LA TEORIA DI CHARLES DARWIN SULL’EVOLUZIONE

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La teoria di Charles Darwin sull’evoluzione

 

 

Le citazioni sono state verificate alla data di pubblicazione di questo articolo sul sito www.giorgiocannella.com 

https://orcid.org/0000-0002-9912-6273

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7 thoughts on “LA TEORIA DI CHARLES DARWIN SULL’EVOLUZIONE

  1. Ciao Giorgio,
    ti faccio notare che il tuo ragionamento, e la successiva conclusione si basano su un fraintendimento grave, fatale.
    Il DNA non è una molecola e non corre nessun rischio di rompersi per ipotetiche “mutazioni dell’angolo di legame”.
    E’ un polimero con basi azotate parzialmente intercambiabili. E’ possibile ad esempio sostituire una Citosina con una Guanina perchè entrambe sono purine. Stesso discorso per le pirimidine.
    Non c’è nessun impedimento fisico o chimico alla variabilità del DNA, alle mutazioni e alla successiva azione della selezione naturale su queste mutazioni.
    Se mai qualcuno un giorno dovesse dimostrare che Darwin (e tutta la comunità scientifica) è in errore non lo farà certo su queste argomentazioni.
    In ogni caso l’evoluzione è un fatto, ampliamente dimostrato nei più svariati campi. Pensa soltanto al problema della resistenza batterica agli antibiotici…
    Saluti
    Daniele

    1. Caro Daniele,
      ti ringrazio per il tuo commento.
      Espongo qui di seguito i risultati della ricerca che ho effettuato su internet e la conclusione che ne ho tratto.
      Il grassetto che vedi nelle citazioni è mio.
      “Un polimero (dal greco “che ha molte parti”[1]) è una macromolecola, ovvero una molecola dall’elevato peso molecolare, costituita da un gran numero di gruppi molecolari (detti unità ripetitive) uguali o diversi (nei copolimeri), uniti “a catena” mediante la ripetizione dello stesso tipo di legame (covalente).” (cito da https://it.wikipedia.org/wiki/Polimero).
      “In chimica, un legame covalente è un legame chimico in cui due atomi mettono in comune delle coppie di elettroni.” (cito da https://it.wikipedia.org/wiki/Legame_covalente).
      “…quando si parla di “monomeri” s’intendono dunque i reagenti da cui si forma il polimero attraverso la reazione di polimerizzazione, mentre con il termine “unità ripetitive” si intendono i gruppi molecolari che assieme ai gruppi terminali costituiscono il polimero (che è il prodotto della reazione di polimerizzazione).[2]” (cito da https://it.wikipedia.org/wiki/Polimero).
      “Con il termine polimerizzazione si intende la reazione chimica che porta alla formazione di una catena polimerica, ovvero di una molecola costituita da molte parti uguali che si ripetono in sequenza (dette “unità ripetitive”), a partire da molecole più semplici (dette “monomeri”, o “unità monomeriche”).” (cito da https://it.wikipedia.org/wiki/Polimerizzazione).
      “Il termine “polimero” fu coniato da Jöns Jacob Berzelius, con un’accezione differente dall’attuale. Tale termine può indicare sia i polimeri naturali (tra i quali il caucciù, la cellulosa e il DNA) sia i polimeri sintetizzati in laboratorio (in genere utilizzati per la produzione di materie plastiche).” (cito da https://it.wikipedia.org/wiki/Polimero).
      Dal punto di vista chimico, il DNA è un polimero organico costituito da monomeri chiamati nucleotidi (deossiribonucleotidi).” (cito da https://it.wikipedia.org/wiki/DNA).
      “Classificazione in base alla struttura chimica
      Esclusi i gruppi funzionali direttamente coinvolti nella reazione di polimerizzazione, gli eventuali altri gruppi funzionali presenti nel monomero conservano la loro reattività chimica anche nel polimero. Nel caso dei polimeri biologici (le proteine) le proprietà chimiche dei gruppi disposti lungo la catena polimerica (con le loro affinità, attrazioni e repulsioni) diventano essenziali per modellare la struttura tridimensionale del polimero stesso, struttura da cui dipende l’attività biologica della proteina stessa.” (cito da https://it.wikipedia.org/wiki/Polimero).
      In considerazione di quanto sopra, non ho esitazione nel dire che la struttura del DNA è una struttura chimica e che il funzionamento del DNA è di tipo chimico.
      Che ne pensi?
      Un cordiale saluto.
      Giorgio

