

[40] Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: “Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?

[41] Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.

 

[42] E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: “Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà“.

[43] E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.

[44] E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.

[45] Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: “Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l’ora nella quale il Figlio dell’uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.

[46] Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 21, versetti 39-46:

 

“[39] Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono.

[40] Giunto sul luogo, disse loro: “Pregate, per non entrare in tentazione”.

[41] Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava:

[42] “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà“.

[43] Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo.

[44] In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.

[45] Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza.

[46] E disse loro: “Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione”.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 4, versetti 31-34:

 

“[31] Intanto i discepoli lo pregavano: “Rabbì, mangia”.

[32] Ma egli rispose: “Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”.

[33] E i discepoli si domandavano l’un l’altro: “Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?”.

[34] Gesù disse loro: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 5, versetto 19:

 

“[19] Gesù riprese a parlare e disse: “In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 5, versetti 30-32:

 

“[30] Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

[31] Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera;

[32] ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 5, versetti 36-38:

 

“[36] Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.

[37] E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto,

[38] e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 6, versetti 37-40:

 

“[37] Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò,

[38] perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

[39] E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno.

[40] Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 7, versetti 15-19:

 

“[15] I Giudei ne erano stupiti e dicevano: “Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?”.

[16] Gesù rispose: “La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato.

[17] Chi vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso.

[18] Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l’ha mandato è veritiero, e in lui non c’è ingiustizia.

[19] Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?”.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 8, versetti 28-30:

 

“[28] Disse allora Gesù: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo.

[29] Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite“.

[30] A queste sue parole, molti credettero in lui.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 8, versetti 54-55:

 

“[54] Rispose Gesù: “Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”,

[55] e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 10, versetti 17-18:

 

“[17] Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.

[18] Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio“.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 10, versetti 24-30:

 

“[24] Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: “Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”.

[25] Gesù rispose loro: “Ve l’ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza;

[26] ma voi non credete, perché non siete mie pecore.

[27] Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

[28] Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.

[29] Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.

[30] Io e il Padre siamo una cosa sola“.

 

[31] I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.

[32] Gesù rispose loro: “Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?”.

[33] Gli risposero i Giudei: “Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”.

[34] Rispose loro Gesù: “Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dei?

[35] Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata),

[36] a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?

[37] Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;

[38] ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre“.

[39] Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 12, versetti 48-50:

 

“[48] Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell’ultimo giorno.

[49] Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.

[50] E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me“.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 14, versetti 9-11:

 

“[9] Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?

[10] Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.

[11] Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 14, versetti 22-24:

 

“[22] Gli disse Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?”.

[23] Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

[24] Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 14, versetti 28-31:

 

“[28] Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.

[29] Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.

[30] Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me,

[31] ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui”.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 15, versetti 9-11:

 

“[9] Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.

[10] Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.

[11] Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 15, versetto 15:

 

“[15] Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 18, versetti 10-11:

 

“[10] Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.

[11] Gesù allora disse a Pietro: “Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?”.”

 

 

 

Lettera ai romani, capitolo 5, versetti 17-19:

 

“[17] Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.

[18] Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita.

[19] Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.”

 

 

 

Lettera agli ebrei, capitolo 5, versetti 5-10:

 

“[5] Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse:
Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.

[6] Come in un altro passo dice:
Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek.

[7] Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà;

[8] pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì

[9] e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono,

[10] essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedek.”

 

 

 

[16] Lettera ai filippesi, capitolo 2, versetti 5-8:

 

“[5] Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,

[6] il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;

[7] ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana,

[8] umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.”

 

 

 

Lettera agli ebrei, capitolo 10, versetti 5-10:

 

“[5] Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:
Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato.

[6] Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato.

[7] Allora ho detto: Ecco, io vengo
– poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
per fare, o Dio, la tua volontà.

[8] Dopo aver detto prima non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose tutte che vengono offerte secondo la legge,

[9] soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.
[10] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.”

 

 

 

 

[17] Vangelo secondo Matteo, capitolo 11, versetti 28-30:

 

“[28] Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.

[29] Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.

[30] Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero“.”

 

 

 

Prima lettera di Giovanni, capitolo 5, versetto 3:

 

“[3] perché in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.”

 

 

 

[18] Codice di diritto canonico,

canone 211:

“Can. 211 – Tutti i fedeli hanno il dovere e il diritto di impegnarsi perché l’annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo.”

 

 

 

[19] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 14:

Can. 14 – Omnes christifideles ius et obligationem habent allaborandi, ut divinum salutis nuntium ad omnes homines omnium temporum ac totius orbis magis magisque perveniat.”

 

Canone 14 in italiano:

Can. 14 – Tutti i fedeli cristiani hanno il diritto e il dovere di impegnarsi perché il messaggio divino della salvezza giunga sempre più a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutto il mondo.”

 

 

 

[20] Fil 2, 8

Mt 26, 39.42.44

Lc 21, 42

Gv 4, 34; 5, 19.30.36; 6.38; 7, 16; 8, 28-29.55; 10, 18b.25b.30.32.37-38; 12, 49-50; 14, 10-11.24.31; 15, 10; 18, 11

Rm 5, 19

Eb 5, 8; 10, 5.7.9a

 

 

 

[21] Fil 2, 5-8

 

 

 

[22] Mt 11, 30

 

 

 

[23] Sal 62, 11b

 

 

 

[24] Lc 12, 21

 

 

Le note sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

Riflessioni sul battesimo

I passi che il Nuovo Testamento dedica al battesimo ci permettono di migliorare le norme del diritto canonico che consentono di amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini.[1]

Lo scopo di questo articolo è rendere i canoni in parola conformi a quanto si legge nella Bibbia.

Come è noto, infatti, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

 

 

Fin da quando studiavo teologia, desideravo scrivere le mie riflessioni sulla questione della validità del battesimo amministrato ai neonati e ai bambini.

Il compito è arduo perché l’argomento è già stato affrontato da molti celebri autori.

Dunque, cosa può offrire questo mio contributo?

La risposta è duplice: una trattazione comprensibile anche ai non addetti ai lavori, l’esame della questione anche da un punto di vista legale, oltre che teologico e scritturistico.

 

 

IL NUOVO TESTAMENTO

Partiamo dalle fondamenta: il Nuovo Testamento.

Non può esservi dubbio alcuno che il Nuovo Testamento sancisca che il battesimo vada amministrato unicamente a degli adulti consapevoli.

È sufficiente a tal fine leggere tutti i passi che vanno dal battesimo di conversione amministrato da Giovanni il battista[2] fino al battesimo amministrato nella Chiesa delle origini.[3]

 

A ulteriore dimostrazione di quanto appena detto, ci sono i passi dei vangeli di Marco, di Matteo e di Luca nei quali Gesù Cristo rimprovera gli apostoli perché cecavano di allontanare da lui dei bambini.

Nei passi in parola si legge che Gesù accarezzava e abbracciava i bambini, imponeva loro le mani, li benediceva e pregava per loro.[4]

Nulla di più!

Non c’è scritto che Gesù amministrava ai bambini il battesimo.

Per i cristiani, Gesù Cristo è il figlio di Dio che si è incarnato.

Dio è onnipotente.

Se vuole fare qualcosa, la fa.

Se non la vuole fare, non la fa.

Nulla e nessuno può impedire a Dio di fare ciò che egli desidera.

Se Gesù avesse voluto amministrare a quei bambini il battesimo, lo avrebbe fatto.

Se non lo ha fatto, è perché non ha voluto farlo.

Non si riesce a comprendere, dunque, per quale motivo i cristiani dovrebbero amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini se Dio non ha voluto farlo.

 

 

L’OBIEZIONE DI JOACHIM JEREMIAS

Joachim Jeremias obietta[5] che il battesimo dei bambini sarebbe attestato dai passi del Nuovo Testamento nei quali si legge che una persona viene battezzata “con tutti i suoi” o “assieme alla sua famiglia”.[6]

L’obiezione in esame è interessante, ma non può essere condivisa per i seguenti motivi.

 

Innanzitutto, perché non si può dare a un testo un significato difforme da quello che emerge chiaramente dal testo stesso.

Se, come abbiamo letto poc’anzi in ben tre passi di tre vangeli diversi[7], Gesù Cristo non ha voluto amministrare il battesimo ai bambini, non è lecito interpretare le parole “con tutti i suoi” o “assieme alla sua famiglia” per sostenere che il Nuovo Testamento consentirebbe di battezzare i bambini.

 

In secondo luogo, perché senza precisi e inoppugnabili dati testuali, non si può affermare che gli apostoli e san Paolo di Tarso, apostolo delle genti[8], facessero qualcosa di contrario rispetto a quanto ha fatto Gesù Cristo.

Anche in questo caso, infatti, nulla nel Nuovo Testamento consente di dire che gli apostoli e san Paolo di Tarso abbiano scelto di andare contro l’insegnamento di Gesù Cristo il quale, lo ripetiamo, ha scelto di non amministrare il battesimo ai bambini.[9]

 

Inoltre, la cultura giudaica dalla quale provenivano sia gli apostoli, sia san Paolo di Tarso, prevedeva la sequela del Signore unicamente come atto volontario e consapevole compiuto da un adulto.

Nell’Antico Testamento, infatti, l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza conferirgli il battesimo.

Per rendersene conto, è sufficiente leggere i seguenti passi:

 

  • il passo in cui l’angelo del Signore annuncia alla moglie di Manoach, che era sterile, la nascita di suo figlio Sansone con la missione di iniziare a liberare Israele dalle mani dei Filistei.[10] Anche in questo caso, come nei tre passi dei vangeli citati nella nota 4, una volta nato Sansone, il testo dice che il Signore lo benedisse, non che gli diede il battesimo;[11]

 

  • il passo in cui il Signore suscita lo spirito del giovanetto Daniele perché dimostri pubblicamente come calunniosa l’accusa portata in giudizio da due anziani contro Susanna.[12] Anche in qui, come nei tre passi dei vangeli citati nella nota 4, il testo afferma che il Signore diede a Daniele il dono dell’anzianità per fare da giudice nella contesa tra i due anziani e Susanna e afferma anche che, in seguito a questo episodio, Daniele “divenne grande di fronte al popolo”, ma non si legge che il Signore diede a Daniele il battesimo.

 

Infine, va tenuto presente che, nella cultura romana, i neonati e i bambini non potevano prendere decisioni in modo autonomo, perché erano soggetti alla potestà del padre di famiglia.

D’altro canto, se il padre di famiglia avesse chiesto il battesimo per i neonati e i bambini della sua famiglia o, per ipotesi, questi ultimi lo avessero chiesto autonomamente per se stessi, le tre motivazioni già esposte in questo paragrafo portano a concludere che la richiesta sarebbe stata cortesemente rifiutata.

 

Alla luce delle motivazioni esposte, le parole “con tutti i suoi” e “assieme alla sua famiglia” presenti nei passi usati da Joachim Jeremias devono essere intese come riferite alle seguenti categorie di persone:

  • persone adulte e consapevoli non più soggette alla potestà del padre di famiglia a seguito della manumissio o della emancipatio; [13]
  • persone adulte e consapevoli non più soggette alla potestà del padre di famiglia perché la loro condizione schiavile era cessata a seguito di manumissio vindicta o di manumissio testamento o di manumissio censu;[14]
  • persone adulte e consapevoli soggette alla potestà del padre di famiglia le quali, con il consenso di quest’ultimo, hanno chiesto di ricevere il battesimo.

 

In conclusione, i passi biblici esaminati e le argomentazioni esposte finora ci portano ad affermare che:

  • Gesù Cristo ha scelto di non amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini;
  • il battesimo nel Nuovo Testamento viene amministrato solo a degli adulti consapevoli;
  • sia nel Vecchio Testamento, sia nel Nuovo Testamento l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza somministrazione del battesimo.

 

 

L’ORIGINE DEL BATTESIMO DEI NEONATI E DEI BAMBINI

A questo punto dobbiamo domandarci come abbia avuto inizio la prassi di amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini.

Troviamo la risposta nel paragrafo 4 della “Istruzione sul battesimo dei bambini” del 1980.[15]

Nel paragrafo in esame non si menziona alcun passo della Scrittura, ma si citano dei passi di alcuni scritti di Origène, sant’Agostino di Tagaste, sant’Ireneo di Lione, Ippolito Romano, san Cipriano di Cartagine e si fa menzione di un sinodo dei vescovi africani al quale san Cipriano di Cartagine ha partecipato e che ha sancito la possibilità di battezzare i bambini.

Esaminiamo queste fonti.

 

Per quanto riguarda gli scritti degli autori citati, è bene dare a ciascuno il suo giusto peso.

Per i cristiani, la Bibbia è la parola di Dio.

Le opinioni e le proposte espresse nella riflessione teologica costituiscono un esercizio del diritto alla libera manifestazione del pensiero.[16]

Tuttavia, Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se tutti i passi biblici che abbiamo citato ed esaminato finora sono concordi nell’affermare

  • che Gesù Cristo ha scelto di non amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini,
  • che il battesimo nel Nuovo Testamento viene amministrato solo a degli adulti consapevoli
  • e che in tutta la Bibbia l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza somministrazione del battesimo,

le opinioni e le proposte di stampo diverso, per quanto autorevoli, non possono soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

IL SINODO DI CARTAGINE

Prendiamo ora in esame il sinodo africano citato nel paragrafo 4 della “Istruzione sul battesimo dei bambini” del 1980.

Salvo errori da parte mia, si tratta del sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo, presieduto da san Cipriano vescovo della medesima città.[17] 

 

In ecclesiologia e in storia della chiesa si studia che, affinché un concilio faccia un’affermazione dogmatica, sono necessari tutti e tre i seguenti requisiti: soggetto, oggetto, atto.

Il soggetto è il collegio dei vescovi che devono essere presenti nel concilio per poter discutere e votare.

L’oggetto è la materia, vale a dire la rivelazione.

L’atto è l’intenzione di definire una questione.

Questa intenzione deve essere chiaramente presente negli atti emanati dal concilio: ad esempio, quando è usata la formula “Noi definiamo”.

Se l’intenzione in parola non è presente, non va cercata.

 

Il requisito del soggetto

Il diritto canonico insegna che il collegio dei vescovi è composto dal sommo pontefice che ne è il capo e dai vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del collegio.[18]

Nel sinodo di Cartagine del 251 dopo Cristo:

  • non c’era il collegio dei vescovi, ma solo alcuni vescovi dell’allora porzione dell’Africa facente parte dell’impero romano;
  • non c’era il sommo pontefice.[19]

Questi due dati da soli implicano che il requisito del soggetto non può dirsi presente nel sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo.

 

Per completezza, va ricordato altresì che i sinodi di Cartagine degli anni ’50 del terzo secolo dopo Cristo non erano in comunione con il sommo pontefice e con il collegio dei vescovi.

Questo a causa del contrasto tra Roma e Cartagine sulla questione della validità del battesimo amministrato fuori della chiesa cattolica.[20]

 

Il requisito dell’oggetto

L’affermazione resa dal sinodo di Cartagine del 251 dopo Cristo secondo la quale si può amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini è sicuramente non conforme alla rivelazione.

Questo perché l’esame dei passi biblici e delle argomentazioni esposte in questo articolo conducono alle seguenti conclusioni:

  • Gesù Cristo ha scelto di non amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini;
  • il battesimo nel Nuovo Testamento viene amministrato solo a degli adulti consapevoli;
  • sia nel Vecchio Testamento sia nel Nuovo Testamento l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza somministrazione del battesimo.

Pertanto, l’affermazione della possibilità di battezzare neonati e bambini resa dal sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo non è conforme alla rivelazione e quindi non possiede il requisito dell’oggetto.

 

Il requisito dell’atto

Negli atti emanati dal sinodo di Cartagine in esame non c’è la formula “Noi definiamo” o altre espressioni che indichino la chiara intenzione di definire una questione.

Pertanto, l’affermazione resa dal sinodo di Cartagine sulla possibilità di battezzare neonati e bambini non ha il requisito dell’atto.

 

In conclusione, la mancanza dei tre requisiti del soggetto, dell’oggetto e dell’atto comporta che l’affermazione resa dal sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo secondo la quale è possibile battezzare i neonati e i bambini non è dogmatica.

Inoltre, poiché l’affermazione in parola ha un impatto sulla vita di tutti i fedeli, essa rientra nella competenza di un concilio ecumenico.

Poiché il sinodo di Cartagine del 251 dopo Cristo non fu ecumenico, la sua affermazione secondo la quale è possibile battezzare i neonati e i bambini non ha alcun valore.

 

 

IL VALORE DEL BATTESIMO DEI NEONATI E DEI BAMBINI

A questo punto dobbiamo chiederci quale sia il valore del battesimo conferito ai neonati e ai bambini.

 

In teologia sacramentaria si studia che lo schema di ogni sacramento è: Dio chiama, il soggetto risponde, la chiesa conferma.

Spieghiamo questo concetto con due esempi.

 

Il primo.

Tizio è in chiesa per sposarsi.

Non manifesta il consenso in alcun modo e non ha validamente delegato alcuno a rispondere al suo posto.

Risponde “sì” il padre di Tizio presente in chiesa.

Il matrimonio di Tizio è valido?

No.

Il matrimonio di Tizio è invalido per mancanza del consenso.

 

Il secondo esempio.

Tizio è in chiesa per ricevere il sacerdozio ministeriale.

Non manifesta il consenso in alcun modo e non ha validamente delegato alcuno a rispondere al suo posto.

Risponde “sì” la madre di Tizio presente in chiesa.

Il sacerdozio ministeriale è stato validamente conferito a Tizio?

No.

Il sacerdozio ministeriale non è stato validamente conferito a Tizio per mancanza del consenso.

 

Passiamo ora al battesimo.

Tizio – neonato o bambino – è in chiesa per ricevere il battesimo.

Non manifesta il consenso in alcun modo e non ha validamente delegato alcuno a rispondere al suo posto.

Rispondono “sì” i genitori di Tizio presenti in chiesa.

Il battesimo è stato validamente conferito a Tizio?

No.

Il battesimo non è stato validamente conferito a Tizio per mancanza del consenso.

Lo stesso va detto anche nel caso in cui Tizio, bambino, abbia detto “sì”.

Infatti, il neonato e il bambino non hanno ancora l’età della ragione necessaria per dare validamente il loro consenso e fare affermazioni con coscienza e volontà.

 

Un elemento utile a riflettere sull’età necessaria per esprimere un valido consenso ci viene fornito dal codice di diritto canonico e dal codice dei canoni delle chiese orientali.

A proposito dell’età minima per celebrare un valido matrimonio, i due codici citati fissano un’età minima di sedici anni compiuti per l’uomo e di quattrodici anni compiuti per la donna.[21]

Non si riesce a capire, quindi, per quale motivo persone di età inferiore dovrebbero poter esprimere un valido consenso per ricevere il battesimo.

A questa conclusione non vale opporre il fatto che, nel battesimo dei neonati e dei bambini, il consenso viene espresso da degli adulti al loro posto.

Infatti, come abbiamo ricordato all’inizio di questo paragrafo, in teologia sacramentaria si studia che lo schema di ogni sacramento è: Dio chiama, il soggetto risponde, la chiesa conferma.

Il soggetto risponde.

Non una persona diversa risponde al suo posto!

Né potrebbe obiettarsi, infine, che la Chiesa ha disciplinato il battesimo in modo che degli adulti possano esprimere il consenso al posto del neonato e del bambino.

In teologia sacramentaria, infatti, si studia che la Chiesa disciplina i sacramenti, ma non istituisce i sacramenti.

Lo stesso affermano i due codici di diritto canonico citati poc’anzi.[22]

I sacramenti li istituisce Dio.[23]

Solo Dio può decidere se, come e quando donare la sua grazia.

Nessuno vanta dei diritti sulla grazia di Dio.

Se tutti i passi biblici che abbiamo citato ed esaminato finora sono concordi nell’affermare

  • che Gesù Cristo ha scelto di non amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini,
  • che il battesimo nel Nuovo Testamento viene amministrato solo a degli adulti consapevoli
  • e che in tutta la Bibbia l’agire di Dio si attua attraverso un bambino solo in via di eccezione, per un compito preciso che Dio ha pensato per un bambino in particolare e senza somministrazione del battesimo,

nessuna norma della Chiesa può stabilire che Dio deve donare la grazia del battesimo anche ai neonati e ai bambini.

Nessuno può costringere Dio a donare la sua grazia.

 

Inoltre, fissare l’età minima per ricevere validamente il battesimo a sedici anni compiuti per l’uomo e a quattordici anni compiuti per la donna – come abbiamo visto che già accade per il matrimonio – è utile anche per abbandonare la prassi di ricevere i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, confermazione, eucaristia) in tre momenti diversi.

I due codici di diritto canonico della chiesa latina e delle chiese orientali, infatti, affermano che essi sono tra loro congiunti.[24]

Dunque, perché dividerli?

 

Molti pensano che il battesimo dei neonati e dei bambini sia necessario perché il bambino non battezzato non potrebbe salvarsi.

Un cristiano non può avere questa convinzione perché essa è contraria alla Scrittura.

Per rendersene conto è sufficiente leggere il passo del vangelo di Matteo nel quale è scritto che, al momento della morte di Gesù in croce, “i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono”.[25]

Queste persone erano nate, vissute e morte prima della morte di Gesù in croce e dunque non avevano potuto ricevere il battesimo cristiano.

Ciò non ostante, al momento della morte redentrice di Cristo, esse sono risuscitate.

 

Che dire poi di Mosè ed Elia?

Nati, vissuti e morti molto prima dell’incarnazione di Gesù Cristo, anch’essi non avevano potuto ricevere il battesimo cristiano, eppure appaiono vivi ai lati di Gesù durante la sua trasfigurazione mentre conversano con lui.[26]

Di conseguenza, la convinzione secondo la quale sarebbe necessario amministrare il battesimo ai neonati e ai bambini perché questi possano salvarsi è contraddetta dalla Scrittura e, dunque, non può appartenere alla fede cristiana.

 

Lo stesso va detto per la convinzione secondo la quale, in pericolo di morte, bisognerebbe amministrare il battesimo, la confermazione e ricevere per la prima volta l’eucaristia per consentire all’individuo di salvarsi.

I sacramenti ora citati servono per completare l’iniziazione cristiana.

Non sono amuleti o lascia passare per entrare in paradiso!

Come abbiamo letto poc’anzi, la grazia di Dio fa risorgere anche persone decedute prima della morte di Cristo e conduce in paradiso anche persone vissute prima della incarnazione di Cristo.

 

 

In conclusione, i passi biblici citati e le argomentazioni esposte finora non lasciano spazio al dubbio: il battesimo amministrato ai neonati e ai bambini non è conforme alla Scrittura ed è invalido per mancanza del consenso.

La conseguenza del battesimo invalido è chiaramente espressa in entrambi i codici di diritto canonico: senza il battesimo non si possono ricevere validamente gli altri sacramenti.[27]

 

 

I CANONI DA MODIFICARE

Per risolvere il problema fin qui messo in luce, è necessario modificare le norme del codice di diritto canonico e del codice dei canoni delle chiese orientali che permettono di amministrare il battesimo ai feti, ai neonati, ai bambini e a chi non è responsabile dei suoi atti.

A tale scopo, l’età minima per ricevere validamente il battesimo deve essere la medesima che il diritto canonico stabilisce per contrarre validamente il matrimonio.[28]

 

Codice di diritto canonico

I canoni 852, 867, 868, 870 e 871 sono abrogati.

 

Il testo del canone 852 viene sostituito dal seguente:

Can. 852 – §1. Il battesimo viene amministrato validamente solo a uno o più individui adulti e consapevoli.

§2. L’uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici anni compiuti, non possono ricevere validamente il battesimo.

§3. La Conferenza episcopale è libera di fissare una età maggiore per ricevere validamente il battesimo.

§4. Congiuntamente con il battesimo viene amministrata la confermazione e viene ricevuta per la prima volta l’eucaristia.

§5. In nessun caso il pericolo di morte consente di ricevere validamente il battesimo, la confermazione e per la prima volta l’eucaristia.

§6. Tutti gli altri sacramenti non possono essere validamente ricevuti prima di avere ricevuto validamente il battesimo.

§7. Tutte le norme sul battesimo dei feti, dei neonati, dei bambini e di chi non è responsabile dei suoi atti sono abrogate.

§8. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali

I canoni 680 e 681 sono abrogati.

 

Il paragrafo 1 del canone 686 è abrogato.

Nel canone 686, paragrafo 2, le parole “i genitori del bambino da battezzare, come pure” sono abrogate.

Nel canone 686, paragrafo 2, la virgola dopo la parola “padrino” è eliminata.

Il canone 686 risultante dalle modifiche è il seguente:

Can. 686 – §1. [Paragrafo abrogato]

§2. Il parroco provveda che coloro che stanno per assumere la funzione di padrino siano istruiti convenientemente sul significato di questo sacramento e sugli obblighi che ne derivano e siano preparati bene alla celebrazione del sacramento.

 

Il testo del canone 680 è sostituito dal seguente:

Can. 680 – §1. Il battesimo viene amministrato validamente solo a uno o più individui adulti e consapevoli.

§2. L’uomo prima del sedicesimo anno di età compiuto, la donna prima del quattordicesimo anno di età compiuto non possono ricevere validamente il battesimo.

§3. La Conferenza episcopale è libera di fissare una età maggiore per ricevere validamente il battesimo.

§4. Congiuntamente con il battesimo viene amministrata la crismazione del santo myron e viene ricevuta per la prima volta l’eucaristia.

§5. In nessun caso il pericolo di morte consente di ricevere validamente il battesimo, la crismazione del santo myron e per la prima volta l’eucaristia.

§6. Tutti gli altri sacramenti non possono essere validamente ricevuti prima di avere ricevuto validamente il battesimo.

§7. Tutte le norme sul battesimo dei feti, dei neonati, dei bambini e di chi non è responsabile dei suoi atti sono abrogate.

§8. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

 

Codice di diritto canonico,

canoni 852, 867, 868, 870 e 871:

 

“Can. 852 – §1. Le disposizioni contenute nei canoni per il battesimo degli adulti, si applicano a tutti coloro che, usciti dall’infanzia, hanno raggiunto l’uso di ragione.

§2. Viene assimilato al bambino, anche per quanto concerne il battesimo, colui che non è responsabile dei suoi atti.

 

Can. 867 – §1. I genitori sono tenuti all’obbligo di provvedere che i bambini siano battezzati entro le prime settimane; al più presto dopo la nascita, anzi anche prima di essa, si rechino dal parroco per chiedere il sacramento per il figlio e vi si preparino debitamente.

§2. Se il bambino è in pericolo di morte, lo si battezzi senza alcun indugio.

 

Can. 868 – §1. Per battezzare lecitamente un bambino si esige:

1) che i genitori o almeno uno di essi o chi tiene legittimamente il loro posto, vi consentano;

2)n che vi sia la fondata speranza che sarà educato nella religione cattolica fermo restando il §3; se tale speranza manca del tutto, il battesimo venga differito, secondo le disposizioni del diritto particolare, dandone ragione ai genitori.

§2. Il bambino di genitori cattolici e persino di non cattolici, in pericolo di morte è battezzato lecitamente anche contro la volontà dei genitori.

§3.n Il bambino di cristiani non cattolici è lecitamente battezzato, se i genitori o almeno uno di essi o colui che tiene legittimamente il loro posto lo chiedono e se agli stessi sia impossibile, fisicamente o moralmente, accedere al proprio ministro.

 

Can. 870 – Il bambino esposto o trovatello sia battezzato, a meno che, condotta una diligente ricerca, non consti del suo battesimo.

 

Can. 871 – I feti abortivi, se vivono, nei limiti del possibile, siano battezzati.

 

(n: Indica che il testo corrisponde alla nuova versione o a un nuovo paragrafo)

[Articoli modificati da Sua Santità Papa Francesco (cfr. Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio De concordia inter Codices” del 31 maggio 2016)]”

 

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 680, 681, 686:

 

Can. 680 – Foetus abortivus, si vivit et si id fieri potest, baptizetur.

 

Can. 681 – § 1. Ut infans licite baptizetur, oportet:

1° spes habeatur fundata eum in fide Erclesiae catholicae educatum iri firma § 5;

2° parentes, saltem eorum unus, aut is, qui legitime eorundem locum tenet, consentiant.

  • 2. Infans expositus et inventus, nisi de eiusdem baptismo certe constat, baptizetur.
  • 3. Rationis usu ab infantia destituti baptizandi sunt ut infantes.
  • 4. Infans sive parentum catholicornm sive etiam acatholicorum, qui in eo versatur vitae discrimine, ut prudenter praevideatur moriturus, antequam usum rationis attingit, licite baptizatur.
  • 5. Infans christianorum acatholicorum licite baptizatur, si parentes aut unus saltem eorum aut is, qui legitime eorundem locum tenet, id petunt et si eis physice aut moraliter impossibile est accedere ad ministrum proprium.

 

Can. 686 – § 1. Parentes obligatione tenentur, ut infans quam primum secundum legitimam consuetudinem baptizetur.

§2. Curet parochus, ut infantis baptizandi parentes itemque, qui munus patrini sunt suscepturi, de significatione huius sacramenti deque obligationibus cum eo cohaerentibus congrue edoceantur et ad celebrationem sacramenti apte praeparentur.”

 

 

I canoni 680, 681 e 686 in italiano:

 

Can. 680 – Un feto abortivo, se è vivo e se ciò è possibile, sia battezzato.

 

Can. 681 – § 1. Perché un bambino sia battezzato lecitamente si esige:

1° che vi sia fondata speranza che esso sarà educato nella fede della Chiesa cattolica, fermo restando il § 5;

2° che i genitori, almeno uno di essi, oppure chi ne fa le veci legittimamente, vi consentano.

  • 2. Il bambino esposto o trovatello, se non risulta con certezza che è stato battezzato, lo si battezzi.
  • 3. Coloro che sono privi dell’uso di ragione fin dall’infanzia devono essere battezzati come i bambini.
  • 4. Il bambino, sia di genitori cattolici sia anche di genitori acattolici, che si trova in un pericolo di morte tale da far ritenere prudentemente che morirà prima di raggiungere l’uso di ragione, è battezzato lecitamente.
  • 5. Il bambino di cristiani acattolici viene battezzato lecitamente se i genitori, oppure almeno uno di essi o colui che ne fa legittimamente le veci, lo richiedono e se ad essi è fisicamente oppure moralmente impossibile recarsi dal proprio ministro.

 

Can. 686 – § 1. I genitori hanno l’obbligo che il bambino sia battezzato al più presto secondo la legittima consuetudine.

§2. Il parroco provveda che i genitori del bambino da battezzare, come pure coloro che stanno per assumere la funzione di padrino, siano istruiti convenientemente sul significato di questo sacramento e sugli obblighi che ne derivano e siano preparati bene alla celebrazione del sacramento.”

 

 

 

[2] IL BATTESIMO AMMINISTRATO DA GIOVANNI IL BATTISTA

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetti 1-11:

 

“[1] Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.

[2] Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.

[3] Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri,

[4] si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.

[5] Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

[6] Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico

[7] e predicava: “Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali.

[8] Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo”.

[9] In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.

[10] E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba.

[11] E si sentì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 3, versetti 1-17:

 

“[1] In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea,

[2] dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”.

[3] Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!

[4] Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico.

[5] Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano;

[6] e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.

[7] Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente?

[8] Fate dunque frutti degni di conversione,

[9] e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre.

[10] Gia la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.

[11] Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco.

[12] Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile”.

[13] In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui.

[14] Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”.

[15] Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”. Allora Giovanni acconsentì.

[16] Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui.

[17] Ed ecco una voce dal cielo che disse: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 3, versetti 1-18:

 

“[1] Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène,

[2] sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.

[3] Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati,

[4] com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!

[5] Ogni burrone sia riempito,
ogni monte e ogni colle sia abbassato;
i passi tortuosi siano diritti;
i luoghi impervi spianati.

[6] Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

[7] Diceva dunque alle folle che andavano a farsi battezzare da lui: “Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira imminente?

[8] Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre.

[9] Anzi, la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco”.

[10] Le folle lo interrogavano: “Che cosa dobbiamo fare?”.

[11] Rispondeva: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”.

[12] Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: “Maestro, che dobbiamo fare?”.

[13] Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”.

[14] Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi che dobbiamo fare?”. Rispose: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe”.

[15] Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo,

[16] Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

[17] Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile”.

[18] Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.”

 

 

 

[3] IL BATTESIMO AMMINISTRATO NELLA CHIESA PRIMITIVA

 

Sul fatto che prima di essere battezzati bisogna avere fede.

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 15-16:

 

“[15] Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.

[16] Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.”

 

 

 

Sul fatto che per poter essere battezzati è necessario ascoltare l’annuncio della fede, sentirsi trafiggere il cuore da questo annuncio e chiedere cosa bisogna fare.

 

Atti degli apostoli, capitolo 2, versetti 14-37:

 

“[14] Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: “Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole:

[15] Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino.

[16] Accade invece quello che predisse il profeta Gioele:

[17] Negli ultimi giorni, dice il Signore,
Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona;
i vostri figli e le vostre figlie profeteranno,
i vostri giovani avranno visioni
e i vostri anziani faranno dei sogni.

[18] E anche sui miei servi e sulle mie serve
in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi
profeteranno.

[19] Farò prodigi in alto nel cielo
e segni in basso sulla terra,
sangue, fuoco e nuvole di fumo.

[20] Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue,
prima che giunga il giorno del Signore,
giorno grande e splendido.

[21] Allora chiunque invocherà il nome del Signore
sarà salvato.

[22] Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -,

[23] dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso.

[24] Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere.

[25] Dice infatti Davide a suo riguardo:
Contemplavo sempre il Signore innanzi a me;
poiché egli sta alla mia destra, perché io non
vacilli.

[26] Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la
mia lingua;
ed anche la mia carne riposerà nella speranza,

[27] perché tu non abbandonerai l’anima mia negli
inferi,
né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione.

[28] Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza.

[29] Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi.

[30] Poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente,

[31] previde la risurrezione di Cristo e ne parlò:
questi non fu abbandonato negli inferi,
né la sua carne vide corruzione.

[32] Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.

[33] Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire.

[34] Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice:
Disse il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,

[35] finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi.

[36] Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!”.

[37] All’udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”.”

 

 

 

Sul fatto che prima di essere battezzati bisogna pentirsi dei propri peccati.

 

Atti degli apostoli, capitolo 2, versetto 38:

 

“[38] E Pietro disse: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.”

 

 

 

Ancora sul fatto che per poter essere battezzati è necessario ascoltare l’annuncio della fede e chiedere il battesimo.

 

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 34-40:

 

“[34] E rivoltosi a Filippo l’eunuco disse: “Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?”.

[35] Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù.

[36] Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c’era acqua e l’eunuco disse: “Ecco qui c’è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?”.

[37] .

[38] Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò.

[39] Quando furono usciti dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.

[40] Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.”

 

 

 

[4] SUL FATTO CHE GESÙ NON AMMINISTRA IL BATTESIMO AI BAMBINI

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 10, versetti 13-16:

 

“[13] Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.

[14] Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.

[15] In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso”.

[16] E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 19, versetti 13-15:

 

“[13] Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano.

[14] Gesù però disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli”.

[15] E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 18, versetti 15-17:

 

“[15] Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano.

[16] Allora Gesù li fece venire avanti e disse: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.

[17] In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà”.”

 

 

 

[5] Joachim Jeremias, Le baptême des enfants dans les quatre premiers siècles, Le Puy et Lyon, ed. Xavier Mappus, 1967.

Per una sintesi dei contenuti di questa opera si veda “Il battesimo dei bambini nella chiesa delle origini. Appunti su di un volume di Joachim Jeremias”, di Andrea Lonardo su: http://www.gliscritti.it/blog/entry/990

 

 

 

[6] I PASSI CITATI DA JOACHIM JEREMIAS NELL’OPERA CITATA NELLA NOTA 5

 

Atti degli apostoli, capitolo 16, versetto 15.

Qui di seguito, cito tutto il passo: capitolo 16, versetti 11-15:

 

“[11] Salpati da Troade, facemmo vela verso Samotracia e il giorno dopo verso Neapoli e

[12] di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni;

[13] il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite.

[14] C’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo.

[15] Dopo esser stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: “Se avete giudicato ch’io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa”. E ci costrinse ad accettare.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 16, versetto 33.

Qui di seguito, cito tutto il passo: capitolo 16, versetti 25-34:

 

“[25] Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli.

[26] D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti.

[27] Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti.

[28] Ma Paolo gli gridò forte: “Non farti del male, siamo tutti qui”.

[29] Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila;

[30] poi li condusse fuori e disse: “Signori, cosa devo fare per esser salvato?”.

[31] Risposero: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”.

[32] E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.

[33] Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi;

[34] poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 18, versetto 8.

Qui di seguito, cito tutto il passo: capitolo 18, versetti 5-8:

 

“[5] Quando giunsero dalla Macedonia Sila e Timòteo, Paolo si dedicò tutto alla predicazione, affermando davanti ai Giudei che Gesù era il Cristo.

[6] Ma poiché essi gli si opponevano e bestemmiavano, scuotendosi le vesti, disse: “Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente; da ora in poi io andrò dai pagani”.

[7] E andatosene di là, entrò nella casa di un tale chiamato Tizio Giusto, che onorava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga.

[8] Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e anche molti dei Corinzi, udendo Paolo, credevano e si facevano battezzare.”

 

 

 

Prima lettera ai Corinzi, capitolo 1, versetto 16.

Qui di seguito, cito tutto il passo: capitolo 1, versetti 10-17:

 

“[10] Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti.

[11] Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli, dalla gente di Cloe, che vi sono discordie tra voi.

[12] Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: “Io sono di Paolo”, “Io invece sono di Apollo”, “E io di Cefa”, “E io di Cristo!”.

[13] Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?

[14] Ringrazio Dio di non aver battezzato nessuno di voi, se non Crispo e Gaio,

[15] perché nessuno possa dire che siete stati battezzati nel mio nome.

[16] Ho battezzato, è vero, anche la famiglia di Stefana, ma degli altri non so se abbia battezzato alcuno.

[17] Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo.”

 

 

 

[7] Si veda la nota 4 con i passi evangelici in essa citati.

 

 

 

[8] Lettera ai romani, capitolo 11, versetto 13-14:

 

“[13] Pertanto, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero,

[14] nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni.”

 

 

 

Lettera ai galati, capitolo 1, versetti 13-17:

 

“[13] Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi,

[14] superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri.

[15] Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque

[16] di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo,

[17] senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.”

 

 

 

Lettera ai galati, capitolo 2, versetti 7-9:

 

[7] Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi –

[8] poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani

[9] e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi.”

 

 

 

[9] Si veda la nota 4 con i passi evangelici in essa citati.

 

 

 

[10] L’ANNUNCIO DELLA NASCITA DI SANSONE

Libro dei giudici, capitolo 13, versetti 1-5:

 

“[1] Gli Israeliti tornarono a fare quello che è male agli occhi del Signore e il Signore li mise nelle mani dei Filistei per quarant’anni.