  2. E’ assolutamente una struttura chimica (chimica organica per la precisione), e il funzionamento è di tipo chimico, su questo siamo necessariamente d’accordo.
    Però le conclusioni che tiri nel post continuano ad essere errate.
    La variabilità genetica non trova alcun impedimento per questioni chimico fisiche.
    Documentati su cosa sia una mutazione genetica e scoprirai che l’angolo di legame e le leggi chimico fisiche che hai citato nell’articolo non hanno alcuna influenza né pertinenza con le mutazioni.
    Infine una considerazione di buon senso: credi sul serio che delle migliaia di ricercatori, chimici, biologi e genetisti che si dedicano alla materia nessuno sia mai accorto della “falla” che tu credi di aver individuato?
    Voglio dire, se è tanto lampante che persino un non specialista la può notare come mai nessuno se ne è mai servito per smentire la teoria di Darwin??
    Semplicemente perché la falla non esiste. 🙂
    Buona giornata
    Daniele

    1. Buona sera Daniele,
      grazie per la tua risposta.
      Credo che ci sia un malinteso.
      La conclusione del mio articolo non afferma che la variabilità genetica trova impedimento in questioni chimico fisiche.
      Nulla di tutto questo.
      La conclusione del mio articolo afferma che “le mutazioni genetiche casuali – uno dei due presupposti sui quali si fonda la teoria di Charles Darwin sull’evoluzione – non sono possibili.” (il grassetto è mio).
      Questo perché “Al pari delle altre molecole, anche la molecola del D.N.A. è stabile con gli angoli di legame che la caratterizzano.”.
      L’articolo prosegue affermando che “Un ipotetico mutamento casuale di un angolo di legame all’interno di una molecola del D.N.A. non avrebbe come risultato l’ottenimento di una nuova molecola del D.N.A. che contiene in sé le istruzioni per realizzare una mutazione genetica nel nuovo organismo che nascerà, al contrario, conduce alla disgregazione di questa molecola.” (il grassetto è del testo che cito).
      Come vedi, il mio articolo non disconosce nemmeno l’esistenza della mutazione genetica.
      Il mio articolo afferma che non può esistere la mutazione genetica casuale.
      Chiarito il malinteso, porgo a tutti gli addetti ai lavori la seguente domanda: “Considerato che la mutazione genetica casuale non è possibile nella realtà chimica nella quale viviamo, con quale diverso meccanismo è avvenuta e avviene tuttora la mutazione genetica?”.
      Un cordiale saluto.
      Giorgio

  3. Per mutazione genetica si intende ogni modifica stabile ed ereditabile nella SEQUENZA NUCLEOTIDICA di un genoma (questa stessa frase la trovi in un minuto su wikipedia).
    Senza entrare nel dettaglio quindi e senza approfondire, ti faccio notare che qui si parla di sequenze nucleotidiche, non di angoli di legame.
    Stai confondendo aspetti che non hanno nulla a che vedere tra loro e la confusione arriva al significato stesso di mutazione genetica.
    Saluti

    1. Buona sera Daniele,
      rispondo alla tua osservazione del 19 settembre 2018 per la quale ti ringrazio.

      Cito qui di seguito alcuni passi tratti da Modern Genetic Analysis di Anthony J. F. Griffiths, William M. Gelbart, Jeffrey H. Miller e Richard C. Lewontin (1999), pubblicato da W. H. Freeman and Company, New York, Stati Uniti d’America.
      Il testo è in inglese, il grassetto e il corsivo sono del testo che cito.

      Comprendo che diverse nozioni che citerò ora sono già a tua conoscenza, ma desidero rendere la mia risposta comprensibile anche ai non esperti.

      “DNA has three types of chemical component: phosphate, a sugar called deoxyribose, and four nitrogenous bases – adenine, guanine, cytosine, and thymine.
      Two of the bases, adenine and guanine, have a double-ring structure characteristic of a type of chemical called purine.
      The other two bases, cytosine and thymine, have a single-ring structure of a type called a pyrimidine.
      The chemical components of DNA are arranged into groups called nucleotides, each composed of a phosphate group, a deoxyribose sugar molecule, and any one of the four bases.
      It is convenient to refer to each nucleotide by the firs letter of the name of its base: A, G, C, and T.” (pagina 26, paragrafo “The Building Blocks of DNA”).

      Dopo questa introduzione, il testo si sofferma sui legami a idrogeno tra le quattro basi e afferma che “The association of A with T and G with C is through hydrogen bonds.
      …Hydrogen bonds are quite weak (only about 3 percent of the strength of a covalent bond), but this weakness (as we shall see) is important to the DNA molecule’s role in heredity.
      One further important chemical fact: the hydrogen bond is much stronger if the participating atoms are “pointing at each other” (that is, if their bonds are in alignment), as shown in the sketch.
      Note that because the C·G pair has three hydrogen bonds, whereas the A·T pair has only two, one would predict that DNA containing many C·G pairs would be more stable than DNA containing many A·T pairs.
      In fact, this prediction is confirmed. Heat causes the two strands of the DNA double helix to separate (a process called DNA melting or DNA denaturation); it can be shown that DNAs with higher G+C content require higher temperatures to melt them.
      Although hydrogen bonds are individually weak, the two strands of the DNA molecule are held together in a relatively stable manner because there are enormous numbers of these bonds.
      It is important that the strands be associated through such weak interactions, since they have to be separated during DNA replication and during transcription into RNA. …” (pagina 29, paragrafo “DNA Is a Double Helix”).

      Concludo citando un passo nel quale l’importanza dei legami chimici e degli angoli di legame nel DNA non potrebbe essere sottolineata meglio.

      “All of the bases in DNA can exist in one of several forms, called tautomers, which are isomers that differ in the position of their atoms and in the bonds between the atoms.
      The forms are in equilibrium.” (pagina 203, paragrafo “Mechanisms of Mutation Induction”).

      Come hai letto, il punto di partenza del mio articolo è a prova di critica: nella struttura del DNA vi sono diversi legami chimici (tre legami a idrogeno nella coppia di basi citosina · guanina, solo due legami a idrogeno nella coppia di basi adenina · timina) e diversi angoli di legame (“il legame a idrogeno è molto più forte se gli atomi che partecipano puntano uno verso l’altro, vale a dire se sono in allineamento”).

      Inequivocabile, poi, l’affermazione contenuta nel testo che ho citato per la quale “Tutte le basi del DNA possono esistere in una di diverse forme, chiamate tautomeri, che sono isomeri che differiscono nella posizione dei loro atomi e nei legami tra gli atomi. Le forme sono in equilibrio.”.

      Il mio articolo fa un passo in avanti e applica a tutto questo i principi generali della chimica sulla stabilità di una molecola, principi che ho studiato a scuola quando ero al liceo.

      In conclusione, per rispondere alla tua osservazione del 19 settembre scorso, all’interno del DNA non vi è alcun rapporto di estraneità tra le sequenze nucleotidiche e gli angoli di legame.
      Un cordiale saluto.
      Giorgio

  4. Un autorevole lettore del mio articolo sulla teoria di Charles Darwin sull’evoluzione, mi ha scritto dicendomi che l’organizzazione di eventi interna alla molecola del DNA (intra-molecolare) è diversa da quella che si riferisce alle molecole di DNA (inter-molecolare).

    Nell’affermare che le mie affermazioni sono corrette in riferimento alla prima organizzazione di eventi (intra-molecolare), il lettore afferma di non condividere la tesi del mio articolo in riferimento alla seconda organizzazione di eventi (inter-molecolare).