[2] C’era allora un uomo di Zorea di una famiglia dei Daniti, chiamato Manoach; sua moglie era sterile e non aveva mai partorito.

[3] L’angelo del Signore apparve a questa donna e le disse: “Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio.

[4] Ora guardati dal bere vino o bevanda inebriante e dal mangiare nulla d’immondo.

[5] Poiché ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, sulla cui testa non passerà rasoio, perché il fanciullo sarà un nazireo consacrato a Dio fin dal seno materno; egli comincerà a liberare Israele dalle mani dei Filistei“.”

 

 

 

[11] IL SIGNORE BENEDICE IL BAMBINO SANSONE

Libro dei giudici, capitolo 13, versetto 24:

 

“[24] Poi la donna partorì un figlio che chiamò Sansone. Il bambino crebbe e il Signore lo benedisse.”

 

 

 

[12] IL SIGNORE SUSCITA LO SPIRITO DEL GIOVANETTO DANIELE

Libro di Daniele, capitolo 13, versetti 45-64:

 

“[45] Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele,

[46] il quale si mise a gridare: “Io sono innocente del sangue di lei!”.

[47] Tutti si voltarono verso di lui dicendo: “Che vuoi dire con le tue parole?”.

[48] Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: “Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare la verità!

[49] Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei”.

[50] Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: “Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell’anzianità“.

[51] Daniele esclamò: “Separateli bene l’uno dall’altro e io li giudicherò”.

[52] Separati che furono, Daniele disse al primo: “O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce,

[53] quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l’innocente.

[54] Ora dunque, se tu hai visto costei, dì: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?”. Rispose: “Sotto un lentisco”.

[55] Disse Daniele: “In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due”.

[56] Allontanato questo, fece venire l’altro e gli disse: “Razza di Cànaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore!

[57] Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità.

[58] Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?”. Rispose: “Sotto un leccio”.

[59] Disse Daniele: “In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire”.

[60] Allora tutta l’assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui.

[61] Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo

[62] e applicando la legge di Mosè li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.

[63] Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto.

[64] Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo.”

 

 

 

[13] Sulla cessazione della potestà del padre di famiglia per manumissio e per emancipatio si veda Feliciano Serrao, “Diritto privato economia e società nella storia di Roma”, prima parte, Jovene, Napoli, 1984, pagine 213-218.

 

 

 

[14] Sulla cessazione della condizione schiavile in seguito a manumissio vindicta, manumissio testamento, manumissio censu si veda l’opera di Feliciano Serrao citata nella nota precedente, pagine 270-274.

 

 

 

[15] L’ORIGINE DELLA PRASSI DI BATTEZZARE I NEONATI E I BAMBINI

Sacra Congregazione per la dottrina della fede,

Istruzione sul battesimo dei bambini,

20 ottobre 1980, in: http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19801020_pastoralis_actio_it.html

 

Paragrafo 4

“4. Sia in Oriente che in Occidente la prassi di battezzare i bambini è considerata una norma di tradizione immemorabile. Origene, e più tardi S. Agostino, la ritenevano una « tradizione ricevuta dagli Apostoli » (2). Quando poi, nel secolo ІI, appaiono le prime testimonianze dirette, nessuna di esse presenta mai il battesimo dei bambini come una innovazione. S. Ireneo in particolare considera ovvia la presenza tra i battezzati « di infanti e di bambini » a fianco degli adolescenti, dei giovani e dei più anziani (3). Il più antico rituale conosciuto, quello che all’inizio del III secolo descrive la Tradizione apostolica, contiene la seguente prescrizione: « Battezzate in primo luogo i bambini: tutti coloro che possono parlare da soli, parlino; per coloro invece che non possono parlare da soli, parlino i genitori o qualcuno della loro famiglia » (4). S. Cipriano, partecipando ad un Sinodo dei vescovi africani, afferma che « non si può negare la misericordia e la grazia di Dio a nessun uomo che viene all’esistenza »; e lo stesso Sinodo, richiamandosi all’« uguaglianza spirituale » di tutti gli uomini « di qualsiasi statura ed età », decretò che si potevano battezzare i bambini « già dal secondo o terzo giorno dopo la nascita » (5).”

 

Note presenti nel testo ora citato

 

“(2) Origene, In Romanos, lib. V, 9: PG 14, 1047; cf. S. Agostino, De Genesi ad litteram, X, 23, 39: PL 34, 426; De peccatorum meritis et remissione et de baptismo parvulorum, I, 26, 39: PL 44, 131. In realtà tre passi degli Atti degli Apostoli (16, 15; 16, 33; 18, 8) ricordano il battesimo di « tutta una casa ».

(3) Adv. Haereses, II, 22, 4: PG 7, 784; Harvey, I, 330. In molti documenti epigrafici, già dal II secolo, i bambini vengono chiamati « Figli di Dio », titolo riservato ai battezzati, o si legge una esplicita menzione del loro battesimo; cf. ad esempio, Corpus inscriptionum graecarum, III, nn. 9727, 9817, 9801; E. Diehl, Inscriptiones latinae christianae veteres, Berlin 1961, nn. 1523 (3), 4429 A.

(4) Ippolito Romano, La Tradition apostolique, ed. e trad. di B. Botte, Münster W., Aschendolrff, 1963 (Liturgiewissenschaftliche Quellen und Forschungen 396), pp. 44-45.

(5) Epist. LXIV, Cyprianus et coeteri collegae, qui in concilio adfuerunt numero LXVI. Fido fratri: PL 3, 1013-1019; Hartel, CSEL, 3, pp. 717-721. Nella Chiesa africana tale prassi era particolarmente ferma, nonostante l’opposizione di Tertulliano, il quale consigliava di differire il battesimo dei bambini, a motivo della loro tenera età e per timore di eventuali defezioni giovanili. Cf. De baptismo, XVIII, 3-XIX, 1: PL 1, 1220-1222; De anima, 39-41: PL 2, 719 ss.”

 

 

 

[16] Su che cos’è e con quali regole si deve svolgere la riflessione teologica rinvio al mio articolo “Riflessioni sul primo concilio di Gerusalemme” …………..

 

 

 

[17] Negli anni ’50 del terzo secolo dopo Cristo, a Cartagine si tennero vari sinodi (anni 251, 253, 254 e 255) per affrontare, tra le altre, due questioni: la decisione da prendere nei confronti del lapsi e la discussa validità del battesimo amministrato fuori dalla chiesa cattolica.

 

Sulla storia dei sinodi di Cartagine in questo periodo si può leggere la voce “Concili e sinodi” nell’enciclopedia Treccani on-line consultabile all’indirizzo: http://www.treccani.it/enciclopedia/concili-e-sinodi_%28Enciclopedia-Costantiniana%29/

 

 

 

[18] Codice di diritto canonico,

canone 336

 

“Can. 336 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 49,

 

Can. 49 – Collegium Episcoporum, cuius caput est Romanus Pontifex cuiusque membra sunt Episcopi vi sacramentalis ordinationis et hierarchica communione cum Collegii capite et membris et in quo corpus apostolicum continuo perseverat, una cum capite suo et numquam sine hoc capite subiectum quoque supremae et plenae potestatis in universam Ecclesiam exsistit.”

 

Il canone 49 in italiano:

 

Can. 49 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Romano Pontefice e le cui membra sono i Vescovi, in forza dell’ordinazione sacramentale e per la comunione gerarchica con il capo del Collegio e con le membra, e nel quale il corpo apostolico persevera continuamente assieme al suo capo e mai senza questo capo, è pure soggetto della suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

 

[19] Anche se all’epoca il vescovo di Roma non aveva la suprema potestà dottrinale e giuridica che assunse in seguito, resta il dato di fatto che egli non partecipò al sinodo di Cartagine dell’anno 251 dopo Cristo.

 

 

 

[20] Enciclopedia Treccani on-line,

voce “Concili e sinodi”

in: http://www.treccani.it/enciclopedia/concili-e-sinodi_%28Enciclopedia-Costantiniana%29/

 

“Nonostante le comuni tradizioni, tra Roma e Cartagine vi è uno scarto fondamentale, concernente il battesimo degli eretici.

Il primo concilio di epoca ciprianea in cui viene trattata la disciplina battesimale è quello del 252, dove si discute il battesimo dei neonati e si decide che esso debba essere loro impartito il prima possibile30.

Sarà tuttavia un altro concilio, tre anni più tardi, a occuparsi primieramente della più complessa questione del battesimo degli eretici, cioè di chi, battezzato al di fuori della Catholica, volesse entrare a farvi parte.

Le comunità di Alessandria e Roma, da parte loro, avevano assunto una chiara posizione in merito al problema, decretando la validità di qualsiasi battesimo, purché amministrato nel nome di Gesù Cristo31.

Il concilio di Cartagine del 25532 confermerà invece la rigida disciplina che caratterizza la Chiesa ‘cattolica’ locale, avversando quanto più ogni soluzione di compromesso33 e stabilendo la necessità del battesimo per gli eretici e gli scismatici.

Queste conclusioni saranno ribadite dai settantuno vescovi riunitisi per il sinodo della primavera del 256 e dagli ottantasette vescovi convenuti nel settembre dello stesso anno per il sinodo con la partecipazione più elevata di tutto l’episcopato ciprianeo34.

Tra i problemi ivi dibattuti, vi è anche quello della posizione che la Chiesa cartaginese deve tenere con quella di Roma, dal momento che i rapporti tra le due realtà ecclesiali sono ormai tesi, per ragioni in parte dottrinali, relative alla questione del battesimo degli eretici, e in parte legate all’interpretazione protagonistica del ruolo del vescovo di Roma data dal vescovo romano Stefano35.”

 

Note presenti nel testo ora citato

 

30 Cfr. Cypr., epist. 64. Per la discussione si veda J.A. Fischer, A. Lumpe, Die Synoden, cit., pp. 194-197.

31 Cfr. Cypr., epist. 74,5,1 e 75,18,1-2. Cfr. P. Bernardini, Un solo battesimo, cit., p. 115.

32 Preceduto a sua volta di qualche mese da un incontro, in Numidia, di diciotto vescovi, probabilmente turbati dal fatto che Stefano I a Roma non considerasse problematico il battesimo degli eretici.

33 È legittimo supporre che ci siano anche gruppi disposti a ritenere valido il battesimo somministrato da eretici e scismatici, ma il concilio respinge ogni forma di compromesso. Cfr. J.A. Fischer, A. Lumpe, Die Synoden, cit., p. 244 nota 104.

34 Di quest’ultimo concilio ci sono giunte le Sententiae episcoporum (registrazione dei pronunciamenti dei vescovi partecipanti), una fonte importante per la storia della sinodalità nell’Occidente latino. Queste Sententiae infatti conservano il punto di vista di ciascun vescovo partecipante e ci consentono di capire come il concilio è stato vissuto (cfr. P. Bernardini, Un solo battesimo, cit.).

35 Cfr. Cypr., epist. 74 e 75, e P. Bernardini, Un solo battesimo, cit., p. 90; per approfondimenti, cfr. ivi, pp. 113-120.”

 

 

 

[21] Io sono convinto che l’età minima per celebrare un valido matrimonio debba essere quella nella quale si diventa maggiorenni (l’età nella quale si acquisisce la capacità di agire).

Questo al fine di evitare matrimoni di persone non consenzienti e/o non consapevoli.

L’articolo 84 del codice civile italiano, infatti, prevede il requisito della maggiore età.

L’unica eccezione è costituita dal matrimonio di persone che hanno compiuto i sedici anni di età.

Per quest’ultimo, però la legge esige un decreto pronunciato dal Tribunale in camera di consiglio su istanza dell’interessato nel quale si accerti la maturità psico-fisica del soggetto e i gravi motivi che dovrebbero portare all’accoglimento dell’istanza.

 

Il diritto canonico disciplina diversamente questo aspetto.

 

Codice di diritto canonico,

canone 1083:

 

“Can. 1083 – §1. L’uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici pure compiuti, non possono celebrare un valido matrimonio.

  • 2. La Conferenza Episcopale è libera di fissare una età maggiore per la lecita celebrazione del matrimonio.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 800:

 

Can. 800 – § 1. Vir ante decimum sextum aetatis annum expletum, mulier ante decimum quartum aetatis annum expletum matrimonium valide celebrare non possunt.

  • 2. Integrum est iuri particulari Ecclesiae sui iuris aetatis annum superiorem ad licitam matrimonii celebrationem statuere.”

 

Il canone 800 in italiano:

 

Can. 800 – § 1. L’uomo prima del sedicesimo anno di età compiuto, la donna prima del quattordicesimo anno di età compiuto non possono celebrare validamente il matrimonio.

  • 2. Il diritto particolare della Chiesa sui iurisha piena libertà di stabilire l’anno di età superiore per la lecita celebrazione del matrimonio.”

 

 

 

[22] Codice di diritto canonico,

canone 841:

 

“Can. 841 – Poiché i sacramenti sono gli stessi per tutta la Chiesa e appartengono al divino deposito, è di competenza unicamente della suprema autorità della Chiesa approvare o definire i requisiti per la loro validità e spetta alla medesima autorità o ad altra competente, a norma del can. 838, §§3 e 4, determinare quegli elementi che riguardano la loro lecita celebrazione, amministrazione e recezione, nonché il rito da osservarsi nella loro celebrazione.”

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 669:

 

Can. 669 – Cum sacramenta eadem sint pro universa Ecclesia et ad divinum depositum pertineant, solius supremae Ecclesiae auctoritatis est approbare vel definire, quae ad eorum validitatem sunt requisita.”

 

Il canone 669 in italiano:

 

Can. 669 – Poiché i sacramenti sono gli stessi per la Chiesa universale e appartengono al divino deposito, spetta solamente alla suprema autorità della Chiesa approvare o definire quali sono i requisiti per la loro validità.”

 

 

 

[23] Codice di diritto canonico,

canone 840:

 

“Can. 840 – I sacramenti del Nuovo Testamento, istituiti da Cristo Signore e affidati alla Chiesa, in quanto azioni di Cristo e della Chiesa, sono segni e mezzi mediante i quali la fede viene espressa e rafforzata, si rende culto a Dio e si compie la santificazione degli uomini, e pertanto concorrono sommamente a iniziare, confermare e manifestare la comunione ecclesiastica; perciò nella loro celebrazione sia i sacri ministri sia gli altri fedeli debbono avere una profonda venerazione e la dovuta diligenza.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 667:

 

Can. 667 – Per sacramenta, quae Ecclesia dispensare tenetur, ut sub signo visibili mysteria Christi communicet, Dominus noster Iesus Christus homines in virtute Spiritus Sancti sanctificat, ut singulari modo Dei Patris veri adoratores fiant, eosque sibi ipsi et Ecclesiae, suo Corpori, inserit; quare christifideles omnes, praesertim vero ministri sacri, eisdem sacramentis religiose celebrandis et suscipiendis praescripta Ecclesiae diligenter servent.”

 

Il canone 667 in italiano:

 

Can. 667 – Per mezzo dei sacramenti, che la Chiesa ha l’obbligo di distribuire per comunicare sotto un segno visibile i misteri di Cristo, il Signore nostro Gesù Cristo santifica gli uomini in virtù dello Spirito Santo affinché diventino in modo singolare veri adoratori di Dio Padre, e li innesta a se stesso e alla Chiesa, suo Corpo; perciò tutti i fedeli cristiani, ma specialmente i sacri ministri, nel celebrare e nel ricevere religiosamente gli stessi sacramenti, osservino diligentemente le prescrizioni della Chiesa.”

 

 

 

[24] Codice di diritto canonico,

canone 842:

 

“Can. 842 – §1. Chi non ha ricevuto il battesimo non può essere ammesso validamente agli altri sacramenti.

§2. I sacramenti del battesimo, della confermazione e della santissima Eucaristia sono tra loro talmente congiunti, da essere richiesti per la piena iniziazione cristiana.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 695:

 

Can. 695 – § 1. Chrismatio sancti myri ministrari debet coniunctim cum baptismo, salvo casu verae necessitatis, in quo tamen curandum est, ut quam primum ministretur.

§2. Si celebratio chrismationis sancti myri non fit simul cum baptismo, minister tenetur de ea certiorem facere parochum loci, ubi baptismus ministratus est.”

 

Il canone 695 in italiano:

 

Can. 695 – § 1. La crismazione del santo myron deve essere amministrata congiuntamente col battesimo, salvo il caso di vera necessità, in cui tuttavia si deve provvedere che sia amministrata al più presto.

§2. Se la celebrazione della crismazione del santo myron non si fa assieme al battesimo, il ministro è obbligato a informarne il parroco del luogo dove è stato amministrato il battesimo.”

 

 

 

[25] LA RISURREZIONE DI MOLTI ALLA MORTE IN CROCE DI GESÙ

Vangelo secondo Matteo, capitolo 27, versetti 50-54:

 

“[50] E Gesù, emesso un alto grido, spirò.

[51] Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,

[52] i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.

[53] E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.

[54] Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”.

 

 

 

[26] MOSÈ ED ELIA DIALOGANO CON GESÙ DURANTE LA SUA TRASFIGURAZIONE

Vangelo secondo Marco, capitolo 9, versetti 2-8:

 

“[2] Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro

[3] e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.

[4] E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù.

[5] Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!”.

[6] Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento.

[7] Poi si formò una nube che li avvolse nell’ombra e uscì una voce dalla nube: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!”.

[8] E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.

[9] Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti.

[10] Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 17, versetti 1-9:

 

“[1] Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

[2] E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.

[3] Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

[4] Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: “Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”.

[5] Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”.

[6] All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.

[7] Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: “Alzatevi e non temete”.

[8] Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.

[9] E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 28-36:

 

“[28] Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.

[29] E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.

[30] Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia,

[31] apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.

[32] Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.

[33] Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli non sapeva quel che diceva.

[34] Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all’entrare in quella nube, ebbero paura.

[35] E dalla nube uscì una voce, che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”.

[36] Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.”

 

 

 

[27] Codice di diritto canonico,

canone 842:

 

“Can. 842 – §1. Chi non ha ricevuto il battesimo non può essere ammesso validamente agli altri sacramenti.

§2. I sacramenti del battesimo, della confermazione e della santissima Eucaristia sono tra loro talmente congiunti, da essere richiesti per la piena iniziazione cristiana.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 675:

 

Can. 675 – § 1. In baptismo homo per lavacrum aquae naturalis cum invocatione nominis Dei Patris et Filii et Spiritus Sancti a peccato liberatur, ad vitam novam regeneratur, Christum induit et Ecclesiae, quae eius Corpus est, incorporatur.

§2. Tantummodo baptismo in re suscepto homo fit capax ceterorum sacramentorum.”

 

Il canone 675 in italiano:

 

Can. 675 – § 1. Nel battesimo, per mezzo del lavacro dell’acqua naturale con l’invocazione del nome di Dio Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, l’uomo è liberato dal peccato, è rigenerato a vita nuova, è rivestito di Cristo ed è incorporato alla Chiesa, che è il suo Corpo.

§2. Solamente col battesimo realmente ricevuto l’uomo diventa capace di tutti gli altri sacramenti.”

 

 

 

[28] Si veda la nota numero 21.

 

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

Il primo concilio di Gerusalemme

La narrazione che la Bibbia fa del primo concilio di Gerusalemme ci permette di migliorare le norme del diritto canonico che si riferiscono ai profili che hanno contraddistinto quell’evento.

Lo scopo di questo articolo è rendere le norme in parola conformi a quanto si legge nella Bibbia.

 

Come è noto, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

Il rispetto delle norme del diritto canonico, infatti, consente ai fedeli di vivere il minimo indispensabile per la loro vita di fede: non nuocere ad alcuno (neminem laedere).

Acquisito stabilmente questo modo di comportarsi, il fedele può passare allo stadio successivo della sua vita di fede: vivere la carità di Cristo con ciò che lo circonda, con se stesso e con gli altri.

 

 

LA RIFLESSIONE TEOLOGICA

Troppo spesso, nella storia della chiesa, la riflessione teologica ha condotto allo spargimento di sangue, a condanne sia religiose sia statali e infine a degli scismi.

 

Affinché lo spargimento di sangue e le altre conseguenze negative delle quali ho appena detto siano solo un triste ricordo del passato, è bene tenere a mente che cos’è e con quali regole si svolge la riflessione teologica.

 

A questo scopo, leggiamo gli eventi del primo concilio di Gerusalemme negli Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33.[1]

 

I versetti 1 e 2 del passo in esame dicono che la riflessione teologica ha avuto un periodo di tempo per esplicarsi.

In questo lasso di tempo, tutti gli interessati hanno manifestato liberamente la loro opinione sull’argomento e hanno confutato le opinioni espresse dagli altri.

Da questo comprendiamo che la riflessione teologica è libera.

 

Il testo in esame, inoltre, afferma che essa non è dogma di fede, ma consiste in proposte e opinioni personali.

 

L’odierna elaborazione giuridica, poi, ha fissato dei limiti all’esercizio del diritto alla libera manifestazione del pensiero.

Questi limiti valgono anche per la riflessione teologica, perché, come abbiamo detto, anch’essa è una forma di esercizio di questo diritto.

In altre parole, la riflessione teologica non può andare al di là dei limiti che la legge prevede per il corretto esercizio del diritto alla libera manifestazione del pensiero: ingiuria, diffamazione, calunnia, minaccia, vilipendio, apologia di reato, istigazione a delinquere, istigazione all’odio.

 

La vivacità della discussione che il versetto 2 del passo in esame descrive, porta a concludere che le affermazioni della riflessione teologica devono essere sostenute da una solida base argomentativa e fattuale.

L’opinione immotivata, infatti, non ha valore e non sarebbe stata idonea a sostenere una discussione che il versetto in parola ci dice essersi svolta “risolutamente” e “animatamente”.

 

I versetti 2, 5 e 6 del testo in esame affermano altresì che la riflessione teologica deve avere il tempo necessario affinché, sul problema preso in esame, emergano le tesi dominanti da sottoporre al concilio.

Anche con i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi, la fase della discussione libera richiede decenni di tempo per lo studio, la riflessione, l’elaborazione della tesi personale e le risposte alle tesi avanzate dagli altri partecipanti alla discussione.

 

In definitiva, il passo in esame degli Atti degli apostoli consente di dire che la riflessione teologica consiste nella elaborazione di proposte per risolvere le questioni di qualsiasi tipo nel campo della fede e altresì che essa si svolge secondo le seguenti regole:

  1. la riflessione teologica non è dogma di fede;
  2. la riflessione teologica è libera;
  3. la riflessione teologica è argomentata in modo adatto a sostenere le sue tesi;
  4. la riflessione teologica si svolge nel rispetto delle norme di legge che disciplinano l’esercizio della libera manifestazione del pensiero.

 

 

IL MAGISTERO

Il passo degli Atti degli apostoli che stiamo esaminando afferma anche come deve attuarsi l’intervento del magistero nella riflessione teologica.

L’intervento in parola non è preventivo o concomitante alla riflessione teologica.

Infatti, il passo in esame non parla di alcun vincolo o direttiva alla quale i partecipanti dovettero sottostare durante la discussione teologica (versetto 2 “risolutamente” e “animatamente”) o durante il concilio (versetto 7 “Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse:”).

 

I versetti 2, 5 e 6 del passo in esame ci dicono tre cose molto importanti.

Innanzitutto, il concilio per esaminare la questione fu convocato solo dopo che la discussione libera su di essa era giunta all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporgli.

 

In secondo luogo, l’autorità magisteriale non fu individuale – ad esempio, un apostolo o una persona di spicco nella comunità dei credenti – ma collegiale come leggiamo nei versetti 2, 4 e 6: “gli apostoli e gli anziani”.

Questo fatto viene ribadito nel versetto 23: “E consegnarono loro la seguente lettera: “Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!”

Ne abbiamo la quinta conferma nel versetto 28 dove si legge: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie:”.

Infine, i versetti che ho ora citato dicono da quali persone deve essere composta l’autorità magisteriale: per l’appunto, “gli apostoli e gli anziani”.

 

Dunque, l’attuazione dei versetti in esame esige che:

  • l’autorità magisteriale deputata all’esame di una questione deve essere convocata solo dopo che la discussione libera su quella questione abbia condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporle;
  • l’autorità magisteriale è necessariamente collegiale: un concilio;
  • l’autorità magisteriale deve essere composta dall’equivalente odierno degli apostoli e dall’equivalente odierno degli anziani di cui parlano i versetti 2, 4, 6, 23 e 28.

 

La storia della Chiesa ci insegna che il concilio convocato per l’esame di una questione nel campo della fede deve essere ecumenico quando la questione può avere un impatto sulla vita di tutti i fedeli in generale o di tutti i fedeli appartenenti a uno stato canonico.

Quando l’impatto di una questione è di minore estensione, per il suo esame deve essere convocato un concilio particolare.

 

 

IL PRIMATO PETRINO

La Scrittura, come abbiamo appena letto ed esaminato, afferma che il governo della Chiesa è di tipo collegiale.

Pertanto, non si può condividere la tesi che assegna la suprema potestà dottrinale e giuridica nella Chiesa a un solo individuo.

 

A questo non vale obiettare che il Nuovo Testamento darebbe all’apostolo Pietro la qualifica di roccia sulla quale è edificata la Chiesa.[2]

Infatti, è lo stesso Nuovo Testamento ad affermare che il fondamento sul quale è costruita la Chiesa è Cristo e che nessun altro può porre un fondamento diverso da questo.[3]

Né si può obiettare che Pietro abbia avuto la primazia nel gruppo degli apostoli.

Infatti, il Nuovo Testamento ci dice che la prima Chiesa – la Chiesa di Gerusalemme – non era guidata da Pietro, ma da Giacomo.[4]

Questo perché, nella cultura ebraica, era normale che, quando una persona non fosse stata più presente, il suo posto venisse preso dal parente più prossimo: dopo l’ascensione al cielo di Gesù, la guida della comunità dei credenti viene assunta da Giacomo che era il suo parente più prossimo.

Per averne un’altra conferma, è sufficiente leggere i versetti che abbiamo citato del primo concilio di Gerusalemme negli Atti degli apostoli dove si dice che fu Giacomo a chiudere la discussione nel concilio, dopo che aveva parlato Pietro (capitolo 15, versetti 13-21).

 

Infine, va compreso bene il versetto del capitolo 16 del vangelo secondo Matteo che parla delle chiavi del regno dei cieli e del potere di legare e di sciogliere.[5]

Il potere di legare e di sciogliere, nel giudaismo, indicava il potere di consentire o proibire, vale a dire ammettere o escludere dalla comunità dei credenti.

L’immagine delle chiavi fa riferimento a un’autorità che, nel giudaismo, si basava sull’interpretazione della legge, mentre, nel passo del vangelo di Matteo, si basa sulla confessione fatta da Pietro di Gesù come figlio di Dio.

Ebbene, due capitoli dopo l’affermazione in esame, Matteo afferma che la stessa autorità di legare e di sciogliere viene data da Gesù a tutti gli apostoli.[6]

Il vangelo di Giovanni, poi, afferma che Gesù attribuisce il potere di rimettere o meno i peccati – e dunque di consentire o meno l’ingresso nel regno dei cieli – ai discepoli riuniti nel cenacolo.[7]

 

Per questi motivi, le norme del diritto canonico che prevedono un governo della Chiesa universale di tipo monocratico, facente capo a un solo soggetto munito della suprema potestà dottrinale e giuridica, devono essere modificate con la previsione che la Chiesa universale sia governata da un collegio del quale fanno parte il collegio dei vescovi, in qualità di successore del collegio degli apostoli, unitamente a degli anziani laici non consacrati né sacerdoti.

Questo, lo ripetiamo, al fine di rendere le norme del diritto canonico su questo argomento conformi alla Bibbia.

 

Per sapere quali soggetti sono chiamati a partecipare al concilio, dobbiamo comprendere ora quale siano gli equivalenti odierni degli apostoli e degli anziani dei quali parla il capitolo 15 degli Atti degli apostoli.

 

 

L’EQUIVALENTE ODIERNO DEGLI APOSTOLI

Per comprendere quale sia l’equivalente odierno degli apostoli, è sufficiente leggere il codice di diritto canonico.

Il canone 336 del codice in parola afferma che: “Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice” è il soggetto “nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico”.[8]

 

A questo punto è necessario ribadire che l’appartenenza al collegio dei vescovi non serve per avere un titolo onorifico o la responsabilità di una scrivania.

Gesù Cristo, infatti, non ha scelto gli apostoli per fargli avere un titolo onorifico o la responsabilità di una scrivania, ma per affidargli dei precisi incarichi pastorali: predicare, battezzare, curare.[9]

 

La responsabilità pastorale di una porzione del gregge del Signore quindi è necessaria per poter essere vescovo.[10]

Per questa ragione e in considerazione del fatto che la soluzione che emerge da un concilio ha conseguenze sulla vita dei credenti, gli unici vescovi che partecipano al concilio devono essere i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica.

 

Per questi motivi, le norme del diritto canonico nelle quali si afferma che devono essere convocati al concilio anche dei vescovi diversi dai vescovi diocesani titolari di cattedra in carica devono essere modificate al fine di renderle conformi al testo biblico.

 

 

L’EQUIVALENTE ODIERNO DEGLI ANZIANI

Per comprendere quale sia l’equivalente odierno degli anziani, iniziamo ancora una volta dalle fondamenta: la Scrittura.

Nei vangeli e in alcuni passi degli Atti degli apostoli dove si parla della comunità ebraica, il termine “anziani” si riferisce alle persone avanti negli anni rispetto all’età media della comunità, che non fanno parte delle classi dei sacerdoti e degli scribi, ma che assieme a questi ultimi formano un collegio che guida la comunità ebraica.[11]

Nei passi degli Atti degli apostoli dove si parla delle comunità cristiane, il termine “anziani” si riferisce alle persone avanti negli anni rispetto all’età media della comunità, che non esercitano il ministero apostolico, sacerdotale o diaconale, ma che formano un collegio che guida una chiesa locale.[12]

Tutto questo è confermato anche per la Chiesa madre di tutte le Chiese: la Chiesa di Gerusalemme.

Negli Atti degli apostoli, infatti, si legge più volte che, assieme agli apostoli, gli anziani guidano la Chiesa di Gerusalemme, senza essere in alcun modo incaricati dei ministeri apostolico, sacerdotale o diaconale.[13]

 

Non può esservi dubbio, quindi, sul fatto che gli anziani di cui parlano tutti i numerosi passi che abbiamo esaminato e citato nelle note di questo paragrafo sono persone:

  • avanti negli anni rispetto all’età media della comunità alla quale appartengono,
  • senza i ministeri apostolico, sacerdotale o diaconale,
  • che guidano la comunità dei credenti collegialmente con i vertici religiosi di essa: i sacerdoti e gli scribi nella comunità ebraica, gli apostoli nella comunità cristiana.

 

Passo ora a individuare l’equivalente odierno di questi anziani.

Sebbene i versetti 2, 4, 6, 23, e 28 del capitolo 15 degli Atti degli apostoli affermino che il governo della Chiesa sia collegiale, non sono a conoscenza di diocesi nelle quali degli anziani – laici non consacrati né sacerdoti – guidano la comunità collegialmente con il vescovo.

Non parlo dell’esecuzione di servizi nella pastorale sanitaria o della catechesi, ma della guida della diocesi collegialmente con il vescovo, al pari di quanto si legge nei passi biblici citati nelle note 11, 12 e 13 di questo articolo.

 

Contro qualsiasi tentazione di affermare che l’equivalente odierno degli anziani sarebbero i presbiteri, valga osservare che:

  • nella struttura di governo della comunità ebraica – che, come abbiamo letto, la comunità cristiana ricalca – i sacerdoti costituiscono la classe dei leviti, non quella degli anziani;
  • nei passi biblici citati nelle note 11, 12 e 13 di questo articolo non si rinviene alcun ministero sacerdotale affidato agli anziani, né nella comunità ebraica, né in quella cristiana;
  • la tripartizione vescovo – presbitero – diacono come struttura rilevante nel governo della comunità cristiana non è presente nella Bibbia, ma compare per la prima volta nelle lettere attribuite a sant’Ignazio di Antiochia.[14]

 

Senza nulla togliere al valore dell’elaborazione teologica svolta da sant’Ignazio di Antiochia, non dovrebbe esserci alcun dubbio sul fatto che, di fronte a numerosi passi biblici concordi nell’affermare che la struttura di governo della comunità cristiana è di tipo collegiale e vede coinvolti gli anziani – laici non consacrati né sacerdoti – assieme gli apostoli, le opinioni di stampo diverso, per quanto autorevoli, non possono soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

 

Per questi motivi, le norme del diritto canonico che prevedono un governo della chiesa particolare di tipo monocratico facente capo al vescovo devono essere modificate con la previsione che la diocesi sia governata da un collegio del quale fanno parte il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica e alcuni anziani laici non consacrati né sacerdoti.

Questo, lo ripetiamo, al fine di rendere le norme in parola del diritto canonico conformi alla Bibbia.

 

Allo stesso fine vanno modificate le norme del diritto canonico che non prevedono l’obbligatoria partecipazione al concilio con voto deliberativo di anziani – laici non consacrati né sacerdoti – esperti nella questione da discutere.

 

 

 

LE PRELATURE PERSONALI

Come abbiamo letto, nel Nuovo Testamento la comunità cristiana è articolata in chiese particolari e chiesa universale.

Non ho trovato alcun passo del Nuovo Testamento che parli delle prelature personali.

Chiedo a chi ne conosce qualcuno di citarlo nello spazio per i commenti alla fine di questo articolo e lo ringrazio fin da ora.

È vero che la Scrittura – poiché è al contempo parola di Dio e dell’autore ispirato – deve essere interpretata, ma questo non può condurre a inserirvi fatti o tesi che essa non contiene.

Se il Nuovo Testamento afferma che la comunità cristiana è articolata in chiese particolari e chiesa universale, non si può affermare che oggi la comunità cristiana può essere organizzata in prelature personali, chiese particolari e chiesa universale.

Per i cristiani, l’insegnamento che emerge dalla Scrittura è normativo.

Non è un insieme di suggerimenti, proposte, idee.

In altre parole, non si può prevedere un’articolazione della comunità dei credenti ulteriore o diversa rispetto a quella che si legge nel Nuovo Testamento: chiese particolari e chiesa universale.

Quello che qui si contesta non è il fatto che i chierici possano associarsi fra loro, ma il fatto che possano esistere delle realtà che non siano sottoposte all’autorità dell’organo collegiale di governo della diocesi – come abbiamo detto: vescovo e anziani – nel cui territorio esse operano.

Affermare l’esistenza delle prelature personali, quindi, significa aggiungere un terzo soggetto agli unici due dei quali il Nuovo Testamento parla a proposito dell’articolazione della comunità cristiana.

 

I documenti che creano l’istituto della prelatura personale sono recenti: il paragrafo numero 10 del decreto Presbyterorum ordinis del 1965 e i successivi documenti attuativi. [15]

In essi si legge di peculiari esigenze missionarie per soddisfare le quali sarebbe necessario procedere all’istituzione delle prelature personali.

Nel codice di diritto canonico, le prelature personali sono disciplinate dai canoni dal 294 al 297.[16]

Al contrario, nel codice dei canoni delle chiese orientali le prelature personali non ci sono.

Inoltre, i canoni 357 e 391 del codice dei canoni delle chiese orientali[17] non menzionano le prelature personali tra le opzioni offerte al chierico per adempiere al suo obbligo di associazione.

Per questo mi sono domandato: è possibile che le peculiari esigenze missionarie siano presenti solo nella Chiesa latina e non anche nelle Chiese orientali?

 

Poiché il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per la vita dei fedeli, la mancanza di un passo della Scrittura sul quale fondare l’esistenza delle prelature personali comporta che l’istituto vada abolito e tutte le norme che le creano e le disciplinano debbano essere abrogate.

Un’identica conclusione è valida per tutte le altre chiese particolari – diverse dalla diocesi – che sono state istituite dal diritto canonico, ma delle quali non vi è traccia nel Nuovo Testamento, a titolo non esaustivo: prelatura territoriale, abbazia territoriale, vicariato apostolico, prefettura apostolica.

Senza pretesa di completezza, i documenti che parlano delle prelature personali sono:

  • i canoni 294-297 del codice di diritto canonico;
  • il numero 10 del decreto Presbyterorum ordinis nella parte in cui parla delle prelature personali;
  • il decreto Ad gentes, numero 20 nota 105[18] e numero 27 nota 140[19];
  • il motu proprio Ecclesiae sanctae, numero 4;[20]
  • la costituzione apostolica Regimini ecclesiae universae, articolo 49, paragrafo 1;[21]
  • e ogni atto che ha eretto una o più prelature personali.

Le prelature personali oggi esistenti che non desiderano estinguersi possono chiedere all’autorità competente la propria trasformazione in altre realtà previste dal diritto canonico, come ad esempio l’associazione di chierici[22], l’istituto di vita secolare[23], la società di vita apostolica[24].

 

 

 

I CANONI DA MODIFICARE

I passi della Bibbia citati e le argomentazioni esposte in questo articolo conducono alla necessità di modificare alcuni canoni del diritto canonico al fine di renderli conformi alla Scrittura.

 

 

Sui doveri dei fedeli

Il canone 210 del codice di diritto canonico[25] e il canone 13 del codice dei canoni delle chiese orientali[26]

Il canone 210 del codice di diritto canonico e il canone 13 del codice delle chiese orientali sono modificati nel modo seguente:

 

§1. Tutti i fedeli cristiani devono dedicare le proprie energie, ciascuno secondo la sua condizione, per condurre una vita santa e inoltre per promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione.

§2. Tutti i fedeli, secondo la propria condizione, hanno il dovere di contribuire alla riflessione teologica.[27]

§3. La riflessione teologica consiste nella elaborazione di proposte per risolvere le questioni di qualsiasi tipo nel campo della fede.

§4. La riflessione teologica si svolge secondo le regole seguenti:

  1. la riflessione teologica non è dogma di fede;
  2. la riflessione teologica è libera;
  3. la riflessione teologica è argomentata in modo adatto a sostenere le sue tesi;
  4. la riflessione teologica si svolge nel rispetto delle norme di legge che disciplinano l’esercizio del diritto alla libera manifestazione del pensiero.

 

 

 

Sul concilio ecumenico e sui concilii particolari

I canoni 338, 339 e 443 del codice di diritto canonico[28]

Il canone 338 è abrogato e il suo testo è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 338 – §1. Il concilio ecumenico è convocato quando una questione di qualsiasi tipo nel campo della fede può avere un impatto sulla vita di tutti i fedeli in generale o di tutti i fedeli appartenenti a uno stato canonico.

§2. Quando una questione di qualsiasi tipo nel campo della fede ha un impatto di minore estensione rispetto a quanto previsto nel paragrafo 1 di questo canone, è convocato un concilio particolare.

§3. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra in carica indirizzata al collegio dei vescovi, il concilio ecumenico è convocato automaticamente di diritto.