    Al fine di dare una risposta alla obiezione che ho citato, qui di seguito mi concentrerò sull’importanza dei legami chimici e degli angoli di legame nel procedimento per il quale da una molecola di DNA se ne ottengono due: la replicazione.

    Anche questa volta mi appoggio alle affermazioni del testo Modern Genetic Analysis di Anthony J. F. Griffiths, William M. Gelbart, Jeffrey H. Miller e Richard C. Lewontin (1999), pubblicato da W. H. Freeman and Company, New York, Stati Uniti d’America.
    Il testo è in inglese, il grassetto e il corsivo sono del testo che cito.

    Inizio con il rilievo che i legami chimici e gli angoli di legame hanno nella descrizione della molecola del DNA.

    “DNA is composed of two side-by-side chains (“strands”) of nucleotides twisted into the shape of a double helix.
    The two nucleotide strands are held together by week associations between the bases of each strand, forming a structure like a spiral staircase (Figure 2-2).
    The backbone of each strand is a repeating phosphate-deoxyribose sugar polymer. The sugar-phosphate bonds in this backbone are called phosphodiester bonds.
    The attachment of the phosphodiester bonds to the sugar groups is important in describing the way in which a nucleotide chain is organized.
    Note that the carbons of the sugar groups are numbered 1’ through 5’.
    One part of the phosphodiester bond is between the phosphate and the 5’ carbon of deoxyribose, and the other is between the phosphate and the 3’ carbon of deoxyribose.
    Thus, each sugar-phosphate backbone is said to have a 5’-to-3’ polarity, and understanding this polarity is essential in understanding how DNA fulfills its roles.
    In the double-stranded DNA molecule, the two backbones are in opposite, or antiparallel, orientation, as shown in Figure 2-2.
    One strand is oriented 5’ → 3’; the other strand, though 5’ → 3’, runs in the opposite direction, or, looked at another way, is 3’ → 5’.

    The bases are attached to the 1’ carbon of each deoxyribose sugar in the backbone of each strand.
    Interactions between pairs of bases, one from each strand, hold the two strands of the DNA molecule together.
    The bases of DNA interact according to a very straightforward rule, namely, that there are only two types of base pairs: A·T and G·C.
    The bases in these two base pairs are said to be complementary.
    This means that at ant “step” of the stairlike double-stranded DNA molecule, the only base-to-base associations that can exist between the two strands without substantially distorting the double-stranded DNA molecule are A·T and G·C.
    The association of A with T and G with C is through hydrogen bonds. …” (pagine 28-29, paragrafo “DNA Is a Double Helix”. Arresto qui la citazione di questo paragrafo perché il prosieguo dello stesso l’ho citato nella mia risposta del 7 marzo ultimo scorso).

    Passo ora alla replicazione del DNA.

    “In both prokaryotes and eukaryotes, DNA replication occurs as a prelude to cell division.
    This DNA replication phase is called the S (synthesis) phase.
    The two daughter DNA molecules formed from replication eventually become chromosomes in their own right in the daughter cells.

    As with all phenomena that involve nucleic acids, the basic machinery of DNA replication depends on complementarity of DNA molecules and on the ability of proteins to form specific interactions with DNA of specific sequences.” (pagina 86, inizio del capitolo “DNA REPLICATION”).

    Sempre a proposito della replicazione del DNA, proseguo con il rilievo che i legami chimici e gli angoli di legame hanno nella polimerizzazione del DNA.