§4. Il concilio ecumenico convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.[29]

§5. Al concilio ecumenico partecipano soltanto i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica e gli anziani laici non consacrati né sacerdoti esperti nella questione da discutere nel concilio.

§6. Fatta canonicamente la convocazione, se due terzi dei membri che sono tenuti a partecipare al concilio ecumenico, tolti coloro che sono trattenuti da legittimo impedimento, risultano presenti nel luogo designato, il concilio è dichiarato canonico e si procede.

§7. È compito di chi presiede il concilio ecumenico, dopo aver ascoltato i membri del concilio, preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del concilio all’inizio delle sessioni.

§8. Durante il concilio ecumenico, i singoli membri possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al concilio.

§9. Ferme restando le disposizioni sull’ordine del giorno contenute nei paragrafi 7 e 8 di questo canone, la discussione nel concilio ecumenico è libera.[30]

§10. Il concilio ecumenico vota a maggioranza dei due terzi dei membri che partecipano al concilio il suo trasferimento, la sua sospensione, il suo scioglimento.

§11. A meno che il diritto particolare non esige una maggiore presenza, ogni sessione del concilio ecumenico è canonica e ogni singola votazione è valida, se la maggioranza più uno dei membri che sono tenuti a intervenire al concilio è presente.

§12. Tutti i partecipanti al concilio ecumenico hanno il voto deliberativo.

§13. Le norme contrarie a questo canone sono abrogate.

 

 

Il canone 339 del codice di diritto canonico è abrogato.

 

 

Le parole “e le questioni da trattare” nel numero 4 del canone 441 sono abrogate.

Le parole “e le questioni da trattare” nel numero 3 del canone 442 sono abrogate.

In entrambi i casi il motivo è dato dal fatto che queste previsioni sono sostituite dai nuovi paragrafi 7 e 8 del canone 338.

 

 

Il canone 443 è abrogato e il suo testo è modificato nel modo seguente:

 

Can. 443 – §1. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra indirizzata al collegio dei vescovi della conferenza episcopale alla quale essi appartengono, il concilio particolare è convocato automaticamente di diritto.

§2. Fermo quanto disposto dai paragrafi 1 e 2 del canone 338, il concilio particolare convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.

§3. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra in carica indirizzata al collegio dei vescovi della conferenza episcopale alla quale essi appartengono, il concilio particolare è convocato automaticamente di diritto.

§4. Il concilio particolare convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.[31]

§5. Al concilio particolare partecipano soltanto i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica e gli anziani laici non consacrati né sacerdoti esperti nella questione da discutere nel concilio.

§6. Fatta canonicamente la convocazione, se due terzi dei membri che sono tenuti a partecipare al concilio particolare, tolti coloro che sono trattenuti da legittimo impedimento, risultano presenti nel luogo designato, il concilio è dichiarato canonico e si procede.

§7. È compito di chi presiede il concilio particolare, dopo aver ascoltato i membri del concilio, preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del concilio all’inizio delle sessioni.

§8. Durante il concilio particolare, i singoli membri possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al concilio.

§9. Ferme restando le disposizioni sull’ordine del giorno contenute nei paragrafi 7 e 8 di questo canone, la discussione nel concilio particolare è libera.[32]

§10. Il concilio particolare vota a maggioranza dei due terzi dei membri che partecipano al concilio il suo trasferimento, la sua sospensione, il suo scioglimento.

§11. A meno che il diritto particolare non esige una maggiore presenza, ogni sessione del concilio particolare è canonica e ogni singola votazione è valida, se la maggioranza più uno dei membri che sono tenuti a intervenire al concilio è presente.

§12. Tutti i partecipanti al concilio particolare hanno il voto deliberativo.

§13. Le disposizioni di questo canone si applicano anche a tutte le altre assemblee previste dal diritto.

§14. Le norme contrarie a questo canone sono abrogate.

 

 

 

Sui concilii nelle chiese orientali

I canoni 102 e 108 del codice dei canoni delle chiese orientali[33]

Il canone 102 del codice dei canoni delle chiese orientali è abrogato e il suo testo è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 102 – §1. Il concilio ecumenico è convocato quando una questione di qualsiasi tipo nel campo della fede può avere un impatto sulla vita di tutti i fedeli in generale o di tutti i fedeli appartenenti a uno stato canonico.

§2. Quando una questione di qualsiasi tipo nel campo della fede ha un impatto di minore estensione rispetto a quanto previsto nel paragrafo 1 di questo canone, è convocato un concilio particolare.

§3. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra in carica indirizzata al collegio dei vescovi, il concilio ecumenico è convocato automaticamente di diritto.

§4. Il concilio ecumenico convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.[34]

§5. Al concilio ecumenico partecipano soltanto i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica e gli anziani laici non consacrati né sacerdoti esperti nella questione da discutere nel concilio.

§6. Fatta canonicamente la convocazione, se due terzi dei membri che sono tenuti a partecipare al concilio ecumenico, tolti coloro che sono trattenuti da legittimo impedimento, risultano presenti nel luogo designato, il concilio è dichiarato canonico e si procede.

§7. È compito di chi presiede il concilio ecumenico, dopo aver ascoltato i membri del concilio, preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del concilio all’inizio delle sessioni.

§8. Durante il concilio ecumenico, i singoli membri possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al concilio.

§9. Ferme restando le disposizioni sull’ordine del giorno contenute nei paragrafi 7 e 8 di questo canone, la discussione nel concilio ecumenico è libera.[35]

§10. Il concilio ecumenico vota a maggioranza dei due terzi dei membri che partecipano al concilio il suo trasferimento, la sua sospensione, il suo scioglimento.

§11. A meno che il diritto particolare non esige una maggiore presenza, ogni sessione del concilio ecumenico è canonica e ogni singola votazione è valida, se la maggioranza più uno dei membri che sono tenuti a intervenire al concilio è presente.

§12. Tutti i partecipanti al concilio ecumenico hanno il voto deliberativo.

§13. Le norme contrarie a questo canone sono abrogate.

 

 

 

Il canone 108 del codice dei canoni delle chiese orientali è abrogato e il suo testo è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 108 – §1. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra indirizzata al collegio dei vescovi della conferenza episcopale alla quale essi appartengono, il concilio particolare è convocato automaticamente di diritto.

§2. Fermo quanto disposto dai paragrafi 1 e 2 del canone 102, il concilio particolare convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.

§3. Su istanza dei due terzi dei vescovi diocesani titolari di cattedra in carica indirizzata al collegio dei vescovi della conferenza episcopale alla quale essi appartengono, il concilio particolare è convocato automaticamente di diritto.

§4. Il concilio particolare convocato per l’esame di una questione è convocato solo dopo che la discussione libera su quella questione ha condotto all’affinamento dei concetti e alla elaborazione delle posizioni in contrasto da sottoporre al concilio.[36]

§5. Al concilio particolare partecipano soltanto i vescovi diocesani titolari di cattedra in carica e gli anziani laici non consacrati né sacerdoti esperti nella questione da discutere nel concilio.

§6. Fatta canonicamente la convocazione, se due terzi dei membri che sono tenuti a partecipare al concilio particolare, tolti coloro che sono trattenuti da legittimo impedimento, risultano presenti nel luogo designato, il concilio è dichiarato canonico e si procede.

§7. È compito di chi presiede il concilio particolare, dopo aver ascoltato i membri del concilio, preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del concilio all’inizio delle sessioni.

§8. Durante il concilio particolare, i singoli membri possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al concilio.

§9. Ferme restando le disposizioni sull’ordine del giorno contenute nei paragrafi 7 e 8 di questo canone, la discussione nel concilio particolare è libera.[37]

§10. Il concilio particolare vota a maggioranza dei due terzi dei membri che partecipano al concilio il suo trasferimento, la sua sospensione, il suo scioglimento.

§11. A meno che il diritto particolare non esige una maggiore presenza, ogni sessione del concilio particolare è canonica e ogni singola votazione è valida, se la maggioranza più uno dei membri che sono tenuti a intervenire al concilio è presente.

§12. Tutti i partecipanti al concilio particolare hanno il voto deliberativo.

§13. Le disposizioni di questo canone si applicano anche a tutte le altre assemblee previste dal diritto.

§14. Le norme contrarie a questo canone sono abrogate.

 

 

 

Sulle Chiese particolari nel codice di diritto canonico

Il canone 368 del codice di diritto canonico[38]

Il canone 368 è abrogato e il suo testo è sostituito come segue:

 

Can. 368 – §1. Le Chiese particolari sono unicamente le diocesi.

§2. La suprema potestà in ogni diocesi è esercitata da un collegio[39] del quale fanno parte il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica e alcuni anziani laici non consacrati né sacerdoti[40] estratti a sorte[41] tra tutti i credenti validamente battezzati che hanno superato l’età media delle persone che fanno parte di quella diocesi e prendono parte alla sua vita.

§3. Nel caso in cui la diocesi non abbia anziani con le caratteristiche di cui al paragrafo 2 di questo canone, devono essere estratte a sorte delle persone con il maggior numero di queste caratteristiche tra tutti i credenti validamente battezzati che prendono parte alla vita della diocesi.

§4. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

 

I canoni 370 e 371 del codice di diritto canonico sono abrogati e il loro testo è modificato nel modo seguente:

 

Can. 370 – §1. L’istituto della prelatura territoriale è abrogato.

§2. Tutte le prelature territoriali esistenti sono automaticamente abolite e incorporate nella diocesi o nelle diocesi nel cui territorio si trovano.

§3. Entro il termine di tre anni dalla entrata in vigore di questo canone, la conferenza episcopale nel cui territorio si trovano uno o più delle abolite prelature territoriali può decidere la riorganizzazione delle sue diocesi e del loro territorio.

§4. L’istituto dell’abbazia territoriale è abrogato.

§5. Tutte le abbazie territoriali esistenti sono automaticamente abolite e trasformate in abbazie sui iuris per il loro diritto interno e per tutto il resto sottoposte all’autorità della diocesi o delle diocesi nel cui territorio si trovano.

§6. Entro il termine di tre anni dalla entrata in vigore di questo canone, la conferenza episcopale nel cui territorio si trovano uno o più delle abolite abbazie territoriali può decidere la riorganizzazione delle sue diocesi e del loro territorio.

 

Can. 371 – §1. L’istituto del vicariato apostolico è abrogato.

§2. Ogni vicariato apostolico esistente è automaticamente abolito e trasformato in diocesi.

§3. Entro il termine di tre anni dalla entrata in vigore di questo canone, la conferenza episcopale nel cui territorio si trovano uno o più degli aboliti vicariati apostolici può decidere la riorganizzazione delle sue diocesi e del loro territorio.

§4. L’istituto della prefettura apostolica è abrogato.

§5. Ogni prefettura apostolica esistente è automaticamente abolita e trasformata in diocesi.

§6. Entro il termine di tre anni dalla entrata in vigore di questo canone, la conferenza episcopale nel cui territorio si trovano una o più delle abolite prefetture apostoliche può decidere la riorganizzazione delle sue diocesi e del loro territorio.

 

 

Sulle Chiese particolari nel codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 55 del codice dei canoni delle chiese orientali[42]

Il canone 55 del codice delle chiese orientali è abrogato e il suo testo è modificato come segue:

 

Can. 55 – §1. Le Chiese particolari sono unicamente le diocesi.

§2. La suprema potestà in ogni diocesi è esercitata da un collegio[43] del quale fanno parte il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica e alcuni anziani laici non consacrati né sacerdoti[44] estratti a sorte[45] tra tutti i credenti validamente battezzati che hanno superato l’età media delle persone che fanno parte di quella diocesi e prendono parte alla sua vita.

§3. Nel caso in cui la diocesi non abbia anziani con le caratteristiche di cui al paragrafo 2 di questo canone, devono essere estratte a sorte delle persone con il maggior numero di queste caratteristiche tra tutti i credenti validamente battezzati che prendono parte alla vita della diocesi.

§4. Le parole “chiesa patriarcale” ovunque si trovino sono sostituite dalla parola “diocesi”.

§5. La parola “patriarca” ovunque si trovi è sostituita dalla parola “vescovo”.

§6. I poteri e le prerogative di ogni vescovo sono quelli del vescovo diocesano titolare di cattedra.

§7. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

 

 

Il titolo IV del Codice dei canoni delle chiese orientali è rinominato “Le Chiese particolari”

I Titoli V “De ecclesiis archiepiscopalibus maioribus”, VI “De ecclesiis metropolitanis ceterisque ecclesiis sui iuris”, VII “De eparchiis et de episcopis” e VIII “De exarchiis et de exarchis” del codice dei canoni delle chiese orientali sono abrogati.

Queste abrogazioni sono la conseguenza delle previsioni contenute nel nuovo canone 55 del codice dei canoni delle chiese orientali.

 

 

 

Le norme sulle prelature personali

I cannoni dal 294 al 297 del codice di diritto canonico[46]

Nel codice di diritto canonico, i canoni dal 294 al 297 sono abrogati.

Il testo del canone 294 è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 294 – §1. L’istituto della prelatura personale è abrogato.

§2. Tutte le prelature personali sono abolite.

§3. Ogni prelatura personale è convertita automaticamente in associazione di chierici.

§4. Entro il termine di due anni dalla entrata in vigore di questo canone, gli appartenenti alle abolite prelature personali possono associarsi in un modo diverso dall’associazione di chierici scegliendo tra gli istituti disciplinati dal diritto canonico.

 

 

 

Il romano pontefice

Canoni 331-335 del codice di diritto canonico[47]

Come si leggerà tra breve, il nuovo testo del canone 332 paragrafo 1 afferma che:

“Il vescovo di Roma è estratto a sorte tra i presbiteri incardinati nella diocesi di Roma che siano stati validamente ordinati.”.

Il motivo della previsione normativa dell’estrazione a sorte è dato dal fatto che, nella Bibbia, questo è il modo con il quale si rimette alla volontà di Dio la scelta da compiere.[48]

I canoni dal 331 al 335 del codice di diritto canonico sono abrogati e il loro testo è sostituito nel modo seguente:

 

CAPITOLO I – L’ORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA

Articolo 1 – Il vescovo di Roma, il Capo dello Stato Città del Vaticano e le conferenze episcopali

 

Can. 331 – §1. Come, per volontà del Signore, tutti gli apostoli costituiscono un solo collegio, similmente i vescovi costituiscono un solo collegio.

§2. Le parole “Sommo Pontefice” o “Romano Pontefice” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “vescovo di Roma” ad eccezione dei canoni dal 362 al 367 nei quali le parole “Romano Pontefice” sono sostituite con le parole “Capo dello Stato Città del Vaticano”.

§3. Le parole “Santa Sede” o “Sede Apostolica” ovunque si trovino sono sostitute con le parole “Stato Città del Vaticano”.

§4. Le parole “Nunzio apostolico” e “Legato pontificio” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “ambasciatore dello Stato Città del Vaticano”.

§5. Le prerogative e i poteri del vescovo di Roma sono quelli del vescovo diocesano titolare di cattedra.

§6. Il servizio in qualità di Capo dello Stato Città del Vaticano e qualsiasi mansione della carriera diplomatica dello Stato Città del Vaticano sono regolati dal diritto internazionale pubblico e sono incompatibili con il ministero episcopale, con il ministero presbiterale, con il ministero diaconale, con la vita laicale consacrata. La violazione di questo paragrafo è sanzionata con l’automatica riduzione allo stato laicale e con l’automatica scomunica entrambe non sanabili.

§7. Il servizio in qualità di Capo dello Stato Città del Vaticano è assunto da un laico eletto ogni cinque anni e rieleggibile una sola volta.

§8. È validamente eletto Capo dello Stato Città del Vaticano chi ottiene il maggior numero di voti e non meno della metà più uno dei voti di coloro che svolgono le funzioni di ambasciatore dello Stato Città del Vaticano.

 

Can. 332 – §1. Il vescovo di Roma è estratto a sorte[49] tra i presbiteri incardinati nella diocesi di Roma che siano stati validamente ordinati. A tale fine, i presbiteri di cui al periodo precedente sono unicamente i presbiteri validamente ordinati e che il giorno prima della cessazione dall’incarico del precedente vescovo diocesano titolare di cattedra in carica risultino incardinati nella diocesi della quale il futuro vescovo è destinato a essere il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica.

§2. Fatta la convocazione canonica, l’assemblea per l’estrazione a sorte del vescovo di Roma è validamente costituita con la presenza dei due terzi degli aventi diritto.

§3. La votazione è valida con il voto della metà più uno degli aventi diritto.

§4. Il soggetto che ottiene più voti e non meno della metà più uno dei voti sia proclamato vescovo di Roma.

§5. L’elezione legittima, l’accettazione libera e la consacrazione al ministero episcopale fanno ottenere all’eletto il ministero di vescovo di Roma.

§6. Se l’eletto che ha accettato non è vescovo, sia consacrato al ministero episcopale.

§7. Nel caso in cui il vescovo di Roma rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

§8. Quando la sede del vescovo di Roma sia vacante non si modifichi nulla, ma ci si attenga alle disposizioni delle leggi speciali emanate per questa circostanza.

§9. Le disposizioni di questo canone si applicano anche all’acquisizione del ministero episcopale da parte di ogni vescovo della Chiesa di Gesù Cristo.

 

Can. 333 – §1. La Chiesa latina è organizzata in conferenze episcopali.

§2. Il territorio di ciascuna conferenza episcopale corrisponde al territorio dello Stato nel quale essa si trova.

§3. La conferenza episcopale, così come ogni vescovo, non può agire o decidere in contrasto con la parola di Dio, con le delibere dei concilii ecumenici e con il diritto canonico.

 

Can. 334 – §1. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo il monsignorato, il cardinalato e ogni altro titolo onorifico sono aboliti.

§2. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero episcopale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§3. La consacrazione al ministero episcopale è conferita validamente solo e soltanto a coloro che devono essere vescovi diocesani titolari di cattedra.[50]

§4. Tutti coloro i quali, a partire dalla data di entrata in vigore di questo canone, hanno la consacrazione al ministero episcopale, ma non sono vescovi diocesani titolari di cattedra in carica o vescovi diocesani titolari di cattedra emeriti, sono automaticamente ridotti allo stato che avevano prima della consacrazione al ministero episcopale.

§5. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero presbiterale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§6. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero diaconale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§7. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutte le persone che conducono la vita laicale consacrata hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§8. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutte le persone che conducono la vita laicale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

 

Can. 335 – Ogni disposizione contraria ai canoni 331, 332, 333, 334 è abrogata.

 

 

 

Il collegio dei vescovi

Codice di diritto canonico canoni 336-341[51]

I canoni dal 336 al 341 del codice di diritto canonico sono abrogati.

Le loro disposizioni, infatti, o sono già presenti nel testo modificato di altri canoni (ad esempio: la definizione del collegio dei vescovi nel nuovo testo del canone 331, paragrafo 1, le norme sul concilio ecumenico nel nuovo testo del canone 338), o sono esplicazione della forma di governo monocratica della Chiesa (che abbiamo compreso non essere quella che si legge nella Scrittura).

 

 

 

Il sinodo dei vescovi

Codice di diritto canonico canoni 342-348[52]

I canoni dal 342 al 348 del codice di diritto canonico sono abrogati.

Le loro disposizioni, infatti, sono attuazione della forma di governo monocratica della Chiesa (che abbiamo compreso non essere quella che si legge nella Scrittura).

Inoltre, la nuova previsione dei motivi per i quali è convocato il concilio ecumenico rende superfluo prevedere e disciplinare l’istituto del sinodo dei vescovi (nuovo testo del canone 338, paragrafo 1).

 

 

 

I cardinali di santa romana Chiesa

Canoni 349-359 del codice di diritto canonico[53]

I canoni 349-359 del codice di diritto canonico sono abrogati.

L’abrogazione di tutti i titoli onorifici nella Chiesa – e tra di essi il cardinalato – rende inutili le norme sui cardinali (nuovo testo del canone 334, paragrafo 1).

Le norme in parola, poi, sono inutili alla luce della nuova disposizione per la quale il Capo dello Stato Città del Vaticano organizza e dirige le persone che collaborano con lui, nonché in considerazione della incompatibilità tra l’episcopato, il presbiterato, il diaconato, la vita laicale consacrata e la collaborazione con il Capo dello Stato Città del Vaticano (nuovo testo dei canoni 360 e 361).

 

 

La curia romana

I canoni 360 e 361 del Codice di diritto canonico[54]

Il capitolo IV al quale appartengono i canoni 360 e 361 è rinominato “Gli uffici dello Stato Città del Vaticano”.

I canoni 360 e 361 del codice di diritto canonico sono abrogati e il loro testo è sostituito nel modo seguente:

 

Can. 360 – Il Capo dello Stato Città del Vaticano organizza e dirige le persone che collaborano con lui.

 

Can. 361 – §1. Il ministero episcopale, il ministero presbiterale, il ministero diaconale, la vita laicale consacrata sono incompatibili con l’essere collaboratore o collaboratrice del Capo dello Stato Città del Vaticano.

§2. Le uniche eccezioni al paragrafo 1 di questo canone sono l’invio di informative e petizioni e l’aiuto prestato in caso di calamità.

§3. La violazione di questo canone è sanzionata con l’automatica riduzione allo stato laicale e con l’automatica scomunica entrambe non sanabili.

 

 

 

I legati del romano pontefice

Codice diritto canonico, canoni 362-367[55]

I canoni dal 362 al 367 del codice di diritto canonico sono abrogati.

Le norme in parola sono inutili alla luce della nuova disposizione per la quale il Capo dello Stato Città del Vaticano organizza e dirige le persone che collaborano con lui (nuovo testo del canone 360), nonché in considerazione della previsione per la quale le parole “Nunzio apostolico” e “Legato pontificio” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “ambasciatore dello Stato Città del Vaticano” (nuovo testo del canone 331, paragrafo 4) e infine in base alla previsione per la quale qualsiasi mansione della carriera diplomatica dello Stato Città del Vaticano è regolata dal diritto internazionale pubblico (nuovo testo del canone 331, paragrafo 6).

 

 

 

La suprema autorità della Chiesa e il romano pontefice

Canoni 42-48 del codice dei canoni delle chiese orientali[56]

Come si leggerà tra breve, il nuovo testo del canone 45 paragrafo 1 afferma che:

“Il vescovo di Roma è estratto a sorte tra i presbiteri incardinati nella diocesi di Roma che siano stati validamente ordinati.”.

Il motivo della previsione normativa dell’estrazione a sorte è dato dal fatto che, nella Bibbia, questo è il modo con il quale si rimette alla volontà di Dio la scelta da compiere.

Si vedano a tale proposito i passi biblici citati nella nota numero 41.

I canoni dal 42 al 48 del codice dei canoni delle chiese orientali sono abrogati e il loro testo è sostituito nel modo seguente:

 

TITOLO III – L’ORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA

 

Can. 42 – Come, per volontà del Signore, tutti gli apostoli costituiscono un solo collegio, similmente i vescovi costituiscono un solo collegio.

 

Capitolo 1 – Il vescovo di Roma, il Capo dello Stato Città del Vaticano e le conferenze episcopali

Can. 43 – §1. Le parole “Sommo Pontefice” o “Romano Pontefice” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “vescovo di Roma”.

§2. Le parole “Santa Sede” o “Sede Apostolica” ovunque si trovino sono sostitute con le parole “Stato Città del Vaticano”.

§3. Le parole “Nunzio apostolico” e “Legato pontificio” ovunque si trovino sono sostituite con le parole “ambasciatore dello Stato Città del Vaticano”.

§4. Le prerogative e i poteri del vescovo di Roma sono quelli del vescovo diocesano titolare di cattedra.

 

Can. 44 – §1. Il servizio in qualità di Capo dello Stato Città del Vaticano e qualsiasi mansione della carriera diplomatica dello Stato Città del Vaticano sono regolati dal diritto internazionale pubblico e sono incompatibili con il ministero episcopale, con il ministero presbiterale, con il ministero diaconale, con la vita laicale consacrata. La violazione di questo paragrafo è sanzionata con l’automatica riduzione allo stato laicale e con l’automatica scomunica entrambe non sanabili.

§2. Il servizio in qualità di Capo dello Stato Città del Vaticano è assunto da un laico eletto ogni cinque anni e rieleggibile una sola volta.

§3. È validamente eletto Capo dello Stato Città del Vaticano chi ottiene il maggior numero di voti e non meno della metà più uno dei voti di coloro che svolgono le funzioni di ambasciatore dello Stato Città del Vaticano.

 

Can. 45 – §1. Il vescovo di Roma è estratto a sorte[57] tra i presbiteri incardinati nella diocesi di Roma che siano stati validamente ordinati. A tale fine, i presbiteri di cui al periodo precedente sono unicamente i presbiteri validamente ordinati e che il giorno prima della cessazione dall’incarico del precedente vescovo diocesano titolare di cattedra in carica risultino incardinati nella diocesi della quale il futuro vescovo è destinato a essere il vescovo diocesano titolare di cattedra in carica.

§2. Fatta la convocazione canonica, l’assemblea per l’estrazione a sorte del vescovo di Roma è validamente costituita con la presenza dei due terzi degli aventi diritto.

§3. La votazione è valida con il voto della metà più uno degli aventi diritto.

§4. Il soggetto che ottiene più voti e non meno della metà più uno dei voti sia proclamato vescovo di Roma.

§5. L’elezione legittima, l’accettazione libera e la consacrazione al ministero episcopale fanno ottenere all’eletto il ministero di vescovo di Roma.

§6. Se l’eletto che ha accettato non è vescovo, sia consacrato al ministero episcopale.

§7. Nel caso in cui il vescovo di Roma rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

§8. Quando la sede del vescovo di Roma sia vacante non si modifichi nulla, ma ci si attenga alle disposizioni delle leggi speciali emanate per questa circostanza.

§9. Le disposizioni di questo canone si applicano anche all’acquisizione del ministero episcopale da parte di ogni vescovo della Chiesa di Gesù Cristo.

 

Can. 46 – §1. Le Chiese orientali sono organizzate in conferenze episcopali.

§2. Il territorio di ciascuna conferenza episcopale corrisponde al territorio dello Stato nel quale essa si trova.

§3. La conferenza episcopale, così come ogni vescovo, non può agire o decidere in contrasto con la parola di Dio, con le delibere dei concilii ecumenici e con il diritto canonico.

 

Can 47 – §1. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo il monsignorato, il cardinalato e ogni altro titolo onorifico sono aboliti.

§2. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero episcopale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§3. La consacrazione al ministero episcopale è conferita validamente solo e soltanto a coloro che devono essere vescovi diocesani titolari di cattedra.[58]

§4. Tutti coloro i quali, a partire dalla data di entrata in vigore di questo canone, hanno la consacrazione al ministero episcopale, ma non sono vescovi diocesani titolari di cattedra in carica o vescovi diocesani titolari di cattedra emeriti, sono automaticamente ridotti allo stato che avevano prima della consacrazione al ministero episcopale.

§5. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero presbiterale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§6. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutti coloro che hanno il ministero diaconale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§7. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutte le persone che conducono la vita laicale consacrata hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

§8. In tutta la Chiesa di Gesù Cristo tutte le persone che conducono la vita laicale hanno pari dignità e si differenziano tra loro solo per il servizio esercitato.

 

Can. 48 – Ogni disposizione contraria ai canoni 43, 44, 45, 46, 47 è abrogata.

 

 

 

Il collegio dei vescovi

Codice dei canoni delle chiese orientali, canoni 49-54[59]

I canoni dal 49 al 54 del codice del codice dei canoni delle chiese orientali sono abrogati.

Le loro disposizioni, infatti, o sono già presenti nel testo modificato di altri canoni (ad esempio: la definizione del collegio dei vescovi nel nuovo testo del canone 42, le norme sul concilio ecumenico nel nuovo testo del canone 102), o sono esplicazione della forma di governo monocratica della Chiesa (che abbiamo compreso non essere quella che si legge nella Scrittura).

 

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

Tutte le citazioni del Catechismo della chiesa cattolica presenti in questo articolo sono prese da:

http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33:

 

“[1] Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: “Se non vi fate circoncidere secondo l’uso di Mosè, non potete esser salvi”.

[2] Poiché Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.

[3] Essi dunque, scortati per un tratto dalla comunità, attraversarono la Fenicia e la Samaria raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.

[4] Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro.

[5] Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè.

[6] Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.

[7] Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse:
“Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del vangelo e venissero alla fede.

[8] E Dio, che conosce i cuori, ha reso testimonianza in loro favore concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi;

[9] e non ha fatto nessuna discriminazione tra noi e loro, purificandone i cuori con la fede.

[10] Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare?

[11] Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro”.

[12] Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Barnaba e Paolo che riferivano quanti miracoli e prodigi Dio aveva compiuto tra i pagani per mezzo loro.

[13] Quand’essi ebbero finito di parlare, Giacomo aggiunse:

[14] “Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome.

[15] Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto:

[16] Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la
tenda di
Davide che era caduta; ne riparerò le rovine e la
rialzerò,

[17] perché anche gli altri uomini cerchino il Signore
e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio
nome,

[18] dice il Signore che fa queste cose da lui conosciute dall’eternità.

[19] Per questo io ritengo che non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani,

[20] ma solo si ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dalla impudicizia, dagli animali soffocati e dal sangue.

[21] Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe”.

[22] Allora gli apostoli, gli anziani e tutta la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba: Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande considerazione tra i fratelli.

[23] E consegnarono loro la seguente lettera: “Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!

[24] Abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi.

[25] Abbiamo perciò deciso tutti d’accordo di eleggere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Barnaba e Paolo,

[26] uomini che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo.

[27] Abbiamo mandato dunque Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi queste stesse cose a voce.

[28] Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie:

[29] astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a guardarvi da queste cose. State bene”.

[30] Essi allora, congedatisi, discesero ad Antiochia e riunita la comunità consegnarono la lettera.

[31] Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva.

[32] Giuda e Sila, essendo anch’essi profeti, parlarono molto per incoraggiare i fratelli e li fortificarono.

[33] Dopo un certo tempo furono congedati con auguri di pace dai fratelli, per tornare da quelli che li avevano inviati.”

 

 

[2] Vangelo secondo Matteo, capitolo 16, versetti 13-23:

 

“[13] Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”.

[14] Risposero: “Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”.

[15] Disse loro: “Voi chi dite che io sia?”.

[16] Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.

[17] E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.

[18] E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.

[19] A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.

[20] Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

[21] Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno.

[22] Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”.

[23] Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”.”

 

 

 

[3] Prima lettera ai Corinzi, capitolo 3, versetti 1-15:

 

“[1] Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come ad esseri carnali, come a neonati in Cristo.
[2] Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche ora lo siete;

[3] perché siete ancora carnali: dal momento che c’è tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana?

[4] Quando uno dice: “Io sono di Paolo”, e un altro: “Io sono di Apollo”, non vi dimostrate semplicemente uomini?

[5] Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso.

[6] Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere.

[7] Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere.

[8] Non c’è differenza tra chi pianta e chi irrìga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro.

[9] Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio.

[10] Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce.

[11] Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.

[12] E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia,

[13] l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno.

[14] Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa;

[15] ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco.”

 

 

 

[4] Atti degli apostoli, capitolo 12, versetto 17:

 

“[17] Egli allora, fatto segno con la mano di tacere, narrò come il Signore lo aveva tratto fuori del carcere, e aggiunse: “Riferite questo a Giacomo e ai fratelli“. Poi uscì e s’incamminò verso un altro luogo.”

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 21, versetti 17-19:

 

“[17] Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente.

[18] L’indomani Paolo fece visita a Giacomo insieme con noi: c’erano anche tutti gli anziani.

[19] Dopo aver rivolto loro il saluto, egli cominciò a esporre nei particolari quello che Dio aveva fatto tra i pagani per mezzo suo.”

 

 

 

Lettera ai Galati, capitolo 1, versetti 18-20:

 

“[18] In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni;

[19] degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore.

[20] In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco.”

 

 

 

Lettera ai Galati, capitolo 2, versetti 1-14:

 

“[1] Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Barnaba, portando con me anche Tito:

[2] vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano.

[3] Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere.

[4] E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi.

[5] Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda tra di voi.

[6] Da parte dunque delle persone più ragguardevoli – quali fossero allora non m’interessa, perché Dio non bada a persona alcuna – a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più.

[7] Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi –

[8] poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani –

[9] e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi.

[10] Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.

[11] Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto.

[12] Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi.

[13] E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia.

[14] Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: “Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?”

 

 

 

[5] Vangelo secondo Matteo, capitolo 16, versetto 19:

 

“[19] A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli“.”

 

 

 

[6] Vangelo secondo Matteo, capitolo 18, versetti 1.18:

 

“[1] In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”.

[18] In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.”

 

 

 

[7] Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti 19-23:

 

“[19] La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”.

[20] Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

[21] Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.

[22] Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo;

[23] a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi“.”

 

 

 

[8] Codice di diritto canonico,

canone 336:

 

“Can. 336 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 49,

 

Can. 49 – Collegium Episcoporum, cuius caput est Romanus Pontifex cuiusque membra sunt Episcopi vi sacramentalis ordinationis et hierarchica communione cum Collegii capite et membris et in quo corpus apostolicum continuo perseverat, una cum capite suo et numquam sine hoc capite subiectum quoque supremae et plenae potestatis in universam Ecclesiam exsistit.”

 

Il canone 49 in italiano:

 

Can. 49 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Romano Pontefice e le cui membra sono i Vescovi, in forza dell’ordinazione sacramentale e per la comunione gerarchica con il capo del Collegio e con le membra, e nel quale il corpo apostolico persevera continuamente assieme al suo capo e mai senza questo capo, è pure soggetto della suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

 

[9] GLI INCARICHI PASTORALI DEGLI APOSTOLI

Vangelo secondo Marco, capitolo 3, versetti 13-19:

 

“[13] Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui.

[14] Ne costituì Dodici che stessero con lui

[15] e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni.

[16] Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro;

[17] poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono;

[18] e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo

[19] e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.”

 

 

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 6, versetti 7-13:

 

“[7] Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.

[8] E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa;

[9] ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.

[10] E diceva loro: “Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.

[11] Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro”.

[12] E partiti, predicavano che la gente si convertisse,

[13] scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.”

 

 

 

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 14-20:

 

“[14] Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato.

[15] Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.

[16] Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.

[17] E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,

[18] prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.

[19] Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.

[20] Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 10, versetti 1-8:

 

“[1] Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità.

[2] I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello,

[3] Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo,

[4] Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì.

[5] Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti:
“Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;

[6] rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele.

[7] E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino.

[8] Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

 

 

 

Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 16-20:

 

“[16] Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato.

[17] Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano.

[18] E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.

[19] Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,

[20] insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.”

 

 

 

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 1-6:

 

“[1] Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di curare le malattie.

[2] E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi.

[3] Disse loro: “Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno.

[4] In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino.

[5] Quanto a coloro che non vi accolgono, nell’uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi”.

[6] Allora essi partirono e giravano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 3, capitolo 1-16:

 

“[1] Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio.

[2] Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta “Bella” a chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio.

[3] Questi, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l’elemosina.

[4] Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: “Guarda verso di noi”.

[5] Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa.

[6] Ma Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!“.

[7] E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono

[8] e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio.

[9] Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio

[10] e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto.

[11] Mentr’egli si teneva accanto a Pietro e Giovanni, tutto il popolo fuor di sé per lo stupore accorse verso di loro al portico detto di Salomone.

[12] Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: “Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest’uomo?

[13] Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo;

[14] voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, avete chiesto che vi fosse graziato un assassino

[15] e avete ucciso l’autore della vita. Ma Dio l’ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni.

[16] Proprio per la fede riposta in lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede in lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 5, versetti 12-16:

 

“[12] Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone;
[13] degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.

[14] Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore

[15] fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.

[16] Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 5-8:

 

“[5] Filippo, sceso in una città della Samaria, cominciò a predicare loro il Cristo.

[6] E le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che egli compiva.

[7] Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati.

[8] E vi fu grande gioia in quella città.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 34-40:

 

“[34] E rivoltosi a Filippo l’eunuco disse: “Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?”.

[35] Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù.

[36] Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c’era acqua e l’eunuco disse: “Ecco qui c’è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?”.

[37] .

[38] Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò.

[39] Quando furono usciti dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.

[40] Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 32-35:

 

“[32] E avvenne che mentre Pietro andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che dimoravano a Lidda.

[33] Qui trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva su un lettuccio ed era paralitico.

[34] Pietro gli disse: “Enea, Gesù Cristo ti guarisce; alzati e rifatti il letto”. E subito si alzò.

[35] Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saròn e si convertirono al Signore.”

 

 

 

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 36-42:

 

“[36] A Giaffa c’era una discepola chiamata Tabità, nome che significa “Gazzella”, la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine.

[37] Proprio in quei giorni si ammalò e morì. La lavarono e la deposero in una stanza al piano superiore.

[38] E poiché Lidda era vicina a Giaffa i discepoli, udito che Pietro si trovava là, mandarono due uomini ad invitarlo: “Vieni subito da noi!”.

[39] E Pietro subito andò con loro. Appena arrivato lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro.

[40] Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi rivolto alla salma disse: “Tabità, alzati!“. Ed essa aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere.

[41] Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i credenti e le vedove, e la presentò loro viva.

[42] La cosa si riseppe in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore.”

 

 

 

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti, 21-23:

 

“[21] Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi“.

[22] Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo;

[23] a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi“.”

 

 

 

[10] Codice di diritto canonico,

canone 369:

 

“Can. 369 – La diocesi è la porzione del popolo di Dio che viene affidata alla cura pastorale del Vescovo con la cooperazione del presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e da lui riunita nello Spirito Santo mediante il Vangelo e l’Eucaristia, costituisca una Chiesa particolare in cui è veramente presente e operante la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica.”

 

 

 

[11] GLI ANZIANI NELLA COMUNITÀ EBRAICA

 

Vangelo secondo Marco:

 

capitolo 8, versetto 31:

 

“[31] E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.”

 

capitolo 11, versetti 27-28:

 

“[27] Andarono di nuovo a Gerusalemme. E mentre egli si aggirava per il tempio, gli si avvicinarono i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero:
[28] “Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farlo?”.”

 

capitolo 14, versetti 43.53:

 

“[43] E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.”

“[53] Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi.”

 

capitolo 15, versetto 1:

 

“[1] Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato.”

 

 

 

Vangelo secondo Matteo:

 

capitolo 21, versetto 23:

 

“[23] Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: “Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?”.

 

capitolo 26, versetti 3-4:

 

“[3] Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa,
[4] e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire.”

 

capitolo 26, versetti 47-48:

 

“[47] Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.
[48] Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: “Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!”.

 

capitolo 27, versetto 1:

 

“[1] Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.”

 

 

 

Vangelo di Luca:

 

capitolo 9, versetto 22:

 

“[22] “Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”.”

 

capitolo 20, versetti 1-2:

 

“[1] Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo:
[2] “Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t’ha dato quest’autorità”.”

 

capitolo 22, versetti 52-54:

 

“[52] Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: “Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante?
[53] Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre”.
[54] Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.”

 

capitolo 22, versetti 66-69:

 

“[66] Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero:

[67] “Se tu sei il Cristo, diccelo”. Gesù rispose: “Anche se ve lo dico, non mi crederete;

[68] se vi interrogo, non mi risponderete.

[69] Ma da questo momento starà il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza di Dio”.

 

 

 

Atti degli apostoli,

 

capitolo 4, versetti 1-8.23:

 

“[1] Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei,
[2] irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti.
[3] Li arrestarono e li portarono in prigione fino al giorno dopo, dato che era ormai sera.
[4] Molti però di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila.
[5] Il giorno dopo si radunarono in Gerusalemme i capi, gli anziani e gli scribi,
[6] il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti.
[7] Fattili comparire davanti a loro, li interrogavano: “Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?”.

[8] Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: “Capi del popolo e anziani,

[23] Appena rimessi in libertà, andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani.”

 

capitolo 5, versetti 17-21:

 

“[17] Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore,
[18] e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica.
[19] Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse:
[20] “Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita”.
[21] Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.
Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d’Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione.”

 

capitolo 6, versetti 8-12:

 

“[8] Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo.
[9] Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei “liberti” comprendente anche i Cirenèi, gli Alessandrini e altri della Cilicia e dell’Asia, a disputare con Stefano,
[10] ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava.
[11] Perciò sobillarono alcuni che dissero: “Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”.
[12] E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio.”

 

 

 

[12] GLI ANZIANI NELLE COMUNITÀ CRISTIANE

Atti degli apostoli:

 

capitolo 14, versetti 21-23:

“[21] Dopo aver predicato il vangelo in quella città e fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiochia,
[22] rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio.

[23] Costituirono quindi per loro in ogni comunità alcuni anziani e dopo avere pregato e digiunato li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto.”

 

capitolo 16, versetti 16-17:

 

“[16] Paolo aveva deciso di passare al largo di Efeso per evitare di subire ritardi nella provincia d’Asia: gli premeva di essere a Gerusalemme, se possibile, per il giorno della Pentecoste.

[17] Da Milèto mandò a chiamare subito ad Efeso gli anziani della Chiesa.”

 

 

 

[13] GLI ANZIANI NELLA COMUNITÀ CRISTIANA DI GERUSALEMME

Atti degli apostoli:

 

capitolo 15, versetti 2, 4, 6, 22, 23:

 

“[2] Poiché Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
[3] Essi dunque, scortati per un tratto dalla comunità, attraversarono la Fenicia e la Samaria raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.
[4] Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro.
[5] Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè.
[6] Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.

[22] Allora gli apostoli, gli anziani e tutta la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba: Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande considerazione tra i fratelli.
[23] E consegnarono loro la seguente lettera: “Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!”

 

 

 

[14] Un riassunto della vita di sant’Ignazio di Antiochia è disponibile in: https://it.wikipedia.org/wiki/Ignazio_di_Antiochia

 

Un riassunto della questione filologica generata dalle diverse versioni che ci sono pervenute delle lettere a lui attribuite è disponibile in:  https://it.wikipedia.org/wiki/Lettere_di_Ignazio

 

 

 

[15] Decreto Presbyterorum ordinis,

numero 10,

cito da:

http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decree_19651207_presbyterorum-ordinis_it.html

(il sottolineato è mio)

 

“10. Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell’ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, « fino agli ultimi confini della terra » (At 1,8), dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli apostoli. Infatti il sacerdozio di Cristo, di cui i presbiteri sono resi realmente partecipi, si dirige necessariamente a tutti i popoli e a tutti i tempi, né può subire limite alcuno di stirpe, nazione o età, come già veniva prefigurato in modo arcano con Melchisedec (82). Ricordino quindi i presbiteri che a essi incombe la sollecitudine di tutte le Chiese. Pertanto, i presbiteri di quelle diocesi, che hanno maggior abbondanza di vocazioni si mostrino disposti ad esercitare volentieri il proprio ministero, previo il consenso o l’invito del proprio ordinario, in quelle regioni, missioni o attività che soffrano di scarsezza di clero.

Inoltre, le norme sull’incardinazione e l’escardinazione vanno riviste in modo che questo antichissimo istituto, pur rimanendo in vigore, sia però più rispondente ai bisogni pastorali di oggi. E lì dove ciò sia reso necessario da motivi apostolici, si faciliti non solo una distribuzione funzionale dei presbiteri, ma anche l’attuazione di peculiari iniziative pastorali in favore di diversi gruppi sociali in certe regioni o nazioni o addirittura continenti. A questo scopo potrà essere utile la creazione di seminari internazionali, peculiari diocesi o prelature personali, e altre istituzioni del genere, cui potranno essere ascritti o incardinati dei presbiteri per il bene di tutta la Chiesa, secondo norme da stabilirsi per ognuna di queste istituzioni, e rispettando sempre i diritti degli ordinari del luogo.

Comunque, per quanto è possibile, i presbiteri non devono essere mandati soli in una nuova regione, soprattutto quando non ne conoscono ancora bene la lingua e le usanze; è meglio che vadano a gruppi di almeno due o tre, come i discepoli del Signore (83), in modo da aiutarsi a vicenda. È parimenti necessario che ci si prenda cura della loro vita spirituale e della loro salute fisica e mentale; inoltre, nei limiti del possibile, è bene che si scelgano il luogo e le condizioni di lavoro che meglio si adattano alle possibilità personali di ciascuno di essi. D’altra parte, è altrettanto necessario che coloro i quali entrano in una nuova nazione cerchino di conoscere non solo la lingua del paese, ma anche gli speciali caratteri psico-sociologici di quel popolo al cui servizio essi umilmente desiderano mettersi, fondendosi con esso nel modo più pieno, così da seguire l’esempio dell’apostolo Paolo, il quale poté dire di sé: « Io infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servitore di tutti, per guadagnarne il più gran numero. Con i Giudei mi sono fatto Giudeo, per guadagnare i Giudei… » (1 Cor 9,19-20).”

 

 

 

[16] LE PRELATURE PERSONALI

Codice di diritto canonico,

canoni 294-297:

 

“Can. 294 – Al fine di promuovere un’adeguata distribuzione dei presbiteri o di attuare speciali opere pastorali o missionarie per le diverse regioni o per le diverse categorie sociali, la Sede Apostolica può erigere prelature personali formate da presbiteri e da diaconi del clero secolare, udite le Conferenze Episcopali interessate.

 

Can. 295 – §1. La prelatura personale è retta da statuti emanati dalla Sede Apostolica e ad essa viene preposto un Prelato come Ordinario proprio, il quale ha il diritto di erigere un seminario nazionale o internazionale, nonché di incardinare gli alunni e di promuoverli agli ordini con il titolo del servizio della prelatura.

§2. Il Prelato deve provvedere sia alla formazione spirituale di coloro che ha promosso con il predetto titolo, sia al loro decoroso sostentamento.

 

Can. 296 – I laici possono dedicarsi alle opere apostoliche di una prelatura personale mediante convenzioni stipulate con la prelatura stessa; il modo di tale organica cooperazione e i principali doveri e diritti con essa connessi siano determinati con precisione negli statuti.

 

Can. 297 – Parimenti gli statuti definiscano i rapporti della prelatura personale con gli Ordinari del luogo nelle cui Chiese particolari la prelatura stessa esercita o intende esercitare, previo consenso del Vescovo diocesano, le sue opere pastorali o missionarie.”

 

 

 

[17] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 357 e 391:

 

canone 357

Can. 357 – § 1. Quilibet clericus debet esse ut clericus ascriptus aut alicui eparchiae aut exarchiae aut instituto religioso aut societati vitae communis ad instar religiosorum aut instituto vel consociationi, quae ius clericos sibi ascribendi adepta sunt a Sede Apostolica vel intra fines territorii Ecclesiae, cui praeest, a Patriarcha de consensu Synodi permanentis.

§2. Quod de clericorum alicui eparchiae ascriptione et de dimissione ab ea statuitur, valet congrua. congruis referendo etiam de aliis supra dictis personis iuridicis necnon iure particulari ita ferente de ipsa Ecclesia patriarchali, nisi aliter iure expresse cautum est.”

 

canone 357 in italiano:

 

Can. 357 – § 1. Qualsiasi chierico deve essere ascritto come chierico a un’eparchia, o a un esarcato, o a un istituto religioso, o a una società di vita comune a guisa dei religiosi, oppure a un istituto o a un’associazione che abbia ottenuto dalla Sede Apostolica il diritto di ascriversi dei chierici oppure, entro i confini del territorio della Chiesa a cui presiede, dal Patriarca col consenso del Sinodo permanente.

§2. Ciò che è stabilito circa l’ascrizione dei chierici a un’eparchia e la dimissione da essa, vale anche, con i dovuti riferimenti, delle altre persone giuridiche sopra indicate, come pure, se così lo comporta il diritto particolare, della stessa Chiesa patriarcale, a meno che non sia stato espressamente disposto diversamente dal diritto.”

 

 

Canone 391:

 

Can. 391 – Integrum est clericis firmo can. 578, § 3 se cum aliis consociare ad fines consequendos statui clericali congruentes; competit autem Episcopo eparchiali de hac congruentia authentice iudicare.”

 

Canone 391 in italiano:

 

Can. 391 – E’ pieno diritto dei chierici, fermo restando il can. 578, § 3, di associarsi con altri per raggiungere dei fini convenienti allo stato clericale; giudicare autenticamente di questa convenienza, però, spetta al Vescovo eparchiale.”

 

 

 

[18] Decreto Ad gentes,

numero 20,

cito da:

http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decree_19651207_ad-gentes_it.html

(il sottolineato è mio)

 

“20. La Chiesa particolare, dovendo riprodurre il più perfettamente possibile la Chiesa universale, abbia la piena coscienza di essere inviata anche a coloro che non credono in Cristo e vivono nel suo stesso territorio, al fine di costituire, con la testimonianza di vita dei singoli fedeli e della comunità tutta, il segno che addita loro il Cristo (104).

È inoltre necessario il ministero della parola, perché il messaggio evangelico giunga a tutti. Il vescovo deve essere essenzialmente il messaggero di fede che porta nuovi discepoli a Cristo. Per rispondere bene a questo nobilissimo compito deve conoscere a fondo sia le condizioni del suo gregge, sia la concezione che di Dio hanno i suoi concittadini, tenendo conto esattamente anche dei mutamenti introdotti dalla cosiddetta urbanizzazione, dal fenomeno della emigrazione e dall’indifferentismo religioso.

I sacerdoti locali attendano con molto zelo all’opera di evangelizzazione nelle giovani Chiese, collaborando attivamente con i missionari di origine straniera, con i quali costituiscono un unico corpo sacerdotale riunito sotto l’autorità del vescovo: ciò non solo per pascere i propri fedeli e per celebrare il culto divino, ma anche per predicare il Vangelo a coloro che stanno fuori. Perciò dimostrino prontezza e, all’occasione, si offrano generosamente al proprio vescovo per iniziare l’attività missionaria nelle zone più lontane ed abbandonate della propria diocesi o anche di altre diocesi.

Dello stesso zelo siano animati i religiosi e le religiose, ed anche i laici verso i propri concittadini, specie quelli più poveri.

Le conferenze episcopali procurino che periodicamente si tengano corsi di aggiornamento biblico, teologico, spirituale e pastorale, allo scopo di consentire al clero, di fronte al variare incessante delle situazioni, di approfondire la conoscenza della teologia e dei metodi pastorali.

Quanto al resto, si osservino religiosamente tutte le disposizioni che questo Concilio ha emanato, specialmente quelle del decreto relativo al ministero ed alla vita sacerdotale.

Una Chiesa particolare, per poter realizzare la propria opera missionaria, ha bisogno di ministri adatti, che vanno preparati tempestivamente in maniera rispondente alle condizioni di ciascuna di esse. E poiché gli uomini tendono sempre più a riunirsi in gruppi, è sommamente conveniente che le conferenze episcopali concordino una comune linea di azione, in ordine al dialogo da stabilire con tali gruppi. Se però in certe regioni esistono dei gruppi di uomini, che sono distolti dall’abbracciare la fede cattolica dall’incapacità di adattarsi a quella forma particolare che la Chiesa ha assunto in mezzo a loro, è senz’altro desiderabile che si provveda ad una tale situazione con misure particolari (105) finché non si arrivi a riunire tutti i cristiani in un’unica comunità. Se poi la santa Sede dispone di missionari preparati a questo scopo, pensino i singoli vescovi a chiamarli nelle proprie diocesi o li accolgano ben volentieri, favorendo efficacemente le loro iniziative.

Perché questo zelo missionario fiorisca nei membri della loro patria, è altresì conveniente che le giovani Chiese partecipino quanto prima effettivamente alla missione universale della Chiesa, inviando anch’esse dei missionari a predicare il Vangelo dappertutto nel mondo, anche se soffrono di scarsezza di clero. La comunione con la Chiesa universale raggiungerà in un certo senso la sua perfezione solo quando anch’esse prenderanno parte attiva allo sforzo missionario diretto verso le altre nazioni.”

 

 

 

[19] Decreto Ad gentes,

numero 27,

cito da:

http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decree_19651207_ad-gentes_it.html

(il sottolineato è mio)

 

“27. Tutto questo, benché sia indispensabile a chiunque viene inviato alle genti, in realtà molto difficilmente può essere realizzato dai singoli. Appunto perché l’opera missionaria stessa, come conferma l’esperienza, non può essere compiuta dai singoli individui, una vocazione comune li ha riuniti in istituti dove, mettendo insieme le loro forze, possono ricevere una formazione adeguata, per eseguire quell’opera a nome della Chiesa e dietro comando dell’autorità gerarchica. Per molti secoli tali istituti han portato il peso del giorno e del calore, sia che al lavoro missionario si dedicassero totalmente, sia che vi si dedicassero soltanto in parte. Spesso la santa Sede affidò loro dei territori immensi da evangelizzare, nei quali seppero riunire, per il Signore, un nuovo popolo, cioè una Chiesa locale gerarchicamente unita ai propri pastori. A queste Chiese appunto, che han fondato con il loro sudore o piuttosto con il loro sangue, essi presteranno servizio con il proprio zelo e la propria esperienza in una collaborazione fraterna, sia che esercitino la cura delle anime, sia che svolgano funzioni speciali in vista del bene comune.

Talvolta si assumeranno dei compiti più urgenti in tutto l’ambito di una determinata regione: ad esempio, l’evangelizzazione di certe categorie o di popoli che, per ragioni particolari, non hanno forse ricevuto ancora il messaggio evangelico, o ad esso han fatto finora resistenza (140). In caso di necessità, essi devono esser pronti a formare e ad aiutare con la loro esperienza coloro che si consacrano all’attività missionaria solo temporaneamente. Per tutte queste ragioni, ed anche perché molti sono ancora i popoli da condurre a Cristo, questi istituti restano assolutamente necessari.”

 

Nota presente nel testo ora citato

 

“(140) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sul Ministero e la Vita dei Presbiteri, Presbyterorum Ordinis, n. 10, dove si tratta delle Diocesi e delle Prelature personali e di altri argomenti analoghi [pag. 801ss].”

 

 

 

[20] Motu proprio Ecclesiae sanctae,

numero 4,

cito da:

http://www.vatican.va/content/paul-vi/it/motu_proprio/documents/hf_p-vi_motu-proprio_19660806_ecclesiae-sanctae.html

(il sottolineato è mio)

 

“4. Inoltre, per favorire speciali iniziative pastorali o missionarie in favore di certe regioni o di gruppi sociali, che abbisognano di speciale aiuto, possono fruttuosamente essere erette dalla Sede Apostolica delle Prelature composte di presbiteri del clero secolare, in possesso di una particolare formazione, dotate di propri statuti e sotto la direzione di un proprio Prelato.
Sarà compito di questo Prelato fondare e dirigere Seminari nazionali o internazionali, per una opportuna formazione degli alunni. Tale Prelato avrà il diritto di incardinare quegli alunni e di promuoverli agli Ordini col titolo di servizio della Prelatura.
Il Prelato deve interessarsi della vita spirituale di coloro che ha promosso col titolo predetto e di perfezionare continuamente la loro peculiare formazione, in vista dello speciale ministero, con opportuni accordi con gli Ordinari dei luoghi in cui questi sacerdoti sono mandati. Così pure deve provvedere loro un dignitoso sostentamento, assicurato mediante gli stessi accordi, o con beni propri della Prelatura o con altri opportuni aiuti. Similmente dovrà interessarsi di coloro che per malferma salute o per altre cause sono costretti ad abbandonare il loro ministero.
Nulla impedisce che dei laici, sia celibi sia coniugati, mediante convenzioni con la Prelatura, offrano la loro abilità professionale a servizio delle opere e delle iniziative di essa.
Tali Prelature non siano erette se non dopo aver ascoltato le Conferenze Episcopali del territorio in cui esse prestano la loro opera. Nel loro servizio le Prelature si premurino di rispettare i diritti degli Ordinari del luogo e abbiano continue e strette relazioni con le stesse Conferenze Episcopali.”

 

 

 

[21] Costituzione apostolica Regimini ecclesiae universae,

numero 49,

cito da:

http://www.vatican.va/content/paul-vi/it/apost_constitutions/documents/hf_p-vi_apc_19670815_regimini-ecclesiae-universae.html

(il sottolineato è mio)

 

“49. § 1. Alla Congregazione per i Vescovi spetta, nei luoghi e per le persone non soggette alla Congregazione per le Chiese Orientali o alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, costituire nuove diocesi, province, regioni; dividere, unire, sottoporre a revisione quelle già costituite, sia su proposta delle Conferenze Episcopali interessate (14), sia dopo aver semplicemente sentito il loro parere, se il caso lo richiede; erigere Vicariati Castrensi e, dopo aver chiesto il parere delle Conferenze Episcopali del territorio, Prelature per favorire particolari iniziative pastorali a vantaggio di certe regioni o di gruppi sociali bisognosi di speciale aiuto (15); inoltre tratta le questioni che riguardano la nomina dei Vescovi, degli Amministratori Apostolici, dei Coadiutori e degli Ausiliari dei Vescovi, dei Vicari Castrensi e degli altri Vicari e Prelati che godono di giurisdizione personale.
§ 2. Ogni volta che si deve trattare con i Governi Civili per la erezione, divisione, provvisione di diocesi, gli atti vengono presi in considerazione dal S. Consiglio per gli affari Pubblici della Chiesa (16), salvo una particolare condizione per qualche Stato (17); ma in ambedue i casi i Dicasteri per i Vescovi e per gli affari Pubblici della Chiesa procedono di comune accordo, presentando regolarmente l’affare all’Assemblea mista dei Cardinali, dopo la reciproca comunicazione degli atti; resta sempre immutata la norma di definire concordemente le modalità secondo cui debbano essere trattati i problemi di tal genere, che nell’ambito della loro competenza vengono presi in considerazione da più Dicasteri della Curia Romana.
§ 3. In tutti i casi, poi, spetta alla Congregazione per i Vescovi, emanare il decreto di erezione, di divisione, di provvisione delle diocesi.
§ 4. È compito della medesima Congregazione informarsi su tutto ciò che riguarda i Vescovi, in riferimento sia alle persone che agli uffici e all’azione pastorale; parimenti provvedere ai medesimi quando lasciano l’ufficio loro affidato (18). Perciò essa si interessa di ciò che ha attinenza con lo stato delle diocesi e con le mense episcopali; riceve ed esamina quanto i Vescovi hanno riferito per iscritto circa la situazione ed il progresso delle diocesi; di comune accordo con i Dicasteri interessati, indice visite apostoliche e prende in esame quelle già terminate, trasmettendo in ambedue i casi ai singoli Dicasteri quelle informazioni che li riguardano in modo specifico.
§ 5. Considera inoltre quanto riguarda i Primati e i Metropoliti, cura quanto riguarda la concessione dei sacri pallii, prepara i temi da trattarsi nei Concistori.”

 

Note presenti nel testo ora citato.

 

“(14) CONC. VATIC. II, Decr. Christus Dominus, nn. 22-24; 39-40: AAS 58 (1966), pp.683 ss; 694

(15Ibid., n. 42; CONC. VATIC. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 10: AAS 58 (1966), p. 1007; Motu Proprio Ecclesiae Sanctae del 6 agosto 1966, I, 4: AAS 58 (1966), p. 760

(16) C.I.C, can. 255

(17) Cf Pio XI, Lettera del 5 luglio 1925; cf anche Rescritto ex Audientia SS.mi, 7 marzo 1930, per l’Italia

(18) CONC. VATIC. II, Decr. Christus Dominus, n. 21: AAS 58 (1966), p. 683”

 

 

 

[22] ASSOCIAZIONE DI CHIERICI

Codice di diritto canonico,

canone 278:

 

“Can. 278 – §1. È diritto dei chierici secolari associarsi con altri in vista di finalità confacenti allo stato clericale.

§2. I chierici secolari diano importanza soprattutto alle associazioni le quali, avendo gli statuti autorizzati dall’autorità competente, mediante una regola di vita adatta e convenientemente approvata e mediante l’aiuto fraterno, stimolano alla santità nell’esercizio del ministero e favoriscono l’unità dei chierici fra di loro e con il proprio Vescovo.

§3. I chierici si astengano dal fondare o partecipare ad associazioni il cui fine o la cui attività non sono compatibili con gli obblighi propri dello stato clericale, oppure possono ostacolare il diligente compimento dell’incarico loro affidato dalla competente autorità ecclesiastica.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 357 e 391:

 

canone 357

Can. 357 – § 1. Quilibet clericus debet esse ut clericus ascriptus aut alicui eparchiae aut exarchiae aut instituto religioso aut societati vitae communis ad instar religiosorum aut instituto vel consociationi, quae ius clericos sibi ascribendi adepta sunt a Sede Apostolica vel intra fines territorii Ecclesiae, cui praeest, a Patriarcha de consensu Synodi permanentis.

§2. Quod de clericorum alicui eparchiae ascriptione et de dimissione ab ea statuitur, valet congrua. congruis referendo etiam de aliis supra dictis personis iuridicis necnon iure particulari ita ferente de ipsa Ecclesia patriarchali, nisi aliter iure expresse cautum est.”

 

canone 357 in italiano:

 

Can. 357 – § 1. Qualsiasi chierico deve essere ascritto come chierico a un’eparchia, o a un esarcato, o a un istituto religioso, o a una società di vita comune a guisa dei religiosi, oppure a un istituto o a un’associazione che abbia ottenuto dalla Sede Apostolica il diritto di ascriversi dei chierici oppure, entro i confini del territorio della Chiesa a cui presiede, dal Patriarca col consenso del Sinodo permanente.

§2. Ciò che è stabilito circa l’ascrizione dei chierici a un’eparchia e la dimissione da essa, vale anche, con i dovuti riferimenti, delle altre persone giuridiche sopra indicate, come pure, se così lo comporta il diritto particolare, della stessa Chiesa patriarcale, a meno che non sia stato espressamente disposto diversamente dal diritto.”

 

 

Canone 391:

 

Can. 391 – Integrum est clericis firmo can. 578, § 3 se cum aliis consociare ad fines consequendos statui clericali congruentes; competit autem Episcopo eparchiali de hac congruentia authentice iudicare.”

 

Canone 391 in italiano:

 

Can. 391 – E’ pieno diritto dei chierici, fermo restando il can. 578, § 3, di associarsi con altri per raggiungere dei fini convenienti allo stato clericale; giudicare autenticamente di questa convenienza, però, spetta al Vescovo eparchiale.”

 

 

 

[23] GLI ISTITUTI SECOLARI

Codice di diritto canonico,

canoni 710-730:

 

“Can. 710 – L’istituto secolare è un istituto di vita consacrata in cui i fedeli, vivendo nel mondo, tendono alla perfezione della carità e si impegnano per la santificazione del mondo, soprattutto operando all’interno di esso.

Can. 711 – Un membro di istituto secolare, in forza della consacrazione, non cambia la propria condizione canonica, clericale o laicale, che gli è propria nel popolo di Dio, salve le disposizioni del diritto che riguardano gli istituti di vita consacrata.

Can. 712 – Ferme restando le disposizioni dei cann. 598-601, le costituzioni stabiliscano i vincoli sacri con cui vengono assunti nell’istituto i consigli evangelici e definiscano gli obblighi che essi comportano, salva sempre però, nello stile di vita, la secolarità propria dell’istituto.

Can. 713 – §1. I membri di tali istituti esprimono e realizzano la propria consacrazione nell’attività apostolica e a modo di fermento si sforzano di permeare ogni realtà di spirito evangelico per consolidare e far crescere il Corpo di Cristo.

§2. I membri laici, nel mondo e dal’interno di esso, partecipano della funzione evangelizzatrice della Chiesa sia mediante la testimonianza di vita cristiana e di fedeltà alla propria consacrazione, sia attraverso l’aiuto che dànno perché le realtà temporali siano ordinate secondo Dio e il mondo sia vivificato dalla forza del Vangelo. Essi offrono inoltre la propria collaborazione per il servizio della comunità ecclesiale, secondo lo stile di vita secolare loro proprio.

§3. I membri chierici, attraverso la testimonianza della vita consacrata, soprattutto nel presbiterio, sono di aiuto ai confratelli con una peculiare carità apostolica e in mezzo al popolo di Dio realizzano la santificazione del mondo con il proprio ministero sacro.

Can. 714 – I membri degli istituti secolari conducano la propria vita nelle situazioni ordinarie del mondo, soli, o ciascuno nella propria famiglia, oppure in gruppi di vita fraterna a norma delle costituzioni.

Can. 715 – §1. I membri chierici incardinati in una diocesi dipendono dal Vescovo diocesano, salvo quanto riguarda la vita consacrata nel proprio istituto.

§2. Quelli invece che a norma del can. 266, §3vengono incardinati nell’istituto, se sono destinati alle opere proprie dell’istituto o a funzioni di governo all’interno di esso, dipendono dal Vescovo allo stesso modo dei religiosi.

Can. 716 – §1. Tutti i membri partecipino attivamente alla vita dell’istituto secondo il diritto proprio.

§2. I membri di uno stesso istituto conservino la comunione tra loro curando con sollecitudine l’unità dello spirito e una vera fraternità.

Can. 717 – §1. Le costituzioni definiscano la forma di governo propria dell’istituto, la durata in carica dei Moderatori e il modo della loro designazione.

§2. Nessuno sia designato come Moderatore supremo se non è stato incorporato nell’istituto in modo definitivo.

§3. Coloro che sono preposti al governo dell’istituto abbiano cura che sia conservata l’unità dello spirito e che sia promossa l’attiva partecipazione dei membri.

Can. 718 – L’amministrazione dei beni dell’istituto, che deve esprimere e favorire la povertà evangelica, è regolata dalle norme del Libro V, I beni temporali della Chiesa, nonché dal diritto proprio dell’istituto. Il diritto proprio deve parimenti definire gli obblighi, specialmente di carattere economico, dell’istituto verso i membri che ad esso prestano la propria attività.

Can. 719 – §1. Per rispondere fedelmente alla propria vocazione e perché la loro azione apostolica scaturisca dalla stessa unione con Cristo, i membri siano assidui all’orazione, attendano convenientemente alla lettura delle sacre Scritture, osservino i tempi di ritiro annuale e compiano le altre pratiche spirituali secondo il diritto proprio.

§2. La celebrazione dell’Eucaristia, in quanto possibile quotidiana, sia la sorgente e la forza di tutta la loro vita consacrata.

§3. Si accostino liberamente e con frequenza al sacramento della penitenza.

§4. Siano liberi di ricevere la necessaria direzione della coscienza e di richiedere consigli in materia, se lo desiderano, anche ai propri Moderatori.

Can. 720 – Il diritto di ammettere nell’istituto per il periodo di prova oppure per assumere i vincoli sacri, sia temporanei sia perpetui o definitivi, compete ai Moderatori maggiori con il loro consiglio, a norma delle costituzioni.

Can. 721 – §1. È ammesso invalidamente al periodo di prova iniziale:

1) chi non ha ancora raggiunto la maggiore età;

2) chi è legato attualmente con vincolo sacro ad un istituto di vita consacrata o è incorporato in una società di vita apostolica;

3) il coniuge durante il matrimonio.

§2. Le costituzioni possono stabilire altri impedimenti anche per la validità dell’ammissione, o porre condizioni.

§3. Per essere accettati si richiede inoltre la maturità necessaria a condurre in modo conveniente la vita propria dell’istituto.

Can. 722 – §1. La prova iniziale sia ordinata a far sì che i candidati prendano più chiara coscienza della loro vocazione divina e di quella specifica dell’istituto e ne sperimentino lo spirito e il genere di vita.

§2. I candidati siano debitamente formati a condurre una vita secondo i consigli evangelici e istruiti a trasformarla integralmente in apostolato, adottando quelle forme di evangelizzazione che meglio rispondano al fine, allo spirito e all’indole dell’istituto.

§3. Le costituzioni devono definire il metodo e la durata di tale prova, non inferiore a due anni, che precede il primo impegno con vincoli sacri nell’istituto.

Can. 723 – §1. Compiuto il tempo della prova iniziale il candidato che viene giudicato idoneo assuma i tre consigli evangelici, confermati dal vincolo sacro, oppure lasci l’istituto.

§2. Questa prima incorporazione, non inferiore a cinque anni, sia temporanea a norma delle costituzioni.

§3. Trascorso tale periodo di tempo, il membro giudicato idoneo sia ammesso all’incorporazione perpetua oppure a quella definitiva, cioè con vincoli temporanei da rinnovarsi sempre alla scadenza.

§4. L’incorporazione definitiva è equiparata a quella perpetua, in ordine a determinati effetti giuridici, che devono essere stabiliti nelle costituzioni.

Can. 724 – §1. Dopo il primo impegno con vincoli sacri, la formazione deve essere continuata costantemente a norma delle costituzioni.

§2. I membri devono essere preparati di pari passo tanto nelle scienze umane quanto in quelle divine; i Moderatori dell’istituto sentano seriamente la responsabilità della loro continua formazione spirituale.

Can. 725 – L’istituto può associare a sé, con qualche vincolo determinato dalle costituzioni, altri fedeli che si impegnino a tendere alla perfezione evangelica secondo lo spirito dell’istituto e a partecipare della sua stessa missione.

Can. 726 – §1. Trascorso il periodo dell’incorporazione temporanea il membro può liberamente lasciare l’istituto, o per giusta causa può essere escluso dalla rinnovazione dei vincoli sacri da parte del Moderatore maggiore, udito il suo consiglio.

§2. Il membro di incorporazione temporanea che lo richieda spontaneamente, per grave causa può ottenere dal Moderatore supremo, con il consenso del suo consiglio, l’indulto di lasciare l’istituto.

Can. 727 – §1. Se un membro incorporato con vincolo perpetuo vuole lasciare l’istituto, dopo avere seriamente ponderato la cosa davanti al Signore deve chiederne l’indulto, per mezzo del Moderatore supremo, alla Sede Apostolica se l’istituto è di diritto pontificio; altrimenti anche al Vescovo diocesano, secondo quanto è definito dalle costituzioni.

§2. Trattandosi di sacerdote incardinato nell’istituto si osservi il disposto del can. 693.

Can. 728 – Con la legittima concessione dell’indulto di lasciare l’istituto cessano tutti i vincoli, e insieme i diritti e gli obblighi derivanti dall’incorporazione.

Can. 729n – La dimissione di un membro dall’istituto avviene a norma dei cann. 694 § 1, 1 e 2 e 695. Le costituzioni definiscano anche altre cause di dimissione, purché siano proporzionatamente gravi, esterne, imputabili e comprovate giuridicamente, e si osservi inoltre la procedura stabilita nei cann. 697-700. Al membro dimesso si applica il disposto del can. 701.

Can. 730 – Per il passaggio di un membro di istituto secolare ad un altro istituto secolare si osservino le disposizioni dei cann. 684, §§124 e 685; invece per il passaggio invece ad un istituto religioso o ad una società di vita apostolica, o da questi ad un istituto secolare, si richiede la licenza della Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si deve attenere.

(n: Indica che il testo corrisponde alla nuova versione o a un nuovo paragrafo)

Cf: Lettera Apostolica in forma di “Motu proprio” Communis vita, con la quale vengono mutate alcune norme del codice di diritto canonico (19 marzo 2019)

 

 

 

[24] SOCIETA’ DI VITA APOSTOLICA

Codice di diritto canonico,

canoni 731-746:

 

“Can. 731 – §1. Agli istituti di vita consacrata si aggiungono le società di vita apostolica i cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante l’osservanza delle costituzioni.

§2. Fra queste vi sono società i cui membri assumono i consigli evangelici con qualche vincolo definito dalle costituzioni.

Can. 732 – Quanto è stabilito nei cann. 578597 e 606 si applica anche alle società di vita apostolica, tuttavia nel rispetto della natura di ciascuna di esse; alle società di cui nel can. 731, §2, si applicano anche i cann. 598602.

Can. 733 – §1. Una casa viene eretta e una comunità locale viene costituita dall’autorità competente della società previo consenso scritto del Vescovo diocesano, il quale deve essere anche consultato quando si tratta della soppressione di queste.

§2. Il consenso per l’erezione di una casa comporta il diritto di avere almeno un oratorio, nel quale sia celebrata e custodita la santissima Eucaristia.

Can. 734 – Il governo della società è definito dalle costituzioni, osservati, secondo la natura delle singole società, i cann. 617633.

Can. 735 – §1. L’ammissione dei membri, il periodo di prova, l’incorporazione e la formazione vengono determinati dal diritto proprio di ogni società.

§2. Per l’ammissione nella società si osservino le condizioni stabilite nei cann. 642-645.

§3. Il diritto proprio deve determinare la ratioper la prova e per la formazione, in consonanza con gli scopi e l’indole della società, particolarmente in campo dottrinale, spirituale, apostolico, cosicché i membri, riconoscendo la vocazione divina, siano convenientemente preparati alla missione e alla vita della società.

Can. 736 – §1. Nelle società clericali i chierici sono incardinati nella società stessa, a meno che le costituzioni non dicano altrimenti.

§2. Per quanto riguarda il «piano degli studi» e la recezione degli ordini, si seguano le norme previste per i chierici secolari, fermo restando tuttavia il §1.

Can. 737 – L’incorporazione comporta da parte dei membri gli obblighi e i diritti definiti nelle costituzioni, da parte della società l’impegno di guidare i membri a realizzare la propria vocazione secondo le costituzioni.

Can. 738 – §1. Tutti i membri sono soggetti ai propri Moderatori a norma delle costituzioni in ciò che riguarda la vita interna e la disciplina della società.

§2. Sono soggetti inoltre al Vescovo diocesano in ciò che riguarda il culto pubblico, la cura delle anime e le altre attività apostoliche, attesi i cann. 679-683.

§3. Le relazioni tra il membro incardinato nella diocesi e il proprio Vescovo sono definite dalle costituzioni o da particolari convenzioni.

Can. 739 – I membri, oltre agli obblighi che secondo le costituzioni li toccano in quanto tali, sono tenuti agli obblighi comuni ai chierici, a meno che non risulti altrimenti dalla natura delle cose o dal contesto.

Can. 740 – I membri devono abitare nella casa o nella comunità legittimamente costituita e osservare la vita in comune a norma del diritto proprio; da questo sono pure regolate le assenze dalla casa o dalla comunità.

Can. 741 – §1. Le società e, se non è detto altrimenti nelle costituzioni, le loro parti e le case, sono persone giuridiche e in quanto tali hanno la capacità di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali a norma delle disposizioni del Libro V, I beni temporali della Chiesa, dei cann. 636638 e 639, nonché del diritto proprio.

§2. Anche i membri, a norma del diritto proprio, hanno la capacità di acquistare, possedere e amministrare beni temporali e di disporne, ma tutto ciò che loro proviene in considerazione della società è acquisito per la società.

Can. 742 – L’uscita e la dimissione di un membro non ancora incorporati in modo definitivo sono regolate dalle costituzioni di ciascuna società.

Can. 743 – Un membro incorporato definitivamente può ottenere dal Moderatore supremo, con il consenso del suo consiglio l’indulto di lasciare la società, con la cessazione dei diritti e degli obblighi derivanti dall’incorporazione, fermo restando il disposto del can. 693, a meno che tale concessione non sia a norma delle costituzioni riservata alla Santa Sede.

Can. 744 – §1. È parimenti riservato al Moderatore supremo, con il consenso del suo consiglio, di concedere a un membro incorporato definitivamente la licenza di passare ad un’altra società di vita apostolica, venendo frattanto sospesi i diritti e gli obblighi della propria società, fermo restando tuttavia il diritto di potervi ritornare prima dell’incorporazione definitiva nella nuova società.

§2. Per il passaggio ad un istituto di vita consacrata, o da questo ad una società di vita apostolica, si richiede la licenza della Santa Sede, alle cui disposizioni ci si deve attenere.

Can. 745 – Il Moderatore supremo con il consenso del proprio consiglio può concedere a un membro incorporato in modo definitivo l’indulto di vivere fuori della società, tuttavia non oltre tre anni, rimanendo sospesi i diritti e gli obblighi incompatibili con la sua nuova condizione; questi però rimane sotto la cura dei Moderatori. Se si tratta di un chierico, si richiede inoltre il consenso dell’Ordinario del luogo in cui deve dimorare, rimanendo anche sotto la sua cura e dipendenza.

Can. 746 – Per la dimissione di un membro definitivamente incorporato si osservino, con gli opportuni adattamenti, i cann. 694-704.”

 

 

 

[25] Codice di diritto canonico,

canone 210:

“Can. 210 – Tutti i fedeli, secondo la propria condizione, devono dedicare le proprie energie al fine di condurre una vita santa e di promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione.”

 

 

 

[26] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 13:

Can. 13 – Omnes christifideles secundum suam cuiusque condicionem ad sanctam vitam ducendam atque ad Ecclesiae incrementum eiusque iugem sanctificationem promovendam vires suas conferre debent.”

 

Canone 13 in italiano:

Can. 13 – Tutti i fedeli cristiani devono dedicare le proprie energie, ciascuno secondo la sua condizione, per condurre una vita santa e inoltre per promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione.”

 

 

 

[27] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33.

 

Note presenti nel testo ora citato

 

“(104) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 25: AAS 57 (1965), p. 29 [pag. 191ss].

 

(105) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sul Ministero e la Vita dei Presbiteri Presbyterorum Ordinis, n. 10, dove per rendere più facili le opere pastorali particolari per le diverse classi sociali si prevede la costituzione di Prelature personali, in quanto il corretto esercizio dell’apostolato lo avrà richiesto [pag. 801ss].”