    “First, let’s explore a general overview of the polymerization events occurring during the replication process.
    The enzyme that catalyzes the polymerization of nucleotides of nucleotides is DNA polymerase.
    This enzyme works by adding deoxyribonucleotides to the 3’ end of a growing nucleotide chain, using a single-stranded DNA template (Figure 4-2).
    Recall from Chapter 3 that RNA polymerase acts in a similar way, adding ribonucleotides to a 3’-growing RNA molecule.
    The substrates for DNA polymerase are the triphosphate forms of the deoxynucleotides dATP, dGTP, dCTP, and dTTP.
    DNA polymerase acts at the replication fork, the zone where the DNA is unwinding and exposing single strands to act as templates.
    Because the nucleotide polymerization catalysed by DNA polymerase is always at the 3’ growing tip, new synthesis can occur in a smooth, continuous manner on one template only; this new strand is called the leading strand (Figure 4-3).
    Synthesis on the other template also takes place at 3’ growing tips but in short stretches running the “wrong way” (since for this strand, the 5’ → 3’ direction is away from the replication fork).
    In essence, for this strand DNA polymerase runs out of exposed template and has to wait until the replication fork exposes more DNA before it can synthesize another short stretch of DNA.
    These short stretches, called Okazaki fragments, are later joined together by an enzyme called DNA ligase. The new strand thus formed is called the lagging strand.

    Many active proteins are needed to carry out the general replication process just described.
    …The main polymerase is DNA polymerase III (pol III), which catalyzes 3’ nucleotide addiction at the replication fork.
    However, polymerases of this type need to add nucleotides to an already existing nucleotide chain.
    Therefore at the beginning of replication on both the leading and lagging strands, short stretches of RNA are synthetized to act as polymerization starters or primers.
    …The primers are synthetized by a set of proteins called a primosome, of which a central component is an enzyme primase, a type of RNA polymerase.
    Removal of the RNA primers and filling in of the gaps left by their removal with DNA is performed by a different DNA polymerase, pol I.
    After pol I has done its job, ligase join the 3’ end of the gap-filling DNA to the 5’ end of the downstream Okazaki fragment.

    The movement of the replication fork is accomplished by the enzyme helicase, which breaks hydrogen bonds between the paired bases and unwinds the double helix ahead of the advancing DNA polymerase.
    The single strands of DNA so created are prevented from rejoining by single-strand binding proteins.
    As the DNA is unwound, it tends to become supercoiled, a process similar to the one we observe when trying to pull apart two strands of a piece of string or rope.
    The double helix is returned to its relaxed state by the action of another enzyme, gyrase, which is a type of topoisomerase.
    This class of enzymes can cut and re-join DNA strands, allowing them to “pass through” each other, looking like a magician interlocking and separating steel rings.” (pagine 88-90, paragrafo “The Polymerization Process”).

    Concludo le citazioni a proposito della replicazione del DNA con l’importanza che i legami chimici e gli angoli di legame hanno nel funzionamento dell’enzima DNA ligasi nella fase della ricomposizione del DNA.

    “Most commonly, both donor DNA and vector DNA are digested with the use of a restriction enzyme that produces sticky ends and then mixed in a test tube to allow the sticky ends of vector and donor DNA to bind to each other and form recombinant molecules.
    …However, the backbones can be sealed by the addiction of the enzyme DNA ligase, which creates phosphodiester bonds at the junctions (Figure 10-4b).
    Certain ligases are even capable of joining DNA fragments with blunt-cut ends.” (pagina 305, paragrafo “Joining DNA”).

    Con l’affermazione che l’enzima DNA ligasi crea legami fosfodiesterici (“phosphodiester bonds”) nella fase di ricomposizione del DNA, il testo si riallaccia a quanto ha affermato all’inizio quando ha affermato che la molecola di DNA è caratterizzata da legami fosfodiesterici.

    In altre parole, dai legami fosfodiesterici di partenza, la replicazione del DNA – dopo un complesso procedimento fatto di rottura e ricostituzione di legami chimici da parte di diversi enzimi – giunge a due nuove molecole di DNA caratterizzate anch’esse da legami fosfodiesterici.

    L’importanza dei legami chimici e degli angoli di legame nell’organizzazione degli eventi inter-molecolari non poteva essere sottolineata meglio.

    In conclusione, il testo non lascia dubbi sul fatto che i legami chimici e gli angoli di legame siano pienamente coinvolti anche nell’organizzazione degli eventi inter-molecolari.

    Le vostre osservazioni in proposito saranno benvenute.
    Grato del vostro tempo e della vostra attenzione, vi porgo distinti saluti.

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