 

 

 

capitolo 16, versetti 1-4:

 

“[1] Paolo si recò a Derbe e a Listra. C’era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco;
[2] egli era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio.
[3] Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere per riguardo ai Giudei che si trovavano in quelle regioni; tutti infatti sapevano che suo padre era greco.
[4] Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero.”

 

capitolo 21, versetti 17-19:

 

“[17] Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente.
[18] L’indomani Paolo fece visita a Giacomo insieme con noi: c’erano anche tutti gli anziani.
[19] Dopo aver rivolto loro il saluto, egli cominciò a esporre nei particolari quello che Dio aveva fatto tra i pagani per mezzo suo.”

 

 

 

[28] Codice di diritto canonico,

canoni 338, 339 e 443:

 

“Can. 338 – §1. Spetta unicamente al Romano Pontefice convocare il Concilio Ecumenico, presiederlo personalmente o mediante altri, come pure trasferire il Concilio stesso, sospenderlo o scioglierlo e approvarne i decreti.

§2. Spetta al Romano Pontefice determinare le questioni da trattare nel Concilio e stabilire il regolamento da osservare in esso; i Padri del Concilio, alle questioni proposte dal Romano Pontefice, possono aggiungerne altre, che devono essere approvate dallo stesso Romano Pontefice.

 

 

Can. 339 – §1. Tutti e soli i Vescovi che sono membri del Collegio dei Vescovi hanno il diritto e il dovere di partecipare al Concilio Ecumenico con voto deliberativo.

§2. Alcuni altri inoltre, che non sono insigniti della dignità episcopale, possono essere chiamati al Concilio Ecumenico dall’autorità suprema della Chiesa, alla quale spetta determinare il loro ruolo nel Concilio.

 

 

Can. 443 – §1. Devono essere convocati ai concili particolari e in essi hanno diritto al voto deliberativo:

1) i Vescovi diocesani;

2) i Vescovi coadiutori e ausiliari;

3) gli altri Vescovi titolari che esercitano nel territorio uno speciale incarico, loro affidato dalla Sede Apostolica o dalla Conferenza Episcopale.

 

§2. Possono essere chiamati ai concili particolari gli altri Vescovi titolari, anche emeriti, che si trovano nel territorio; essi poi hanno diritto al voto deliberativo.

 

§3. Ai concili particolari devono essere chiamati con voto solamente consultivo:

1) i Vicari generali e i Vicari episcopali di tutte le Chiese particolari del territorio;

2) i Superiori maggiori degli istituti e delle società di vita apostolica, in numero da determinare, sia per gli uomini sia per le donne, dalla Conferenza Episcopale o dai Vescovi della provincia, eletti rispettivamente da tutti i Superiori maggiori degli istituti e delle società che hanno sede nel territorio;

3) i rettori delle università ecclesiastiche e cattoliche, nonché i decani delle facoltà di teologia e di diritto canonico, che hanno sede nel territorio;

4) alcuni rettori dei seminari maggiori, in numero da determinarsi come al n. 2, eletti dai rettori dei seminari situati nel territorio.

 

§4. Ai concili particolari possono essere chiamati, con voto solamente consultivo, anche presbiteri e altri fedeli, in modo però che il loro numero non superi la metà di coloro di cui ai §§1-3.

 

§5. Ai concili provinciali siano invitati inoltre i capitoli cattedrali, come pure il consiglio presbiterale e il consiglio pastorale di ciascuna Chiesa particolare, in modo che ognuno di essi invii due suoi membri designati collegialmente; essi però hanno voto solamente consultivo.

 

§6. Ai concili particolari possono essere invitati come ospiti anche altri, se ciò risulta opportuno a giudizio della Conferenza Episcopale, per quanto riguarda il concilio plenario, o a giudizio del Metropolita insieme con i Vescovi suffraganei, per quanto riguarda il concilio provinciale.”

 

 

 

[29] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-6.

 

 

 

[30] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 7-33.

 

 

 

[31] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-6.

 

 

 

[32] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 7-33.

 

 

 

[33] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 102:

 

Can. 102 – § 1. Ad Synodum Episcoporum Ecclesiae patriarchalis vocari debent omnes et soli Episcopi ordinati eiusdem Ecclesiae ubicumque constituti exclusis eis, de quibus in can. 953, § 1, vel eis, qui poenis canonicis, de quibus in cann. 1433 et 1434, puniti sunt.

§2. Quod attinet ad Episcopos eparchiales extra fines territorii Ecclesiae patriarchalis constitutos et ad Episcopos titulares, ius particulare eorum suffragium deliberativum coartare potest firmis vero canonibus de electione Patriarchae, Episcoporum et candidatorum ad offcia, de quibus in can. 149.

§3. Pro certis negotiis expediendis a Patriarcha ad normam iuris particularis vel de consensu Synodi permanentis alii invitari possunt praesertim Hierarchae non Episcopi ac periti ad suas opiniones Episcopis in Synodo congregatis manifestandas firmo can. 66, § 2.”

 

Il canone 102 in italiano:

 

Can. 102 – § 1. Al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale devono essere convocati tutti e soli i Vescovi ordinati della stessa Chiesa ovunque costituiti, esclusi quelli di cui nel Tit. IV – Le Chiese patriarcali Tit. IV – Le Chiese patriarcali can. 953, § 1, o che sono puniti con pene canoniche di cui nei cann. 1433 e 1434.

§2. Per quanto riguarda i Vescovi eparchiali costituiti fuori dai confini del territorio della Chiesa patriarcale e i Vescovi titolari, il diritto particolare può limitare il loro voto deliberativo, fermi restando però i canoni sulla elezione del Patriarca, dei Vescovi e dei candidati agli uffici di cui nel can. 149.

§3. Per la trattazione di determinati affari possono essere invitate dal Patriarca, a norma del diritto particolare o col consenso del Sinodo permanente, altre persone, specialmente Gerarchi non Vescovi ed esperti, al fine di esprimere le loro opinioni ai Vescovi riuniti nel Sinodo, fermo restando il can. 66, § 2.”

 

 

 

[33] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 108:

 

Can. 108 – § 1. Patriarchae est Synodum Episcoporum Ecclesiae patriarchalis aperire necnon de eiusdem Synodi consensu transferre, prorogare, suspendere et dissolvere.

§2. Patriarchae quoque est praeauditis Synodi Episcoporum Ecclesiae patriarchalis membris ordinem servandum in quaestionibus examinandis praeparare atque approbationi Synodi initio sessionum subicere.

§3. Synodo Episcoporum Ecclesiae patriarchalis durante singuli Episcopi propositis quaestionibus possunt alias addere, si saltem tertia pars membrorum, quae Synodo intersunt, consentit.”

 

Il canone 108 in italiano:

 

Can. 108 – § 1. E’ compito del Patriarca aprire il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, come pure col consenso dello stesso Sinodo trasferirlo, prorogarlo, sospenderlo o scioglierlo.

§2. E’ compito del Patriarca, dopo aver ascoltato i membri del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, anche preparare l’ordine del giorno da osservare nell’esame delle questioni e da sottoporre all’approvazione del Sinodo all’inizio delle sessioni.

§3. Durante il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale i singoli Vescovi possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al Sinodo.”

 

 

 

 

[34] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-6.

 

 

 

[35] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 7-33.

 

 

 

[36] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-6.

 

 

 

[37] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 7-33.

 

 

 

[38] Codice di diritto canonico,

canone 368:

 

“Can. 368 – Le Chiese particolari, nelle quali e dalle quali sussiste la sola e unica Chiesa cattolica, sono innanzitutto le diocesi, alle quali, se non consta altro, vengono assimilate la prelatura territoriale e l’abbazia territoriale, il vicariato apostolico e la prefettura apostolica e altresì l’amministrazione apostolica eretta stabilmente.”

 

 

 

[39] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33.

 

 

 

[40] Gli anziani nella comunità ebraica

Vangelo secondo Marco, capitolo 8, versetto 31; capitolo 11, versetti 27-28; capitolo 14, versetti 43.53; capitolo 15, versetto 1.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 21, versetto 23; capitolo 26, versetti 3-4.47-48; capitolo 27, versetto 1.

Vangelo di Luca, capitolo 9, versetto 22; capitolo 20, versetti 1-2; capitolo 22, versetti 52-54.66-69.

Atti degli apostoli, capitolo 4, versetti 1-8.23; capitolo 5, versetti 17-21; capitolo 6, versetti 8-12.

 

Gli anziani nelle comunità cristiane

Atti degli apostoli, capitolo 14, versetti 21-23; capitolo 16, versetti 16-17.

 

Gli anziani nella comunità cristiana di Gerusalemme

Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 2, 4, 6, 22, 23.

 

 

 

[41] Libro del levitico, capitolo 16, versetti 1 -10.

Libro dei numeri, capitolo 26, versetti 52 – 56.

Libro di Giosuè, capitolo 7, versetti 10 -26.

Primo libro di Samuele, capitolo 10, versetti 17 – 24.

Libro di Giona, capitolo 1, versetti 1 -7.

Atti degli apostoli, capitolo 1, versetti 15 – 26.

 

 

 

[42] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 55:

 

Can. 55 – Secundum antiquissimam Ecclesiae traditionem iam a primis Conciliis Oecumenicis agnitam viget in Ecclesia institutio patriarchalis; quare singulari honore prosequendi sunt Ecclesiarum orientalium Patriarchae, qui suae quisque Ecclesiae patriarchali tamquam pater et caput praesunt.”

 

Il canone 55 in italiano:

 

Can. 55 – Secondo l’antichissima tradizione della Chiesa, riconosciuta già dai primi Concili Ecumenici, nella Chiesa vige l’istituzione patriarcale; perciò i Patriarchi delle Chiese orientali, che presiedono ciascuno la sua Chiesa patriarcale come padre e capo, devono essere trattati con singolare onore.”

 

 

 

[43] Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 1-33.

 

 

 

[44] Gli anziani nella comunità ebraica

Vangelo secondo Marco, capitolo 8, versetto 31; capitolo 11, versetti 27-28; capitolo 14, versetti 43.53; capitolo 15, versetto 1.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 21, versetto 23; capitolo 26, versetti 3-4.47-48; capitolo 27, versetto 1.

Vangelo di Luca, capitolo 9, versetto 22; capitolo 20, versetti 1-2; capitolo 22, versetti 52-54.66-69.

Atti degli apostoli, capitolo 4, versetti 1-8.23; capitolo 5, versetti 17-21; capitolo 6, versetti 8-12.

 

Gli anziani nelle comunità cristiane

Atti degli apostoli, capitolo 14, versetti 21-23; capitolo 16, versetti 16-17.

 

Gli anziani nella comunità cristiana di Gerusalemme

Atti degli apostoli, capitolo 15, versetti 2, 4, 6, 22, 23.

 

 

 

[45] Libro del levitico, capitolo 16, versetti 1 -10.

Libro dei numeri, capitolo 26, versetti 52 – 56.

Libro di Giosuè, capitolo 7, versetti 10 -26.

Primo libro di Samuele, capitolo 10, versetti 17 – 24.

Libro di Giona, capitolo 1, versetti 1 -7.

Atti degli apostoli, capitolo 1, versetti 15 – 26.

 

 

 

[46] Si veda la nota numero 16.

 

 

 

[47] Codice di diritto canonico,

canoni 331-335:

 

“Can. 331 – Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.

Can. 332 – §1. Il Romano Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l’elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l’eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell’accettazione. Che se l’eletto fosse privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo.

§2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

Can. 333 – §1. Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro cura.

§2. Il Romano Pontefice, nell’adempimento dell’ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio.

§3.  Contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice non si dà appello né ricorso.

Can. 334 – Nell’esercizio del suo ufficio il Romano Pontefice è assistito dai Vescovi, che possono cooperare con lui in diversi modi, uno dei quali è il sinodo dei Vescovi. Inoltre gli sono di aiuto i Padri Cardinali e altre persone, come pure diverse istituzioni, secondo le necessità dei tempi; tutte queste persone e istituzioni adempiono in suo nome e per sua autorità l’incarico loro affidato per il bene di tutte le Chiese, secondo le norme determinate dal diritto.

Can. 335 – Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze.”

 

 

 

[48] Si vedano i passi biblici citati nella nota 41.

 

 

 

[49] Libro del levitico, capitolo 16, versetti 1 -10.

Libro dei numeri, capitolo 26, versetti 52 – 56.

Libro di Giosuè, capitolo 7, versetti 10 -26.

Primo libro di Samuele, capitolo 10, versetti 17 – 24.

Libro di Giona, capitolo 1, versetti 1 -7.

Atti degli apostoli, capitolo 1, versetti 15 – 26.

 

[50] Gli incarichi pastorali degli apostoli

Vangelo secondo Marco, capitolo 3, versetti 13-19.

Vangelo secondo Marco, capitolo 6, versetti 7-13.

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 14-20.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 10, versetti 1-8.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 16-20.

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 1-6.

Atti degli apostoli, capitolo 3, capitolo 1-16.

Atti degli apostoli, capitolo 5, versetti 12-16.

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 5-8.

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 34-40.

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 32-35.

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 36-42.

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti, 21-23.

 

 

 

[51] Codice di diritto canonico,

canoni 336-341:

 

“Can. 336 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.

Can. 337 – §1. Il Collegio dei Vescovi esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale nel Concilio Ecumenico.

§2. Esercita la medesima potestà mediante l’azione congiunta dei Vescovi sparsi nel mondo, se essa come tale è indetta o liberamente recepita dal Romano Pontefice, così che si realizzi un vero atto collegiale.

§3. Spetta al Romano Pontefice, secondo le necessità della Chiesa, scegliere e promuovere i modi con cui il Collegio dei Vescovi può esercitare collegialmente il suo ufficio per la Chiesa universale.

Can. 338 – §1. Spetta unicamente al Romano Pontefice convocare il Concilio Ecumenico, presiederlo personalmente o mediante altri, come pure trasferire il Concilio stesso, sospenderlo o scioglierlo e approvarne i decreti.

§2. Spetta al Romano Pontefice determinare le questioni da trattare nel Concilio e stabilire il regolamento da osservare in esso; i Padri del Concilio, alle questioni proposte dal Romano Pontefice, possono aggiungerne altre, che devono essere approvate dallo stesso Romano Pontefice.

Can. 339 – §1. Tutti e soli i Vescovi che sono membri del Collegio dei Vescovi hanno il diritto e il dovere di partecipare al Concilio Ecumenico con voto deliberativo.

§2. Alcuni altri inoltre, che non sono insigniti della dignità episcopale, possono essere chiamati al Concilio Ecumenico dall’autorità suprema della Chiesa, alla quale spetta determinare il loro ruolo nel Concilio.

Can. 340 – Nel caso che la Sede Apostolica divenga vacante durante la celebrazione del Concilio, questo viene interrotto per il diritto stesso, finché il nuovo Sommo Pontefice non abbia ordinato di proseguirlo o non l’abbia sciolto.

Can. 341 – §1.  I decreti del Concilio Ecumenico non hanno forza obbligante se non siano stati approvati dal Romano Pontefice insieme con i Padri del Concilio, da lui confermati e per suo comando promulgati.

§2. Perché abbiano forza obbligante devono avere la stessa conferma e promulgazione i decreti che emana il Collegio dei Vescovi quando pone un’azione propriamente collegiale secondo una modalità diversa, indetta dal Romano Pontefice o da lui deliberatamente recepita.”

 

 

 

[52] Codice di diritto canonico,

canoni 342-348:

 

“Can. 342 – Il sinodo dei Vescovi è un’assemblea di Vescovi i quali, scelti dalle diverse regioni dell’orbe, si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi, e per prestare aiuto con i loro consigli al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l’attività della Chiesa nel mondo.

Can. 343 – Spetta al sinodo dei Vescovi discutere sulle questioni da trattare ed esprimere propri voti, non però dirimerle ed emanare decreti su di esse, a meno che in casi determinati il Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del sinodo, non gli abbia concesso potestà deliberativa.

Can. 344 – Il sinodo dei Vescovi è direttamente sottoposto all’autorità del Romano Pontefice, al quale spetta propriamente:

1) convocare il sinodo ogni qualvolta lo ritenga opportuno e designare il luogo in cui tenere le assemblee;

2) ratificare l’elezione dei membri che, a norma del diritto peculiare, devono essere eletti, e altresì designare e nominare gli altri membri;

3) stabilire in tempo opportuno, a norma del diritto peculiare, prima della celebrazione del sinodo, gli argomenti delle questioni da trattare;

4) definire l’ordine dei lavori;

5) presiedere il sinodo personalmente o per mezzo di altri;

6) concludere, trasferire, sospendere e sciogliere il sinodo.

Can. 345 – Il sinodo dei Vescovi può riunirsi in assemblea generale, in cui cioè vengono trattati argomenti che riguardano direttamente il bene della Chiesa universale: tale assemblea è ordinaria o straordinaria; oppure può anche riunirsi in assemblea speciale, in cui cioè vengono trattate questioni  che riguardano direttamente una o più regioni determinate.

Can. 346 – §1. Il sinodo dei Vescovi che si riunisce in assemblea generale ordinaria è composto di membri, la maggioranza dei quali Vescovi che vengono eletti per le singole assemblee delle Conferenze Episcopali, secondo le modalità determinate dal diritto peculiare del sinodo; altri vengono deputati in forza del medesimo diritto, altri sono nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad essi si aggiungono alcuni membri di istituti religiosi clericali, eletti a norma del medesimo diritto peculiare.

  • 2. Il sinodo dei Vescovi, riunito in assemblea generale straordinaria per trattare affari che richiedono una soluzione sollecita, è composto di membri, la maggioranza dei quali Vescovi, deputati dal diritto peculiare del sinodo in ragione dell’ufficio svolto; altri poi nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad essi si aggiungono alcuni membri di istituti religiosi clericali eletti a norma del medesimo diritto.
  • 3. Il sinodo dei Vescovi che si riunisce in assemblea speciale è composto di membri scelti soprattutto da quelle regioni per le quali il sinodo viene convocato, a norma del diritto peculiare da cui è retto il sinodo.

Can. 347 – §1. Quando l’assemblea del sinodo dei Vescovi viene conclusa dal Romano Pontefice, cessa l’incarico affidato nel sinodo stesso ai Vescovi e agli altri membri.

  • 2. Se la Sede Apostolica diviene vacante dopo la convocazione del sinodo o durante la sua celebrazione, per il diritto stesso è sospesa l’assemblea del sinodo, come pure l’incarico assegnato in esso ai membri, finché il nuovo Pontefice non abbia deciso o il suo scioglimento o la sua continuazione.

Can. 348 – §1. Il sinodo dei Vescovi ha una segreteria generale permanente presieduta dal Segretario generale, nominato dal Romano Pontefice, al quale è d’aiuto il consiglio di segreteria composto di Vescovi, alcuni dei quali vengono eletti, a norma del diritto peculiare, dallo stesso sinodo dei Vescovi, altri nominati dal Romano Pontefice; l’incarico di tutti costoro però cessa quando inizia la nuova assemblea generale.

  • 2. Vengono inoltre costituiti per ogni assemblea del sinodo dei Vescovi uno o più segretari speciali, nominati dal Romano Pontefice, i quali rimangono nell’ufficio loro affidato solo fino al termine dell’assemblea del sinodo.”

 

 

 

[53] Codice di diritto canonico,

canoni 349-359:

 

“Can. 349 – I Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all’elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare; inoltre i Cardinali assistono il Romano Pontefice sia agendo collegialmente quando sono convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale.

Can. 350 – §1. Il Collegio dei Cardinali è distinto in tre ordini: l’ordine episcopale, cui appartengono i Cardinali ai quali il Romano Pontefice assegna il titolo di una Chiesa suburbicaria e inoltre i Patriarchi Orientali che sono stati annoverati nel Collegio dei Cardinali; l’ordine presbiterale e l’ordine diaconale.

  • 2. A ciascun Cardinale dell’ordine presbiterale e diaconale viene assegnato dal Romano Pontefice un titolo o una diaconia nell’Urbe.
  • 3. I Patriarchi Orientali assunti nel Collegio dei Cardinali, hanno come titolo la propria sede patriarcale.
  • 4. Il Cardinale Decano ha come titolo la diocesi di Ostia insieme all’altra Chiesa che aveva come titolo precedente.
  • 5. Mediante opzione fatta nel Concistoro e approvata dal Sommo Pontefice i Cardinali dell’ordine presbiterale, nel rispetto della priorità di ordine e di promozione, possono passare ad un altro titolo e i Cardinali dell’ordine diaconale ad un’altra diaconia e, se sono rimasti per un intero decennio nell’ordine diaconale, possono passare anche all’ordine presbiterale.
  • 6. Il Cardinale che passa per opzione dall’ordine diaconale all’ordine presbiterale, ottiene la precedenza su tutti i Cardinali presbiteri che sono stati assunti al cardinalato dopo di lui.

Can. 351 – §1. Ad essere promossi Cardinali vengono scelti liberamente dal Romano Pontefice uomini che siano costituiti almeno nell’ordine del presbiterato, in modo eminente distinti per dottrina, costumi, pietà e prudenza nel disbrigo degli affari; coloro che già non siano Vescovi, devono ricevere la consacrazione episcopale.

  • 2. I Cardinali vengono creati con un decreto del Romano Pontefice, che viene reso pubblico davanti al Collegio dei Cardinali; dal momento della pubblicazione essi sono vincolati dai doveri e godono dei diritti definiti dalla legge.
  • 3. Colui che è promosso alla dignità cardinalizia, se il Romano Pontefice ne ha annunciato la creazione, riservandosi però il nome in pectore, durante questo tempo non è tenuto ad alcun dovere e non gode di alcun diritto proprio dei Cardinali; tuttavia dopo che il suo nome è stato reso pubblico dal Romano Pontefice, è tenuto a tali doveri e fruisce di tali diritti; ma gode del diritto di precedenza dal giorno della riserva in pectore.

Can. 352 – §1. Presiede il Collegio dei Cardinali il Decano e, se impedito, ne fa le veci il Sottodecano; il Decano, o il Sottodecano, non ha nessuna potestà di governo sugli altri Cardinali, ma è considerato primus inter pares.

  • 2. Quando l’ufficio di Decano diviene vacante, i Cardinali insigniti del titolo di una Chiesa suburbicaria, e solo essi, con la presidenza del Sottodecano, se è presente, oppure del più anziano tra di loro, eleggano al proprio interno chi debba diventare il Decano del Collegio; comunichino il suo nome al Romano Pontefice, al quale spetta approvare l’eletto.
  • 3. Nello stesso modo previsto al §2, sotto la presidenza del Decano, viene eletto il Sottodecano; spetta al Romano Pontefice approvare anche l’elezione del Sottodecano.
  • 4. Il Decano e il Sottodecano, se ancora non lo hanno, acquisiscano il domicilio nell’Urbe.

Can. 353 – §1. I Cardinali prestano principalmente aiuto con attività collegiale al Supremo Pastore della Chiesa nei Concistori, nei quali si riuniscono per ordine del Romano Pontefice e sotto la sua presidenza; i Concistori possono essere ordinari o straordinari.

  • 2. Nel Concistoro ordinario vengono convocati tutti i Cardinali, almeno quelli che si trovano nell’Urbe, per essere consultati su qualche questione grave, che tuttavia si verifica più comunemente, o per compiere determinati atti della massima solennità.
  • 3. Nel Concistoro straordinario, che si celebra quando lo suggeriscono peculiari necessità della Chiesa o la trattazione di questioni particolarmente gravi, vengono convocati tutti i Cardinali.
  • 4. Solo il Concistoro ordinario in cui si celebrino particolari solennità può essere pubblico, in cui cioè, oltre ai Cardinali, vengono ammessi i Prelati, i legati delle società civili ed altri che vi sono invitati.

Can. 354 – I Padri Cardinali preposti ai dicasteri e agli altri organismi permanenti della Curia Romana e della Città del Vaticano, che abbiano compiuto il settantacinquesimo anno di età, sono invitati a presentare al Romano Pontefice la rinuncia all’ufficio, ed egli provvederà, dopo aver valutato tutte le circostanze.

Can. 355 – §1. Spetta al Cardinale Decano ordinare Vescovo il Romano Pontefice eletto, qualora non fosse ordinato; se il Decano è impedito, tale diritto spetta al Sottodecano, e se anche quest’ultimo è impedito, al Cardinale più anziano dell’ordine episcopale.

  • 2. Il Cardinale Proto-diacono annuncia al popolo il nome del Sommo Pontefice neo-eletto; inoltre impone il pallio ai Metropoliti o lo consegna ai loro procuratori, in nome del Romano Pontefice.

Can. 356 – I Cardinali sono tenuti all’obbligo di collaborare assiduamente col Romano Pontefice; perciò i Cardinali che ricoprono qualsiasi ufficio nella Curia, se non sono Vescovi diocesani, sono tenuti all’obbligo di risiedere nell’Urbe; i Cardinali che hanno la cura di una diocesi come Vescovi diocesani, si rechino a Roma ogni volta che sono convocati dal Romano Pontefice.

Can. 357 – §1. I Cardinali ai quali è stata assegnata in titolo una Chiesa suburbicaria o una chiesa nell’Urbe, dopo che ne hanno preso possesso, promuovano il bene di tali diocesi e chiese mediante il consiglio e il patrocinio, pur senza avere su di esse alcuna potestà di governo, e per nessuna ragione interferiscano in ciò che riguarda l’amministrazione dei beni, la disciplina o il servizio delle chiese.

  • 2. I Cardinali che si trovano fuori dell’Urbe e fuori della propria diocesi, sono esenti dalla potestà di governo del Vescovo della diocesi in cui dimorano in tutto ciò che riguarda la propria persona.

Can. 358 – Al Cardinale al quale il Romano Pontefice dia l’incarico di rappresentano in qualche solenne celebrazione o in qualche assemblea di persone, come Legato a latere, cioè come suo alter ego, come pure al Cardinale al quale venga affidato di compiere un determinato incarico pastorale come suo inviato speciale, compete solo quanto gli è demandato dal Romano Pontefice.

Can. 359 – Mentre la Sede Apostolica è vacante, il sacro Collegio dei Cardinali ha nella Chiesa solamente quella potestà che gli è conferita nella legge peculiare.”

 

 

 

[54] Codice di diritto canonico,

canoni 360 e 361:

 

“Can. 360 – La Curia Romana, mediante la quale il Sommo Pontefice è solito trattare le questioni della Chiesa universale, e che in suo nome e con la sua autorità adempie alla propria funzione per il bene e a servizio delle Chiese, è composta dalla Segreteria di Stato o Papale, dal Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, dalle Congregazioni, dai Tribunali, e da altri Organismi; la loro costituzione e competenza vengono definite da una legge peculiare.

 

Can. 361 – Col nome di Sede Apostolica o Santa Sede si intendono nel codice non solo il Romano Pontefice, ma anche, se non risulta diversamente dalla natura della questione o dal contesto, la Segreteria di Stato, il Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa e gli altri Organismi della Curia Romana.”

 

 

 

[55] Codice di diritto canonico,

canoni 362-367:

 

“Can. 362 – Il Romano Pontefice ha il diritto nativo e indipendente di nominare e inviare suoi Legati sia presso le Chiese particolari nelle diverse nazioni o regioni, sia presso gli Stati e le Autorità pubbliche, come pure di trasferirli e richiamarli, nel rispetto però delle norme del diritto internazionale per quanto riguarda l’invio e la revoca dei Legati accreditati presso i Governi.

Can. 363 – §1. Ai Legati del Romano Pontefice è affidato l’ufficio di rappresentare stabilmente lo stesso Romano Pontefice presso le Chiese particolari o anche presso gli Stati e le Autorità pubbliche cui sono stati inviati.

  • 2. Rappresentano la Sede Apostolica anche coloro che sono incaricati di una Missione pontificia come Delegati od Osservatori presso i Consigli internazionali o presso le Conferenze e i Congressi.

Can. 364 – Il compito principale del Legato pontificio è quello di rendere sempre più saldi ed efficaci i vincoli di unità che intercorrono tra la Sede Apostolica e le Chiese particolari. Spetta perciò al Legato pontificio nell’ambito della sua circoscrizione:

1) informare la Sede Apostolica sulle condizioni in cui versano le Chiese particolari, nonché su tutto ciò che tocca la vita stessa della Chiesa e il bene delle anime;

2) assistere i Vescovi con l’azione e il consiglio, senza pregiudizio per l’esercizio della loro potestà legittima;

3) favorire relazioni frequenti con la Conferenza Episcopale, fornendo ad essa tutto l’aiuto possibile;

4) per quanto riguarda la nomina dei Vescovi, comunicare o proporre i nomi dei candidati alla Sede Apostolica, nonché istruire il processo informativo sui promovendi, secondo le norme date dalla Sede Apostolica;

5) adoperarsi per promuovere tutto ciò che riguarda la pace, il progresso e la cooperazione tra i popoli;

6) cooperare con i Vescovi per favorire opportuni scambi fra la Chiesa cattolica e le altre Chiese o comunità ecclesiali, anzi anche con le religioni non cristiane;

7) in azione congiunta con i Vescovi, difendere di fronte ai governanti degli Stati tutto ciò che riguarda la missione della Chiesa e della Sede Apostolica;

8) esercitare inoltre le facoltà e adempiere gli altri mandati affidatigli dalla Sede Apostolica.

Can. 365 – §1. È inoltre compito peculiare del Legato pontificio che esercita contemporaneamente una legazione presso gli Stati secondo le norme del diritto internazionale:

1) promuovere e sostenere le relazioni fra la Sede Apostolica e le Autorità dello Stato;

2) affrontare le questioni che riguardano i rapporti fra Chiesa e Stato; trattare in modo particolare la stipulazione e l’attuazione dei concordati e delle altre convenzioni similari.

  • 2. Nella trattazione delle questioni di cui al §1, a seconda che lo suggeriscano le circostanze, il Legato pontificio non ometta di richiedere il parere e il consiglio dei Vescovi della circoscrizione ecclesiastica e li informi sull’andamento dei lavori.

Can. 366 – Atteso il carattere peculiare dell’ufficio di Legato:

1) la sede della Legazione pontificia è esente dalla potestà di governo dell’Ordinario del luogo, a meno che non si tratti della celebrazione di matrimoni;

2) il Legato pontificio, avvertiti, per quanto è possibile, gli Ordinari del luogo, può compiere celebrazioni liturgiche, anche pontificali, in tutte le chiese della sua legazione.

Can. 367 – L’ufficio di Legato pontificio non cessa quando diviene vacante la Sede Apostolica, a meno che non venga stabilito diversamente nella lettera pontificia; cessa invece quando scade il mandato, con l’intimazione della revoca, con la rinuncia accettata dal Romano Pontefice.”

 

 

 

[56] Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 42-48:

 

“TITULUS III DE SUPREMA ECCLESIAE AUCTORITATE

Can. 42 – Sicut statuente Domino sanctus Petrus et ceteri Apostoli unum Collegium constituunt, pari ratione Romanus Pontifex, successor Petri, et Episcopi, successores Apostolorum, inter se coniunguntur.

 

CAPUT I DE ROMANO PONTIFICE

Can. 43 – Ecclesiae Romanae Episcopus, in quo permanet munus a Domino singulariter Petro, primo Apostolorum, concessum et successoribus eius transmittendum, Collegii Episcoporum est caput, Vicarius Christi atque universae Ecclesiae his in terris Pastor, qui ideo vi muneris sui suprema, plena, immediata et universali in Ecclesia gaudet potestate ordinaria, quam semper libere exercere potest.
 
Can. 44 – § 1. Supremam et plenam in Ecclesia potestatem Romanus Pontifex obtinet legitima electione ab ipso acceptata una cum ordinatione episcopali; quare eandem potestatem obtinet a momento acceptationis electus ad summum pontificatum, qui episcopali charactere insignitus est; si vero charactere episcopali electus caret, statim ordinetur Episcopus.

  • 2. Si contingit, ut Romanus Pontifex muneri suo renuntiet, ad validitatem requiritur, ut renuntiatio libere fiat et rite manifestetur, non vero, ut a quopiam acceptetur.

    Can. 45 – § 1. Romanus Pontifex vi sui muneris non modo in universam Ecclesiam potestate gaudet, sed et super omnes eparchias earumque coetus potestatis ordinariae obtinet principatum, quo quidem simul roboratur atque vindicatur potestas propria, ordinaria et immediata, quam in eparchiam suae curae commissam Episcopi habent.

  • 2. Romanus Pontifex in munere supremi universae Ecclesiae Pastoris explendo communione cum ceteris Episcopis immo et universa Ecclesia semper est coniunctus; ipsi ius tamen est determinare secundum necessitates Ecclesiae modum sive personalem sive collegialem huius muneris exercendi.
  • 3. Contra sententiam vel decretum Romani Pontificis non datur appellatio neque recursus.

    Can. 46 – § 1. In eius munere exercendo Romano Pontifici praesto sunt Episcopi, qui eidem cooperatricem operam dare possunt variis rationibus, inter quas est Synodus Episcoporum; auxilio praeterea ei sunt Patres Cardinales, Curia Romana, Legati pontificii necnon aliae personae itemque varia secundum necessitates temporum instituta; quae personae omnes et instituta nomine et auctoritate eiusdem munus sibi commissum explent in bonum omnium Ecclesiarum secundum normas ab ipso Romano Pontifice statutas.

  • 2. Patriarcharum ceterorumque Hierarcharum, qui Ecclesiis sui iuris praesunt, participatio in Synodo Episcoporum regitur normis specialibus ab ipso Romano Pontifice statutis.

Can. 47 – Sede Romana vacante aut prorsus impedita nihil innovetur in universae Ecclesiae regimine; serventur autem leges speciales pro eisdem adiunctis latae.
 
Can. 48 – Nomine Sedis Apostolicae vel Sanctae Sedis in hoc Codice veniunt non solum Romanus Pontifex, sed etiam, nisi aliter iure cavetur vel ex natura rei constat, Dicasteria aliaque Curiae Romanae instituta.”

 

 

I canoni 42-48 in italiano:

 

“TITOLO III LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

Can. 42 – Come, per volontà del Signore, san Pietro e tutti gli altri Apostoli costituiscono un solo Collegio, similmente il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono tra di loro congiunti.

 

CAPITOLO I IL ROMANO PONTEFICE

Can. 43 – Il Vescovo della Chiesa di Roma, nel quale permane la funzione concessa dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e da trasmettere ai suoi successori, è il capo del Collegio dei Vescovi, il Vicario di Cristo e il Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza della sua funzione, ha la potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa, che può sempre esercitare liberamente.

 

Can. 44 – § 1. Il Romano Pontefice ottiene la suprema e piena potestà nella Chiesa con la legittima elezione da lui accettata, insieme con l’ordinazione episcopale; perciò l’eletto al sommo pontificato, che sia insignito del carattere episcopale, ottiene la stessa potestà dal momento dell’accettazione; se invece l’eletto è privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo.

  • 2. Se capita che il Romano Pontefice rinunci alla sua funzione, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e sia debitamente manifestata; non si richiede invece che sia accettata da qualcuno.

 

Can. 45 – § 1. Il Romano Pontefice, in forza della sua funzione, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma possiede anche la principalità della potestà ordinaria su tutte le eparchie e i loro raggruppamenti; con essa però viene insieme rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sull’eparchia affidata alle loro cure.

  • 2. Il Romano Pontefice, nell’adempiere la funzione di supremo Pastore della Chiesa universale, è sempre congiunto in comunione con tutti gli altri Vescovi e anzi con la Chiesa universale; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare questa funzione.
  • 3. Contro una sentenza o un decreto del Romano Pontefice non si dà né appello né ricorso.

 

Can. 46 – § 1. Nell’esercitare la sua funzione, il Romano Pontefice è assistito dai Vescovi che gli possono dare una collaborazione in varie maniere tra le quali vi è il Sinodo dei Vescovi; gli sono inoltre di aiuto i Padri Cardinali, la Curia Romana, i Legati pontifici, come pure altre persone e anche varie istituzioni secondo le necessità dei tempi; tutte queste persone e istituzioni adempiono l’incarico loro affidato in nome e con l’autorità dello stesso, per il bene di tutte le Chiese secondo le norme stabilite dal Romano Pontefice stesso.

  • 2. La partecipazione dei Patriarchi e di tutti gli altri Gerarchi, che presiedono le Chiese sui iuris, nel Sinodo dei Vescovi è regolata da norme speciali stabilite dallo stesso Romano Pontefice.

 

Can. 47 – Mentre la Sede Romana è vacante o totalmente impedita non si innovi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per quelle circostanze.

 

Can. 48 – Con il nome di Sede Apostolica o di Santa Sede, in questo Codice, si intende non solo il Romano Pontefice, ma anche, se non è disposto diversamente dal diritto o non consta dalla natura delle cose, i Dicasteri e le altre istituzioni della Curia Romana.”

 

 

 

[57] Libro del levitico, capitolo 16, versetti 1 -10.

Libro dei numeri, capitolo 26, versetti 52 – 56.

Libro di Giosuè, capitolo 7, versetti 10 -26.

Primo libro di Samuele, capitolo 10, versetti 17 – 24.

Libro di Giona, capitolo 1, versetti 1 -7.

Atti degli apostoli, capitolo 1, versetti 15 – 26.

 

 

 

[58] Gli incarichi pastorali degli apostoli

Vangelo secondo Marco, capitolo 3, versetti 13-19.

Vangelo secondo Marco, capitolo 6, versetti 7-13.

Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti 14-20.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 10, versetti 1-8.

Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 16-20.

Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti 1-6.

Atti degli apostoli, capitolo 3, capitolo 1-16.

Atti degli apostoli, capitolo 5, versetti 12-16.

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 5-8.

Atti degli apostoli, capitolo 8, versetti 34-40.

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 32-35.

Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti 36-42.

Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti, 21-23.

 

 

 

[59] Codice dei canoni delle chiese orientali,

 

Can. 49 – Collegium Episcoporum, cuius caput est Romanus Pontifex cuiusque membra sunt Episcopi vi sacramentalis ordinationis et hierarchica communione cum Collegii capite et membris et in quo corpus apostolicum continuo perseverat, una cum capite suo et numquam sine hoc capite subiectum quoque supremae et plenae potestatis in universam Ecclesiam exsistit.
 
Can. 50 – § 1. Potestatem in universam Ecclesiam Collegium Episcoporum sollemni modo exercet in Concilio Oecumenico.

  • 2. Eandem potestatem Collegium Episcoporum exercet per unitam Episcoporum in mundo dispersorum actionem, quae ut talis a Romano Pontifice est indicta aut libere recepta ita, ut verus actus collegialis effciatur.
  • 3. Romani Pontificis est secundum necessitates Ecclesiae seligere et promovere modos, quibus Collegium Episcoporum munus suum in universam Ecclesiam collegialiter exercet.

    Can. 51 – § 1. Solius Romani Pontificis est Concilium Oecumenicum convocare, eidem per se vel per alios praeesse, item Concilium transferre, suspendere vel dissolvere eiusque decreta confirmare.

  • 2. Eiusdem Romani Pontificis est res in Concilio Oecumenico tractandas determinare atque ordinem in eodem Concilio servandum constituere; propositis a Romano Pontifice quaestionibus Patres Concilii Oecumenici alias addere possunt ab eodem Romano Pontifice approbandas.

Can. 52 – § 1. Ius et obligatio est omnibus et solis Episcopis, qui membra sunt Collegii Episcoporum, ut Concilio Oecumenico cum suffragio deliberativo intersint.

  • 2. Ad Concilium Oecumenicum insuper aliquot, qui episcopali dignitate non sunt insigniti, vocari possunt a suprema Ecclesiae auctoritate, cuius est eorum partes in Concilio determinare.

    Can. 53 – Si contingit, ut Sedes Apostolica durante Concilii Oecumenici celebratione vacet, ipso iure hoc intermittitur, donec novus Romanus Pontifex Concilium Oecumenicum continuari iusserit aut dissolverit.
     
    Can. 54 – § 1. Concilii Oecumenici decreta vim obligandi non habent, nisi una cum Concilii Patribus a Romano Pontifice approbata ab eodem sunt confirmata et eiusdem iussu promulgata.

  • 2. Hac confirmatione et promulgatione, vim obligandi ut habeant, etiam egent decreta, quae fert Collegium Episcoporum, cum actionem proprie collegialem ponit secundum alium a Romano Pontifice indictum vel libere receptum modum.”

 

 

I canoni 49-54 in italiano:

 

Can. 49 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Romano Pontefice e le cui membra sono i Vescovi, in forza dell’ordinazione sacramentale e per la comunione gerarchica con il capo del Collegio e con le membra, e nel quale il corpo apostolico persevera continuamente assieme al suo capo e mai senza questo capo, è pure soggetto della suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.

Can. 50 – § 1. Il Collegio dei Vescovi esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale nel Concilio Ecumenico.

  • 2. Il Collegio dei Vescovi esercita la medesima potestà mediante l’azione unita dei Vescovi dispersi nel mondo, se essa è indetta come tale, oppure liberamente recepita dal Romano Pontefice, in modo da diventare un vero atto collegiale.
  • 3. Spetta al Romano Pontefice, secondo le necessità della Chiesa, scegliere e promuovere i modi con cui il Collegio dei Vescovi esercita collegialmente la sua funzione sulla Chiesa universale.

Can. 51 – § 1. Spetta solamente al Romano Pontefice convocare il Concilio Ecumenico, presiederlo personalmente o per mezzo di altri, come pure trasferire il Concilio, sospenderlo o scioglierlo e confermarne i decreti.

  • 2. Spetta allo stesso Romano Pontefice determinare le cose da trattare nel Concilio Ecumenico e stabilire il regolamento da osservare nello stesso Concilio; i Padri del Concilio Ecumenico possono aggiungere, alle questioni proposte dal Romano Pontefice, delle altre da approvare dallo stesso Romano Pontefice.

Can. 52 – § 1. Hanno diritto e dovere di partecipare con voto deliberativo al Concilio Ecumenico tutti e soli i Vescovi che sono membri del Collegio dei Vescovi.

  • 2. Anche altri che non sono insigniti della dignità episcopale possono inoltre essere chiamati al Concilio Ecumenico dalla suprema autorità della Chiesa, alla quale spetta determinarne il ruolo nel Concilio.

Can. 53 – Se capita che la Sede Apostolica diventi vacante durante la celebrazione del Concilio Ecumenico, questo viene sospeso dal diritto stesso, finché il nuovo Romano Pontefice non ordini di proseguirlo oppure lo sciolga.

Can. 54 – § 1. I decreti del Concilio Ecumenico non hanno forza obbligante se non sono stati approvati, assieme ai Padri del Concilio, dal Romano Pontefice, da lui confermati e per comando dello stesso promulgati.

  • 2. Hanno bisogno di questa conferma e promulgazione, per aver forza obbligante, anche i decreti che emana il Collegio dei Vescovi quando pone un’azione propriamente collegiale secondo un altro modo indetto o recepito liberamente dal Romano Pontefice.”

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

Riflessioni sul celibato

I passi del Nuovo Testamento nei quali si parla dei fedeli e di coloro che hanno il sacerdozio ministeriale ci permettono di migliorare le norme del diritto canonico che impongono il celibato.

Lo scopo di questo articolo è rendere le norme in parola conformi a quanto si legge nella Bibbia.

Come è noto, infatti, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

 

 

Fin da quando studiavo teologia, desideravo scrivere le mie riflessioni sul celibato.

Mi rendo conto che l’argomento è sentito da molti come difficile da trattare.

Per questo, accompagnerò il lettore con un’analisi della Scrittura chiara e comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

 

 

Il celibato è sancito nel codice di diritto canonico per i sacri ministri, per tutti coloro che fanno vita consacrata, nella professione religiosa, per gli istituti secolari e infine per le società di vita apostolica.[1]

Il celibato è sancito altresì dal codice dei canoni delle chiese orientali: per i vescovi, per i religiosi, per i monaci, per gli ordini e per le congregazioni.

Rilevanti ai fini di questo articolo sono anche i canoni di quest’ultimo codice sui sacerdoti e sui diaconi.[2]

Di recente, il dibattito mai sopito su questo argomento è tornato a essere vibrante.[3]

Io non conosco passi del Nuovo Testamento nei quali viene affermata l’incompatibilità tra il sacerdozio ministeriale e il matrimonio.

Invito chiunque li conosca a citarli nello spazio per i commenti che si trova in fondo al testo di questo articolo e lo ringrazio fin da ora.

Al contrario – oltre al passo del vangelo secondo Marco che parla della suocera di Pietro, il quale dunque era sposato[4] – conosco tre passi del Nuovo Testamento nei quali si afferma che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia:

  1. un passo della prima lettera a Timoteo dove si legge che “bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta” e aggiunge “Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? ”;[5]
  2. il passo in parola della prima lettera a Timoteo prosegue affermando che “I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie”;[6]
  3. un passo della lettera a Tito afferma che il candidato al presbiterato “deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti”.[7]

 

Per i cristiani, la Bibbia è la parola di Dio.

Come ho scritto in un altro articolo, Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se il Nuovo Testamento afferma più volte e inequivocabilmente che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia e che il candidato al presbiterato sia sposato una sola volta con figli credenti, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

L’incompatibilità tra il sacerdozio ministeriale e il matrimonio è stata affermata secoli dopo la scrittura dei passi poc’anzi citati del Nuovo Testamento.

Lo scopo di questa affermazione era ottenere una presunta purità rituale di coloro che presiedono il culto eucaristico.

A parere di chi scrive, questa affermazione è per lo meno irriguardosa nei confronti di Dio.

Alla luce dei passi della Scrittura poc’anzi citati – nei quali si legge che vescovi, presbiteri e diaconi siano sposati una sola volta, abbiano figli e sappiano governare bene la loro famiglia – affermare che la purità rituale richiede che chi presiede il culto eucaristico non possa sposarsi, non possa avere figli e debba vivere il celibato significa dire che la parola di Dio invita all’impurità.

Sinceramente, non mi risulta che la parola di Dio consigli l’impurità!

 

La contrarietà alla parola di Dio è un vizio che affligge anche tutte le affermazioni che, nei secoli, hanno continuato a sostenere l’incompatibilità tra il sacerdozio ministeriale e il matrimonio.

Dispiace constatare che, tra queste affermazioni, alcune sono state pronunciate durante dei concilii.

Alcune fonti affermano che il primo di essi sarebbe il concilio di Elvira, tenutosi nei primi anni del quarto secolo dopo Cristo, il cui canone 33 avrebbe ordinato ai chierici di astenersi dal matrimonio e dal generare figli, pena la deposizione dallo stato clericale.[8]

Altre fonti riportano il testo del canone 33 del citato concilio di Elvira e affermano che esso in realtà avrebbe detto l’esatto contrario, ovvero che sarebbero stati dimessi dallo stato clericale coloro che si fossero astenuti dalle loro mogli e non avessero generato figli.[9]

Queste ultime fonti affermano che il celibato sarebbe stato imposto per la prima volta nel concilio lateranense dell’anno 1139.

 

Qualunque sia stato il concilio che per primo abbia sancito l’incompatibilità tra il sacerdozio ministeriale e il matrimonio, in ecclesiologia e in storia della chiesa si studia che, affinché un concilio faccia un’affermazione dogmatica, sono necessari tutti e tre i seguenti requisiti: soggetto, oggetto, atto.

Il soggetto è il collegio dei vescovi che devono essere presenti nel concilio per poter discutere e votare.

L’oggetto è la materia, vale a dire la rivelazione.

L’atto è l’intenzione di definire una questione.

Questa intenzione deve essere chiaramente presente negli atti emanati dal concilio: ad esempio, quando viene usata la formula “Noi definiamo”.

Se l’intenzione in parola non è presente, non va cercata.

 

 

Il requisito del soggetto

Il diritto canonico insegna che il collegio dei vescovi è composto dal sommo pontefice che ne è il capo e dai vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del collegio.[10]

Le affermazioni sul divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato sono state rese da concilii nei quali:

  • non c’era il collegio dei vescovi, ma solo alcuni vescovi di una o alcune province dell’allora impero romano o di territori corrispondenti a una o alcune delle odierne Nazioni;
  • quasi sempre non c’era il sommo pontefice. Egli infatti non partecipò a molti dei concilii che hanno reso le affermazioni in parola e, in quelli nei quali partecipò, non era presente il collegio dei vescovi.

 

Di conseguenza, il requisito del soggetto non può dirsi presente nei concilii che hanno fatto le affermazioni in parola.

 

 

Il requisito dell’oggetto

Le affermazioni rese dai concilii sul divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato sono sicuramente non conformi alla rivelazione.

Questo perché – come abbiamo detto – i passi citati poc’anzi del vangelo di Marco, della prima lettera a Timoteo e della lettera a Tito affermano chiaramente che:

  1. Pietro aveva una suocera (vangelo secondo Marco), dunque era sposato;
  2. “bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta” e inoltre “Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?” (prima lettera a Timoteo);
  3. “I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie” (prima lettera a Timoteo);
  4. il candidato al presbiterato “deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti” (lettera a Tito).

 

Pertanto, il requisito dell’oggetto non può dirsi presente nelle affermazioni sul divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato.

Poiché anche i singoli credenti non possono andare contro la rivelazione, le affermazioni dello stesso tenore di quelle ora in esame rese da parte di individui (papa, vescovo, teologo, etc.) non sono conformi alla rivelazione.

 

 

Il requisito dell’atto

Negli atti dei concilii contenenti il divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e l’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato non ho trovato la formula “Noi definiamo” o altre espressioni che indichino la chiara intenzione di definire una questione.

Pertanto, le affermazioni in parola non hanno il requisito dell’atto.

Anche qualora ve ne siano alcune che abbiano il requisito dell’atto, la mancanza dei requisiti del soggetto e dell’oggetto non consente di dire che esse sono dogmatiche.

 

In conclusione, la mancanza dei tre requisiti del soggetto, dell’oggetto e dell’atto fa sì che tutte le affermazioni che i concilii hanno reso sul divieto, per chi ha il sacerdozio ministeriale, di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato non sono dogmatiche.

Esse sono affermazioni disciplinari, non dogmatiche, viziate dal contrasto con la rivelazione.

Di conseguenza, vanno considerate tutte quante come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[11]

Identica sorte spetta alle dichiarazioni più recenti che hanno confermato il divieto e l’obbligo in parola.

Mi riferisco al numero 16 del decreto del concilio Vaticano II Presbyterorum ordinis[12] e al numero 1580 del Catechismo della chiesa cattolica.[13]

Nei numeri ora citati, c’è la presa di coscienza del fatto che “La perfetta e perpetua continenza per il Regno dei cieli…non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio” e si citano anche due dei quattro passi del Nuovo Testamento che abbiamo poc’anzi ricordato (1 Tm 3,2-5; Tt 1,6), tuttavia si conferma la normativa sul celibato per chi ha il sacerdozio ministeriale.

Chi scrive non riesce a comprendere come si possano citare due passi della parola di Dio che dicono “A” e al contempo confermare una normativa della Chiesa che impone il contrario di “A”.

Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sul divieto per chi ha il sacerdozio ministeriale di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere il celibato vanno considerate tutte quante come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[14]

 

 

 

LE ALTRE CATEGORIE DI FEDELI

Ora ci chiediamo se il celibato sia imposto dalla Scrittura ai fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale.

Nella prima lettera ai corinzi, il capitolo 7 è interamente dedicato alla vita relazionale di queste persone.[15]

Agli sposi il versetto 5 dice: “Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione.”.

A coloro che conducono vita laicale consacrata i versetti 17, 20 e 24 dicono: “Fuori di questi casi, ciascuno continui a vivere secondo la condizione che gli ha assegnato il Signore, così come Dio lo ha chiamato; così dispongo in tutte le chiese. …Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato. …Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato.”.[16]

 

Come possiamo leggere, il capitolo 7 della prima lettera ai corinzi non prevede alcun obbligo di castità, celibato, nubilato, verginità consacrata per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale.

 

Alla luce di ciò, chiediamoci come deve essere disciplinata la vita laicale consacrata.

Per dare una risposta, riflettiamo su quanto abbiamo appena letto nella parola di Dio.

Come è noto, la vita laicale consacrata consiste nella scelta di vivere il vangelo secondo la regola dettata dal fondatore o dalla fondatrice.

Il capitolo 7 della prima lettera ai corinzi lascia la condizione relazionale di ogni persona chiamata alla vita laicale consacrata alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli.

Di conseguenza, non è possibile imporre l’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità a coloro che fanno vita laicale consacrata.

Questo non solo perché un obbligo in tal senso andrebbe contro la parola di Dio, ma altresì perché Dio è la perfezione assoluta e dunque non dimentica di dire qualcosa!

Se Dio avesse voluto affermare l’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità per coloro che fanno vita laicale consacrata lo avrebbe sancito nella sua Parola.

Se Dio riserva a se stesso la scelta di chiamare una persona alla vita laicale consacrata prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto figli, chi può permettersi di imporre a chi vuole fare vita laicale consacrata l’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità impedendo a Dio di fare la sua scelta?

 

Tutto ciò considerato, la conclusione è una sola.

Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sul divieto per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere la castità, il celibato, il nubilato, la verginità consacrata non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).[17]

 

Inoltre, la condizione relazionale di ogni persona chiamata alla vita laicale consacrata è un dato che compete alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli.

 

Piaccia o meno tutto quanto è stato detto fin ora, questo è quanto la Scrittura afferma e un cristiano non se può discostare.

 

 

LE MODIFICHE DA APPORTARE

I passi biblici citati e le motivazioni esposte in questo articolo rendono necessario apportare le seguenti modifiche al fine di rendere la normativa vigente nella Chiesa conforme alla Scrittura.

 

Oltre a quanto abbiamo detto, bisogna considerare che la professione monastica non ha alcun senso fuori del monastero.

Non ha alcun senso prevedere l’esistenza di ordini nei quali i membri, fuori dal monastero e senza essere monaci, “emettono una professione che è equiparata alla professione monastica” (canone 504, paragrafo 1, del codice dei canoni delle chiese orientali).

Dunque, nel codice dei canoni delle chiese orientali la disciplina degli ordini va modificata in modo da fare riferimento a quella degli istituti secolari presente nel codice di diritto canonico.

Di conseguenza, nel codice dei canoni delle chiese orientali va modificata anche la disciplina delle congregazioni in modo da fare riferimento a quella delle società di vita apostolica presente nel codice di diritto canonico.

 

 

I SACRI MINISTRI

Codice di diritto canonico

I canoni 194, 247, 277, 291, 1037 e 1087 vanno modificati nel modo seguente:

 

Can. 194 – §1. È rimosso dall’ufficio ecclesiastico per il diritto stesso: 1) chi ha perso lo stato clericale; 2) chi si è separato pubblicamente dalla fede cattolica o dalla comunione della Chiesa [; 3) numero abrogato].

§2. La rimozione, di cui al numero 2, può essere sollecitata soltanto se della medesima consti da una dichiarazione dell’autorità competente.

 

Can. 247 – §1. [Paragrafo abrogato].

§2. Gli alunni siano resi debitamente consapevoli dei doveri e degli oneri che sono propri dei ministri della Chiesa, senza alcuna reticenza sulle difficoltà della vita sacerdotale.

 

Can. 277 – §1. [Paragrafo abrogato]

§2. I chierici si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità può [parole abrogate] suscitare lo scandalo dei fedeli.

§3. Spetta al vescovo diocesano stabilire norme più precise su questa materia e giudicare sull’osservanza di questo obbligo nei casi particolari.

 

Can. 291 – [Canone abrogato].

 

Can. 1037 – §1. Bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.

§2. Il candidato al presbiterato deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti e che non possano essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati.

§3. I diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie.

§4. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie a questo canone non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

Can. 1087 – [Canone abrogato]

 

 

 

LA VITA CONSACRATA

L’abolizione dell’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità consacrata e la riforma della vita consacrata

Codice di diritto canonico, canone 598.

Il canone 598 del codice di diritto canonico va modificato nel modo seguente:

 

Norme comuni a tutti gli istituti di vita consacrata (Cann. 573-607)

Can. 598 – §1. Ogni istituto, attese l’indole e le finalità proprie, deve stabilire nelle costituzioni il modo in cui, secondo la propria forma di vita, si devono osservare i consigli evangelici [parole abrogate] di cui parla il nuovo testo del canone 211 di questo codice.

§2. Tutti i membri poi devono non solo osservare integralmente e con fedeltà i consigli evangelici, ma anche vivere secondo il diritto proprio dell’istituto, e in tal modo tendere alla perfezione del proprio stato.

§3. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sul divieto per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere la castità, il celibato, il nubilato, la verginità consacrata non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

§4. La condizione relazionale di ogni persona chiamata a un istituto di vita monastica, di vita religiosa, di vita consacrata è un dato che compete alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie a questo paragrafo non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

Il matrimonio – Impedimenti dirimenti in specie (cannoni 1083-1094)

 

Can. 1088 – [Canone abrogato]

 

 

 

GLI ISTITUTI SECOLARI

Codice di diritto canonico

I canoni 712 e 721 vanno modificati nel modo seguente:

 

Can. 712 – §1. [Parole abrogate] Le costituzioni stabiliscano i vincoli [parola abrogata] con cui vengono assunti nell’istituto i consigli evangelici di cui parla il nuovo testo del canone 211 di questo codice e definiscano gli obblighi che essi comportano, salva sempre però, nello stile di vita, la secolarità propria dell’istituto.

 

Can. 721 – §1. È ammesso invalidamente al periodo di prova iniziale: 1) chi non ha ancora raggiunto la maggiore età; 2) chi è legato attualmente con vincolo sacro ad un istituto di vita consacrata o è stato incorporato in una società di vita apostolica [; 3) parole abrogate].

§2. Le costituzioni possono stabilire altri impedimenti anche per la validità dell’ammissione, o porre condizioni.

§3. Per essere accettati si richiede inoltre la maturità necessaria a condurre in modo conveniente la vita propria dell’istituto.

 

 

 

LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA

Codice di diritto canonico

I canoni 731 e 732 vanno modificati nel modo seguente:

 

Can. 731 – §1. [Parole abrogate] Le società di vita apostolica sono quelle i cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e, conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante l’osservanza delle costituzioni.

§2. [Paragrafo abrogato]

 

Can. 732 – Quanto è stabilito nei canoni dal numero 578 – a esclusione delle parole “e anche l’oggetto proprio dei sacri vincoli” contenute nel canone 587, paragrafo 1 – fino al numero 597 e nel canone 606 si applica anche alle società di vita apostolica nel rispetto della natura di ciascuna società [; parole abrogate].

 

 

I VESCOVI

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 180 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 180- §1. Perché qualcuno sia ritenuto idoneo all’episcopato si richiede che sia:

1° [numero abrogato];

2° [numero abrogato];

3° [numero abrogato];

4° almeno di trentacinque anni d’età;

5° costituito nell’ordine del presbiterato almeno da cinque anni;

6° dottore o licenziato o almeno esperto in qualche scienza sacra.

§2. Bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.

§3. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie al paragrafo 2 di questo canone non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

 

I SACERDOTI E I DIACONI

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 762 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 762 – §1. È impedito dal ricevere gli ordini sacri:

1° chi è colpito da qualche forma di demenza o da altra infermità psichica, a motivo della quale è giudicato, dopo aver consultato i periti, inabile a svolgere correttamente il ministero;

2° chi ha commesso il delitto di apostasia, di eresia oppure di scisma;

3° [numero abrogato]

4° chi ha commesso omicidio volontario oppure ha procurato un aborto conseguendone l’effetto e tutti coloro che vi hanno cooperato positivamente;

5° chi ha mutilato gravemente e dolosamente se stesso o un altro o che ha tentato di togliersi la vita;

6° chi ha posto un atto di ordine riservato a chi è costituito nell’ordine dell’episcopato o del presbiterato, o essendone privo o avendo la proibizione di esercitarlo per qualche pena canonica.

7° chi esercita un ufficio o l’amministrazione vietata ai chierici di cui deve rendere conto finché, abbandonato l’ufficio e l’amministrazione e fatto inoltre il rendiconto, sia diventato libero;

8° il neofita, a meno che, a giudizio del Gerarca, sia sufficientemente sperimentato.

§2. Gli atti dai quali possono provenire gli impedimenti di cui nel §1, nn. 2-6, non producono impedimenti se non sono stati peccati gravi ed esterni commessi dopo il battesimo.

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 769 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 769 – §1. L’autorità che ammette un candidato alla sacra ordinazione, deve ottenere:

1° la dichiarazione di cui nel can. 761, come pure il certificato dell’ultima sacra ordinazione oppure, se si tratta della prima sacra ordinazione, anche il certificato di battesimo e della crismazione del santo myron;

2° [parole abrogate] il certificato di matrimonio e il consenso dato per iscritto dalla moglie;

3° il certificato degli studi compiuti;

4° le lettere testimoniali del rettore del seminario o del Superiore di un istituto di vita consacrata, oppure del presbitero al quale è stato affidato il candidato fuori del seminario, sui buoni costumi dello stesso candidato;

5° le lettere testimoniali di cui nel can. 771, §3;

6° le lettere testimoniali, se lo giudica opportuno, degli altri Vescovi eparchiali o dei Superiori di istituti di vita consacrata dove il candidato ha dimorato per qualche tempo, sulle qualità del candidato e sulla sua libertà da ogni impedimento canonico.

§2. Questi documenti siano conservati nell’archivio della stessa autorità.

§3. Il candidato al presbiterato deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti e che non possano essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati.

§4. I diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie.

§5. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie ai paragrafi 3 e 4 di questo canone non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

 

I RELIGIOSI

L’abolizione dell’obbligo della castità, del celibato, del nubilato, della verginità consacrata e la riforma della vita consacrata

Il canone 410 del codice dei canoni delle chiese orientali va modificato nel modo seguente:

 

Can. 410 – §1. Ogni istituto, attese l’indole e le finalità proprie, deve stabilire nelle costituzioni il modo in cui, secondo la propria forma di vita, si devono osservare i consigli evangelici di cui parla il nuovo testo del canone 14 di questo codice.

§2. Tutti i membri poi devono non solo osservare integralmente e con fedeltà i consigli evangelici, ma anche vivere secondo il diritto proprio dell’istituto, e in tal modo tendere alla perfezione del proprio stato.

§3. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – sul divieto per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale di sposarsi e di avere figli e sull’obbligo per i medesimi soggetti di vivere la castità, il celibato, il nubilato, la verginità consacrata non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

§4. La condizione relazionale di ogni persona chiamata a un istituto di vita monastica, di vita religiosa, di vita consacrata è un dato che compete alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli. Poiché la normativa di qualsiasi tipo (canonica, disciplinare, liturgica, etc.) vigente nella Chiesa non può andare contro la rivelazione, tutte le affermazioni – di qualsiasi tipo e da chiunque rese: individuo o concilio – contrarie a questo paragrafo non sono conformi alla Scrittura e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).

 

 

 

GLI ORDINI E LE CONGREGAZIONI

 

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 504 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 504 – §1. L’ordine è una società regolata dai canoni del codice di diritto canonico che disciplinano gli istituti secolari.

§2. La congregazione è una società regolata dai canoni del codice di diritto canonico che disciplinano le società di vita apostolica.

§3. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

Codice dei canoni delle chiese orientali

Il canone 517 va modificato nel modo seguente:

 

Can. 517 – [Canone abrogato]

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

Tutte le citazioni del Catechismo della chiesa cattolica presenti in questo articolo sono prese da:

http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm

 

 

IL CELIBATO PER I SACRI MINISTRI

Codice di diritto canonico,

canoni 194, 247, 277, 291, 1037 e 1087:

 

“Can. 194 – §1. E rimosso dall’ufficio ecclesiastico per il diritto stesso: 1) chi ha perso lo stato clericale; 2) chi si è separato pubblicamente dalla fede cattolica o dalla comunione della Chiesa; 3) il chierico che ha attentato al matrimonio anche soltanto civile.

§2. La rimozione, di cui ai nn. 2 e 3, può essere sollecitata soltanto se della medesima consti da una dichiarazione dell’autorità competente.

 

Can. 247 – §1. Siano preparati mediante un’adeguata educazione a vivere lo stato del celibato e imparino ad apprezzarlo come dono peculiare di Dio.

§2. Gli alunni siano resi debitamente consapevoli dei doveri e degli oneri che sono propri dei ministri della Chiesa, senza alcuna reticenza sulle difficoltà della vita sacerdotale.

 

Can. 277 – §1. I chierici sono tenuti all’obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato, che è un dono particolare di Dio mediante il quale i ministri sacri possono aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e sono messi in grado di dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini.

§2. I chierici si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità può mettere in pericolo l’obbligo della continenza oppure suscitare lo scandalo dei fedeli.

§3. Spetta al Vescovo diocesano stabilire norme più precise su questa materia e giudicare sull’osservanza di questo obbligo nei casi particolari.

 

Can. 291 – Oltre ai casi di cui al  can. 290, n. 1, la perdita dello stato clericale non comporta la dispensa dall’obbligo del celibato: questa viene concessa unicamente dal Romano Pontefice.

 

Can. 1037 – Il promovendo al diaconato permanente, che non sia sposato, e così pure il promovendo al presbiterato, non siano ammessi all’ordine del diaconato, se non hanno assunto, mediante il rito prescritto, pubblicamente, davanti a Dio e alla Chiesa, l’obbligo del celibato oppure non hanno emesso i voti perpetui in un istituto religioso.

 

Can. 1087 – Attentano invalidamente al matrimonio coloro che sono costituiti nei sacri ordini.”

 

 

 

IL CELIBATO PER LA VITA CONSACRATA

Codice di diritto canonico,

canoni 598, 599, 654, 694, 1088:

 

Norme comuni a tutti gli istituti di vita consacrata (Cann. 573-607), canoni 598 e 599:

 

“Can. 598 – §1. Ogni istituto, attese l’indole e le finalità proprie, deve stabilire nelle costituzioni il modo in cui, secondo il suo programma di vita, sono da osservarsi i consigli evangelici di castità, di povertà e di obbedienza.

 

Can. 599 – Il consiglio evangelico di castità assunto per il Regno dei cieli, che è segno della vita futura e fonte di una più ricca fecondità nel cuore indiviso, comporta l’obbligo della perfetta continenza nel celibato.”

 

 

La professione religiosa (Cann. 654-658), canone 654:

 

“Can. 654 – Con la professione religiosa i membri assumono con voto pubblico l’obbligo di osservare i tre consigli evangelici, sono consacrati a Dio mediante il ministero della Chiesa e vengono incorporati all’istituto con i diritti e i doveri definiti giuridicamente.”

 

 

Dismissione dei religiosi (Cann. 694-704), canone 694:

 

“Can. 694 – §1. Si deve ritenere dimesso dall’istituto, per il fatto stesso, il religioso che: 1) abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica; 2) abbia contratto matrimonio o ad esso abbia attentato, anche solo civilmente.

§2. In tali casi il Superiore maggiore col suo consiglio deve senza indugio, raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti giuridicamente.”

 

 

Il matrimonio – Impedimenti dirimenti in specie (Cann. 1083-1094), canone 1088:

 

“Can. 1088 – Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono vincolati dal voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso.”

 

 

 

IL CELIBATO NEGLI ISTITUTI SECOLARI

Codice di diritto canonico,

canoni 712 e 721:

 

“Can. 712 – Ferme restando le disposizioni dei cann.  598-601, le costituzioni stabiliscano i vincoli sacri con cui vengono assunti nell’istituto i consigli evangelici e definiscano gli obblighi che essi comportano, salva sempre però, nello stile di vita, la secolarità propria dell’istituto.

 

Can. 721 – §1. È ammesso invalidamente al periodo di prova iniziale: 1) chi non ha ancora raggiunto la maggiore età; 2) chi è legato attualmente con un vincolo sacro ad un istituto di vita consacrata o è stato incorporato in una società di vita apostolica; 3) chi è sposato, durante il matrimonio.”

 

 

 

IL CELIBATO NELLE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA

Codice di diritto canonico,

canoni 731 e 732:

 

“Can. 731 – §1. Agli istituti di vita consacrata sono assimilate le società di vita apostolica i cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e, conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante l’osservanza delle costituzioni.

§2. Fra queste vi sono società i cui membri assumono i consigli evangelici con qualche vincolo definito dalle costituzioni.

 

Can. 732 – Quanto è stabilito nei cann.  578-597 e  606 si applica anche alle società di vita apostolica, tuttavia nel rispetto della natura di ciascuna società; alle società di cui al  can. 731, §2, si applicano anche i cann.  598-602.”

 

 

[2] I VESCOVI

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 180:

 

Can. 180 – Ut quis idoneus ad episcopatum habeatur, requiritur, ut sit:

1° firma fide, bonis moribus, pietate, animarum zelo et prudentia praestans;
2° bona existimatione gaudens;
3° vinculo matrimonii non ligatus;
4° annos natus saltem triginta quinque;
5° a quinquennio saltem in ordine presbyteratus constitutus;
6° in aliqua scientia sacra doctor vel licentiatus vel saltem peritus.”

 

 

Il canone 180 in italiano:

 

Can. 180 – Perché qualcuno sia ritenuto idoneo all’episcopato si richiede che sia:

1° distinto per fede salda, buoni costumi, pietà, zelo delle anime e prudenza;

2° di buona reputazione;

non legato da vincolo matrimoniale;

4° almeno di trentacinque anni d’età;

5° costituito nell’ordine del presbiterato almeno da cinque anni;

6° dottore o licenziato o almeno esperto in qualche scienza sacra.”

 

 

 

SACERDOTI E DIACONI

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 762 e 769:

 

Can. 762 – § 1. A suscipiendis ordinibus sacris est impeditus:

1° qui aliqua forma laborat amentiae aliusve infirmitatis psychicae, qua consultis peritis inhabilis iudicatur ad ministerium rite implendum;

2° qui delictum apostasiae, haereseos aut schismatis commisit;

3° qui matrimonium, etiam civile tantum, attentavit, sive ipse vinculo matrimoniali aut ordine sacro aut voto publico perpetuo castitatis a matrimonio celebrando impeditus, sive cum muliere matrimonio valido coniuncta aut eodem voto litigata;

4° qui voluntarium homicidium perpetravit aut abortum procuravit effecto secuto omnesque positive cooperantes;

5° qui se ipsum vel alium graviter et dolose mutilavit vel sibi vitam adimere tentavit;

6° qui actum ordinis posuit in ordine episcopatus vel presbyteratus constitutis reservatum vel eodem carens vel ab eiusdem exercitio aliqua poena canonica prohibitus;

7° qui officiam vel administrationem gerit clericis vetitam, cuius rationem reddere debet, donec deposito officio et administratione atque rationibus redditis liber factus erit;

8° neophytus, nisi iudicio Hierarchae sufficienter probatus est.

§2. Actus, ex quibus impedimenta, de quibus in § 1, nn. 2 – 6 oriri possunt, illa non pariunt, nisi fuerunt peccata gravia et externa post baptismum perpetrata.”

 

Il canone 762 in italiano:

 

Can. 762 – § 1. E’ impedito dal ricevere gli ordini sacri:

1° chi è colpito da qualche forma di demenza o da altra infermità psichica, a motivo della quale è giudicato, dopo aver consultato i periti, inabile a svolgere correttamente il ministero;

2° chi ha commesso il delitto di apostasia, di eresia oppure di scisma;

chi ha attentato il matrimonio, anche solo civile, sia che egli fosse impedito dal celebrare il matrimonio dal vincolo matrimoniale o dall’ordine sacro oppure dal voto pubblico perpetuo di castità, sia con una donna unita da un matrimonio valido oppure legata dallo stesso voto;

4° chi ha commesso omicidio volontario oppure ha procurato un aborto conseguendone l’effetto e tutti coloro che vi hanno cooperato positivamente;

5° chi ha mutilato gravemente e dolosamente se stesso o un altro o che ha tentato di togliersi la vita;

6° chi ha posto un atto di ordine riservato a chi è costituito nell’ordine dell’episcopato o del presbiterato, o essendone privo o avendo la proibizione di esercitarlo per qualche pena canonica.

7° chi esercita un ufficio o l’amministrazione vietata ai chierici di cui deve rendere conto finché, abbandonato l’ufficio e l’amministrazione e fatto inoltre il rendiconto, sia diventato libero;

8° il neofita, a meno che, a giudizio del Gerarca, sia sufficientemente sperimentato.

§2. Gli atti dai quali possono provenire gli impedimenti di cui nel § 1, nn. 2-6, non producono impedimenti se non sono stati peccati gravi ed esterni commessi dopo il battesimo.”

 

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 769:

 

Can. 769 – § 1. Auctoritas, quae candidatum ad sacram ordinationem admittit, obtineat:

1° declarationem, de qua in can. 761, necnon testimonium ultimae sacrae ordinationis aut, si de prima sacra ordinatione agitur, etiam testimonium baptismi et chrismationis sancti myri;

2° si candidatus est matrimonio iunctus, testimonium matrimonii et consensum uxoris scripto datum;

3° testimonium de peractis studiis;

4° testimoniales litteras rectoris seminarii vel Superioris instituti vitae consecratae aut presbyteri, cui candidatus extra seminarium commendatus est, de bonis moribus eiusdem candidati;

5° testimoniales litteras, de quibus in can. 771, § 3;

6° testimoniales litteras, si id expedire iudicat, aliorum Episcoporum eparchialium vel Superiorum institutorum vitae consecratae, ubi candidatus per aliquod tempus commoratus est, de candidati qualitatibus deque eius libertate ab omni impedimento canonico.

§2. Haec documenta asserventur in archivo eiusdem auctoritatis.”

 

Il canone 769 in italiano:

 

Can. 769 – § 1. L’autorità che ammette un candidato alla sacra ordinazione, deve ottenere:

1° la dichiarazione di cui nel can. 761, come pure il certificato dell’ultima sacra ordinazione oppure, se si tratta della prima sacra ordinazione, anche il certificato di battesimo e della crismazione del santo myron;

 2° se il candidato è unito in matrimonio, il certificato di matrimonio e il consenso dato per iscritto della moglie;

3° il certificato degli studi compiuti;

4° le lettere testimoniali del rettore del seminario o del Superiore di un istituto di vita consacrata, oppure del presbitero al quale è stato affidato il candidato fuori del seminario, sui buoni costumi dello stesso candidato;

5° le lettere testimoniali di cui nel can. 771, § 3;

6° le lettere testimoniali, se lo giudica opportuno, degli altri Vescovi eparchiali o dei Superiori di istituti di vita consacrata dove il candidato ha dimorato per qualche tempo, sulle qualità del candidato e sulla sua libertà da ogni impedimento canonico.

§2. Questi documenti siano conservati nell’archivio della stessa autorità.”

 

 

 

I RELIGIOSI

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 410:

 

Can. 410 – Status religiosus est stabilis in communi vivendi modus in aliquo instituto ab Ecclesia approbato, quo christifideles Christum, Magistrum et Exemplum Sanctitatis, sub actione Spiritus Sancti pressius sequentes novo ac speciali titulo consecrantur per vota publica oboedientiae, castitatis et paupertatis sub legitimo Superiore ad normam statutorum servanda, saeculo renuntiant ac totaliter se devovent caritatis perfectioni assequendae in servitium Regni Dei pro Ecclesiae aedificatione et mundi salute utpote signa coelestem gloriam praenuntiantia.”

 

Il canone 410 in italiano:

 

Can. 410 – Lo stato religioso è un modo stabile di vivere in comune in un istituto approvato dalla Chiesa, nel quale i fedeli cristiani, seguendo più da vicino Cristo, Maestro ed Esempio di Santità, sotto l’azione dello Spirito Santo, con nuovo e speciale titolo sono consacrati per mezzo dei voti pubblici di obbedienza, castità e povertà da osservare sotto un legittimo Superiore a norma degli statuti, rinunciano al secolo e si dedicano totalmente a conseguire la perfezione della carità al servizio del Regno di Dio per l’edificazione della Chiesa e la salvezza del mondo, come segni che preannunciano la gloria celeste.”

 

 

 

I MONACI

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 450 e 497:

 

“De admissione in monasterium sui iuris et de novitiatu

Can. 450 – Firmis praescriptis typici, quae potiora exigunt, ad novitiatum valide admitti non possunt:

1° acatholici;

2° qui poena canonica puniti sunt exceptis poenis, de quibus in can. 1426, § 1;

3° ii, quibus imminet gravis poena ob delictum, de quo legitime accusati sunt;

4° qui duodevicesimum aetatis annum nondum expleverunt, nisi agitur de monasterio, in quo habetur professio temporaria, quo in casu sufficit aetas septemdecim annorum;

5° qui monasterium ingrediuntur vi, metu gravi aut dolo inducti vel ii, quos Superior eodem modo inductus recipit;

6° coniuges durante matrimonio;

7° qui ligantur vinculo professionis religiosae vel alio sacro vinculo in instituto vitae consecratae, nisi de legitimo transitu agitur.”

 

Il canone 450 in italiano:

 

“L’ammissione nel monastero sui iuris e il noviziato

Can. 450Ferme restando le prescrizioni del tipico che esigano di più, non possono essere ammessi validamente al noviziato:

1° gli acattolici;

2° coloro che sono puniti da pena canonica eccetto le pene di cui nel can. 1426, § 1;

3° coloro su cui pende una grave pena per un delitto del quale sono legittimamente accusati;

4° coloro che non hanno ancora compiuto il diciottesimo anno di età, a meno che non si tratti di un monastero nel quale vi sia la professione temporanea, nel qual caso è sufficiente l’età di diciassette anni;

5° coloro che entrano nel monastero indotti da violenza, da timore grave oppure da dolo, o coloro che il Superiore riceve indotto allo stesso modo;

i coniugi mentre dura il matrimonio;

7° coloro che sono legati dal vincolo della professione religiosa o da altro vincolo sacro in un istituto di vita consacrata, a meno che non si tratti di un passaggio legittimo.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 497:

 

“De dimissione monachorum

Can. 497 – § 1. Ipso iure dimissus a monasterio habendus est sodalis qui:

1° fidem catholicam publice abiecit;

2° matrimonium celebravit vel etiam civiliter tantum attentavit.

§2. His in casibus Superior monasterii sui iuris consulto suo consilio sine mora collectis probationibus declarationem facti emittat, ut iuridice constet de dimissione, atque quam primum de re auctoritatem, cui monasterium immediate subiectum est, certiorem faciat.”

 

Il canone 497 in italiano:

 

“La dimissione dei monaci

Can. 497 – § 1. E’ da ritenere dimesso dal monastero per il diritto stesso il membro che:

1° ha pubblicamente abbandonato la fede cattolica;

ha celebrato o anche solo civilmente attentato il matrimonio.

§2. In questi casi il Superiore del monastero sui iuris, dopo aver consultato il suo consiglio, senza alcun ritardo, raccolte le prove, emetta la dichiarazione del fatto, affinché consti giuridicamente della dimissione, e informi al più presto della cosa l’autorità a cui il monastero è immediatamente soggetto.”

 

 

 

GLI ORDINI E LE CONGREGAZIONI

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canoni 504 e 517:

 

“Can. 504 – § 1. Ordo est societas ab auctoritate competenti ecclesiastica erecta, in qua sodales, etsi non sunt monachi, professionem emittunt, quae professioni monasticae aequiparatur.

§2. Congregatio est societas ab auctoritate competenti ecclesiastica erecta, in qua sodales professionem emittunt cum tribus votis publicis oboedientiae, castitatis et paupertatis, quae tamen professioni monasticae non aequiparatur, sed propriam vim habet ad normam iuris.”

 

Il canone 504 in italiano:

 

Can. 504 – § 1. L’ordine è una società eretta dalla competente autorità ecclesiastica, nella quale i membri, pur non essendo monaci, emettono una professione che è equiparata alla professione monastica.

§2. La congregazione è una società eretta dalla competente autorità ecclesiastica, nella quale i membri emettono la professione con i tre voti pubblici di obbedienza, castità e povertà, la quale però non è equiparata alla professione monastica, ma ha una forza propria a norma del diritto.”

 

 

Codice dei canoni delle chiese orientali,

canone 517:

 

“Can. 517 – § 1. Aetas ad validam admissionem in novitiatum ordinis vel congregationis requisita est decimus septimus annus expletus; circa cetera requisita ad admissionem in novitiatum serventur cann. 448, 450, 452 et 454.

§2. Ad novitiatum instituti religiosi alterius Ecclesiae sui iuris nemo licite admitti potest sine licentia Sedis Apostolicae, nisi de candidato agitur, qui destinatus est provinciae vel domui, de qua in can. 432, propriae Ecclesiae.”

 

Il canone 517 in italiano:

 

“Can. 517 – § 1. L’età richiesta per la valida ammissione al noviziato di un ordine o congregazione è il diciasettesimo anno compiuto; a riguardo di tutti gli altri requisiti per l’ammissione al noviziato, si osservino i cann. 448, 450, 452 e 454.

§2. Nessuno può essere ammesso lecitamente al noviziato di un istituto religioso di un’altra Chiesa sui iuris senza la licenza della Sede Apostolica, a meno che non si tratti di un candidato che è destinato a una provincia o casa, di cui nel can. 432, della propria Chiesa.”

 

 

 

[3] Francesco Antonio Grana, 26 ottobre 2019, Sinodo sull’Amazzonia, arriva il sì ai preti sposati. Resta il no alle donne diacono. “Ma il celibato rimane dono di Dio, in: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/26/sinodo-sullamazzonia-arriva-il-si-ai-preti-sposati-no-alle-donne-diacono-ma-il-celibato-resta-dono-di-dio/5534909/

 

Marco Politi, 10 febbraio 2020, Preti sposati, Papa Francesco è nella morsa degli oppositori. E la svolta potrebbe non arrivare, in: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/10/preti-sposati-papa-francesco-e-nella-morsa-degli-oppositori-e-la-svolta-potrebbe-non-arrivare/5701604/

 

Redazione, 17 febbraio 2020, Sarà sui migranti il Sinodo del 2022? Mentre il dibattito sui preti sposati non è chiuso, in: http://www.farodiroma.it/sara-sui-migranti-il-sinodo-del-2022-mentre-il-dibattito-sui-preti-sposati-non-e-chiuso/

 

Don Arturo Cattaneo, 1 marzo 2020, Un’opinione sul dibattito sui preti sposati e su un eventuale discussione riguardo all’ordinazione delle donne al presbiterato, in: https://www.catt.ch/newsi/unopinione-sul-dibattito-sui-preti-sposati-e-su-un-eventuale-discussione-riguardo-allordinazione-delle-donne-al-presbiterato/

 

 

 

[4] Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetti 29-31:

 

“[29] E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni.

[30] La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.

[31] Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.”

 

 

 

[5] Prima lettera a Timoteo, capitolo 3, versetti 1-7:

 

“[1] È degno di fede quanto vi dico: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro.

[2] Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare,

[3] non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro.

[4] Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità,

[5] perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?

[6] Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo.

[7] È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.”

 

 

 

[6] Prima lettera a Timoteo, capitolo 3, versetti 8-13:

 

“[8] Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto,

[9] e conservino il mistero della fede in una coscienza pura.

[10] Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio.

[11] Allo stesso modo le donne siano dignitose, non pettegole, sobrie, fedeli in tutto.

[12] I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie.

[13] Coloro infatti che avranno ben servito, si acquisteranno un grado onorifico e una grande sicurezza nella fede in Cristo Gesù.”

 

 

 

[7] Lettera a Tito, capitolo 1, versetti 1-6:

 

“[1] Paolo, servo di Dio, apostolo di Gesù Cristo per chiamare alla fede gli eletti di Dio e per far conoscere la verità che conduce alla pietà

[2] ed è fondata sulla speranza della vita eterna, promessa fin dai secoli eterni da quel Dio che non mentisce,

[3] e manifestata poi con la sua parola mediante la predicazione che è stata a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore,

[4] a Tito, mio vero figlio nella fede comune: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.

[5] Per questo ti ho lasciato a Creta perché regolassi ciò che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato:

[6] il candidato deve essere irreprensibile, sposato una sola volta, con figli credenti e che non possano essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati.”

 

 

 

[8] Enciclopedia Treccani on-line,

voce “celibato” in:

http://www.treccani.it/enciclopedia/celibato/

 

“Nell’antichità l’influsso del concetto religioso secondo il quale il culto dei defunti era necessario alla loro pace ultramondana, donde la necessità di lasciare dietro di sé dei discendenti che perpetuassero questo culto, ispirò al diritto dello Stato, erede del diritto sacro, una politica legislativa in favore del matrimonio e ostile al celibato. A Roma l’avversione al c. è documentata in antico, ma la legislazione rimase sostanzialmente blanda: quella augustea sancì privilegi per i coniugati e per i padri, ma trovò forte ostacolo a essere approvata, e per quanto rimanesse in vigore fino a Costantino non fu mai rigorosamente osservata.

Diversa valenza il c. assume in ambito religioso, quando la castità assoluta è imposta, per ideale ascetico o per motivi rituali, a persone che si trovano in particolare contatto col sacro. Nel cristianesimo primitivo, che presenta l’unione dell’uomo e della donna nel matrimonio come veicolo di grazia e segno mistico dell’unione di Cristo con la sua Chiesa, il c. è proposto come ideale ma non come obbligo per il clero/”>clero, a parte l’esclusione delle seconde nozze (il vescovo, secondo s. Paolo, dev’essere «marito di una sola moglie»).

Il c. ecclesiastico si affermò nei primi anni del 4° sec., quando il Concilio di Elvira (Iliberri, odierna Granada) ordinò a tutti i chierici di astenersi dal matrimonio e dal generare figli, pena la deposizione. La norma fu ratificata, in Occidente, dal papa Siricio nel Concilio romano del 386, quindi da Innocenzo I e da vari Concili (Toledo, 390 e 400, Cartagine e Torino, 401). In Oriente, invece (Concili di Ancira, 314; Nicea, 325; Gangra, circa 350), si ritenne opportuno autorizzare chi non si sentisse di praticare il c. a usare dei diritti coniugali. Altri testi si ispiravano a maggiore severità, per cui, dopo la legislazione giustinianea, la regola del 2° Concilio Trullano (o Sinodo quinisexto, 692) stabilì che ai coniugati non si poteva negare l’ordinazione a suddiacono, diacono o prete, ma vietò il matrimonio dopo l’ordinazione e impose il c. assoluto per i vescovi (generalmente scelti tra i monaci; se sposati, la moglie doveva ritirarsi in un monastero): regola tuttora in vigore nella Chiesa orientale, salvo che fra i copti e gli etiopici, che permettono ai vescovi di tenere le loro mogli.

In Occidente un vero e proprio ripudio del c. ecclesiastico si ebbe soltanto con Lutero, seguito in ciò dagli altri riformatori. In opposizione a tale tendenza, il Concilio di Trento, confermando e chiarendo un decreto di Callisto II (1123), sancì l’invalidità del matrimonio contratto da religiosi di voti solenni e da chierici negli ordini maggiori. Dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa latina ha ribadito l’obbligo del c. per i presbiteri (dal momento dell’ordinazione diaconale) e per i diaconi permanenti, anche di età matura, ma non sposati. La dispensa dal c. sacerdotale, riservata personalmente al papa, è stata regolata dapprima da alcune norme emanate dalla Congregazione per la dottrina della fede (1971) e, in seguito alla loro revisione e verifica, da nuovi criteri fissati da Giovanni Paolo II (1980).”

 

 

 

[9] Alfredo Saccardo, Il concilio di Elvira del 305, in:

http://www.smseurope.org/SCIENZEFEDI/SeF_ALFREDO/elvira305.htm

 

“II concilio spagnolo di Elvira, città dell’Andalusia nei pressi di Granada, ha una straordinaria importanza. È uno dei primi concili della Chiesa. Contiene canoni disciplinari e si svolge quando non c’è ancora libertà di professare pubblicamente la fede.

Ha un numero così elevato di canoni (81) da superare qualsiasi altro concilio del IV secolo, compreso quello ecumenico di Nicea del 325.

Non è un concilio che vuole risolvere problemi dogmatici, ma solo disciplinari.

Questo concilio ci permette di conoscere l’estensione del cristianesimo in Spagna e la severità di una disciplina che susciterà vivaci polemiche.

Certamente all’inizio del IV secolo il cristianesimo è già fiorente in Spagna, tanto che tutte le sei province hanno le loro chiese, anche se non tutte sono presenti ad Elvira.

È assente la chiesa della Mauritania Tingitana.

Sono presenti 19 vescovi: il più famoso è Osio di Cordova perché, consigliere dell’imperatore Costantino, parteciperà al concilio ecumenico di Nicea e a quello di Sardica. Osio rappresenta insomma un valido collegamento fra la chiesa d’occidente e quella d’oriente.

Il concilio di Elvira è così importante che alcuni suoi canoni saranno riportati e ripresi nei concili di Arles del 314, di Nicea del 315, di Sardica del 343.

I canoni disciplinari del concilio di Elvira, espressi con semplicità e chiarezza, sono severissimi.

Certi peccati, elencati in alcuni canoni (1, 2, 8, 10, 12, 17, 19, 71, 75), escludono perfino la comunione finale (nec in fine dandam esse communionem).

Non ci soffermiamo sul significato di simili terribili condanne: all’inizio del IV secolo è in atto una tremenda persecuzione nell’impero romano per cui molti cristiani vacillano, altri abiurano… si affermano le prime eresie che minano l’autentica dottrina di Cristo: forse per questo i vescovi presenti ad Elvira sono così severi.

Anche il can. 33 propugna una pena severa per chi trasgredisce ciò che il canone proibisce“Placuit in totum prohiberi episcopis, presbyteris et diaconibus, vel omnibus clericis positis in ministerio, abstinere se a coniugibus suis, et non generare fìlios: quicumque vero fecerit ab honore clericatus exterminetur” (Mansi II, 11). “Noi decidiamo di proibire ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi e a tutti coloro che sono impegnati nel ministero, di astenersi del tutto dalle proprie mogli e di non generare figli: chiunque lo farà, sarà eliminato dal clero”.

Il senso ed il contenuto del canone sono precisi e chiari: SI PROIBISCE LA TOTALE ASTENSIONE DALLE SPOSE E DI NON GENERARE FIGLI!

Ma dopo parecchi secoli, storici e teologi tradurranno il canone capovolgendone il senso, affermando che ad Elvira si è ORDINATA l’astensione dalle mogli proibendo i rapporti coniugali ai chierici.

Con questa arbitraria affermazione si è calpestato il significato letterale del canone che presenta una straordinaria difesa dei diritti naturali dei vescovi, dei preti, dei diaconi, diritti che si trasformeranno, nei secoli, in doveri di astensione per motivi più o meno inconsci di purità rituale e sacrale, assenti del tutto nell’insegnamento di Cristo e degli Apostoli e di inequivocabile provenienza giudaico-pagana.

  1. Tutti i concili della prima metà del IV secolo (compreso quello ecumenico di Nicea) non accennano ad obblighi di continenza sacrale e rituale per il clero. Anzi! Sia a Nicea con Pafnuzio, sia a Gangra si afferma il rispetto per il clero coniugato e convivente con le spose. A Nicea nel 325 e a Sardica nel 343 è presente il vescovo spagnolo Osio, uno dei protagonisti del concilio di Elvira.
  2. Data la presenza nella chiesa, fin dai primi secoli, di eresie manichee, gnostiche e altre minori, tutte contrarie in qualche modo all’attività sessuale anche nel matrimonio, è più che logico che un concilio importante come quello di Elvira si pronunci con forza e durezza contro quelle idee che stavano infiltrandosi anche nella chiesa spagnola e che incriminavano il sacrosanto diritto naturale dell’attività matrimoniale dei fedeli e soprattutto dei ministri della chiesa.
  3. Imerio, vescovo spagnolo di Tetragona, nella seconda metà del IV secolo, chiede lumi a Roma riguardo a varie questioni disciplinari della chiesa spagnola, fra le quali la continenza e la vita coniugale del clero. Ciò dimostra che i ministri della chiesa vivevano regolarmente con le mogli. Ma proprio in quegli anni si diffondevano in Spagna le idee priscilliane di stampo manicheo e nemiche dichiarate dell’attività sessuale matrimoniale del clero.
  4. Ciò spiega l’interrogazione pressante fatta in proposito al papa, domanda che sarebbe stata superflua se il concilio di Elvira avesse perentoriamente stabilito la continenza del clero alcuni decenni prima.
  5. La risposta di papa Siricio ad Imerio nel 385 (Mansi III, 655-662), contraria all’attività sessuale (ma non al matrimonio) del clero, è forse suggerita da S. Girolamo, consigliere del papa e assertore della continenza assoluta dei ministri ecclesiastici. Il responso pontifìcio non accenna minimamente al can. 33 di Elvira, che poteva avallare le tesi puriste di Siricio, se avesse proibito i rapporti del clero spagnolo con le mogli.
  6. I Padri della chiesa, propugnatori della continenza sacrale dei ministri, non citano assolutamente il can. 33 di Elvira che, per la sua antichità e severità, avrebbe potuto rappresentare un argomento solido a favore della continenza del clero, se avesse espresso ordini di stampo purista.
  7. Nei secoli XI e XII, in cui si lotta per riformare il clero corrotto e concubino, si citano parecchi concili di epoche precedenti per sostenere la necessità della continenza del clero, ma quello di Elvira mai. Per la sua forza e per essere stato il primo concilio occidentale con canoni disciplinari, sarebbe stato citato ben volentieri se avesse ordinato la continenza del clero.
  8. La celebre ”Storia dei concili”di Hefele-Leclercq, che commenta il can. 33 di Elvira in chiave purista, aggiunge che la stesura del canone è “difettosa”, quindi non attendibile. Questo probabilmente perché il canone non dice quello che si vorrebbe dicesse.
  9. Se il can. 33 del concilio di Elvira avesse voluto stabilire l’obbligo dell’astensione dei ministri sacri dalle loro mogli, sarebbe stato redatto come il can. 61 dello stesso concilio che dice: “…placuit abstinere a…”.Il can. 33 invece dice: “…placuit prohiberi abstinere se a… Insomma nel can. 61 si ordina di astenersi da…, mentre nel can. 33 si proibisce di astenersi da…
  10. Secondo i puristi, il can. 33 proibirebbe i rapporti con le spose anche ai chierici di grado inferiore (omnibus clericis positisin ministerio)Ma la continenza ai suddiaconi viene imposta per la prima volta da papa Leone Magno nel V secolo, per cui è assurdo che ad Elvira, 150 anni prima, fossero obbligati alla continenza i semplici chierici, inferiori ai suddiaconi.
  11. La storica medioevale G. Rossetti, in uno studio sul matrimonio del clero nell’Alto Medioevo (Il Matrimonio nella società A. Medioevale, XXIV1 Spoleto, 1977)è del parere che il can. 33 di Elvira dica quello che letteralmente afferma: la difesa dei diritti coniugali del clero.
  12. Lo storico di Lovanio M. Meigne, sostenendo la tesi che probabilmente il can. 33 di Elvira farebbe parte di una collezione di canoni del IV secolo (per la somiglianza con canoni del concilio di Gangra e con alcuni canoni degli Apostoli della II metà del IV secolo), non fa altro che affermare, con dovizia di argomenti storici comparati, l’interpretazione letterale del can. 33 di Elvira.
  13. Ecco le testuali parole del Meigne: “Il senso del canone che si ricava dal contesto storico, è esattamente contrario a quello purista abitualmente attribuitogli. Gli autori del can. 33 non si proponevano di consigliare, incoraggiare, ordinare l’astinenza coniugale ai chierici, ma prendevano la difesa del diritto coniugale e del diritto naturale (rifiutato dagli eretici) di generare figli, contro la novità di un falso ascetismo“(M. Meigne in Révue d’Histoire Ecclesiastique 70, Lovain, 1975, p. 361-387).
  14. Pio XI nell’enciclica “Ad catholici sacerdotii” del 1935 e l’Enciclopedia Cattolica vol. 5 pag. 267, sembrano copiarsi a vicenda: “La prima traccia scritta della legge del celibato si riscontra nel can. 33 del concilio di Elvira…”(anche Paolo VI nella “Sacerdotalis coelibatus” dice le stesse cose). Ma ad Elvira si afferma tutto il contrario: né continenza, né celibato, il quale verrà imposto come legge nella chiesa latina solo con il concilio Lateranense del 1139.
  15. Sono così numerosi gli storici, i teologi, i giuristi, i testi enciclopedici italiani ed europei che considerano ancora oggi il can. 33 come inizio della legge del celibato ecclesiastico, da rimanere allibiti.
  16. Oltre a Pio XI e Paolo VI, anche il Denzinger con il celebre “Enchiridion symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum”è convinto che “proibire di astenersi dalle spose…  significa “ordinare di astenersi dalle spose…con buona pace della lingua latina e dei vescovi spagnoli del IV secolo, che non meritavano certo di venire banalmente fraintesi su un argomento così importante.”

 

 

 

[10] Codice di diritto canonico,

canone 336:

 

“Can. 336 – Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane ininterrottamente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.”

 

 

 

 

[11] Il testo di questo articolo pubblicato il 1° giugno 2020 conteneva le parole: “Di conseguenza, devono essere tutte abrogate”.

Il 15 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “Di conseguenza, vanno considerate tutte quante come se non ci fossero (“tamquam non essent”).”

La contrarietà di qualsiasi affermazione alla parola di Dio, infatti, non necessita di un atto di abrogazione, ma rende l’affermazione stessa inesistente.

Questo perché – lo ripeto ancora una volta – Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se il Nuovo Testamento afferma più volte e inequivocabilmente che chi ha il sacerdozio ministeriale sia sposato una sola volta, abbia figli e sappia governare bene la sua famiglia, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

 

[12] Decreto del concilio Vaticano II Presbyterorum ordinis,

numero 16, in:

http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decree_19651207_presbyterorum-ordinis_it.html

 

Il celibato

  1. La perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli, raccomandata da Cristo Signore (124) nel corso dei secoli e anche ai nostri giorni gioiosamente abbracciata e lodevolmente osservata da non pochi fedeli, è sempre stata considerata dalla Chiesa come particolarmente confacente alla vita sacerdotale. Essa è infatti segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, nonché fonte speciale di fecondità spirituale nel mondo (125). Essa non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva (126) e alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l’aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle Chiese orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il presbiterato quando erano nello stato matrimoniale a perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosità la propria vita per il gregge loro affidato (127).

Il celibato, comunque, ha per molte ragioni un rapporto di convenienza con il sacerdozio. Infatti la missione sacerdotale è tutta dedicata al servizio della nuova umanità che Cristo, vincitore della morte suscita nel mondo con il suo Spirito, e che deriva la propria origine « non dal sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma da Dio» (Gv 1,13). Ora, con la verginità o il celibato osservato per il regno dei cieli (128), i presbiteri si consacrano a Dio con un nuovo ed eccelso titolo, aderiscono più facilmente a lui con un cuore non diviso (129) si dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e degli uomini, servono con maggiore efficacia il suo regno e la sua opera di rigenerazione soprannaturale, e in tal modo si dispongono meglio a ricevere una più ampia paternità in Cristo.

In questo modo, pertanto, essi proclamano di fronte agli uomini di volersi dedicare esclusivamente alla missione di fidanzare i cristiani con lo sposo unico e di presentarli a Cristo come vergine casta (130) evocando così quell’arcano sposalizio istituito da Dio, e che si manifesterà pienamente nel futuro per il quale la Chiesa ha come suo unico sposo Cristo (131). Essi inoltre diventano segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i figli della risurrezione non si uniscono in matrimonio (132).

Per questi motivi – fondati sul mistero di Cristo e della sua missione – il celibato, che prima veniva raccomandato ai sacerdoti, in seguito è stato imposto per legge nella Chiesa latina a tutti coloro che si avviano a ricevere gli ordini sacri. Questo sacro Sinodo torna ad approvare e confermare tale legislazione per quanto riguarda coloro che sono destinati al presbiterato, avendo piena certezza nello Spirito che il dono del celibato, così confacente al sacerdozio della nuova legge, viene concesso in grande misura dal Padre, a condizione che tutti coloro che partecipano del sacerdozio di Cristo con il sacramento dell’ordine, anzi la Chiesa intera, lo richiedano con umiltà e insistenza. Il sacro Sinodo esorta inoltre tutti i presbiteri, i quali hanno liberamente abbracciato il sacro celibato seguendo l’esempio di Cristo e confidando nella grazia di Dio, ad aderirvi generosamente e cordialmente e a perseverare fedelmente in questo stato, sapendo apprezzare il dono meraviglioso che il Padre ha loro concesso e che il Signore ha così esplicitamente esaltato (133) e avendo anche presenti i grandi misteri che in esso sono rappresentati e realizzati. E al mondo di oggi, quanto più la perfetta continenza viene considerata impossibile da tante persone, con tanta maggiore umiltà e perseveranza debbono i presbiteri implorare assieme alla Chiesa la grazia della fedeltà che mai è negata a chi la chiede. Ricorrano allo stesso tempo ai mezzi soprannaturali e naturali che sono a disposizione di tutti. E soprattutto non trascurino quelle norme ascetiche che sono garantite dalla esperienza della Chiesa e che nelle circostanze odierne non sono meno necessarie.

Questo sacro Sinodo prega perciò i sacerdoti –  e non solo essi, ma anche tutti i fedeli – di avere a cuore il dono prezioso del celibato sacerdotale, e di supplicare tutti Iddio affinché lo conceda sempre abbondantemente alla sua Chiesa.”

 

Note presenti nel testo ora citato

 

“(124) Cf. Mt 19,12.

 

(125) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 42: AAS 57 (1965), pp. 47-49 [pag. 219ss].

 

(126) Cf. 1 Tm 3,2-5; Tt 1,6.

 

(127) Cf. PIO XI, Encicl. Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), p. 28.

 

(128) Cf. Mt 19,12.

 

(129) Cf. 1 Cor 7,32-34.

 

(130) Cf. 2 Cor 11,2.

 

(131) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 42 e 44: AAS 57 (1965), pp. 47-49 e 50-51 [pag. 219ss e 227ss]; Decr. sul rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis, n. 12 [pag. 423ss].

 

(132) Cf. Lc 20,35-36; PIO XI, Encicl. Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), pp. 24-28; PIO XII, Encicl. Sacra Virginitas, 25 marzo 1954: AAS 46 (1954), pp. 169-172.

 

(133) Cf. Mt 19,11.”

 

 

 

[13] Catechismo della chiesa cattolica,

numero 1580:

 

“1580 Nelle Chiese Orientali, da secoli, è in vigore una disciplina diversa: mentre i vescovi sono scelti unicamente fra coloro che vivono nel celibato, uomini sposati possono essere ordinati diaconi e presbiteri. Tale prassi è da molto tempo considerata come legittima; questi presbiteri esercitano un ministero fruttuoso in seno alle loro comunità [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum ordinis, 16]. D’altro canto il celibato dei presbiteri è in grande onore nelle Chiese Orientali, e numerosi sono i presbiteri che l’hanno scelto liberamente, per il Regno di Dio. In Oriente come in Occidente, chi ha ricevuto il sacramento dell’Ordine non può più sposarsi.”

 

 

 

[14] Il testo di questo articolo pubblicato il 1° giugno 2020 conteneva le parole: “devono essere tutte abrogate”.

Il 15 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “vanno considerate tutte quante come se non ci fossero (“tamquam non essent”)”.”

Per la motivazione di questa correzione, si veda la nota numero 11.

 

 

 

[15] Prima lettera ai corinzi, capitolo 7, versetti 1-40:

 

“[1] Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna;

[2] tuttavia, per il pericolo dell’incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito.

[3] Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito.

[4] La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie.

[5] Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione.

[6] Questo però vi dico per concessione, non per comando.

[7] Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro.

[8] Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io;

[9] ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere.

[10] Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito –

[11] e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito – e il marito non ripudi la moglie.

[12] Agli altri dico io, non il Signore: se un nostro fratello ha la moglie non credente e questa consente a rimanere con lui, non la ripudi;

[13] e una donna che abbia il marito non credente, se questi consente a rimanere con lei, non lo ripudi:

[14] perché il marito non credente viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi.

[15] Ma se il non credente vuol separarsi, si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a servitù; Dio vi ha chiamati alla pace!

[16] E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che ne sai tu, uomo, se salverai la moglie?

[17] Fuori di questi casi, ciascuno continui a vivere secondo la condizione che gli ha assegnato il Signore, così come Dio lo ha chiamato; così dispongo in tutte le chiese.

[18] Qualcuno è stato chiamato quando era circonciso? Non lo nasconda! È stato chiamato quando non era ancora circonciso? Non si faccia circoncidere!

[19] La circoncisione non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece l’osservanza dei comandamenti di Dio.

[20] Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato.

[21] Sei stato chiamato da schiavo? Non ti preoccupare; ma anche se puoi diventare libero, profitta piuttosto della tua condizione!

[22] Perché lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore! Similmente chi è stato chiamato da libero, è schiavo di Cristo.

[23] Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini!

[24] Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato.

[25] Quanto alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia.

[26] Penso dunque che sia bene per l’uomo, a causa della presente necessità, di rimanere così.

[27] Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei sciolto da donna? Non andare a cercarla.

[28] Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele.

[29] Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero;

[30] coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero;

[31] quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!

[32] Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore;

[33] chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie,

[34] e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.

[35] Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni.

[36] Se però qualcuno ritiene di non regolarsi convenientemente nei riguardi della sua vergine, qualora essa sia oltre il fiore dell’età, e conviene che accada così, faccia ciò che vuole: non pecca. Si sposino pure!

[37] Chi invece è fermamente deciso in cuor suo, non avendo nessuna necessità, ma è arbitro della propria volontà, ed ha deliberato in cuor suo di conservare la sua vergine, fa bene.

[38] In conclusione, colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio.

[39] La moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se il marito muore è libera di sposare chi vuole, purché ciò avvenga nel Signore.

[40] Ma se rimane così, a mio parere è meglio; credo infatti di avere anch’io lo Spirito di Dio.”

 

 

 

[16] Il fatto che i versetti 17, 20 e 24 del capitolo 7 della prima lettera ai corinzi si riferiscano alle persone che conducono vita laicale consacrata è dimostrato dalle parole “Fuori di questi casi” all’inizio del versetto 17 con le quali si fa riferimento ai casi trattati dall’inizio del capitolo 7, vale a dire le vicende che riguardano marito e moglie.

 

 

 

[17] Il testo di questo articolo pubblicato il 1° giugno 2020 conteneva le parole: “e vanno modificate.”.

Il 15 settembre 2021 ho corretto questa frase nel modo seguente: “e, di conseguenza, vanno considerate come se non ci fossero (“tamquam non essent”).”.

La contrarietà di qualsiasi affermazione alla parola di Dio, infatti, non necessita di un atto di abrogazione, ma rende l’affermazione stessa inesistente.

Questo perché – lo ripeto ancora una volta – Dio non è un teologo particolarmente versato al quale possono contrapporsi le affermazioni di altri teologi ugualmente capaci.

Se il Nuovo Testamento non prevede alcun obbligo di castità, celibato, nubilato, verginità consacrata per i fedeli che non hanno il sacerdozio ministeriale e lascia la condizione relazionale di ogni persona chiamata alla vita laicale consacrata alla scelta che Dio fa di chiamarla prima o dopo che questa si sia sposata e abbia avuto dei figli, qualsiasi tesi contraria non può soppiantare il dato inequivocabile della Scrittura.

Nessuna affermazione umana, infatti, può stare alla pari, superare o contraddire la parola di Dio.

 

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com

Riflessioni sul matrimonio

Il diritto canonico afferma che il matrimonio è un sacramento e che i battezzati che desiderano sposarsi devono farlo con il matrimonio sacramento.[1]

La teologia sacramentaria, alla luce del testo biblico, ci dice quali sono i tre elementi che devono essere presenti nella struttura di un sacramento.

Lo scopo di questo articolo è verificare la presenza di questi tre elementi nella struttura del matrimonio.

La mancanza anche di uno solo di essi comporterà che il matrimonio non potrà più essere qualificato come sacramento.

Di conseguenza, sarà necessario modificare il diritto canonico al fine di renderlo conforme a quanto si legge nella Bibbia.

Come è noto, infatti, il diritto canonico si fonda sulla Scrittura della quale costituisce attuazione dettando regole per disciplinare la vita dei fedeli.

 

 

 

I TRE ELEMENTI

I tre elementi necessari per poter affermare l’esistenza di un sacramento sono: l’epiclesi, la sporgenza teologica, un solido appiglio nella Bibbia.

 

L’EPICLESI

L’epiclesi è l’invocazione dello Spirito Santo perché operi il sacramento.

Essa è indispensabile perché il sacramento si realizzi.

L’epiclesi è presente nella liturgia del battesimo dei bambini[2] e degli adulti[3], nella liturgia della confermazione (cresima)[4], nella liturgia della penitenza (confessione)[5], nella liturgia dell’eucaristia[6], nella liturgia dell’ordinazione[7] e nella liturgia dell’unzione degli infermi[8].

 

L’epiclesi è assente nella liturgia del matrimonio.

Questo è molto grave.

Le parole della liturgia, infatti, non sono un’apparenza senza valore.

Le parole della liturgia sono il veicolo attraverso il quale si realizza la realtà del sacramento.[9]

La mancanza dell’epiclesi nella liturgia del matrimonio impedisce a quest’ultimo di realizzarsi come sacramento.

Questo è ancor più sorprendente se si considera che il Catechismo della chiesa cattolica parla espressamente dell’epiclesi nel matrimonio.[10]

 

 

La benedizione degli sposi.

Una tesi afferma che, nella liturgia del matrimonio, l’epiclesi sarebbe presente nella benedizione degli sposi.

Ebbene, la benedizione degli sposi[11] non ha alcunché a che vedere con l’epiclesi.

La benedizione, infatti, consiste nel bene dire, cioè dire bene dell’operato di qualcuno.[12]

Poiché solo Dio giudica l’animo umano, la benedizione la può dare soltanto Dio.

Questo è il motivo per il quale tutte le benedizioni pronunciate dal celebrante hanno i verbi al congiuntivo, ad esempio: “Vi benedica Dio onnipotente”.

Si tratta del congiuntivo esortativo: il celebrante esorta Dio a benedire qualcuno.

Se Dio vuole, benedice, se non vuole, non benedice.

Tutto questo, lo ripetiamo, non ha alcunché a che vedere con l’epiclesi.

L’epiclesi, come abbiamo detto, è l’invocazione dello Spirito Santo perché operi il sacramento, non è un’esortazione a Dio perché dica bene dell’operato di qualcuno.

 

 

La preghiera eucaristica I

Per completezza, va sottolineato che l’epiclesi è assente anche nel Messale romano, preghiera eucaristica I.

In quest’ultima, infatti, le parole:

“Santifica, o Dio, questa offerta

con la potenza della tua benedizione,

e degnati di accettarla a nostro favore,

in sacrificio spirituale e perfetto,

perché diventi per noi il corpo e il sangue

del tuo amatissimo Figlio,

il Signore nostro Gesù Cristo.”

non costituiscono un’invocazione diretta a Dio perché operi il sacramento dell’eucaristia, ma sono una richiesta a Dio di santificare delle offerte con la sua benedizione.

Se si trattasse di un’epiclesi, sarebbero state usate delle parole come queste: “manda il tuo Spirito a santificare queste offerte”.

Si vedano a questo proposito tutte le altre preghiere eucaristiche citate nella nota 6.

La benedizione invece – come abbiamo detto poc’anzi – esorta Dio a dire bene dell’operato di qualcuno.

Non si tratta di una sottigliezza linguistica.

Come abbiamo affermato, nella liturgia, le parole sono il veicolo attraverso il quale si realizza la realtà del sacramento.

Inoltre, il pane e il vino menzionati nella preghiera eucaristica I non hanno un agire come gli individui senzienti e dunque non ha senso chiedere a Dio di dire bene del loro operato.

Dunque, la mancanza dell’epiclesi rende la preghiera eucaristica I inidonea a realizzare il sacramento dell’eucaristia.

 

In conclusione, nel Messale romano, preghiera eucaristica I, le parole:

“Santifica, o Dio, questa offerta

con la potenza della tua benedizione,

e degnati di accettarla a nostro favore,

in sacrificio spirituale e perfetto,

perché diventi per noi il corpo e il sangue

del tuo amatissimo Figlio,

il Signore nostro Gesù Cristo.”

 

vanno modificate come segue:

 

Manda, o Dio, il tuo Santo Spirito su questa offerta

e degnati di accettarla a nostro favore,

in sacrificio spirituale e perfetto,

perché diventi per noi il corpo e il sangue

del tuo amatissimo Figlio,

il Signore nostro Gesù Cristo.

 

 

 

Il rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana

Per accertare la presenza dell’epiclesi nella liturgia del matrimonio, ho letto il testo Rito del matrimonio approvato dalla Conferenza episcopale italiana il 4 ottobre 2004.

Mi sono accorto che il terzo capitolo di questo libro è dedicato al rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana.

Anche in quest’ultimo rito – come negli altri due presenti nel testo[13] – vi sono riferimenti e domande relative a Cristo, alla Chiesa di Cristo, al ministro della Chiesa, alla volontà degli sposi di accogliere i figli che Dio vorrà donargli e a educarli secondo la legge di Cristo e della sua Chiesa.[14]

Tutte cose incompatibili con la presenza di una parte non cristiana nella celebrazione del matrimonio.

Infatti, delle due una.

O la parte non cristiana non crede alle affermazioni del rito e non risponde affermativamente alle domande poste dal celebrante, e dunque il matrimonio non viene celebrato.[15]

Oppure, la parte non cristiana dice di credere alle affermazioni contenute nel rito e risponde di sì alle domande fatte dal celebrante, ma solo a parole (o, come si dice, per fare scena), e dunque il matrimonio è invalido perché il consenso è solo apparente.[16]

 

Per quanto riguarda la parte catecumena, la sua presenza nel rito del matrimonio non ha alcun senso.

Come è noto, il catecumeno è colui che si prepara a ricevere il battesimo.[17]

Il matrimonio, il sacerdozio ministeriale, la vita religiosa, la vita monastica sono modi di vivere il proprio battesimo.

Come può un catecumeno celebrare validamente il matrimonio se non ha ancora ricevuto il battesimo?

Il numero 22 delle Premesse generali al Rito del matrimonio si accorge della contraddizione di ammettere al matrimonio una parte catecumena, ma, invece di proibire in questo caso di celebrare il matrimonio, rinvia alle “norme della Chiesa per questi casi”.[18]

Chi scrive si domanda come possa una norma della Chiesa ritenere valido il matrimonio di una parte catecumena, se il matrimonio cristiano è uno dei modi di vivere il proprio battesimo.

 

In effetti, i canoni 1086, 1125 e 1126 del codice di diritto canonico e i canoni 803 e 814 del codice dei canoni delle chiese orientali prevedono la possibilità di ottenere la dispensa dalla invalidità del matrimonio celebrato tra due parti di cui una non battezzata.[19]

Questo in attuazione della regola per la quale il matrimonio gode del favore del diritto.[20]

Questo caso di dispensa spinge a pensare che anche il diritto canonico – come la teologia sacramentaria le cui argomentazioni stiamo esaminando (epiclesi, sporgenza teologica, Scrittura) – dubiti del fatto che il matrimonio cristiano sia un sacramento.

Infatti, quale altra motivazione può avere la dispensa dalla invalidità del matrimonio celebrato tra due parti di cui una non battezzata se il diritto canonico afferma che il battesimo è “la porta dei sacramenti” (canone 849 del codice di diritto canonico[21]), che “Chi non ha ricevuto il battesimo non può essere ammesso validamente agli altri sacramenti” (canone 842 del codice di diritto canonico[22]) e infine che “Solamente col battesimo realmente ricevuto l’uomo diventa capace di tutti gli altri sacramenti” (canone 675, paragrafo 2, del codice dei canoni delle chiese orientali)?

Inoltre, in quale altro modo – se non pensando appunto che anche il diritto canonico dubita che il matrimonio sia un sacramento – si può spiegare il fatto che la dispensa dalla invalidità è prevista dal diritto canonico per il matrimonio contratto da una parte non battezzata, mentre essa non è prevista per il caso di sacerdozio ministeriale conferito a chi non è battezzato?

 

Il fatto che sia previsto il rito del matrimonio tra una parte battezzata e una parte catecumena, poi, è ancora più incomprensibile se si legge il numero 18 delle Premesse generali al Rito del matrimonio che esorta i futuri sposi a ricevere la cresima, a confessarsi e a comunicarsi prima di ricevere il matrimonio.[23]

Chi scrive non riesce a comprendere come possa accostarsi alla cresima, alla confessione e alla comunione una persona catecumena che non ha ancora ricevuto il battesimo.

 

Non possono esserci dubbi, quindi, sul fatto che il matrimonio cristiano eventualmente celebrato di una parte catecumena è invalido per mancanza di un previo e valido battesimo.

 

 

In conclusione, nel testo Rito del matrimonio approvato dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 2004, il capitolo III “Rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana” va integralmente abrogato.

Tutte le norme liturgiche, in qualsiasi atto o raccolta si trovino, che consentono e/o disciplinano il “Rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana” vanno integralmente abrogate.

 

Inoltre, nel canone 1058 del codice di diritto canonico e nel canone 778 del codice dei canoni delle chiese orientali, dopo il primo paragrafo, va inserita questa abrogazione e vanno aggiunte altresì le seguenti previsioni.

Tutte le norme canoniche, in qualsiasi atto o raccolta si trovino, che consentono, disciplinano in qualsiasi modo, sanano, dispensano dalla invalidità il “Rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana” sono integralmente abrogate.

I matrimoni già contratti secondo il “Rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana”, previo valido conferimento del battesimo alla parte catecumena o non cristiana, sono soggetti alla convalida semplice di cui al canone 1158, paragrafo 1, del codice di diritto canonico[24] o di cui al canone 845, paragrafo 1, del codice dei canoni delle chiese orientali.[25]

 

 

 

LA SPORGENZA TEOLOGICA

La sporgenza teologica consiste nell’iniziativa che Dio assume di donare la grazia all’uomo.

Senza la sporgenza teologica non può esistere un sacramento.

Questo perché i sacramenti sono il segno tangibile della grazia di Dio per la santificazione dell’uomo.[26]

La grazia è un dono gratuito e immeritato che Dio fa all’uomo.

Nessun uomo può assumere l’iniziativa di donare la grazia a se stesso, ad altri o per realizzare un sacramento.

Per questo è necessario che sia Dio a prendere l’iniziativa e donare la grazia all’uomo.

 

Se questo è chiaro, non si comprende come si possa affermare che gli sposi sono i ministri della grazia di Cristo i quali si conferiscono mutualmente il sacramento del matrimonio (Catechismo della chiesa cattolica, numero 1623[27]).

Per giustificare questa affermazione, alcuni citano la Lettera agli efesini, capitolo 5, versetti 21-33.

Ebbene, in nessun punto del passo ora citato della Lettera agli efesini si afferma che gli sposi sarebbero i ministri della grazia di Cristo i quali si conferiscono mutualmente il sacramento del matrimonio.[28]

Se, come abbiamo compreso, è necessario che Dio prenda l’iniziativa e doni la grazia all’uomo, il ministro di ogni sacramento è Gesù Cristo il quale prende l’iniziativa – ecco la sporgenza teologica – e, operando nel sacerdote celebrante, dona la grazia sacramentale.

Sappiamo infatti che il sacerdote è tale perché è unito a Gesù Cristo, unico ed eterno sacerdote.[29]

L’uomo può chiedere a Dio nella preghiera di fargli avere un sacramento, ma, se Dio non prende l’iniziativa di donare la sua grazia, l’uomo non riceve la grazia sacramentale.

Quanto abbiamo detto ora sul fatto che è necessario che sia Dio a prendere l’iniziativa e donare la grazia è valido anche per tutti gli altri casi diversi dai sacramenti nei quali Dio dona una grazia all’uomo (ad esempio, la conversione del cuore a Dio, l’intelligenza delle Scritture, etc.).

 

In conclusione, nel matrimonio cristiano gli sposi ricevono la grazia, non sono i ministri della grazia.

Inoltre, è Dio che conferisce a ciascuno dei due sposi la grazia di vivere il matrimonio, non sono gli sposi che si conferiscono mutualmente il matrimonio.

Se questo non accade, oppure se uno o entrambi gli sposi rifiutano la grazia di Dio, il matrimonio cristiano non viene a esistenza.[30]

 

Per questi motivi, le parole “Secondo la tradizione latina, sono gli sposi, come ministri della grazia di Cristo, a conferirsi mutuamente il sacramento del Matrimonio esprimendo davanti alla Chiesa il loro consenso.” contenute nel numero 1623 del Catechismo della chiesa cattolica devono essere abrogate.

 

 

 

LA SCRITTURA

Poiché i sacramenti sono il segno tangibile della grazia di Dio per la santificazione dell’uomo, solo Dio istituisce i sacramenti perché nessuno può costringerlo a donare la sua grazia.

La Chiesa disciplina i sacramenti, non istituisce i sacramenti.[31]

Per poter affermare che il matrimonio è un sacramento, bisogna poter dimostrare cha sia stato istituito da Dio.

Per fare questo, è necessario individuare un solido appiglio nella parola di Dio.

L’appiglio in parola non può consistere semplicemente nel fatto che nella Bibbia ci sono dei passi che parlano del matrimonio, ma in un passo della Scrittura nel quale il matrimonio viene istituito come sacramento.

A titolo di esempio, nella Bibbia si parla dell’elemosina, ma essa non è un sacramento perché non viene descritta come un segno tangibile della grazia di Dio per la santificazione dell’uomo.[32]

 

Ebbene, tra i passi della Bibbia che parlano del matrimonio[33], non ne ho trovato alcuno che lo istituisca come sacramento.

Nella Bibbia, infatti, si parla del matrimonio per descrivere i suoi scopi e la condotta da tenere in esso, i casi di matrimonio misto tra israeliti e non israeliti, i motivi di ripudio.

Nulla di più!

 

In conclusione, la mancanza dell’epiclesi, della sporgenza teologica e di un solido appiglio nella Scrittura non permette di includere il matrimonio tra i sacramenti.

Il canone 1055 del codice di diritto canonico e il canone 776 del codice dei canoni delle chiese orientali – che abbiamo citato nella nota 1 all’inizio di questo articolo – vanno dunque modificati inserendo l’affermazione che Gesù Cristo non ha istituito il matrimonio come sacramento.

Questo al fine di rendere le norme in parola conformi alla Scrittura.

Questa modifica dovrà essere accompagnata dall’abrogazione di ogni norma contraria.

 

 

 

L’OBBLIGO DEL MATRIMONIO SACRAMENTO PER I BATTEZZATI

Il canone 1055 del codice di diritto canonico e il canone 776 del codice dei canoni delle chiese orientali prevedono l’obbligo per i battezzati di sposarsi solo con il matrimonio sacramento.

Questo a causa della qualifica di sacramento attribuita al matrimonio cristiano.

Il ragionamento alla base dell’obbligo in parola è questo: poiché il battesimo è un sacramento, l’unico modo con il quale due battezzati possono vivere il loro battesimo nella vita coniugale è il sacramento del matrimonio.

Caduta la qualifica di sacramento del matrimonio per i motivi che abbiamo visto fin ora, l’obbligo in esame non ha più motivo di esistere.

 

Va detto che la Bibbia prevede anche il MATRIMONIO NATURALE.

Infatti, nel libro della genesi, capitolo 1, dopo la creazione dell’uomo e della donna, si legge che “Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra” e poco oltre aggiunge che “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.”.[34]

Nel capitolo 2 del libro della genesi, dopo la creazione della donna da una costola dell’uomo, si legge: “Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.”.[35]

Bisogna ricordare che il matrimonio naturale istituito dai passi ora citati della genesi non ha alcunché a che vedere con la condizione umana decaduta a causa del peccato originale.

Entrambi i passi citati contenenti l’istituzione del matrimonio naturale, infatti, sono precedenti alla narrazione del peccato originale contenuta nel capitolo 3 del libro della genesi.

Inoltre, il secondo dei due passi in cui viene istituito il matrimonio naturale è citato da Gesù Cristo in una sua discussione con i farisei.[36]

In questa discussione, Gesù parte dal testo del libro della genesi e arricchisce l’istituto del matrimonio naturale con il suo insegnamento.

Per questo motivo, il matrimonio descritto nel Nuovo Testamento è l’ampliamento del matrimonio naturale istituito nel libro della genesi con il fine di giungere a un’unione più intima degli sposi con Dio.

Non possiamo dimenticare, infatti, le parole con le quali Gesù afferma che il suo insegnamento non si pone in contrapposizione con la Legge e con i profeti, ma ne costituisce il pieno compimento.[37]

 

Essere consapevoli del fatto che il matrimonio del quale la Bibbia parla è di due tipi permette di offrire ai cristiani la possibilità di scegliere tra i due.

Di conseguenza, sarà possibile offrire ai credenti due cammini di formazione diversi, ciascuno dei quali pensato per vivere al meglio il matrimonio che i futuri sposi desiderano.

Il secondo di questi due cammini – quello pensato per il matrimonio secondo il Nuovo Testamento – seguirà le orme di Gesù: partirà dal matrimonio naturale per descrivere ai futuri sposi la bellezza di una più intima comunione con Dio.

 

In conclusione, l’abolizione dell’obbligo del matrimonio sacramento per i battezzati, oltre a rendere le relative norme del diritto canonico conformi alla Scrittura, consentirà ai futuri sposi di poter scegliere liberamente il matrimonio al quale si sentono chiamati e ai pastori di anime di offrire loro una formazione completa per entrambe le tipologie di matrimonio.

 

 

 

IL VALORE DEL MATRIMONIO CRISTIANO

Considerato quindi che il matrimonio cristiano non è un sacramento perché manca l’epiclesi, manca la sporgenza teologica e manca un solido appiglio nella Scrittura, dobbiamo chiederci qual è il valore del matrimonio cristiano.

Il matrimonio cristiano consiste in una richiesta a Dio di dare ai due sposi la sua benedizione.

Il Rito del matrimonio approvato dalla Conferenza episcopale italiana nel 2004 contiene già questa richiesta nella parte intitolata “Riti di conclusione”.

Della benedizione degli sposi abbiamo parlato in precedenza citando, nella nota 11, le varie formule di questa benedizione.

Nel matrimonio naturale, gli sposi chiedono a Dio la sua benedizione per intraprendere il loro cammino matrimoniale secondo i primi due capitoli del libro della genesi.

Nel matrimonio secondo il Nuovo Testamento, gli sposi chiedono a Dio la sua benedizione per intraprendere il loro cammino matrimoniale seguendo l’insegnamento matrimoniale del Nuovo Testamento.

La vita coniugale degli sposi che scelgono il matrimonio descritto nei primi due capitoli del libro della genesi è disciplinata unicamente dalla legge dello Stato.

La vita coniugale degli sposi che scelgono il matrimonio secondo il Nuovo Testamento è disciplinata dalle norme del diritto canonico che contengono l’esplicazione dell’insegnamento matrimoniale contenuto nel Nuovo Testamento e – se gli sposi scelgono il matrimonio concordatario o se celebrano in un momento diverso anche il matrimonio civile – anche dalla legge dello Stato.

 

 

 

IL NUMERO 1623 DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

Oltre a quanto abbiamo detto nel paragrafo sulla sporgenza teologica, il numero 1623 del Catechismo della chiesa cattolica afferma anche che:

“Nelle tradizioni delle Chiese Orientali, i sacerdoti – Vescovi o presbiteri – sono testimoni del reciproco consenso scambiato tra gli sposi, 275 ma anche la loro benedizione è necessaria per la validità del sacramento. 276 ”.

La nota numero 275 di questo testo cita il canone 817 del codice dei canoni delle chiese orientali.[38]

Questo canone dà la definizione del consenso tra gli sposi, ma non afferma che il ruolo del sacerdote nel matrimonio consisterebbe nell’essere testimone dello scambio dei consensi.

Nel matrimonio, i testimoni del consenso sono i testimoni degli sposi, non il sacerdote!

 

Per questi motivi, le parole “sono testimoni del reciproco consenso scambiato tra gli sposi” contenute nel numero 1623 del Catechismo della chiesa cattolica devono essere abrogate.

 

Dopo queste abrogazioni, del numero 1623 del Catechismo della chiesa cattolica è rimasto il seguente testo:

“Nelle tradizioni delle Chiese Orientali, la benedizione dei sacerdoti – Vescovi o presbiteri – è necessaria per la validità del matrimonio. 275  276

 

 

(275) Nota abrogata.

(276) Cf CCEO canone 828.”[39]

 

Poiché il matrimonio cristiano non può essere qualificato come sacramento (manca l’epiclesi, manca la sporgenza teologica, manca un solido appiglio nella Scrittura), il testo che rimane del numero 1623 del Catechismo della chiesa cattolica va abrogato del tutto.

Innanzi tutto perché, come abbiamo detto, la benedizione la dà Dio e non il sacerdote.

In secondo luogo perché – poiché il matrimonio cristiano ha il valore di una richiesta a Dio di benedire i due sposi – il testo che rimane del numero 1623 del Catechismo della chiesa cattolica sarebbe una tautologia con il seguente testo:

“Nelle tradizioni delle Chiese Orientali, la richiesta fatta dal sacerdote a Dio di benedire i due sposi è necessaria per la validità della richiesta fatta dal sacerdote a Dio di benedire i due sposi.”

Il testo del numero 1623 del Catechismo della chiesa cattolica va dunque abrogato del tutto.

 

 

 

LE MODIFICHE DA APPORTARE

I passi biblici citati e le motivazioni esposte in questo articolo rendono necessario apportare le seguenti modifiche al fine di rendere la normativa vigente nella Chiesa conforme alla Scrittura.

 

Il canone 1055 del codice di diritto canonico è modificato nel modo seguente:

Can. 1055 – §1. Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, non è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento.

§2. Tra i battezzati può sussistere un valido contratto matrimoniale che sia conforme al matrimonio descritto nell’Antico Testamento nei primi due capitoli del libro della genesi, oppure conforme al matrimonio descritto nel Nuovo Testamento.

§3. La vita coniugale degli sposi che scelgono il matrimonio secondo i primi due capitoli del libro della genesi è disciplinata unicamente dalla legge dello Stato.

§4. La vita coniugale degli sposi che scelgono il matrimonio descritto nel Nuovo Testamento è disciplinata dalle norme del diritto canonico che contengono l’esplicazione dell’insegnamento matrimoniale contenuto nel Nuovo Testamento e – se gli sposi scelgono il matrimonio concordatario o se celebrano in un momento diverso anche il matrimonio civile – anche dalla legge dello Stato.

§5. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

Il canone 776 del codice dei canoni delle chiese orientali è modificato nel modo seguente:

Can. 776 – §1. Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, non è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento.

§2. Tra i battezzati può sussistere un valido contratto matrimoniale che sia conforme al matrimonio descritto nell’Antico Testamento nei primi due capitoli del libro della genesi, oppure conforme al matrimonio descritto nel Nuovo Testamento.

§3. La vita coniugale degli sposi che scelgono il matrimonio secondo i primi due capitoli del libro della genesi è disciplinata unicamente dalla legge dello Stato.

§4. La vita coniugale degli sposi che scelgono il matrimonio descritto nel Nuovo Testamento è disciplinata dalle norme del diritto canonico che contengono l’esplicazione dell’insegnamento matrimoniale contenuto nel Nuovo Testamento e – se gli sposi scelgono il matrimonio concordatario o se celebrano in un momento diverso anche il matrimonio civile – anche dalla legge dello Stato.

§5. Ogni norma contraria a questo canone è abrogata.

 

 

 

Il canone 1059 del codice di diritto canonico[40] è abrogato e sostituito dai nuovi paragrafi 3 e 4 del canone 1055 del medesimo codice che sono stati poc’anzi formulati.

 

Nel canone 780 del codice dei canoni delle chiese orientali:[41]

  • il paragrafo 1 è abrogato e sostituito dai nuovi paragrafi 3 e 4 del canone 776 del medesimo codice che sono stati poc’anzi formulati;
  • nel paragrafo 2 le parole “, salvo restando il diritto divino,” sono sostituite dalle parole “, fermo restando l’insegnamento sul matrimonio contenuto nel Nuovo Testamento,”. Il testo del Nuovo Testamento sul matrimonio infatti non presenta un articolato normativo come quello degli atti aventi forza di legge emanati dal Parlamento.

Il nuovo testo del canone 780 del codice dei canoni delle chiese orientali risultante da queste modifiche è dunque il seguente:

Can. 780 – §1. [Paragrafo abrogato]

§2. Il matrimonio tra una parte cattolica e una parte battezzata acattolica, fermo restando l’insegnamento sul matrimonio contenuto nel Nuovo Testamento, è regolato anche:

1° dal diritto proprio della Chiesa o della comunità ecclesiale alla quale la parte acattolica appartiene, se questa comunità ha un proprio diritto matrimoniale;

 2° dal diritto al quale è tenuta la parte acattolica, se la comunità ecclesiale alla quale appartiene è priva di un diritto matrimoniale proprio.

 

 

 

Nel testo Rito del matrimonio approvato dalla Conferenza episcopale italiana nel 2004, il capitolo III “Rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana” è integralmente abrogato.

Tutte le norme liturgiche, in qualsiasi atto o raccolta si trovino, che consentono e/o disciplinano il “Rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana” sono integralmente abrogate.

 

 

Nel canone 1058 del codice di diritto canonico[42], dopo il primo paragrafo sono aggiunti i parafi seguenti:

§2. Il rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana è abrogato.

§3. Tutte le norme canoniche, in qualsiasi atto o raccolta si trovino, che consentono, disciplinano in qualsiasi modo, sanano, dispensano dalla invalidità il rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana sono abrogate.

§4. I matrimoni già contratti secondo il rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana, previo valido conferimento del battesimo alla parte catecumena o non cristiana, sono soggetti alla convalida semplice di cui al canone 1158, paragrafo 1.

 

 

Nel canone 778 del codice dei canoni delle chiese orientali[43], dopo il primo paragrafo sono aggiunti i parafi seguenti:

§2. Il rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana è abrogato.

§3. Tutte le norme canoniche, in qualsiasi atto o raccolta si trovino, che consentono, disciplinano in qualsiasi modo, sanano, dispensano dalla invalidità il rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana sono abrogate.

§4. I matrimoni già contratti secondo il rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana, previo valido conferimento del battesimo alla parte catecumena o non cristiana, sono soggetti alla convalida semplice di cui al canone 845, paragrafo 1.

 

 

 

Nel Catechismo della chiesa cattolica, il numero 1623 è abrogato.

 

 

 

Al fine di includere l’epiclesi nella preghiera eucaristica I del Messale romano, le parole:

“Santifica, o Dio, questa offerta

con la potenza della tua benedizione,

e degnati di accettarla a nostro favore,

in sacrificio spirituale e perfetto,

perché diventi per noi il corpo e il sangue

del tuo amatissimo Figlio,

il Signore nostro Gesù Cristo.”

 

sono modificate nel modo seguente:

 

Manda, o Dio, il tuo Santo Spirito su questa offerta

e degnati di accettarla a nostro favore,

in sacrificio spirituale e perfetto,

perché diventi per noi il corpo e il sangue

del tuo amatissimo Figlio,

il Signore nostro Gesù Cristo.

 

 

Vi ringrazio per il vostro tempo e per la vostra attenzione.

 

 

NOTE A PIE’ DI PAGINA

[1] Tutti i passi dei testi citati in questo articolo sono presi dalle pagine internet indicate.

 

Se non altrimenti specificato, il sottolineato è mio.

 

Tutte le citazioni della Bibbia in questo articolo sono prese da “La Sacra Bibbia” edizione Conferenza episcopale italiana, in: http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice di diritto canonico in questo articolo sono prese da “Codex iuris canonici” in: http://www.vatican.va/archive/ITA0276/_INDEX.HTM

 

Tutte le citazioni del codice dei canoni delle chiese orientali presenti in questo articolo sono prese da “Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium” in latino in:

http://www.vatican.va/archive/cdc/index_it.htm

e in italiano in:

https://www.iuscangreg.it/cceo_multilingue.php

 

Tutte le citazioni del Catechismo della chiesa cattolica presenti in questo articolo sono prese da:

http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm

 

 

Canone 1055 del codice di diritto canonico:

 

“Can. 1055 – §1. Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento.

§2. Pertanto tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento.”

 

 

Canone 776 del codice dei canoni delle chiese orientali:

 

Can. 776 – § 1. Matrimoniale foedus a Creatore conditum eiusque legibus instructum, quo vir et mulier irrevocabili consensu personali totius vitae consortium inter se constituunt, indole sua naturali ad bonum coniugum ac ad filiorum generationem et educationem ordinatur.

§2. Ex Christi institutione matrimonium validum inter baptizatos eo ipso est sacramentum, quo coniuges ad imaginem indefectibilis unionis Christi cum Ecclesia a Deo uniuntur gratiaque sacramentali veluti consecrantur et roborantur.

§3. Essentiales matrimonii proprietates sunt unitas et indissolubilitas, quae in matrimonio inter baptizatos specialem obtinent firmitatem ratione sacramenti.”

 

Il canone 776 in italiano:

 

Can. 776 – § 1. Il patto matrimoniale, fondato dal Creatore e strutturato di sue leggi, mediante il quale l’uomo e la donna stabiliscono tra loro, con irrevocabile consenso personale, il consorzio dell’intera vita, per sua indole naturale è ordinato al bene dei coniugi e alla generazione ed educazione dei figli.

§2. Per istituzione di Cristo il matrimonio valido tra battezzati è, per il fatto stesso, un sacramento con il quale i coniugi sono uniti da Dio a immagine dell’unione indefettibile di Cristo con la Chiesa e sono quasi consacrati e irrobustiti dalla grazia sacramentale.

§3. Le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità che, nel matrimonio tra battezzati, conseguono una speciale stabilità in ragione del sacramento.”

 

 

[2] L’EPICLESI NEL BATTESIMO DEI BAMBINI

 

Conferenza episcopale italiana,

Rito del battesimo dei bambini,

Libreria Editrice Vaticana, 1985, ristampa 1995, in:

https://liturgico.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/8/2017/05/31/Rito-del-battesimo-dei-bambini-light.pdf

 

Capitolo I – Rito per il battesimo di più bambini

 

Liturgia del sacramento

Preghiera e invocazione sull’acqua

Formula da usarsi solo fuori del tempo pasquale

Numero 60, pagina 58:

 

“Celebrante: E ora, Padre, guarda con amore la tua Chiesa: fa’ scaturire per lei la sorgente del Battesimo, infondi in quest’acqua, per opera dello Spirito Santo, la grazia del tuo unico Figlio; affinché, con il sacramento del Battesimo, l’uomo, fatto a tua immagine, sia lavato dalla macchia del peccato, e dall’acqua e dallo Spirito Santo rinasca come nuova creatura.

Con la mano destra tocca l’acqua e prosegue:

Discenda in quest’acqua la potenza dello Spirito Santo: perché coloro che in essa riceveranno il Battesimo, siano sepolti con Cristo nella morte e con lui risorgano alla vita immortale.

Per Cristo nostro Signore.

Assemblea: Amen.”

 

 

Altre formule a scelta per il tempo pasquale e gli altri tempi dell’anno

1^ formula

Numero 62, pagina 60:

 

“Celebrante: Vieni con la tua potenza, o Padre, e santifica quest’acqua, perché in essa gli uomini, lavati dal peccato, rinascano alla vita nuova di figli.

Assemblea: Ti preghiamo, Signore!

Celebrante: Santifica quest’acqua, perché i battezzati nella morte e risurrezione di Cristo siano conformi all’immagine del tuo Figlio.

Assemblea: Ti preghiamo, Signore!

Il celebrante, con la mano destra tocca l’acqua, e prosegue:

Celebrante: Santifica quest’acqua, perché i tuoi eletti, rigenerati dallo Spirito Santo, entrino a far parte del tuo popolo.

Assemblea: Ti preghiamo, Signore!

Celebrante: Per il mistero di quest’acqua santificata dal tuo Spirito, fa’ rinascere a vita nuova questi bambini, che tu chiami al Battesimo nella fede della Chiesa, perché abbiano la vita eterna.

Per Cristo nostro Signore.

Assemblea: Amen.”

 

 

 

Capitolo II – Rito per il battesimo di un solo bambino

 

Liturgia del sacramento

Preghiera e invocazione sull’acqua

Formula da usarsi solo fuori del tempo pasquale

Numero 108, pagina 96:

“Celebrante: E ora, Padre, guarda con amore la tua Chiesa: fa’ scaturire per lei la sorgente del Battesimo, infondi in quest’acqua, per opera dello Spirito Santo, la grazia del tuo unico Figlio; affinché, con il sacramento del Battesimo, l’uomo, fatto a tua immagine, sia lavato dalla macchia del peccato, e dall’acqua e dallo Spirito Santo rinasca come nuova creatura.

Con la mano destra tocca l’acqua e prosegue:

Discenda in quest’acqua la potenza dello Spirito Santo: perché coloro che in essa riceveranno il Battesimo, siano sepolti con Cristo nella morte e con lui risorgano alla vita immortale.

Per Cristo nostro Signore.

Assemblea: Amen.”

 

 

Altre formule a scelta per il tempo pasquale e gli altri tempi dell’anno

1^ formula

Numero 110, pagina 98:

“Celebrante: Vieni con la tua potenza, o Padre, e santifica quest’acqua, perché in essa gli uomini, lavati dal peccato, rinascano alla vita nuova di figli.

Assemblea: Ti preghiamo, Signore!

Celebrante: Santifica quest’acqua, perché i battezzati nella morte e risurrezione di Cristo siano conformi all’immagine del tuo Figlio.

Assemblea: Ti preghiamo, Signore!

Il celebrante, con la mano destra tocca l’acqua, e prosegue:

Celebrante: Santifica quest’acqua, perché il tuo eletto, rigenerato dallo Spirito Santo, entri a far parte del tuo popolo.

Assemblea: Ti preghiamo, Signore!

Celebrante: Per il mistero di quest’acqua santificata dal tuo Spirito, fa’ rinascere a vita nuova questo bambino, che tu chiami al Battesimo nella fede della Chiesa, perché abbia la vita eterna.

Per Cristo nostro Signore.

Assemblea: Amen.”

 

 

 

Capitolo III – Rito per il battesimo dei bambini in pericolo di morte

 

Preghiera dei fedeli

Numero 129, pagina 117:

“La preghiera dei fedeli termina con questa orazione:

Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, origine della vita e dell’amore, che a conforto di questi genitori e a salvezza del loro bambino manifesti il tuo disegno di amore donando nel Battesimo una vita immortale, ascolta la nostra supplica: non permettere che questo bambino rimanga in potere del male, ma nella tua bontà accoglilo nel regno del tuo Figlio.

In quest’acqua battesimale, per la potenza dello Spirito Santo, N. – questo è il nome che gli diamo – sia partecipe del mistero della morte e risurrezione di Cristo; diventi tuo figlio adottivo, tuo erede con Cristo, e, nella Chiesa, goda della comunione di vita con te e con il Figlio tuo e con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

  1. Amen.”

 

 

 

Capitolo IV – Rito per portare in chiesa un bambino già battezzato

 

Questo rito è “per il bambino che ha riacquistato la salute” (numero 139, pagina 126).

In questo rito non c’è bisogno dell’epiclesi perché il bambino è già stato battezzato.

 

 

 

Capitolo V – Battesimo durante la veglia pasquale e la messa domenicale

 

1 – Battesimo durante la veglia pasquale

Celebrazione del sacramento

numero 167, pagina 145:

“Dopo la benedizione dell’acqua secondo i riti e le modalità della Veglia pasquale, si celebra il sacramento.”

 

Ecco la preghiera di benedizione dell’acqua durante la veglia pasquale:

 

“O Dio, per mezzo dei segni sacramentali, tu operi con invisibile potenza le meraviglie della salvezza; e in molti modi, attraverso i tempi, hai preparato l’acqua, tua creatura, ad essere segno del Battesimo.

Fin dalle origini il tuo Spirito si librava sulle acque, perché contenessero in germe la forza di santificare (Genesi, 1,2); e anche nel diluvio (Genesi, 7-9) hai prefigurato il Battesimo, perché, oggi come allora, l’acqua segnasse la fine del peccato e l’inizio della vita nuova.

Tu hai liberato dalla schiavitù i figli di Abramo, facendoli passare illesi attraverso il Mar Rosso (Esodo, 14), perché fossero immagine del futuro popolo dei battezzati.

Infine, nella pienezza dei tempi, il tuo Figlio, battezzato da Giovanni nell’acqua del Giordano (Luca 3, 21-22), fu consacrato dallo Spirito Santo; innalzato sulla croce, egli versò dal suo fianco sangue e acqua (Giovanni 19,31-34), e dopo la sua risurrezione comandò ai discepoli: «Andate, annunziate il Vangelo a tutti i popoli, e battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»(Matteo, 28,19).

Ora, Padre, guarda con amore la tua Chiesa e fa’ scaturire per lei la sorgente del Battesimo.

Infondi in quest’acqua, per opera dello Spirito Santo, la grazia del tuo unico Figlio, perché con il sacramento del Battesimo l’uomo, fatto a tua immagine, sia lavato dalla macchia del peccato, e dall’acqua e dallo Spirito Santo rinasca come nuova creatura.

(immerge il cero nell’acqua)

Discenda, Padre in quest’acqua, per opera del tuo Figlio, la potenza dello Spirito Santo.

Tutti coloro che in essa riceveranno il Battesimo, sepolti insieme con Cristo nella morte con lui risorgano alla vita immortale.

Per Cristo nostro Signore.”

 

 

 

2 – Battesimo durante la messa domenicale

Celebrazione del sacramento,

numero 171, pagina 147:

“Tutto si svolge regolarmente come previsto nel rito, dalla benedizione dell’acqua prima del Battesimo ai vari riti post-battesimali (nn. 60-74, o nn. 108-121)”.

 

Si vedano dunque i numeri 60, 62, 108, 110 citati più sopra in questa nota a proposito dei capitoli I e II.

 

 

 

[3] L’EPICLESI NEL BATTESIMO DEGLI ADULTI

 

Conferenza episcopale italiana,

Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, in: http://www.liturgia.maranatha.it/Iniziazione/introdpage.htm

Rito dell’iniziazione,

 

1 – Rito del catecumenato secondo i vari gradi,

Terzo grado,

Celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione,

Celebrazione del battesimo,

Benedizione dell’acqua,

numeri 215-216, in:

http://www.liturgia.maranatha.it/Iniziazione/b1/3page.htm

 

215. Quindi il celebrante, rivolto verso il fonte, dice questa preghiera di benedizione:

O Dio, per mezzo dei segni sacramentali,
tu operi con invisibile potenza
le meraviglie della salvezza;
e in molti modi, attraverso i tempi,
hai preparato l’acqua, tua creatura,
ad essere segno del Battesimo.

Fin dalle origini il tuo Spirito si librava sulle acque
perché contenessero in germe
la forza di santificare;
e anche nel diluvio hai prefigurato il Battesimo,
perché, oggi come allora,
l’acqua segnasse la fine del peccato
e l’inizio della vita nuova.

Tu hai liberato dalla schiavitù i figli di Abramo,
facendoli passare illesi attraverso il Mar Rosso,
perché fossero immagine
del futuro popolo dei battezzati.

Infine, nella pienezza dei tempi,
il tuo Figlio, battezzato da Giovanni
nell’acqua del Giordano,
fu consacrato dallo Spirito Santo;
innalzato sulla croce,
egli versò dal suo fianco sangue e acqua,
e dopo la sua risurrezione comandò ai discepoli:
«Andate, annunziate il Vangelo a tutti i popoli,
e battezzateli nel nome del Padre
e del Figlio e dello Spirito Santo».

Ora, Padre,
guarda con amore la tua Chiesa
e fa’ scaturire per lei la sorgente del Battesimo.
Infondi in quest’acqua,
per opera dello Spirito Santo,
la grazia del tuo unico Figlio,
perché con il sacramento del Battesimo
l’uomo, fatto a tua immagine,
sia lavato dalla macchia del peccato,
e dall’acqua e dallo Spirito Santo
rinasca come nuova creatura
.

Il celebrante tocca l’acqua con la mano destra e prosegue:

Discenda, Padre, in quest’acqua,
per opera del tuo Figlio,
la potenza dello Spirito Santo,
perché tutti coloro
che in essa riceveranno il Battesimo,
sepolti insieme con Cristo nella morte,
con lui risorgano alla vita immortale.
Per Cristo nostro Signore
.

R. Amen.

Altre formule a scelta al n. 382.

216. Nel Tempo di Pasqua, se si usa l’acqua battesimale benedetta nella Veglia pasquale, perché non manchi al Battesimo il tema dell’azione di grazie e della supplica, si fa la benedizione e l’invocazione di Dio sull’acqua con le formule che si trovano al n. 382, con attenzione alle variazioni del testo alla fine delle stesse formule.”

 

 

 

2 – Rito più semplice dell’iniziazione di un adulto,

Celebrazione del battesimo,

Benedizione dell’acqua,

numero 258, in:

http://www.liturgia.maranatha.it/Iniziazione/b2/1page.htm

 

258. Quindi il celebrante, rivolto verso il fonte, dice questa preghiera di benedizione:

O Dio, per mezzo dei segni sacramentali,
tu operi con invisibile potenza
le meraviglie della salvezza;
e in molti modi, attraverso i tempi,
hai preparato l’acqua, tua creatura,
ad essere segno del Battesimo.

Fin dalle origini il tuo Spirito si librava sulle acque
perché contenessero in germe
la forza di santificare;
e anche nel diluvio hai prefigurato il Battesimo,
perché, oggi come allora,
l’acqua segnasse la fine del peccato
e l’inizio della vita nuova.

Tu hai liberato dalla schiavitù i figli di Abramo,
facendoli passare illesi attraverso il Mar Rosso,
perché fossero immagine
del futuro popolo dei battezzati.

Infine, nella pienezza dei tempi,
il tuo Figlio, battezzato da Giovanni
nell’acqua del Giordano,
fu consacrato dallo Spirito Santo;
innalzato sulla croce,
egli versò dal suo fianco sangue e acqua,
e dopo la sua risurrezione comandò ai discepoli:
«Andate, annunziate il Vangelo a tutti i popoli,
e battezzateli nel nome del Padre
e del Figlio e dello Spirito Santo».

Ora, Padre,
guarda con amore la tua Chiesa
e fa’ scaturire per lei la sorgente del Battesimo
.

Infondi in quest’acqua,
per opera dello Spirito Santo,
la grazia del tuo unico Figlio,
perché con il sacramento del Battesimo
l’uomo, fatto a tua immagine,
sia lavato dalla macchia del peccato,
e dall’acqua e dallo Spirito Santo
rinasca come nuova creatura
.

Il celebrante tocca l’acqua con la mano destra e continua:

Discenda, Padre, in quest’acqua,
per opera del tuo Figlio,
la potenza dello Spirito Santo,
perché tutti coloro
che in essa riceveranno il Battesimo,
sepolti insieme con Cristo nella morte,
con lui risorgano alla vita immortale.
Per Cristo nostro Signore
.

R. Amen.

Altre formule a scelta al n. 382.

Nel Tempo di Pasqua, se si usa l’acqua battesimale benedetta nella Veglia pasquale, perché non manchi al Battesimo il tema dell’azione di grazie e della supplica, si fa la benedizione e l’invocazione di Dio sull’acqua con le formule che si trovano al n. 382, con attenzione alle variazioni del testo alla fine delle stesse formule.”

 

 

 

6 – Testi vari per la celebrazione dell’iniziazione cristiana degli adulti,

per la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione,

per la benedizione dell’acqua,

numero 382, in:

http://www.liturgia.maranatha.it/Iniziazione/b6/1page.htm

 

382. Ai nn. 215, 216, 258, 349 (già inserite): altre formule di benedizione dell’acqua.

Celebrante:
Benedetto sei tu, Dio, Padre onnipotente: hai creato l’acqua che purifica e dà vita.

Tutti:
Benedetto nei secoli il Signore.

Celebrante:
Benedetto sei tu, Dio, unico Figlio, Gesù Cristo:
hai versato dal tuo fianco acqua e sangue,
perché dalla tua morte e risurrezione
nascesse la Chiesa.

Tutti:
Benedetto nei secoli il Signore.

Celebrante:
Benedetto sei tu, Dio, Spirito Santo:
hai consacrato il Cristo
nel battesimo del Giordano,
perché noi tutti fossimo in te battezzati.

Tutti:
Benedetto nei secoli il Signore.

Quando si usa l’acqua battesimale già benedetta, si omettono le seguenti invocazioni comprese fra due tratti di linea:
(___ … ___).
_________________

Celebrante:
Vieni con la tua potenza, o Padre,
e santifica quest’acqua,
perché in essa gli uomini, lavati dal peccato,
rinascano alla vita nuova di figli
.

Tutti:
Santifica quest’acqua, Signore.

Celebrante:
Santifica quest’acqua,
perché i battezzati nella morte
e risurrezione di Cristo
siano conformi all’immagine del tuo Figlio.

Tutti:
Santifica quest’acqua, Signore.

Il celebrante, con la mano destra tocca l’acqua, e prosegue:

Celebrante:
Santifica quest’acqua,
perché i tuoi eletti, rigenerati dallo Spirito Santo,
entrino a far parte del tuo popolo.

Tutti:
Santifica quest’acqua, Signore.

Celebrante:
Per il mistero di quest’acqua
santificata dal tuo Spirito,
fa’ rinascere a vita nuova i tuoi eletti [N. e N.] ,
che chiami al Battesimo nella fede della Chiesa,
perché abbiano la vita eterna
.

Per Cristo nostro Signore.

Tutti: Amen.”

 

 

 

[4] L’EPICLESI NELLA CONFERMAZIONE (CRESIMA)

 

Conferenza episcopale italiana,

Rito della confermazione, in:

http://www.liturgia.maranatha.it/Confermazione/introdpage.htm

 

1 – Rito della confermazione durante la messa,

liturgia del sacramento,

imposizione delle mani,

numeri 28-29, in:

http://www.liturgia.maranatha.it/Confermazione/b1/3page.htm

 

28. Il vescovo (e, accanto a lui, i sacerdoti che lo aiutano), in piedi, a mani giunte e rivolto al popolo dice:

Vescovo:

Fratelli carissimi, preghiamo Dio onnipotente
per questi suoi figli
:

egli che nel suo amore li ha rigenerati alla vita eterna mediante il Battesimo,
e li ha chiamati a far parte della sua famiglia,
effonda ora lo Spirito Santo,
che li confermi con la ricchezza dei suoi doni,
e con l’unzione crismale
li renda pienamente conformi a Cristo, suo unico Figlio
.

E tutti pregano per qualche tempo in silenzio.

29. Quindi il ve